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La dichiarazione di Bashar Assad

di Redazione Clarissa

Crediamo giusto pubblicare questo documento, di un chiaro significato storico, per alcuni validi motivi: il primo, che il testo integrale non è stato reso noto dai media occidentali, e solo per questo meritava di essere rintracciato e pubblicato; il secondo, che conferma sostanzialmente l’analisi proposta da Gaetano Colonna su queste pagine, in merito al ruolo della Russia – che ha manifestamente rinunciato a difendere politicamente e militarmente il regime di Assad; il terzo, il più importante, in quanto quel che è avvenuto in Siria segna la fine di quel nazionalismo arabo che, a partire dagli Anni Cinquanta del secolo scorso, ha rappresentato una possibilità per il Medio Oriente di sottrarsi al colonialismo occidentale, alla logica dei blocchi ideologici, allo sfruttamento economico del Medio Oriente, senza rinunciare alle tradizioni religiose e culturali del mondo arabo, ma non lasciando tuttavia spazio a qualsivoglia fondamentalismo.

Siamo consapevoli che l’Occidente si compiace della caduta del regime degli Assad, sicuramente non immune da violazioni dei diritti umani, certo non più gravi di quelle che grandi Paesi occidentali hanno compiuto e che lo Stato di Israele pratica quotidianamente.

Non crediamo tuttavia che la situazione futura della Siria sarà per questo destinata a migliorare, ora che la sua condizione di Paese sovrano è stata cancellata: da una guerra civile durata quattordici anni, che ne ha provocato la completa frantumazione; dall’aggressione militare subita da parte israeliana, con oltre 400 incursioni sul proprio territorio solo negli ultimi giorni – senza che i media occidentali abbiano battuto ciglio in presenza delle ennesime violazioni delle norme più elementari del diritto internazionale.

Ecco il testo della Dichiarazione pubblicata, sul sito Telegram della Presidenza della Siria, da parte dell’ex-presidente Bashar al-Assad.

* * * *

«Mentre il terrorismo si diffondeva in tutta la Siria, raggiungendo infine Damasco la sera di sabato 7 dicembre 2024, sono sorti interrogativi sulla sorte e sulla posizione del Presidente. Ciò è avvenuto in mezzo a un’ondata di false informazioni e di narrazioni completamente distaccate dalla realtà, narrazioni che miravano a dipingere il terrorismo internazionale come un movimento di liberazione rivoluzionario per la Siria.

In questo momento critico della storia del Paese, in cui la verità deve avere la precedenza, è essenziale affrontare queste distorsioni. Purtroppo le circostanze al momento, tra cui la totale interruzione delle comunicazioni per motivi di sicurezza, hanno ritardato la pubblicazione di questa dichiarazione. Questa dichiarazione non sostituirà un resoconto dettagliato degli eventi che si sono verificati, e questi dettagli saranno forniti al momento opportuno.

In primo luogo, la mia partenza dalla Siria non è stata pianificata né è avvenuta nelle ultime ore delle battaglie, come alcuni hanno sostenuto. Al contrario, sono rimasto a Damasco e ho svolto le mie funzioni fino alle prime ore di domenica 8 dicembre 2024. Con l’infiltrazione delle forze terroristiche a Damasco, sono stato trasferito a Latakia (base aerea di Hmeimim) in coordinamento con i nostri alleati russi per supervisionare le operazioni militari.

Quando sono arrivato alla base aerea di Hmeimim quella mattina, è apparso chiaro che le nostre forze si erano completamente ritirate da tutte le linee di combattimento, e le ultime posizioni dell’esercito erano cadute. Mentre la situazione sul terreno si deteriorava, la stessa base militare russa è stata oggetto di intensi attacchi di droni.

Poiché non c’era modo di uscire dalla base, Mosca ha chiesto al comandante della base di organizzare un’evacuazione di emergenza in Russia per la sera di domenica 8 dicembre. Ciò è avvenuto un giorno dopo la caduta di Damasco e dopo il crollo definitivo delle posizioni militari e la paralisi di tutte le istituzioni governative rimaste.

In nessun momento di questi eventi ho preso in considerazione l’idea di dimettermi o di chiedere asilo, né tale proposta è stata avanzata da nessuno o da alcun gruppo. L’unica linea d’azione possibile era continuare a combattere contro l’invasione terroristica.

Sottolineo che la persona che, fin dal primo giorno di guerra, ha rifiutato di scendere a compromessi sulla salvezza del Paese per interessi personali e non ha messo a rischio il suo popolo cedendo a numerose offerte e tentazioni, è la stessa persona che si è trovata a pochi metri dai terroristi nei campi di battaglia più pericolosi e intensi, a fianco di ufficiali dell’esercito e soldati in prima linea.

È la stessa persona che, durante gli anni più bui della guerra, non ha lasciato il Paese ma è rimasta con la sua famiglia al fianco del suo popolo, resistendo al terrorismo di fronte ai bombardamenti e alle ripetute minacce di infiltrazione terroristica nella capitale per tutti i 14 anni di guerra.

Inoltre, chi non ha mai abbandonato la resistenza della Palestina e del Libano e non ha tradito gli alleati che gli sono stati accanto non può abbandonare il suo popolo o tradire l’esercito e la nazione a cui appartiene.

Non ho mai cercato una posizione per interessi personali, ma mi sono sempre considerato il custode di un progetto nazionale, un progetto in cui il popolo siriano credeva e si fidava di questa visione. Ho sempre creduto nella volontà e nella capacità del popolo siriano di proteggere il suo governo, difendere le sue istituzioni e sostenere le sue scelte fino alla fine.

Quando il governo cade nelle mani del terrorismo e perde la capacità di svolgere un ruolo significativo, qualsiasi posizione o titolo diventa insignificante e vuoto, e occuparlo o ricoprirlo diventa inutile. Questo non diminuisce in alcun modo il mio profondo senso di appartenenza alla Siria e al suo popolo, un legame che non viene scosso da nessuna posizione o circostanza. È un senso di appartenenza pieno di speranza, la speranza che la Siria torni a essere libera e indipendente».

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