Print Friendly, PDF & Email

orizzonte48

Non solo in Italia: la fede, la ragione, la responsabilità verso la nazione (art. 54 cost.)

di Quarantotto

1. Risparmierò ogni commento relativo ai contenuti specifici della bozza di "contratto di governo" che, in varie forme via via aggiornate, continua a circolare: sarebbe allo stato prematuro. E, in ogni modo, i problemi strutturali di debolezza di un potenziale governo che si formerebbe su questa base metodologica li abbiamo già segnalati.

Più importante è la sparizione del tema di fondo che definisce la situazione in cui versa l'Italia.

Una sparizione che non va tanto imputata alla bozza, perché questa è comunque astretta da limiti "tattici" a dir poco senza precedenti nella storia democratica della Repubblica; vale a dire, essa si inserisce in un percorso a ostacoli, polarizzabile tra una granitica opposizione istituzionale e mediatica, interna, all'idea stessa che possa aversi un governo non euro-acritico (curiosa pretesa che contrasta persino quanto affermato, in vari modi dagli ultimi governi) e il connesso appello allo straniero (invano segnalato da Caffè), concretizzato da spread e ammonizioni preventive delle istituzioni €uropee.

 

2. Il tema di fondo "sparito", sulla base dell'argomentazione "nessuno può farcela da solo" (a fare cosa? A raggiungere la crescita stabile e la piena occupazione? A svolgere relazioni internazionali pacifiche sul piano geo-politico e militare, nonché convenientemente gestite su quello commerciale?), indica un approccio TINA alla sovranità di qualsiasi paese; se questa recisa affermazione fosse vera, infatti, chi fosse fuori dall'eurozona (dai paesi appartenenti all'Ue a quelli, per limitarci alla sfera occidentale, che neppure ne fanno parte), dovrebbe essere in crisi economica, industriale e commerciale, sociale e, ovviamente, in conseguente crisi politico-istituzionale.

Basta scorgere una qualsiasi tabella riassuntiva dell'andamento della crescita e dell'occupazione degli ultimi dieci anni nelle principali aree economico-politiche del mondo per rendersi conto che è vero l'opposto: è l'eurozona che, ben al di là di quello che può essere definito come ciclo economico mondiale, cresce meno e registra tassi complessivi di disoccupazione e sottooccupazione senza precedenti nella storia dei paesi che gli appartengono, poiché rimane prigioniera delle sue differenze economico-strutturali interne, tentando di risolverle - e invece aggravandole- nella convergenza verso il modello mercantilista tedesco.

 

3. Ciò che rende l'eurozona non solo "ostile", in termini politico-economici, al resto del mondo (poiché una crescita fondata sulla permanenza strutturata del surplus della partite correnti con l'estero, tra l'altro fortemente asimmetrica all'interno della stessa eurozona, "vincola" occupazione e crescita negli altri paesi) ma anche estremamente vulnerabile agli shock esterni che, per via di reazione politica dei più potenti partners commerciali, o per via di gravi crisi finanziarie che colpiscano comunque tali aree, facciano venir meno quella domanda estera, - cioè quella parte di reddito speso che altrimenti sarebbe corrispondente alla produzione industriale e all'occupazione dei paesi partner e in situazione di deficit commerciale verso l'€uropa.

Ora, qualsiasi soluzione abbia la nostra crisi politica post-elettorale (cioè anche fingendo che non sia il riflesso delle politiche imposte dall'appartenenza all'eurozona con tutti i suoi irrisolvibili, quanto intenzionalmente istituzionalizzati, problemi strutturali), questo ordine di problemi permangono e occorrerebbe cercare di risolverli.

 

4. E la soluzione di questi problemi, sempre più ampi e inevitabili, potrà essere di tipo fideistico, cioè insistendo, senza alcuna capacità, o volontà, di ripensamento, su questo aggressivo modello commercial-mercantilistico e oltretutto chiudendo gli occhi sui costi sociali, oltre che economici, che questo modello porta nei sistemi politici di tutti gli Stati appartenenti all'eurozona, - di certo non solo in Italia!-, oppure potrà essere...razionale.

Il che vorrebbe dire: non abbarbicandosi sulle convenienze della ristretta elites di oligopoli finanziarizzati che, nei vari paesi-membri, sfruttano una narrazione incessante, alimentata dai media in loro controllo, per perpetuare e massimizzare irresponsabilmente le rendite di cui hanno finora fruito.

 

5. I rumori della contesa politica e degli scontri istituzionali italiani, sollevano attualmente un polverone che, appunto, tale sistema di controllo mediatico ha sì un interesse "di primaria importanza", come segnalava Kalecky ad accentuare, ma che, al tempo stesso, prefigura una corsa irresponsabile verso un drammatico redde rationem a livello "globale" che le nostre istituzioni non dovrebbero ignorare; quanto, invece, cercare di comprendere, come parte dei doveri di fedeltà all'interesse esclusivo della Nazione sancito dalla nostra Costituzione, e anticipare responsabilmente.

Add comment

Submit