Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

ilpedante

Digitocrazia e palazzismo

di Il Pedante

modelliLa tecnocrazia, recita asciuttamente l'Enciclopedia Garzanti, è un «sistema politico fondato sulla gestione del potere da parte degli esperti e dei tecnici delle varie discipline». A ben vedere è un concetto acefalo, un calembour autologico dove gli strumenti (la tecnica, i tecnici) di un'attività (κράτος, il potere) diventano di quest'ultima gli autori e finiscono così per rappresentarla senza un soggetto, dadaisticamente appesa a se stessa. La tecnocrazia è uno sterzo che guida, una scarpa che corre, ultimamente una scienza che parla. È la misera licenza della miseria progressista, di un cammino (gressŭs) che si dice proiettato in avanti (pro) senza però darsi la pena di distinguere il davanti dal dietro, l'alto dal basso, la tecnica di Hiroshima da quella di Fleming.

Gli inganni del governo tecnico si rivelano nei sottintesi che tacciono. Siccome non può darsi un atto senza un autore, chi finge che spetti al pilota decidere la meta del viaggio promuove da un lato la finzione corollaria e quadratica del «pilota automatico» (cit. Mario Draghi, 2013) e da lì governo degli algoritmi in cui l'umano è obsoleto, dall'altro consegue l'unico obiettivo plausibile di nascondere le umanissime dita che tirano i fili del timone «intelligente». Il tecnocrate è letteralmente il Turco, il robot scacchista creato nel Settecento da Wolfgang von Kempelen per stupire un pubblico così ottusamente fiducioso nei prodigi della tecnica da non sospettare che le braccia dell'automa erano in realtà mosse da un giocatore in carne ossa alloggiato al suo interno, sotto uno strato di ingranaggi messi a casaccio. Da allora non è cambiato davvero nulla, sennonché oggi la scacchiera è il mondo, le pedine i suoi popoli.

Print Friendly, PDF & Email

noinonabbiamopatria

La liberazione della Palestina ed Israele nel vortice della crisi generale del sistema capitalista

di Noi non abbiamo patria

al ludQuando nei primi giorni di maggio salta la rabbia palestinese di Gerusalemme Est contro il via libera della Corte Suprema di Israele di sfrattare con la forza le famiglie palestinesi dal quartiere di Shaikh Jarrah, per assegnarle ai nuovi colonizzatori israeliani, e scoppiano le violenti proteste presso la moschea di Al Aqsa contro le truppe di occupazioni israeliane (indomite nel provocare i palestinesi durante il mese del Ramadan, negando loro l’accesso alla “Porta di Damasco” e alla moschea stessa), era immediatamente chiaro che si dipanava una pianificata escalation della pulizia etnica della Palestina.

Pianificazione che ha visto alcune precise tappe precedenti nel corso degli ultimi quattro anni, con il sostegno del suo principale manutengolo l’imperialismo USA che ha provato a condizionarne tempi e modalità:

  • La dichiarazione unilaterale di Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele;
  • Il suo riconoscimento da parte della Casa Bianca degli Stati Uniti d’America ed il seguente spostamento della sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme;
  • Il riconoscimento dello Stato di Israele da parte degli Emirati Arabi Uniti e Bahrain promossa dall’azione diplomatica di Trump anche per rimettere in riga i paesi dell’OPEC;
  • la dichiarazione unilaterale di Israele dell’annessione dei territori occupati della Cisgiordania;
  • e non da ultimo la conferma della presidenza degli USA Biden a mantenere la sua ambasciata proprio a Tel Aviv, in continuità con le decisioni prese dall’ex presidente Donald Trump, e a sottoscrivere negli ultimi giorni un contratto di vendita in armamenti per 736 milioni di dollari.

Print Friendly, PDF & Email

osservatorioglobalizzazione

Tutte le fake news dei cacciatori di fake news

di Fulvio Scaglione

fake newsCosì è (se vi pare), scena prima, parte prima. Siamo nel giugno 2020, il Washington Post spara la notiziona: la Russia ha pagato i talebani perché, a partire dal 2018, uccidessero soldati americani in Afghanistan. A ruota arriva il New York Times: titolare del programma di assassini prezzolati sarebbe l’Unità 29155 del Gru, i servizi segreti militari russi. E siccome siamo agli inizi della campagna elettorale Usa, si aggiunge: Donald Trump lo sapeva già da febbraio ma non ha detto né fatto nulla. Sottinteso: perché è una marionetta di Putin. Ovviamente Joe Biden ci si butta a pesce: “”Non capisco perché questo Presidente non sia disposto ad affrontare Putin che paga taglie ai taliban perché uccidano soldati americani in Afghanistan”, dice durante il dibattito presidenziale del 22 ottobre. Altrettanto ovviamente la notiziona viene riversata tal quale da tutti (o quasi) i media della provincia italiana.

Scena prima, parte seconda: aprile 2021, sono le stesse agenzie americane, militari e della sicurezza, a smentire la storia che merita, secondo loro, “low to moderate confidence”. La Nbcn, una delle Tv più accanite nell’inseguire la storia, traduce così: “Nel gergo dell’intelligence, una moderata fiducia significa che le informazioni sono plausibili e provenienti da fonti credibili, ma non abbastanza corroborate da meritare una valutazione più alta. Una bassa confidenza significa che l’analisi è basata su informazioni discutibili o non plausibili – o informazioni troppo frammentate o scarsamente confermate per trarre conclusioni solide. Può anche riflettere problemi con la credibilità delle fonti”.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

2001-2021. Il Forum Sociale Mondiale e il movimento altermondialista

Bilancio provvisorio e alcune considerazioni per il futuro

di Giorgio Riolo

49912972851 a3bd1c7413 bI.

A vent’anni dal primo Forum Sociale Mondiale (Fsm) di Porto Alegre del gennaio 2001 e in seguito in Italia, nel luglio dello stesso anno, gli avvenimenti del G8 di Genova, al cui controvertice, così ferocemente represso, vi fu quella straordinaria partecipazione anche grazie al precedente del Fsm di Porto Alegre, si possono avere due modi. Il solito e rituale modo della celebrazione, il rinverdire il protagonismo di taluni e talune in quegli eventi ecc. oppure, atteggiamento più fecondo, riflettere e ponderare alla luce dei decenni trascorsi per trarre le lezioni e per proiettare nell’oggi e nel futuro ciò che necessariamente impariamo nel cammino.

 

II.

Beninteso, il fenomeno dei movimenti antisistemici e della mobilitazione mondiale della società civile e dei movimenti sociali e politici contro la globalizzazione neoliberista non data solo dal primo Fsm di Porto Alegre.

Si è sempre detto che il Fsm, e il corrispondente movimento altermondialista, non è un “dato”, bensì è un “processo”. E come tale presenta dei prodromi, delle premesse, presenta un percorso evolutivo che rimonta almeno nei decenni precedenti. Con il trionfo del neoliberismo negli anni ottanta e poi ancor più negli anni novanta, dopo la fine del socialismo reale e la contemporanea crisi e fine dei movimenti di liberazione nazionale, dei progetti nazionali e popolari (Samir Amin) dei cosiddetti paesi non-allineati. La fine del Terzo Polo mondiale così spesso non preso in considerazione per capire cosa è cambiato nel volto del pianeta.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Il senso della politica oltre il Covid

di Luca Cimichella

pollockI. Stato d’eccezione e Restaurazione

La politologia del XX secolo, almeno a partire da Schmitt, ci ha insegnato a pensare la relazione consustanziale, presente in tutta la politica moderna fin dalla sua fondazione hobbesiana, tra istanza amorfa, caotica e incontrollabile della realtà umana (“stato di natura” che riemerge come stato di eccezione) e istanza politica, mediatrice e stabilizzante (ordine giuridico), che nasce a seguito del bisogno di sicurezza e incolumità dei soggetti umani nella comunità. Queste due istanze sono talmente reciproche e interrelate da provocarsi a vicenda, spesso addirittura in contemporanea e nella stessa situazione storica. Ad un eccesso di astrazione burocratico-tecnica del potere costituito segue infatti un corrispondente bisogno di rappresentanza popolare, e viceversa, ad un eccesso di immediatezza ideologico-identitaria corrisponde un’esigenza di maggiore razionalizzazione e giuridificazione del potere.

La crisi pandemica mondiale ha offerto una vera e propria svolta a questa dialettica verticale-orizzontale, la cui risoluzione è stata però dettata non da un mutamento di linea e classe politica legittimata dal basso (come nel 2018), bensì da un espediente squisitamente extra-politico, foriero in sé di caos, e messa in atto altrettanto impoliticamente dai nuovi organismi sovrani dello stato eccezionale: in Italia il comitato tecnico-scientifico, promosso dall’esecutivo di governo, e a livello mondiale gli enti sanitari internazionali (uno su tutti, l’OMS).

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Insonnia cilena, destra strabattuta

di Facundo Ortiz Núñez *

cile insonnia 640x300È stata una sorpresa che ha demolito le previsioni di tutti gli analisti: le elezioni di questo fine settimana hanno confermato quanto sperimentato nel 2019 durante le proteste sociali.

La destra non ha raggiunto la soglia del 1/3 necessario per porre il veto nell’assemblea costituente e la struttura politica del paese è cambiata, forse irreversibilmente, con l’emergere di nuove forze costituenti e un notevole spostamento a sinistra.

Questa cronaca scritta da Valparaíso durante l’insonnia della scorsa domenica notte offre un resoconto preciso per capire la nuova mappa di un Cile che ora dovrà affrontare le elezioni presidenziali di novembre.

*****

Il Cile ha celebrato le sue “macro-elezioni” questo fine settimana, da cui sono emerse più di 2.700 incarichi, tra consiglieri, sindaci, governatori e costituenti, una curiosa conseguenza del periodo di mobilitazioni più anti-istituzionale del paese in decenni.

Le forze ereditate dalla dittatura avevano fatto di tutto per fermare l’ondata di cambiamento. Dichiarare uno stato di eccezione e riempire le strade di militari. Svuotare con colpi di manganello, lacrimogeni e proiettili di gomma. Accecare e imprigionare i ragazzi ribelli. Per blindare un processo costituzionale per garantire a loro stessi una quota di potere. Riempirlo di trappole e ostacoli per limitare la vera democrazia. Far piovere soldi sui loro candidati per privilegiarli nella campagna e mettere a tacere gli sconosciuti.

Print Friendly, PDF & Email

lacausadellecose

Stato di Israele e questione palestinese: ben oltre la “questione ebraica“

di Michele Castaldo

Avvertenza: scrissi queste note e le pubblicai sul mio sito oltre 11 anni fa. Le ripropongo rispetto al nuovo massacro da parte dello Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese perché sono più attuali che mai

grattacielo gaza bombardato ansa2 2“La storia è radicale e percorre parecchie fasi,
quando deve seppellire una figura vecchia“

È difficile riuscire a ragionare di fronte a tanta crudeltà, alla disparità delle forze in campo tra lo stato di Israele e la resistenza palestinese che si esprime in questa fase nel gruppo islamico di Hamas. Mai la storia è uguale a sé stessa, bisogna guardare ai fatti senza sovrapporre ad essi schemi di precedenti cicli storici. L’odierno Stato di Israele non è la comunità religiosa o etica religiosa della diaspora, del martirio o dell’olocausto. La storia macina e modifica ogni cosa, i rapporti fra gli uomini, le comunità, le nazioni, gli imperi e cosi via.

Molti ebrei che emigrarono tra la seconda metà del 1800 e la prima decade del 1900 dall’Ucraina, dalla Polonia, dalla Germania, dalla Russia verso gli Stati Uniti d’America, ebbero un ruolo importante nello sviluppo delle lotte operaie e proletarie di quel florido paese, furono artefici della costituzione di società di mutuo soccorso, di sindacati, di partiti socialisti e comunisti. Molto spesso furono veri e propri passaparola fra le lotte operaie che si sviluppavano negli States e le prime organizzazioni operaie in Ucraina, in Russia, nella stessa Germania. Furono artefici di un filo conduttore che trasmetteva le tensioni da un continente all’altro, oltre ad esprimere – come ben noto – alcune figure carismatiche del movimento operaio mondiale come Marx, Rosa Luxemburg, Poul Levy, Leone Trotzky e tanti altri.

Print Friendly, PDF & Email

palermograd

C’è Rousseau e Rousseau. Moltitudine e classe al tempo del tecno-populismo

intervista ad Augusto Illuminati*

204248914 120ae467 021a 4cce 8764 f957aac94dccOggi il nome di Rousseau è associato, almeno in Italia, a un’idea peculiare di democrazia diretta da contrapporre positivamente alle storture della rappresentanza politica. Eppure, il concetto di “volontà generale” per come lo intendeva Rousseau ha ben poco a che fare con i ristretti referendum condotti su piattaforme proprietarie. Si tratta solo di un’operazione di marketing politico, di verniciatura intellettuale ai limiti dell’appropriazione indebita, o c’è qualcosa di più? Perché Rousseau, rispetto a tanti altri suoi illustri contemporanei, continua a esercitare un richiamo così forte a quasi 250 anni dalla sua morte?

Il richiamo a Rousseau dell’omonima piattaforma è ovviamente fasullo e oggi tristemente fallimentare, non è volonté générale di una comunità unanime istantaneamente informata e neppure volonté de tous, maggioritaria per coalizione di gruppi divisi, ma il luogo di una consultazione su quesiti manipolatori votati da una minoranza della minoranza degli elettori del M5S cui erano stati sottoposti. Quindi al massimo è testimonianza del persistente riferimento a qualcosa di più che un nome nei libri di testo scolastici. Rousseau è una memoria ricorsiva in momenti di uso radicale della sovranità popolare (per esempio durante la dittatura democratica giacobina o nella breve stagione della Commune) oppure di crisi della democrazia rappresentativa, quando si mette in discussione il principio stesso della rappresentanza e delle delega.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Il ritorno del Leviatano?

di Matteo Bortolon

LeviatanoIn piena seconda ondata di Covid-19 cosa possiamo capire di come sarà il nostro futuro? Lo scenario è molto mobile, alcune provvisorie conclusioni possono essere tirate. In questa serie di articoli l’autore cerca di gettare uno sguardo sulle dinamiche economiche che sono già fra noi per cercare di capire le sfide future. Dopo aver indagato sui fattori di continuità in un articolo precedente, vediamo adesso cosa comporti il rinnovato ruolo dello Stato. Cercando le basi per una comprensione della congiuntura attuale, con poche certezze, salvo una: allacciamo le cinture, sarà una fase movimentata.

* * * * 

Il confinamento o lockdown è una delle questioni più scottanti e dirimenti nel panorama della crisi Covid.

Essa si inscrive non solo nella dialettica fra protezione e libertà, ma impatta significativamente sul piano dell’economia; si pensi alle proteste di piazza di varie categorie penalizzate (ristorazione, palestre, e simili).

Questo apre due possibili piste di riflessione: il disagio che le misure di confinamento acutizzano per una parte della società da una parte e il nuovo (o supposto tale) ruolo dello Stato come indiscusso fulcro della vita economica dall’altra.

L’una questione si lega all’altra e tenerle assieme è necessario per capire in che direzione le nostre democrazie stanno andando.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Amnistia, altro che estradizione dalla Francia

di Frank Cimini* - Valerio Renzi** - Il Faro di Roma***

amnistiaNon tutta la stampa italiana ha seguito l’ordine di scuderia dei grandi gruppi editoriali stretti intorno a Mario Draghi, Confindustria e il “partito della vendetta” (oltre che del pil). Non si tratta di molti articoli, ma è comunque giusto segnalarli.

******

«C’è anche in programma una visita di Stato in Francia del presidente Sergio Mattarella e dovrebbe essere firmato il Trattato Quirinale per rafforzare i rapporti bilaterali. In questo contesto Macron potrebbe dare il via libera alle estradizioni chieste alla Francia dalla ministra Marta Cartabia nell’ultima riunione con il suo omologo francese».

Intervistato da Repubblica lo scrittore francese Marc Lazar risponde alla domanda su un possibile cambiamento di linea del governo d’Oltralpe sulla presenza a Parigi di persone condannate in Italia per fatti di lotta armata. Lazar polemizza con gli intellettuali francesi che avevano nei giorni scorsi firmato un appello a favore della dottrina Mitterand «perché sul tema c’è ancora troppa ignoranza».

Eppure a proposito di cambiamenti di linea va registrato che Lazar dieci anni fa intervistato da Paolo Persichetti sul quotidiano Liberazione aveva detto: «Dopo la dietrologia e le commissioni parlamentari di inchiesta ora è il tempo degli storici».

Quindi ora non sarebbe più il caso di storicizzare ma di consegnare all’Italia una dozzina di protagonisti di una stagione politica lontanissima e di portarli in carcere adesso che hanno tutti un’età più vicina agli 80 che ai 70.

Print Friendly, PDF & Email

poliscritture

Verso il 25 aprile. Segnalazioni

di Donato Salzarulo

resistenza 1«Il dono di riattizzare nel passato la scintilla della speranza è presente solo in quello storico che è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.»
(W. Benjamin, Sul concetto di storia)

1.- Il 6 Aprile 2021 è stato pubblicato sul sito dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri (www.reteparri.it) un appello, sottoscritto da più di cento storici e studiosi, «per un riconoscimento ufficiale dei crimini fascisti in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito italiano».

Infatti, fu il 6 Aprile del 1941 che le truppe italiane, di concerto con quelle tedesche ed ungheresi, attaccarono il Regno jugoslavo da diversi punti e l’occuparono. Nella spartizione del “bottino” all’Italia toccò buona parte della Slovenia (tra cui Lubiana), della Dalmazia, del Montenegro e del Kosovo.

Come scrivono gli storici nell’appello, «durante l’occupazione fascista e nazista, e fino alla Liberazione nel 1945, in questo territorio si contano circa un milione di morti. L’Italia fascista ha contribuito indirettamente a queste uccisioni con l’aggressione militare e l’appoggio offerto alle forze collaborazioniste che hanno condotto vere e proprie operazioni di sterminio. Ma anche direttamente con fucilazioni di prigionieri e ostaggi, rappresaglie, rastrellamenti e campi di concentramento, nei quali sono stati internati circa centomila jugoslavi.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Populismo giustizialista e controllo sociale: come si è arrivati a tutto questo?

di Osservatorio Repressione

giustizialismo populista controlloNegli ultimi decenni, una questione si è dimostrata trasversale a tutte le forze politiche, quella relativa alla sicurezza.

Oggi, l’idea di sicurezza è divenuta capace di generare consenso vasto e acritico per il solo fatto di essere nominata e abbiamo assistito al diritto penale divenire dominante manifestando tutti i sintomi del morbo populista: l’allarmismo sulla sicurezza che condiziona un’opinione pubblica che si sente sempre più insicura, eccitata dall’antipolitica e dalla spettacolarizzazione della giustizia; il ruolo moralizzatore assunto dalla magistratura; la strumentalizzazione delle vittime che trasfigura la giustizia in un risarcimento simbolico all’intera comunità e che rende insostenibile la presunzione d’innocenza.

Ma dietro alla criminalizzazione si profila lo spettro della guerra di tutti contro tutti in cui lo Stato, che non è più in grado di distribuire giustizia sociale, promette sicurezza. Il declino del welfare ha allargato le maglie del linguaggio della colpa e della pena, ha esteso l’uso delle istituzioni penitenziarie e del controllo sociale coattivo, come a compensare la fragilità dello stato sociale.

Nonostante le statistiche sulla criminalità descrivano una società più sicura e una diminuzione costante del numero dei reati nell’ultimo decennio, la percezione d’insicurezza e paura – alimentate da politica e media – genera consenso verso chi si propone come giustiziere.

Print Friendly, PDF & Email

Coordinamenta2

“Analisi concreta di cose concrete”

di Elisabetta Teghil

donghi 180«non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta»
Lenin

Se il pensiero dialettico, come diceva Lenin, consiste nell’«analisi concreta delle condizioni e degli interessi delle diverse classi» significa che deve analizzare il tempo presente e gli interessi di classe nel tempo presente e prima di tutto definire sempre nel tempo presente la composizione di classe.

Il neoliberismo è la struttura ideologica della borghesia transnazionale che ha portato avanti in questi anni una guerra all’interno della propria classe senza esclusione di colpi e ha ridotto le borghesie nazionali ad un ruolo di servizio e proletarizzato la piccola e media borghesia. Ci troviamo di fronte a un variegato insieme di strati sociali oppressi e vessati dal neoliberismo, un arco che va dalle classi medie impoverite al sottoproletariato urbano, agli immigrate e alle immigrate. Questa composizione ha fatto sì che molti abbiano gridato alla scomparsa delle classi sociali, alla definizione di un insieme sociale caratterizzato da fluidità e quindi difficilmente catalogabile ed inquadrabile.

Ma è la vessazione neoliberista che accomuna tutti questi strati sociali seppure in modalità e con livelli di sfruttamento diversificati ma solo apparentemente in contraddizione. E’ proprio l’operare dell’ideologia neoliberista che vorrebbe far credere alla scomparsa delle classi e che inoltre mette in atto una serie di meccanismi molto precisi, ma anche di facile lettura, per fomentare uno strato sociale contro l’altro.

Abbiamo assistito in questi anni ad una lunga serie di tentativi, nella maggior parte dei casi riusciti, di mettere impiegati contro commercianti, cittadini contro dipendenti pubblici, precari contro così detti garantiti, insegnanti contro genitori, proletari delle periferie contro immigrati, uomini contro donne…e, tanto per rimanere all’attualità, vaccinati contro non vaccinati, fragili contro tutelati, chi ha avuto dei sussidi contro chi non li ha avuti…

Print Friendly, PDF & Email

osservatorioglobalizzazione

Esclusione, rabbia e rancore: il problema della povertà bianca negli Usa

di Tommaso Minotti

usa poverta capitol hillIniziamo dalla fine. La conclusione di questo articolo, nonché la sua tesi, è che alla base delle proteste di Capitol Hill avvenute nella giornata del 6 gennaio ci sia il malcontento delle classi basse e bassissime della popolazione bianca statunitensi. In altre parole, l’elefante nella stanza della società statunitense, cioè l’endemica povertà che colpisce i diseredati bianchi, ha reagito alla sconfitta di colui nel quale riponevano le speranze di una vita migliore. Speranze mal riposte ovviamente. Si è giustamente parlato molto della polarizzazione che sta falcidiando gli USA e del fatto che ciò che è successo al Campidoglio sia un atto sintomatico della “crisi dell’impero” a stelle e strisce. Tutto vero ma poi le analisi si restringono nella definizione della folla trumpista come complottista, antisemita, nazionalista e altri aggettivi che nascondono quella che è la vera domanda: chi sono coloro che sono scesi in piazza? La risposta non può essere i Proud Boys o i complottisti di QAnon perché non è la realtà. Dietro a quelle sigle c’è il malcontento di chi si sente trascurato e tradito da chi doveva aiutarlo durante la tempesta che in questo caso è la dura crisi economica che ha investito gli Stati Uniti. Una crisi che sembrava alle spalle ma è stata acuita e rintuzzata dalla pandemia le cui conseguenze saranno particolarmente nefaste.

Quando il movimento del Black Lives Matter fece il suo dirompente ingresso nelle città americane la stampa mondiale si prodigò in analisi più o meno approfondite, più o meno azzeccate delle ragioni per cui queste manifestazioni avvenivano.

Print Friendly, PDF & Email

perunsocialismodelXXI

Il fantasma bifronte di Peròn

di Carlo Formenti

Juan Peron con banda de presidenteNei miei ultimi libri (1) ho dedicato ampio spazio al tema del “socialismo del secolo XXI”, occupandomi delle cosiddette rivoluzioni bolivariane (termine appropriato soprattutto per quella venezuelana, quella ecuadoriana si autodefinisce revolución ciudadana e quella boliviana socialista tout court). In quelle pagine ho esaminato i motivi del fallimento delle sinistre tradizionali (sia socialdemocratiche che rivoluzionarie, queste ultime nelle loro molteplici varianti ideologiche: stalinisti, trotskisti, maoisti, ecc.) in contrappunto al successo dei populismi di sinistra capeggiati da leader come Chavez, Correa e Morales (successo oggi in discussione su tutti i fronti). Ho inoltre tentato di evidenziare le peculiarità del contesto socioeconomico e della composizione di classe ed etnica dei Paesi interessati, e di analizzare il dibattito teorico associato ai fenomeni politici in questione, con particolare attenzione alle teorie di Laclau sul populismo e al marxismo “eretico” di Linera.

L’influenza che le esperienze appena citate hanno esercitato su movimenti come lo spagnolo Podemos, che ha tentato di “clonarle” nel contesto europeo (2), è all’origine del successo che le teorie del filosofo argentino Ernesto Laclau (3) hanno ottenuto negli ultimi anni, anche in casa nostra. Chi mi conosce sa che, pur apprezzando il contributo che questo autore ha dato alla comprensione di alcuni aspetti del fenomeno populista, non ho mai condiviso tale entusiasmo (soprattutto se associato alle tesi della sua amica e sodale, Chantal Mouffe, che, nei suoi ultimi lavori (4), ha “purgato” il discorso di Laclau delle sue implicazioni sovversive e antagoniste, e dalle influenze gramsciane che ne ispiravano il pensiero, unitamente alla filosofia strutturalista e post strutturalista).