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ilponte

L’approdo del liberalismo culturale dispiegato nell’arte

di Mario Monforte

Da sempre considero poco e stimo anche meno l’«arte contemporanea» (mi limito qui a pittura e scultura), i “critici d’arte” che ne “illuminano” le qualità, il “circuito d’arte” (mercanti, gallerie, aste, mostre e commesse su interventi statali, musei ad hoc) che la propina al pubblico (con business non da poco).

E da sempre trovo scema l’affermazione “va apprezzata perché esprime la nostra epoca”: magari l’“esprime” (piuttosto: la “manifesta”), ma perché apprezzarla? Dopo una mostra “sulla luce” a Venezia, a Firenze, città dai numeri impressionanti di turisti (come Venezia, Roma, e altrove) che non vengono per le “espressioni della nostra epoca”, ho visto i gommoni rosso-arancioni contornanti le finestre di palazzo Strozzi, l’enorme tartaruga metallica in Piazza della Signoria, e qui poi l’immenso ammasso grigio metallico e i pupazzi in cera, piú una rotella nell’adiacente Piazza S. Firenze.

Opere ammirate da chi fa o vuol far parte del “circuito d’arte” (con servili media) ed esposte per decisione del Comune. Ho tralasciato letture “illuminanti” su tali “cose” (niente sprechi di tempo e “fiato”) e nomi degli autori (scaramanzia: il nominato si rafforza): è certo che la tartarugona non significa niente, i gommoni deturpano (rimovibili, per fortuna), l’ammasso è una scarica di biche, gli sgraziati in cera sono insensati, la rotellona è un aggeggio.

Mi ha confortato il pamphlet di Angelo Crespi, Ars Attack. Il bluff del contemporaneo (lo consiglio a tutti), che dimostra come ci sia stato e ci sia perfino di peggio: dalla coprofilia e scatologia (interesse e passione per la merda) all’uso della pedofilia, alle masse di spazzatura varia, alle carogne di animali, al sangue degli stessi autori, a stupide performances (tutto è documentato). Si ostenta bruttezza, schifezza, obbrobrio. E si vogliono reattività sdegnate: cosí il successo è garantito, spacciato da “critica” (a borghesismo, conformismo, perbenismo, a vari “mali”, a tutto un po’) e ben integrato a soldi (per gli autori e gli autori degli autori stessi: critici d’arte, mercanti, complici di Stato).

Gli autori non sanno né disegnare, né dipingere, né scolpire (né cantare, né suonare, né danzare, etc.), quindi fanno gli “artisti”: sono solo truffatori o psicopatici (o un mix); i “critici d’arte” occhiuti ciarlatani, i mercanti d’arte cinici affaristi; i gestori statali funzionari della truffa. Un «avanguardismo artistico» che “fa l’avanguardia” da un secolo che “avanguardia” è? Questa: dal momento critico (del tradizionalismo cristallizzato: in seguito anch’esso “oscenizzato” dai diktat dei regimi nazifascisti e stalinisti), che non ha adito a validi sbocchi “altri”, si è sviluppata una saliente pseudo-arte (con crescente “circuito d’arte” di “addetti”) fino alla non-arte, per approdare al presente nulla, basato sulle trovate piú sceme, offensive, disgustose. “Esprime il nichilismo!”. Sí: tout comfort. E lo ribadisce, e l’impone.

Tanto che chi “non concorda” è tacciato di passatista e reazionario, o comunque ignorante: quando si portano a distruggere il senso del bello bambini e ragazzi, portati all’«insegnamento dell’ignoranza» con queste schifezze, quando è giusto l’atteggiamento (pur inconsapevole) di addette alla pulizia e «operatori ecologici», che buttano queste schifezze nella spazzatura (con strascichi di «risarcimenti» per “vandalismo”). È l’ora di farla finita, senza sdegnarsi facendone cosí il gioco, ma con il piú gelido silenzio: respingere il troiaio, togliere ogni credito al “circuito” di autori, critici, mercanti; attaccare le gestioni statali sprecanti fondi pubblici; non (dis-)educare al nulla schifoso e non insegnarlo nei luoghi “deputati” (qui la «libertà di insegnamento» non deve valere). Ha detto il musicista austriaco Gustav Mahler: la «tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco». Va fatta arte in base alla grandiosa tradizione ma procedendo e creando, mentre l’«arte contemporanea» ha buttato le ceneri e spento ogni fuoco.

Alle radici c’è “qualcosa” (che il Crespi non dice): il liberalismo (l’ideologia operativa piú acconcia e funzionale a capitalismo, suo Stato, sua tecnologia) sul piano culturale nel campo (un tempo) artistico; quel liberalismo per cui, per esempio, rispetto alla natura di un lago con bosco e baita, è detto ugualmente o piú bello un centro commerciale con uso del lago per moto d’acqua; quel liberalismo che porta l’“eguale dignità” del brutto, osceno, criminale (tali secondo la natura antropica); quel liberalismo per cui “colpire” nel modo piú degradante è “critica”, ma, certo, acquisendo quote-parti di fondi (capitale); quel liberalismo che si perpetua su distruzione e assuefazione al nihilismo. La democrazia (vera) si fonda su senso e valori, che si esprimono anche nella creazione artistica, sí, ma in base alla grandiosa tradizione: è anti-liberalismo. È questo un importante campo di battaglia: per residui artisti e insegnanti, aspiranti, studenti d’arte. Concludo: l’ammasso di biche non è, però, un’“espressione” adatta del sindaco Nardella & degni compari (che continuano a devastare Firenze)? Con un’inquietudine: l’hanno votato piú di centomila abitanti, e pare sia gradito. L’ammasso di biche è un’“espressione” adatta anche di costoro?

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Mario Galati
Sunday, 04 February 2018 18:34
La spazzatura che ci propinano è la spazzatura della merce capitalistica, valore di scambio indifferente al valore d’uso.
Il giudizio di equivalenza tra le espressioni artistiche di tutte le epoche storiche, asseritamente incomparabili perché ognuna espressione della propria epoca storica (quando non si scade persino nella più banale e stupida affermazione della soggettività del gusto), e perciò uguali, è il prodotto della concezione borghese soggettivista e relativista, opposta a quella oggettivista e storicista (lo rilevava Lukàcs nel suo saggio sull’estetica hegeliana). Per i soggettivisti relativisti la storia sarebbe un semplice susseguirsi e avvicendarsi di epoche differenti. Non c’è una visione unitaria, totalitaria, universale diacronica dello sviluppo storico. La conseguenza di questa visione relativista è l’indifferenza e, quindi, come giustamente rileva l’autore, il nichilismo. In questo contesto “il sacro fuoco della tradizione” non può esistere.
Certo, pretendere arbitrariamente di prescindere dalla tradizione e dalla storia, pretendere di “inventare” dal nulla, soggettivisticamente, porta solo al formalismo o al bizzarro ed al “meraviglioso” (da ciò le cosiddette abusate “provocazioni”), vuoto e fine a se stesso, gratuito, sino alla vera e propria “schifezza”.
Questo non significa, però, che l’espressione artistica debba sempre legarsi alla tradizione, seppure creativamente, per essere tale. C’è un rischio di conservatorismo in ciò.
Il criterio di giudizio estetico non può essere condizionato unicamente dallo sviluppo creativo della tradizione o meno. Anche questo sarebbe formalismo.
La bellezza dipende anche dal contenuto espresso dalla forma artistica. Contenuto e forma sono funzionalmente legate. Un contenuto storicamente nuovo (ma che non viene dal nulla, ovviamente) può essere espresso in forme nuove, anche in rottura e in contrasto con la tradizione. Certo che se questo nuovo contenuto fa schifo, anche la forma artistica che lo esprime sarà adeguatamente schifosa.
Ciò che esprimono questi artisti dei cessi, delle cacche, dei gommoni, delle installazioni brutte e idiote, evidentemente, è la bruttura della realtà capitalistica riprodotta e assunta immediatamente, non in forma critica, ma apologetica, come dice giustamente l’autore.
Nonostante la gente ci conviva quotidianamente non accetta questa bruttura e questa “arte” che la esprime non gli piace. Così si rivolge al “bello” prodotto da altre epoche storiche, con contenuti diversi e forme adeguate ad essi.
Arte è ciò che eleva, diceva Lukàcs, e la riproduzione immediata del cesso, della cacca e del gommone, evidentemente non eleva.
Questa aspirazione al bello rivolta alle opere d’arte del passato potrebbe essere un’aspirazione ad una società diversa e nuova. Si trova nel passato ciò che si sente mancare nel presente.
Ma la soluzione per soddisfare questa aspirazione non sta nel ritorno al passato (che deve essere sempre a noi presente, però), bensì in una nuova arte del presente che eleva, cioè che tenda a superare la bruttura attuale. Questo può solo far parte di un processo di rinnovamento complessivo della società. La società nichilista liberal-borghese capitalistica si supera col socialismo, non con il ritorno alle società tradizionali.
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