Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Il logos del Mondo Nuovo

Post inadatto a chi è debole in geografia ed in pragmatica

di Pierluigi Fagan

Perché ieri il ministro dei trasporti israeliano Israel Katz in Oman rilanciava l’idea della “ferrovia della pace”?

“Logos” è uno di quei termini antico-Greci su cui puoi scrivere una enciclopedia di significati. Noi scegliamo “logica”, quando applichi la logica alla interconnessione fisica di merci e persone, vien fuori la “logistica”. Mentre analisti in preda al delirio dello s-materialismo a-storico avevano profetato un mondo “post-geografico”, il mondo che è e sarà sembra voler rimanere pienamente geografico e la sua logica, traspare da ciò che sta accadendo nei progetti di logistica.

Qui abbiamo il ministro dei trasporti israeliano Israel Katz che ieri in Oman, rilancia l’idea della “ferrovia della pace”, una ferrovia che andrebbe parallela a Mar Rosso-Suez, ma anche al piano indo-iranian-russo di cui abbiamo parlato qualche post fa. Sostanzialmente si tratta di collegare l’Oceano indiano al Mediterraneo, attraccando in Oman e venendosene su per gli Emirati prima e l’Arabia Saudita poi, giungendo al nuovo presunto nodo regionale di interconnessioni dell’area in Giordania, sfociando infine in Israele-Mediterraneo. Diramazioni ovvie con i porti del Bahrein e del Kuwait, ancora dietro la lavagna il Qatar, da vedere fra qualche anno che fare con Iraq e Siria. La faccenda certo non farà piacere a Doha, Teheran ma anche al Cairo.

Se ne traggono quattro considerazioni.

La prima è che dopo le inaspettate effusioni tra omaniti ed Israele (esortazioni dell’Oman al mondo arabo a considerare Israele un dato di fatto da integrare nella logica regionale. Si ricorda che l’Oman è l’unico paese musulmano a non esser in maggioranza né sciita, né sunnita poiché è ibadita, una antica fazione dell’ancor più antica interpretazione kharigita, affascinante ramo dell’islam che poi fu cronologicamente il primo a definirsi e dopo il quale si definirono sunniti e sciiti), ora ben si comprende quale fosse la ragione. Ad oggi, Oman ed Israele non hanno ancora formali relazioni diplomatiche, ma dato lo statuto terzo (i kharigiti -ai bei tempi- facevano volar via teste indifferentemente sunnite quanto sciite), chi meglio per far da mediatore?

La seconda è che ora si comprendono meglio anche le basi dell’ipotetico “accordo del secolo” evocato da Trump riguardo l’annoso contenzioso tra palestinesi e israeliani. Si tratta della creazione di un “interesse comune” regionale al fine ovviamente di far soldi, che porti alla normalizzazione di Israele nella regione (o parte di essa). Quando gireranno bei soldi da quelle parti (qui ferrovia ma domani perché non oleo-gasdotti?), è chiaro che un po’ potranno andare anche ai palestinesi, ovviamente in senso etnico ma non politico. Insomma, dismettete ogni velleità sovrana e venite a giocare con coi ai “mercanti nel tempio” vecchia occupazione regionale che ha antiche tradizioni. Tutti i popoli hanno élite e quelle palestinesi (non certo i vertici di Hamas ovviamente) potrebbero risuonare in accordo al messaggio.

La terza è che l’asse ebraico-sunnita tenderà a relativizzare l’Egitto e la Turchia, oltreché ovviamente ostracizzare l’Iran, cosa che già sapevamo ma che dopo i tentativi falliti della NATO araba e del conflitto siriano, prende ora pragmatica forma di un “chemin de fer” à la Montesquieu per il quale più commerci si fanno meno guerre si hanno.

La quarta è forse la più interessante. Perché o meglio per chi si farebbe questo collegamento stante che abbiamo capito contro chi lo si farebbe? Chi dovrebbe attraccare in Oman? La gestione del porto di Haifa che sarebbe lo sbocco mediterraneo della rete, è stata recentemente appaltata non senza sorpresa da parte degli analisti e commentatori, alla Shanghai International Port Group a partire dal 2021 per i successivi 25 anni. Si tratterà quindi di una diramazione del vasto progetto BRI? Una alternativa concorrente al progetto India-Iran-Russia per invitare la prima a lasciar perdere lasciando soli gli altri due? Una ridondanza necessaria nell’ottica di una globalizzazione 2.0?

Ecco, forse è il caso noi si cominci a studiare meglio il profilo di questa globalizzazione 2.0 che potrebbe sostituire il vecchio WTO. Non già il “tutto il mondo è un mercato” frantumato dalla geopolitica hobbesiana come qualcuno ha ritenuto di intuire, ma un “tutto il mondo è un mercato” con un piano di regole nuove che si stanno contrattando proprio sotto i nostri occhi, dal nuovo USMCA al suo possibile sviluppo in un nuovo Ttip, alle sanzioni alla Cina e molto altro per giungere infine ad un nuovo mega-deal planetario che incoroni “the artist of the deal” come padre del mondo nuovo, con pacificazione del Medio Oriente inclusa. Funziona?

Su quest’ultimo punto toccherà ovviamente ritornare, per ora fermiamoci qui.


Ringrazio Lluch De Sa Font per le segnalazioni, si allegano:
1. Notizie da Israele: https://www.timesofisrael.com/rail-from-israel-to-gulf-mak…/
2. Riprese da Voltaire.net: http://www.voltairenet.org/article203773.html…
3. Logistica ad Haifa: https://www.porttechnology.org/…/shanghai_wins_haifa_termin…
4. Commento dell'appalto Haifa: http://www.occhidellaguerra.it/cina-israele/
5. Effusioni regionali: https://www.repubblica.it/…/storica_visita_di_netanyahu_in…/
*Post Facebook del 9 novembre 2018

Add comment

Submit