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orizzonte48

Sovranismo e patriottismo: il linguaggio della costituzione e l'auctoritas del bis-linguaggio

di Quarantotto

1. Puntuale, dalle recenti parole del Presidente del Consiglio, è arrivata al conferma di quanto avevamo evidenziato nello scorso giugno.

Ci pare infatti interessante riportare le parole di Gentiloni di solo una settimana fa (ne esiste una sintesi concorde nelle varie fonti mediatiche, che riportano comunque il video del discorso, a scanso di ogni malinteso):

Gentiloni: sovranismo non c'entra niente col patriottismo "Il revival di questo sovranismo, inteso come ostilità verso i vicini non ci coinvolgerà, non coinvolgerà l'Italia", aggiunge:

'Il consolidamento della nostra identità nazionale - dice il Presidente del Consiglio - è un percorso molto importante, ma non ha nulla a che fare con le spinte sovraniste. Questo patriottismo contemporaneo non ha nulla a che fare con ostilità nei confronti di altre culture e di altri popoli'.

 

2. Certo, a far sorgere l'equivoco sul concetto di sovranismo contribuisce in modo determinante la difficoltà, squisitamente "culturale", di non saper definire la sovranità, nazionale italiana, in relazione alla sua espressa enunciazione normativa fattane in Costituzione (e nei lavori dell'Assemblea Costituente). Esistono, infatti, più accezioni sostanziali del concetto di sovranità, ferma restando la natura descrittiva, del potere statale, che svolge la definizione generale di sovranità, in termini di originarietà e autolegittimazione: caratteri che si eprimono in "indipendenza" (del potere statale) verso l'esterno, cioè verso gli altri soggetti di diritto internazionale (comprese le organizzazioni internazionali, specialmente se di natura economica), e "supremazia" all'interno di quell'elemento costitutivo dello Stato che è il territorio (v. qui; pp.6-9). 

Se la "forma di Stato" in cui si inserisce tale concetto descrittivo della sovranità è quella della democrazia sociale, costituzionalizzata, i fini e i valori a cui sarà vincolato l'esercizio della sovranità saranno quelli dell'eguaglianza sostanziale dei suoi cittadini e dell'intervento attivo dello Stato nel garantirla.

Se invece, si sarà in presenza di una forma di democrazia liberale, si avranno solo libertà c.d. "negative" e fini a valori che orientano il potere di supremazia statale (cioè la sovranità), esclusivamente a realizzare l'economia di mercato, e gli interessi, unici "meritevoli di tutela", di chi promuove e controlla tale mercato (qui, pp.10-14).

 

3. Ribadisco e riassumo questi concetti perché, pur essendo scontati (almeno nel costituzionalismo giuridico prevalente in Italia più o meno fino alla fine degli anni '70), rimangono oscurati (e sicuramente incompresi) nel dibattito politico-istituzionale attuale e ci pare che spieghino, in larga parte, l'impostazione data al discorso da Gentiloni. 

Avendo riguardo agli artt. 1, 3 capoverso, 4 e 5, della Costituzione, un dualismo tra patriottismo e sovranismo non ha alcun senso, né storico né, tantomeno, giuridico. 

La Patria menzionata in Costituzione all'art.52 Cost., costituisce solo una proiezione necessitata della "sovranità che appartiene al popolo" (art.1 Cost.) la quale non può che svolgersi (fisicamente, per quanto è fisica l'esistenza degli esseri umani) in relazione a un territorio, in cui si riconosce la propria radice e la propria appartenenza, e di cui è perciò "sacro dovere" difendere i confini (senza i quali non sarebbe possibile definire lo stesso territorio di appartenenza e la stessa "giurisdizione" geografica della sovranità popolare).

 

4. Cosa ci sia di ostile nei confronti di altre culture e di altri popoli nella sovranità popolare del lavoro (art.1 Cost.),  "che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art.11 Cost.), e che postula il sacro dovere di difendere la Patria posto a carico di "ogni cittadino" (art.52 Cost.), non è agevole da comprendere.

Tanto più che anche una riaffermazione della sovranità legata alla contrarietà alla immigrazione illimitata e priva di regole democraticamente conformi alla Costituzione, ha una sua ben precisa legittimazione nel fatto che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, e che, allineandosi perfettamente la nostra Costituzione, sotto questo aspetto, con il fondamentale ius cogens internazionale (art.23 della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo", cioè affermazione del diritto al lavoro e allo Stato sociale come principale dei "diritti umani", qui, p.6), si abbia chiaro che  "I salari nei paesi più ricchi sono determinati più dal controllo dell'immigrazione che da qualsiasi altro fattore, inclusa la determinazione legislativa del salario minimo..." (qui, p. 8).

 

5. Al momento, purtroppo, non ci pare che questo equivoco, sulla presunta contrapponiblità giuridico-costituzionale, dei concetti di "sovranismo" (genus) e "patriottismo" (sua "species"), sia superabile. 

E nemmeno perciò sarà superabile il meccanismo mediatico-politico, di neutralizzazione del linguaggio a difesa della democrazia che ci offre la Costituzione italiana, che deriva da questa artificiosa contrapposizione.

5.1. Svolte queste premesse, dovrebbe essere chiaro perché l'attuale, diciamo, "nominalismo", del dibattito politico italiano, conduce alle conseguenze che avevamo così preavvertito a giugno:

"...ormai il termine "sovranismo" è considerato impraticabile perché i media e le "voci autorevoli" mainstream" hanno deciso che esso equivale a fascismo-xenofobia e quindi....ci si adegua e si rinuncia all'uso, prima ancora che del lemma (significante), del concetto stesso (significato), dando all'ipotizzato avversario il vantaggio di determinare la "tua" agenda a suo piacimento, godendo, grazie a un pervasivo controllo mediatico, di un potere di interdizione praticamente illimitato. 

E questo secondo la migliore tradizione orwelliana del totalitarismo: bisogna privare chi eserciti qualunque forma anche larvale di dissenso, delle stesse parole per definire "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo".

Se ci si vergogna del "sovranismo", id est di autodefnirsi apertamente sul concetto di sovranità democratica del lavoro, si accetta che ciò che è insito nell'art.1 Cost. (e naturalmente in tutti i coordinati altri principi fondamentali della Costituzione che ne derivano), venga connotato secondo la convenienza politica dell'ordine internazionale del mercato, e si è sconfitti in partenza senza colpo ferire

La riprova? Se questa sostanza rivendicativa fosse ridenominata "patriottismo", - oltre che essere costretti ad usare un vocabolo non ancorato prioritariamente al dictum costituzionale- il mainstream del controllo mediatico-culturale, avrebbe buon gioco a "traslare" le stesse critiche e gli stessi anatemi su tale terminologia. 

Quello che conta è l'accettazione di un'auctoritas definitoria del "linguaggio" (o meglio bis-linguaggio) legittimamente utilizzabile nella dialettica politica, riconosciuta a chi questa dialettica vuole mantenerla a livello cosmetico e rendere, appunto perciò, il processo elettorale idraulico."

5.2. In questo contesto, che è, non può che essere, quello della legalità costituzionale, è altrettanto ovvio che sovranismo non può essere quello che disconosce il fondamento della sovranità nella tutela del lavoro e nella difesa dell'integrità dei confini nazionali

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