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sinistra

Nietzsche e le mosche del capitale

di Salvatore Bravo

Il capitalismo assoluto dei nostri giorni con le sue passioni tristi, con la vita continuamente offesa, è nella sua evidenza così lampante che si può essere divisi sui programmi politici, sulle alternative, ma su versanti opposti da un punto di vista politico ed filosofico possiamo incontrare autori vicini per le critiche al sistema. Ciò è di importanza notevole poiché evidenzia che quanto la sinistra ha espresso, trova conferma in pensatori appartenenti a diverse tradizioni. Il caso Nietzsche è emblematico, difficile collocarlo in una precisa corrente, sicuramente notevoli sono le forzature di coloro che hanno tentato di porlo a sinistra. Fondamentali sono le sue critiche al sistema capitalistico nel quale ravvisa l’affermarsi di un uomo parodia di se stesso, perché perso tra le luci abbaglianti delle vetrine, nei mercanteggiamenti, totalmente indifferente verso i suoi simili. Un uomo che vive per soddisfare le sue piccole voglie, deresponsabilizzato verso se stesso e verso la comunità, individuo atomizzato, nazionalista per convenienza, sempre pronto a vendersi al primo offerente. Un uomo in vendita. Un uomo educato dal mercato ad essere poco differente dalla merce, ad agire in nome dell’utile.

Nell'introduzione a Così parlò Zarathustra Nietzsche presenta l'ultimo uomo: il più inquietante, perché conformista nel suo integralismo nichilista.

L'ultimo uomo è un replicante, uguale a tutti, si confonde con ognuno, in quanto è mosso da desideri indistinti. Nessuno osa la differenza del pensiero, ogni principio di individualità, ogni stacco dalla massa è vissuto con sospetto.

La differenza ontologica tra gli uomini è negata, nessuno dice ''sì'' a se stesso, solo desideri la cui genesi è l’eterogenesi, il loro fondamento è la tecnica manipolatrice impersonale (gestell) che mentre organizza e distribuisce i vissuti li depotenzia della sua irripetibilità.

L'ultimo uomo cerca la sicurezza in uno scambio mefistofelico, cede se stesso, diventa cosa tra le cose, per una comoda sicurezza.

L'ultimo uomo è adialettico ''Si litiga ancora, ma ci si riconcilia presto altrimenti si guasta lo stomaco''

Non vi sono idee, non vi sono modi di sentire e di esserci differenti, l'eterno ritorno dell'eguale diventa la replicazione ad infinitum di parole, frasi, gesti, comportamenti eguali orientati verso una riconciliazione massificata che respinge ogni tensione, e con essa la lotta. Si educa ad assuefarsi all’insostenibile.

La dialettica vuole tensione, lo scambio implica il distacco dai siti verbali che donano le sicurezze per un confronto da funambolo. L’uomo forgiato a misura del capitale è invece diseducato alle tensioni come al pensiero, deve semplicemente lasciarsi andare tra le onde del capitale.

Lo scambio, cifra della sua esistenza, si trasforma in un pacifico traffico di cose, di merci, di corpi, di parti di corpi, per cui la riconciliazione è sempre veloce, mai elaborata, e ristabilisce velocemente equilibri che evitano turbamenti.

Un mondo di piccoli borghesi dell'anima: con l'ultimo uomo scompare ogni maieutica ed ogni dialettica.

La consapevolezza è espulsa dal percorso vitale, scava dentro e diventa elemento di interruzione di un flusso finanziario.

L'io diviene un osmotico crocevia di emozioni che non trovano argine nel pensiero. L’io descritto da Hume ben esprime il dissolvimento dell’io sotto i colpi del mercato: l’io è solo un passaggio di desideri, un fluido crocevia di emozioni senza alcuna solidità. L’io è dunque simile ad uno scalo commerciale.

Ogni luogo deve diventare eguale, come ogni pensiero.

Il luogo topico dove ogni nichilismo assume forma, poiché il nichilismo della prassi mostra la sua operazione in un'attività frenetica, nella dismisura, si consumano interi ambienti, persone, il tempo delle comunità, lingue e culture diventano fuliggine, un ricordo per eruditi, ogni pensiero altro sostituito dall'eguale. Il capitale agisce per sottrazione: si prende tutto in assenza di limiti.

Il processo della gestione del nulla '' il deserto avanza, guai a chi fa avanzare il deserto'' avviene mediante la tecnica (Gestell) la quale materializza il sogno dell'ultimo uomo con il trionfo della gestione capillare, una microfisica del potere, con cui l'ultimo uomo realizza in pienezza ontologica il sogno di una sicurezza assoluta: cosa tra le cose si lascia gestire dalle merci.

L'ultimo uomo ha una sua 'Welthanschaung', il trionfo della sicurezza, precondizione per il successo dei suoi piccoli raggiri da mercato.

La tecnica è il mezzo attraverso cui l'ultimo uomo trionfa su ogni opposizione, su ogni resistenza, su ogni polis e comunità, mentre il mercato è il luogo del suo spiritus agendi. Il mercato come luogo materiale, come condizione della mente come paradigma delle relazioni.

Non è un caso se è il mercato il luogo della morte di dio e con esso della morte dell'uomo ( Vedasi Gaia scienza aforisma 125).

La morte di dio partorisce l'ultimo uomo, la fine delle grandi verità, metafora di dio, porta al nichilismo passivo dei mediocri ed al trionfo del liberismo utilitaristico.

Ogni verità è finita e con essa ogni disciplina del pensiero, dello spirito. Tutto è permesso in un precipitare verso il basso ''Trieb''. Solo il corpo resta dopo il crepuscolo degli dei, il corpo e la cupiditas dei mediocri che vuole consumare per i propri piccoli piaceri, e dunque il mercato è il luogo ove il flusso ininterrotto delle operazioni commerciali porta all'emergere del nuovo idolo: il corpo soddisfatto ed agghindato celebra se stesso in un trionfo di sguardi famelici. Lo stato di alienazione porta all’incultura di sé, per cui l’alienazione non riconosciuta implica il consumo illimitato, l’egoismo narcisistico per compensare l’imbarbarimento della vita.

La parte sostituisce il tutto e dunque la parola creatrice di mondi, di nuove stelle tace e con essa ogni nuova danza. Così nella prefazione dello Zarathustra ''Su mille dorsi ora danza, Dorsi ondosi, ondose malizie, Salute a chi crea danze nuove! ''

L'ultimo uomo nega ogni danza, segno di salute dell'anima-corpo, ogni elaborazione è negata, ogni passaggio da funambolo verso un oltre pensato è vissuto come minaccia. Il gregge, senza pastore, si mostra massa ed in quanto tale mette in atto la propria forza associata ad una spiritualità sottile e violenta tesa a rompere il fronte dialettico.

Il gregge in quanto massa compatta ed indistinta nega ogni differenza e dunque diviene metafora della fenomenologia dell'apparire inarrestabile del flusso della mercificazione, ogni spazio in cui il totalitarismo gregario risulta assente deve essere conquistato in una sorta di guerra preventiva perenne.

Fu profeta, Nietzsche, dell'ultimo integralismo: quello economico, il più insidioso, il più pervasivo, poiché risponde ad una logica semplice '' comprare – vendere'' tali attività sono trasformate in verità ontologiche, in paradigmi imprescindibili per qualsiasi contesto, in tal modo si ottiene la genetica e il trionfo dell'ultimo uomo:

Affollato di pagliacci romorosi è il mercato — e il popolo si pregia dei grandi uomini che possiede! Giacchè per lui costoro sono i padroni del momento.

Ma l’ora li incalza: ed essi incalzano te. Per ciò vogliono da te una pronta risposta. Guai a te, se non ti sai rivolgere.

Non esser geloso di questi intransigenti e impazienti, o amico della verità! Mai la verità s’attaccò al braccio d’un intransigente.

Fuggi questi avventati: ripara alla tua sicurezza; non sul mercato soltanto si è assaliti con le domande.

I pozzi profondi acquistano lentamente il lor pregio e la loro conoscenza; devono attendere a lungo prima di sapere che cosa sia caduto in essi.

Lontano dal mercato e dalla gloria si ritrae tutto ciò che è grande; lontano dal mercato e dalla gloria vissero, da che è mondo, gli inventori dei nuovi valori.

Ripara, amico mio, nella tua solitudine: io ti veggo tutto punzecchiato da mosche velenose. Fuggi là dove soffia il vento rude e impetuoso! Fuggi in solitudine! Troppo sei vissuto vicino ai piccoli e ai miserabili: salvati dalla loro invisibile vendetta! Contro di te essi tutti anelano vendetta.

Non alzare più il braccio contro di loro! Essi sono innumerevoli, e tu non devi avere per sorte l’ufficio d’un cacciamosche.

Innumerevoli sono i piccoli e i miserabili; e più d’un superbo edificio è crollato in causa delle gocce piovane e della mala erba.

Tu non sei una pietra, ma già sei incavato dalle molte gocce. Le molte gocce ti potrebbero spezzare.

Ti veggo sofferente per le molte mosche velenose, punto a sangue in cento parti: la tua alterezza sdegna la collera.

Sangue vorrebbero da te, fingendosi ingenue, sangue bramano le loro anime esangui — e perciò punzecchiano senza posa.

Ma tu, o profondo, tu soffri troppo crudelmente anche per le piccole ferite; e prima che tu risani, lo stesso verme velenoso riprende a strisciarti sulla mano.

Tu sei troppo altero, per uccidere questi avidi vampiretti. Guardati però di non esser costretto poi a sopportare le lor velenose punture!

Essi ti ronzano intorno anche con la lode: l’impudenza. Essi vogliono il contatto della tua pelle e del tuo sangue”.

( F. Nietzsche Così parlò Zarathustra parte prima Delle Mosche del Mercato)

Le mosche del capitale in questi anni, dissanguano popoli e persone, spetta a noi con l’agire politico della prassi del pensiero neutralizzarle, finché abbiamo sangue e spirito, anche ricominciando a studiare per riportare il logos tra di noi. Le mosche del capitale con la loro matematizzazione e la presunta oggettività, vogliono convincerci che l’uomo è ormai superfluo, che ogni ricerca collettiva è ormai superata, archeologia del passato. Le mosche inoculano la disperazione. Siamo chiamati a renderci attivi nel pensiero, ad una prassi della speranza, unico antidoto contro la mutazione antropologica che in questi decenni si sta cercando di compiere.

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