Print Friendly, PDF & Email

tempofertile

Circa le dimissioni di Djordje Kuzmanovic da France Insoumise

di Alessandro Visalli

L’ex Consigliere per gli affari internazionali di Jean-Luc Mélenchon, Djordie Kuzmanovic, con una lettera ha annunciato di lasciare France Insoumise, dopo che il Comitato Centrale, segnalando con ciò una scelta di linea in una fase turbolenta, lo ha escluso, insieme a François Cocq, dalle liste dei candidati alle imminenti elezioni europee.

Nella lettera Kuzmanovic ricorda brevemente gli ultimi otto anni di impegno politico e la sua azione nel Distretto del Pas-de-Calais, devastato dalla deindustrializzazione e disoccupazione e ora fortemente mobilitato per i “giubbotti gialli”. Arriva al punto nel dichiarare il movimento de la France Insoumise “in fase di stallo” e questo stallo strutturale e irriformabile.

Vediamo quali sono le critiche:

  • L’organizzazione del movimento, caratterizzato da una profonda mancanza di democrazia, a causa della sua forma ‘orizzontale e gassosa’, fondata su iniziative sul campo che sottendono e nascondono quella che chiama “l’estrema concentrazione di potere nelle mani di un piccolo gruppo di nuovi apparatchik e burocrati, mai eletti e inamovibili. Dato che non c’è una gerarchia riconosciuta di fatto tutto è deciso da ‘questa piccola nebulosa’”. Capita quindi che i “gruppi di azione” (che sono le cellule base della non-organizzazione di France Insoumise) siano sciolti d’imperio senza alcuna discussione[1]. Questo stato determina da una parte un dilettantismo endemico, dall’altra la sovrapposizione e la lotta costante dei vari “oratori nazionali” e degli “Scrittori di opuscoli tematici” per far accettare se stessi e le loro linee da un centro o dal leader. È quel che è successo quando ha difeso Sahra Wagenknecht e il suo movimento Aufstehen (quando si scontrò con la Autain).
  • La linea politica che, a seguito del successo avuto alle Presidenziali con un programma di rottura verso i riflessi della sinistra, ha visto il ritorno di personalità tradizionali e quindi “dei loro vecchi riflessi”. Questa scelta di presentarsi come “sinistra unita” alle europee, insistendo sulla intersenzionalità e non sulla gerarchia delle lotte[2], cioè, come dice “sul rifiuto di far prevalere il sociale sulla società”. Quel che segnala Kuzmanovic è una svolta tradizionalista nella sinistra, per cui si va in cerca delle classi urbane colte, si parla più di linguaggio patriarcale che di parità di retribuzione o di riduzione della povertà femminile, si cercano collegamenti con i vari insediamenti politici storici[3]. Tutto questo fa perdere la connessione con il paese e con il francese medio. Come dice, la negazione del problema posto dall’islamismo ed il rifiuto di affrontare le sfide dell’immigrazione hanno “devastato” il potenziale elettorato, facendo indentificare France Insoumise per la vecchia sinistra, “incapace di realismo e di fermezza”.

Questa linea, proprio mentre si alza la protesta dei “giubbotti gialli”[4], sembra confermare l’abbandono della Francia periferica ed il divorzio tra popolo ed élite (a volte di sinistra), e schiera France Insoumise pericolosamente vicino a queste ultime.

In questo modo, per il nostro, la sinistra, se resta nei suoi vecchi tic, non può vincere, al massimo può arrivare a rappresentare il 30% del popolo francese e rischia “di finire come la sinistra italiana, permanentemente dispersa come un puzzle”.

Al contrario, per Kuzmanovic la linea strategica, abbandonata dopo essere stata tentata solo alle Presidenziali, dovrebbe essere di lavorare ad una aggregazione molto più ampia, ben al di là della sinistra, con gli elettori della classe operaia, che sono arrabbiati ma non sono fascisti, i sovranisti preoccupati per la giustizia sociale ed anche le frazioni delle classi superiori che vorrebbero la grandezza del loro paese o sono consapevoli dei problemi posti dalla globalizzazione. Un nuovo programma del Consiglio Nazionale della Resistenza[5], capace di parlare a tutti i francesi (salvo coloro i quali sono irreducibilmente connessi con il progetto neo-liberale o con il nazionalismo xenofobo).

La condizione sine qua non di qualunque programma è comunque per Kuzmanovic “il ripristino della vera sovranità statale”, senza la quale ciascun governo “resterà un prigioniero dei trattati europei e dei mercati finanziari” cosa che rende impossibile applicare le misure previste nei programmi politici. Inoltre, un movimento dovrebbe avere chiare le alleanze internazionali, dichiarando l’uscita dalla Nato e la possibilità di uscire dalla UE.

Ma in France Insoumise di queste cose non si può parlare, e il “Piano B” si è perso nel limbo.

A partire dalla scelta dei candidati, che segneranno il tono della campagna, ciò che è accaduto è invece che tutte le figure che manifestavano convinzioni “repubblicane” o “sovraniste” sono state escluse o messe in posizioni non eleggibili.

Bisogna soffermarsi sul passaggio sulla intersezionalità o sulla gerarchia delle lotte che nasconde uno degli snodi che sono costati a Kuzmanovic la candidatura. Risulta[6] che il Comitato Elettorale, dopo mesi di scontri e di attacchi da varie fonti e nel mezzo di un’aspra battaglia per la linea, ha deciso di rimuoverlo dalla lista dopo che questi ha pubblicamente dichiarato che le lotte femministe e LGBT sono importanti, ma secondarie. Ovvero che la lotta principale deve essere quella di classe e non quella rivolta all’intersezione delle identità di genere e non.

Ma più profondamente, ovvero dentro questo scontro sulla priorità tematica, c’è la scelta che Kuzmanovic mostra con grande lucida chiarezza: se si voglia continuare a gestire una ordinata ritirata, entro l’insediamento sociale residuale familiare e rassicurante, o avviare una avventurosa offensiva, per cercare di riprendere il centro della società che da decenni la sinistra ha perso.

E soprattutto, se la politica debba essere difesa delle classi popolari, la grande maggioranza della popolazione nelle condizioni sociali contemporanee, e la lotta contro il capitale che crea queste condizioni di subalternità e oppressione. O se debba essere veicolo dell’autoespressione di minoranze relativamente tranquille (sul piano materiale) che chiedono di accedere ai benefici del sistema e vogliono sopra tutto, come ebbe a dire Clémentine Autain, conservare “anima e immagine”.

Lo abbiamo già scritto in “Scontri in France Insoumise”, quando si palesò lo scontro tra le linee entro il movimento intorno allo scandalo di Sahra Wagenknecht:

  • da una parte c’è chi guarda ai ceti popolari, la cui riconquista anche parziale, nelle attuali condizioni di disastro sociale sbarrerebbe la strada alla destra populista ed insieme riaprirebbe la partita del potere che oggi giocano solo altri. Al contempo questo è un discorso pratico, con un obiettivo concreto pur se difficile di avanzamento in terreni oggi abbandonati e che rischia di andare al punto, anche al prezzo di allargare il discorso e di rischiare qualche passaggio difficile.
  • Dall’altra si tratta di continuare a cercare di tenere insieme il residuo di constituency degli anni novanta-zero (pensionati, ceto impiegatizio garantito, donne, immigrati, minoranze culturali), oggi sconcertato e in ritirata, proponendo ancora una volta un discorso identitario fondato sulla rassicurazione ed i buoni sentimenti.

Note
[1] - https://www.marianne.net/politique/exclusion-france-insoumise-militants-paris-communautarisme
[2] - Ovvero sulla connessione di lotte identitarie e di genere, di mobilitazioni parziali di minoranza, nella loro reciproca intersezione (per cui una femminista può essere anche immigrata, algerina, gay), invece che sulla prevalenza della differenza di classe sulle altre (per cui uno può essere precario, marginale, operaio anche se maschio o femmina, gay o etero, francese o no).
[3] - Ad esempio con Emmanuel Maurel e Marie-Noëlle Lienemann.
[4] - Si veda in proposito l’analisi di Christophe Guilluy.
[5] - Il riferimento è di quelli forti, e fa il paio con la citazione di “realismo e fermezza”, perché il movimento France Libre, da cui scaturì il “Consiglio Nazionale della Resistenza”, è il movimento organizzato da De Gaulle in chiave anti-nazista ed organizzato da Jean Moulin.
[6] - Si ricava dal comunicato ufficiale di France Insoumise, a questo link.

Add comment

Submit