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comidad

Legge di stabilità o legge di destabilizzazione?

di comidad

Da molti mesi il ministro dell’Economia Padoan ha avviato un suggestivo “story telling” per presentare l’ultima Legge di Stabilità. La metafora al centro della narrazione governativa è stata quella del “sentiero stretto” imposto dalle scarse disponibilità finanziarie. Ormai da decenni i ministri dell’Economia interpretano la parte del Menenio Agrippa di turno, che ci edifica e ci educa con apologhi morali sulla oculata distribuzione delle risorse al corpo sociale. In questo campo però Padoan può avvalersi della sua esperienza al Fondo Monetario Internazionale, che di queste narrazioni morali sulla necessità di “non vivere al di sopra dei propri mezzi” è maestro incontrastato.

Anche l’avarizia è un vizio capitale e, come ogni vizio, ha la sua pornografia. Non c’è dubbio quindi che vi sia una parte consistente dell’opinione pubblica che si lascia solleticare da queste narrazioni morbose di tagli di spesa e di erogazioni finanziarie col contagocce. L’opinione pubblica non viene soltanto affabulata e suggestionata, ma anche “testata” con micro-esperimenti sul campo di pauperismo artificioso e di “spending review”. Come sempre il principale laboratorio è la Scuola, dove, in particolare al Sud, alcuni dirigenti scolastici appositamente imbeccati simulano emergenze finanziarie per poter estorcere con collette agli insegnanti i fondi per pagare le fotocopie per i compiti e per acquistare i registri di classe.

Il punto è però che la spesa pubblica determina conseguenze politiche e sociali di lungo periodo e molte di queste conseguenze erano prevedibili e, probabilmente, previste da parte degli organismi sovranazionali che hanno suggerito o imposto restrizioni di bilancio. Di quali conseguenze si tratti, lo abbiamo visto in questi giorni.

Chi abbia viaggiato in Spagna negli anni ‘60 si sarà accorto che, in pieno franchismo, Barcellona era già una città-vetrina a beneficio dell'ammirazione dei turisti, ciò a fronte di intere zone dell’Andalusia lasciate in condizioni medievali: prive di strade, acqua corrente, energia elettrica, ferrovie e farmacie. Il regime franchista distribuiva la spesa pubblica in modo da incentivare la presunta “locomotiva” catalana; e i governi “democratici” successivi hanno fatto altrettanto, in base al mantra secondo cui è più produttivo mandare i soldi dove già ci sono. Il razzismo interno, la contrapposizione tra laboriosi Catalani e pigri Spagnoli serviva, oggi come allora, a mistificare il tutto.

Solo che oggi, sotto la spinta delle solite ONG e di governi stranieri, la “locomotiva” catalana rischia di sganciarsi dai vagoni e di andarsene altrove. Le ONG hanno fornito l’innesco, ma la polveriera, sia socio-economica che ideologica, era stata fornita da decenni di politiche di spesa ineguale.

La leggenda dei mitici “trasferimenti fiscali” dal Nord al Sud, con l’obbligato corredo del razzismo antimeridionale, ha occultato anche in Italia una politica di spesa a detrimento delle infrastrutture del Sud, alimentando però un rancore ed un senso di rivalsa nelle regioni del Nord. A fronte dello slogan di “Roma ladrona”, alcuni osservatori si sono accorti che persino Roma veniva progressivamente “meridionalizzata”, cioè trattata dalla spesa pubblica come un Comune del Sud.

I governi spagnoli hanno sacrificato gran parte della Spagna alle necessità finanziarie di Barcellona, ma non certo la loro capitale Madrid, nella quale i grandi investimenti sono continuati. Per decenni invece i governi italiani, con la complicità delle amministrazioni locali, hanno investito pochissimo sulla propria capitale, investendo invece molto sulla “capitale morale”, cioè Milano, la città-vetrina del mondo degli affari. Le classi dirigenti italiane si sono sempre distinte per zelo e ferocia nell'attuare le direttive coloniali. Nel 2015 infatti sono stati investiti a Milano 3,6 miliardi ed a Roma 450 milioni. Per il 2015 a Milano c’era a disposizione l’alibi dell’Expo, ma anche nel 2014 a Roma erano stati spesi in investimenti soltanto 331 milioni contro i 945 di Milano.

Sulla base di questi dati alcuni hanno ipotizzato che si prospetti addirittura un trasferimento della capitale a Milano, ma in effetti, è l’unità dello Stato che viene messa in questione dalla stessa spesa dello Stato: la destabilizzazione politica e sociale attraverso le Leggi di “Stabilità”. Con le politiche restrittive di bilancio lo Stato fomenta caos ed opera contro se stesso in obbedienza a lobby finanziarie sovranazionali. Le condizioni in Italia per una destabilizzazione analoga a quella spagnola vi sono già tutte e, con la spintarella delle solite ONG e di governi stranieri, a cercare di sganciarsi da un momento all'altro potrebbe essere la “locomotiva” lombarda.

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