«L’Iran non è una minaccia per l’Occidente»
di Hans Blix
L’ex ispettore capo dell’Onu in Irak nel 2003 mette in guardia: l’Occidente rischia di ripetere gli stessi errori del passato
Dopo l’attacco israeliano ai siti nucleari iraniani, Hans Blix lancia un allarme all’Occidente attraverso Krisis. L’ispettore capo dell’Onu in Irak fra il 2000 e il 2003 spiega che l’Iran non ha violato il Trattato di non proliferazione e che non ci sono prove di un programma militare iraniano in corso. E colpire Teheran rischia di produrre effetti opposti a quelli desiderati. L’ambasciatore svedese propone una soluzione diplomatica: istituire una zona denuclearizzata in Medio Oriente, alla quale dovrebbe aderire anche Israele.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non pare avere dubbi: l’Iran sta per «trasformare l’uranio arricchito in arma nucleare» e «se non fermato, potrebbe produrre un’arma nucleare nel giro di poco tempo». Parole che riecheggiano quelle pronunciate prima dell’invasione dell’Irak nel 2003, che peraltro Netanyahu sostenne con forza. Una delle voci più autorevoli che si oppose all’invasione, basata su accuse infondate per cui l’Irak sarebbe stato in possesso di armi distruzione di massa, era quella di Hans Blix.
Già direttore generale della Aiea, l’Agenzia Internazionale per l’energia atomica, fra il 2000 e il 2003 l’ambasciatore svedese era l’ispettore capo dell’Onu per le armi di distruzione di massa in Irak. Ecco che cosa pensa del recente attacco di Israele ai siti nucleari iraniani.
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Gli attacchi di Israele e degli Stati Uniti contro l’Iran sono stati violazioni della Carta delle Nazioni Unite, tanto controproducenti quanto scioccanti. È vero che l’articolo 51 della Carta consente agli Stati di agire per autodifesa in risposta a un attacco armato. Si ritiene in genere che permetta anche azioni contro attacchi imminenti, ma non autorizza azioni armate preventive, come quelle che Israele ha condotto da tempo e a cui ora si sono uniti gli Stati Uniti. L’Iran non aveva lanciato alcun attacco armato contro Israele e non era neanche imminente un attacco da parte sua. C’era ampio spazio per la diplomazia.
Gli israeliani hanno a lungo sostenuto che l’Iran stesse avanzando verso lo sviluppo di un’arma nucleare, ma sebbene la Aiea non lo abbia escluso del tutto, l’Agenzia ha dichiarato di non avere alcuna prova che l’Iran si stia dirigendo in quella direzione. In effetti, per molto tempo diverse grandi potenze, compresi gli Stati Uniti, hanno negoziato con l’Iran riguardo al suo programma nucleare.
Nel 2015, i P5 (i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu) più la Germania hanno raggiunto un accordo in base al quale l’Iran si è impegnato a ridurre il suo programma nucleare a un livello compatibile con scopi pacifici. In cambio, le altre parti, inclusi gli Stati Uniti (sotto Barack Obama), si sono impegnate a revocare tutte le sanzioni economiche contro l’Iran.
L’accordo è stato approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu – inclusi gli Stati Uniti. Tuttavia, nel 2018, gli Stati Uniti (sotto Donald Trump) hanno rinnegato il loro impegno a revocare le sanzioni. In risposta, l’Iran ha aumentato l’arricchimento dell’uranio oltre il limite stabilito del 3,67%, dichiarando però di essere pronto a tornare al livello concordato se gli Stati Uniti avessero rispettato l’impegno del 2015.
Gli Stati Uniti hanno rifiutato, così l’Iran ha gradualmente aumentato i livelli di arricchimento. Ha scelto di non superare il 60% (vicino al grado per uso bellico) e ha ripetutamente dichiarato di essere contrario allo sviluppo di armi nucleari. Eppure è stato attaccato. E adesso?
La soluzione migliore – secondo me e secondo molti altri – è da tempo quella di istituire una zona libera da armi nucleari in Medio Oriente. Questo garantirebbe che tutti gli Stati della regione -compresi Israele, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Turchia ed Egitto – si impegnassero reciprocamente a non possedere armi nucleari.
Per quanto riguarda l’Iran, Teheran sostiene di non violare il Tnp, il Trattato di non proliferazione nucleare (firmato nel 1968 ed entrato in vigore nel 1970, con l’obiettivo di prevenire la diffusione delle armi nucleari, ndr). L’Iran ricorda anche che nel 2005 la Guida Suprema dell’Iran ha emesso una fatwa che vieta lo sviluppo, la produzione e l’uso di armi nucleari, dichiarandole incompatibili con i principi islamici.
È vero che la Aiea ha riportato che l’Iran non ha adempiuto pienamente a tutti i suoi obblighi di salvaguardia, ma non ha presentato alcuna prova di violazione del Tnp. Né, in effetti, alcuna agenzia d’intelligence occidentale ha affermato che l’Iran stia sviluppando un’arma nucleare (la Cia ha dichiarato alcuni anni fa che l’Iran aveva un programma per armi, ma che lo ha chiuso nel 2003).
Le uniche armi nucleari attualmente presenti nella regione appartengono al significativo arsenale israeliano. Sono state definite il segreto peggio custodito del mondo. A mio avviso, Israele trarrebbe beneficio dall’adesione a una zona libera da armi nucleari. Rinunciando alle proprie armi nucleari, potrebbe ottenere garanzie credibili e controllo sul fatto che anche gli altri Stati della regione rinuncino a tali armi. Tuttavia, non vedo alcun segnale che l’Israele bellicoso sia pronto ora a muoversi in quella direzione.
Purtroppo, invece di prevenire la proliferazione nucleare, l’attacco israelo-statunitense contro l’Iran rischia di spingere l’Iran verso lo sviluppo di armi nucleari in futuro. Gli iraniani potrebbero guardare alla Corea del Nord e alla Libia, notando che la Corea del Nord non viene attaccata perché possiede armi nucleari, mentre la Libia ha smantellato il suo programma come promesso – ed è stata attaccata. Spero che questo ragionamento non prenda piede, che l’Iran rimanga nel Trattato di non proliferazione e che sia aperto a un approccio regionale alla non proliferazione…
Nel suo percorso di annessioni volto alla realizzazione di un «Grande Israele», potrebbe esserci il calcolo di mantenere i vicini il più deboli possibile dal punto di vista militare e di continuare a contrastare ogni minaccia percepita con attacchi armati e interventi, come bombardamenti e assassinii mirati. Questa è una prospettiva cupa che va evitata. Nonostante la retorica esagerata, l’Iran non è una minaccia né per Israele né per gli Stati Uniti. L’Iran voleva la revoca delle sanzioni e voleva commerciare con il mondo.
L’Iran è venuto meno al suo impegno di mantenere l’arricchimento al 3,67% solo quando è stato tradito l’impegno ricevuto sulla revoca delle sanzioni. L’intento era di sollecitare il rispetto di tale promessa – non di fornire prove di un programma di armamento nucleare. Tuttavia, come nel caso della guerra in Irak nel 2003, lo spettro delle armi di distruzione di massa è stato usato come pretesto per una guerra in violazione della Carta delle Nazioni Unite.
La soluzione dovrebbe ora consistere in un ritorno da parte di Washington alla diplomazia, che era in corso a Roma e che è stata distrutta dagli attacchi israeliani. La soluzione a cui gli Stati Uniti avevano aderito nel 2015 era solida, verificabile ed era rispettata dall’Iran.
Considerata la necessità dell’Iran di una fornitura affidabile di combustibile per il proprio programma nucleare pacifico, è inutile chiedere che l’Iran rinunci del tutto all’arricchimento dell’uranio. Tuttavia, un consorzio regionale fra i tre Stati del Golfo con ambiziosi programmi nucleari – Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti – potrebbe gestire congiuntamente l’arricchimento dell’uranio sotto controllo reciproco e dell’Aiea.
Questo approccio potrebbe basarsi sull’interesse condiviso di questi Paesi per la cooperazione e la diplomazia, nonché sulla loro condanna comune degli attacchi armati come mezzo per risolvere le controversie internazionali.