Print Friendly, PDF & Email

kelebek3

Le regole in discesa

di Miguel Martinez

Ci sono stati molti commenti, anche sanamente critici, ai concetti che ho espresso nel post sull‘Effetto Seneca e le prostitute a Firenze. Come spesso capita, i commenti sono anche trasbordati altrove, comunque mi hanno aiutato a chiarire meglio i concetti.

Esistono due linee: quella della risorse e quella delle regole per gestire le risorse e il loro utilizzo.

La linea delle risorse è definita anche dal rapporto tra fonti disponibili, costi di estrazione e scarti, e fin qui stiamo parlando di temi che altri hanno sviluppato con molta più competenza di me: è quello che si vede comunque nella Piana di Firenze, dove l’ultima risorsa territoriale viene consumata contemporaneamente da un inceneritore, da un nuovo aeroporto e dall’espansione dell’autostrada, poi ci si strozza.

Limitiamoci a parlare comunque delle risorse disponibili per le istituzioni. In Italia oggi abbiamo superato il picco e sta iniziando la discesa. E per quanto siano immensi gli sprechi e la corruzione, non è vero – come sostengono alcuni militanti politici – che “i soldi ci sono, basta ridistribuirli”.

Quando le risorse diminuiscono, si inizia a tagliare sempre dal basso: ad esempio sul numero di custodi che tengono aperto un museo di secondaria importanza o su una linea di autobus poco frequentata.

Questo vuol dire che magari si continua per un bel po’ a investire in aeroporti giganteschi o sistemi missilistici, che colpiscono l’attenzione generale, mentre i tagli sembrano locali.

Thomas Homer-Dixon ha dedicato uno straordinario capitolo di The Upside of Down agli studi degli archeologi sul degrado degli acquedotti romani in Provenza, dove si vede esattamente questo meccanismo: un po’ più di calcare che si accumula anno dopo anno, perché c’è un po’ meno manutenzione, un privato che ci fa un forellino per annaffiare il proprio campo e così via fino al collasso dell’intero sistema.

Ma forse perché chi si occupa di queste cose proviene in genere dalle scienze biologiche, chimiche o climatiche, non si pensa molto al rapporto di tutto questo con le istituzioni che organizzano tutto.

Infatti, le regole, studiate per tempi di maggiori risorse, continuano a valere e si scontrano con le nuove esigenze: rendendo quindi catastrofica quella che in altre condizioni poteva sembrare una dolce scivolata verso il basso.

Da cinque anni vivo profondamente immerso in una realtà amministrativa molto locale e piccola, quella del Centro Storico di Firenze.

Alcuni mi contestano che sarebbe una realtà unica, completamente diverse da tutte le altre d’Italia e d’Europa. Può darsi, posso solo dire che è l’unica realtà che io conosco bene. E a naso, sospetto che altrove non sia in realtà così diverso, visto che i rigorosi meccanismi che operano qui sono gli stessi di tutto il resto d’Italia, e dovrebbero dare gli stessi effetti.

L’altro giorno, leggo che sette funzionari della Direzione Ambiente del Comune di Firenze sono stati rinviati a giudizio.

Non voglio entrare in merito, e semplificherò alcuni dettagli, sperando di non offendere nessuno.

Ci sono molte migliaia di alberio a Firenze, piantati  in tempi in cui i Comuni potevano spendere di più.

Su quell’abbondanza, sono state costruite delle regole, che richiedono un’attenta cura di ogni singolo albero, per evitare che si ammali o che cada in testa ai passanti.

Poi arrivano i tagli. E così si decide che ci sono cose più importanti degli alberi.

Arrivano meno fondi, i mezzi che si hanno si deteriorano e non si sostituiscono, qualcuno va in pensione e nessuno viene assunto, al posto dei giardinieri esperti arrivano cooperative rimediate tra disperati… insomma, piano piano si finisce per ridurre drasticamente i controlli sugli alberi.

Un giorno, un ramo di uno delle migliaia di alberi che si trovano in un grande parco cade in testa a due persone, uccidendole.

Quindi la potenziale responsabilità dei funzionari dell’Ambiente diventa anche penale.

La regola ideata per i tempi di abbondanza li obbliga quindi ad agire in emergenza.

Così corrono a sistemare tutti gli alberi di Firenze. Ma non avendo più i mezzi per farlo, chiamano persone senza la minima esperienza, a fare l’unica cosa possibile – segare rami a caso, capitozzandoli come si dice.

Così sulla carta risulta che gli alberi sono stati controllati e che l’ufficio ha seguito le regole e nessuno finisce in galera.

Solo che la capitozzatura è una delle pratiche più dannose immaginabili. Si toglie il ramo che potrebbe cascare, e si mette a rischio la stabilità di tutto l’albero.

Anche i platani vengono segati e gettati nelle chippatrici, immense macchine che tritano tutto, lanciando polveri e frammenti ovunque: peccato che Firenze sia un focolaio del cosiddetto “cancro colorato del platano” che si trasmette per contatto tra un platano e l’altro, motivo per cui esistono norme molto rigorose per l’eliminazione dei resti dei platani stessi. Mentre la dispersione dei resti dei platani non fa altro che propagare la malattia.

Passano tre anni, e quest’estate cade un grande ippocastano (non so se per capitozzature passate), fortunatamente senza ferire nessuno.

Ma il rischio è stato grosso, e le regole obbligano il sindaco a prendere subito delle misure.

Così vengono tagliati alberi a centinaia, in base a un visual tree assessment (in italiano, un’occhiata).

La gente protesta, e dai tanti esposti, nasce un’inchiesta della Magistratura, con le seguenti motivazioni.

1) i funzionari non avrebbero svolto, in questi anni, tutti i lavori di controllo e manutenzione richiesti dalle regole

2) non avrebbero seguito la regola che richiede l’autorizzazione della Soprintendenza per ogni singolo taglio nell’area del Centro Storico

3) avrebbero abbattuto anche alberi che si potevano salvare con un trattamento molto meno radicale.

Le buone intenzioni dei funzionari sono indiscutibili.

Sono pagati per salvare le capre (i cittadini) e i cavoli (gli alberi).

Una volta avevano le risorse per farlo.

Adesso non ce le hanno più, e quindi finiscono inevitabilmente sotto processo, perché non possono salvare entrambi. Finiscono sotto processo, sia per ciò che fanno che per ciò non fanno.

Allo stesso modo, nessuno discute le buone intenzioni del direttore degli Uffizi, il troppo energico tedesco Elke Schmidt, che da anni combatte il fenomeno dei bagarini che comprano in blocco tutti i biglietti che permettono l’ingresso in giornata al Museo e li rivendono al doppio del prezzo ai turisti.

Schmidt ha avuto l’idea di piazzare un altoparlante che mandava messaggi mettendo in guardia i turisti.

Mai prendere un’iniziativa: nella primavera del 2016 gli arriva una multa di 295 euro per ‘pubblicità fonica non autorizzata’ che paga subito di tasca propria.

E ieri, gli è arrivata un’altra multa, questa volta di oltre 2.300 euro, per “omesso versamento Cimp, vale a dire il Canone installazione mezzi pubblicitari”.

Quando si dice che i funzionari pubblici sarebbero svogliati, il motivo non è sempre e solo la pigrizia.

Se le risorse diminuiscono, ma le regole restano immutate, il funzionario può salvarsi da processi e persecuzioni soltanto in uno di due modi.

Deve firmare un testo in cui inasprisce al massimo le regole e poi impone a qualcun altro di metterle in atto. Passa cioè il cerino, facendo vedere che lui stesso comunque è apposto.

Il problema scoppia quando il cerino arriva all’ultimo della fila.

Lì esistono soltanto due soluzioni: l’illegalità o la chiusura dell’attività stessa.

Moltissime cose vengono fatte nell’illegalità, senza per questo essere necessariamente immorali: è illegale mettere altoparlanti antibagarini agli Uffizi, è illegale tagliare un albero senza essersi accertati che sia davvero da abbattere.

Semplicemente, se dovesse succedere qualcosa, quello che rimane con il cerino si prende tutti i processi per aver agito in maniera che sapeva essere illegale (e lo si può dimostrare, grazie a tutti i documenti con cui quelli a monte gli hanno passato il cerino).

L’alternativa ovviamente è la chiusura pura e semplice, come succede in innumerevoli migliaia di piccoli casi. Una chiusura ufficiale, ma anche una semplice chiusura in emergenza con nastro bianco e rosso.

Add comment

Submit