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ilsimplicissimus

La memoria degli smemorati

di ilsimplicissimus

Uscito incolume dal giorno della memoria, una di quelle ipocrisie così care alla menzogneria occidentale che invece di aborrire le tragedie le usa come alibi per provocarne di nuove, vale forse la pena di uscire dalle atmosfere celebrative per allargare il campo in senso spaziale e temporale. Non so davvero cosa sappiano le nuove generazioni sulla Shoa, perché le mie personali esperienze in merito sono raccapriccianti, ma temo che la stragrande maggioranza ignava immagina che si sia trattato di un episodio, che Hitler fosse brutto, cattivo, pazzo, che Mussolini abbia sbagliato ad andargli dietro e che tutto si concluda in una conchiglia di anni che probabilmente non sono nemmeno ben individuati dai più. Potremmo pensare a una sorta di analfabetismo storico circoscritto, ma sbaglieremmo perché è appunto questo il concetto centrale che viene diffuso a piene mani dalle centrali comunicative che hanno la loro radice nel mondo anglosassone: quello dell’evento “speciale”, dell’incidente che si è prodotto praticamente senza ragioni esplicitate, che a suo tempo ha giustificato la messa sotto tutela dell’Europa e che oggi ipostatizza in un passato da esorcizzare le vergogne del presente.

Invece credo di poter dire che il razzismo ha segnato da sempre l’occidente, ne è una caratteristica endemica e la memoria serve in gran parte a darle nuovi nomi, alcuni dei quali altisonanti come missioni di pace o esportazione di democrazia. La verità è che se davvero si considerassero gli altri uguali non si compirebbero stragi iniziate con la conquista delle Americhe e lo sterminio delle popolazioni autoctone, proseguite senza remore dovunque durante l’era coloniale e ribadite impunemente dalla fine seconda guerra mondale in poi iniziando col lancio delle due atomiche contro il Giappone e proseguendo fino ai giorni nostri: il milione di morti in Cambogia e quasi altrettanti in Laos per fermare il cammino di Ho Ci Min, il cinismo delle immense stragi in Africa di cui peraltro sappiamo pochissimo a difesa degli “interessi” minerari ed energetici , la facilità con cui si uccide in maniera diretta o indiretta con gli embarghi in ogni continente, il disprezzo con il quale Madeline Albright disse che mezzo milione di bambini irakeni morti per fame “valessero la candela” sono comprensibili solo attraverso un razzismo profondamente radicato, anche se non mirato ad un’etnia particolare e dunque non istituzionalizzabile. Ciò che stupisce nell’olocausto, il vero fatto eccezionale è semmai il fatto che questo sentimento di odio e paura insieme sia stato indirizzato contro parti integranti e vitali della stessa società tedesca (o italiana nel caso del fascismo) e non solo all’esterno.

Oggi sappiamo che non esistono propriamente razze umane, ma solo etnie e culture e che anzi le differenze genetiche medie tra i vari gruppi umani sono di gran lunga inferiori a quelli che vi sono tra i singoli individui, ma i veleni tenuti a bada nei cuori di tenebra che si mimetizzano nella civiltà sono talmente forti che ci sono inqualificabili individui inneggianti alla razza addirittura in nome della Costituzione. Questo mentre uno pseudo darwinismo ammiccante dalla comunicazione anglosassone non fa che ridurre tutto a guerra per la vita, per la supremazia, per la vittoria del migliore e via dicendo prendendo, con queste sciocchezze sul piano evoluzionistico che per fortuna si è evoluto da questa rozzezza, due piccioni con una sola fava ovvero quello di giustificare l’individualismo guerreggiante dell’ideologismo neo liberista e  la proiezione deformata di questo stesso concetto sulle popolazioni.

In tal senso i riti della memoria sono del tutto inutili se non sono efficaci e anzi servono semplicemente a sbianchettare la coscienza, a considerarsi eccezionalmente civili e a dimenticare il presente. Questo vale per tutti, ma più che mai per gli italiani che sono come quei valletti tiranneggiati dal capo che non vedono l’ora di prendersela con i più deboli, visto che questo dà loro l’impressione di essere sullo stesso piano, di sembrare più bianchi nonostante siano essi stessi vittime di un razzismo serpeggiante: che siano i linciaggi di New Orleans di fine Ottocento con la graziosa notazione “sono persino peggio dei negri, essendo più sporchi nelle abitudini, senza legge e traditori” o i sorrisetti franco tedeschi della Ue in spartizione. Per questo non ci pare vero di partecipare alla grande saga delle guerre di civiltà secondo le quali i migranti avrebbero il potere di distruggere il nostro inarrivabile modello: parrebbe a occhio e croce una sciocchezza, perché in ogni caso significherebbe che questa civiltà è davvero poca cosa se si arrende così facilmente agli inferiori. Ma non è altro che la paura dei nostri stessi incubi, la proiezione dei nostri istinti, visto che così ci comporteremmo noi. E anche in questo caso saremmo davvero molto uguali.

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