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sinistra

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet

di Paolo Selmi

Decima parte. I profsojuz durante la NEP: il settore socializzato (parte II)

Škola kommunizma i sindacati nel Paese dei Soviet parte 1 html 98bc8d74546bea8fCi eravamo lasciati con Vladimir Il’ič, ripartiamo da lui. Guarda caso subito dopo aver rimesso i paletti tolti in tempo di guerra civile e comunismo di guerra, parla del diritto di sciopero nelle aziende nazionalizzate. Il suo è un capolavoro di EQUILIBRIO tra dovere di rappresentanza sindacale e senso di responsabilità nei confronti della nuova collettività di cui si fa parte, lo Stato degli operai e dei contadini:

Finché ci saranno le CLASSI, la LOTTA DI CLASSE sarà inevitabile. L’esistenza stessa delle classi sarà inevitabile, nel periodo di TRANSIZIONE dal capitalismo al socialismo, e il programma del PCR afferma in modo inequivocabile che noi siamo solo AI PRIMI PASSI DI QUESTA TRANSIZIONE.

Per questo sia il partito comunista, sia i soviet, così come i sindacati, devono riconoscere apertamente l’esistenza della lotta di classe e la sua inevitabilità, almeno fino a quando, fosse anche solo nelle sue linee fondamentali, non sarà completata l’elettrificazione dell’industria e dell’agricoltura e, con essa, saranno completamente sradicati (подрезаны все корни) gli interi comparti della piccola imprenditoria e del commercio. Da ciò discende che, allo stato attuale, NON POSSIAMO IN ALCUN MODO ESIMERCI DAL LOTTARE SCIOPERANDO, e NEPPURE CONSENTIRE LA PROMULGAZIONE DI UNA LEGGE che LO SOSTITUISCA OBBLIGATORIAMENTE con un TAVOLO DI MEDIAZIONE STATALE.

D’altro canto, è evidente che l’obbiettivo finale della lotta tramite sciopero nel capitalismo è la distruzione dell’apparato statale e il rovesciamento di quel potere statale in mano alla borghesia. IN UNO STATO PROLETARIO DI TRANSIZIONE come il nostro, invece, L’OBBIETTIVO FINALE DELLA LOTTA TRAMITE SCIOPERO non può che essere il RAFFORZAMENTO DELLO STATO PROLETARIO ovvero DEL POTERE STATALE IN MANO AL PROLETARIATO, per mezzo di una LOTTA SERRATA CONTRO LE DISTORSIONI BUROCRATICHE DI TALE STATO, CONTRO I SUOI ERRORI, LE SUE DEBOLEZZE, GLI APPETITI DI CLASSE DEI CAPITALISTI CHE SFUGGONO AL SUO CONTROLLO, ECCETERA1.

Abbiamo qui la rappresentazione plastica della DIALETTICA DEL BICCHIERE. Il diritto di sciopero di per sé è uno strumento. Dipende tutto da COME, IN QUALE CONTESTO, PER COSA e IN RIFERIMENTO A COSA è adoperato. Lenin è uno schiacciasassi, in questo senso. Non parla tanto per fare citazioni dotte. O per esibire, come faceva qualcuno oltremuraglia, la propria erudizione citando classici a memoria (salvo poi inchiodare gli avversari al muro della loro “cultura libresca”… vecchie polemiche di oltre mezzo secolo fa). La sua “dialektika stakana” è uno strumento operativo, una chiave a stella indispensabile nella cassetta degli attrezzi di ogni marxista. A partire da lui. E lui la usa. Se lo sciopero serve a rafforzare lo Stato proletario, allora non solo ha diritto di cittadinanza, ma diventa un potente strumento per lottare contro “i suoi errori, le sue debolezze, gli appetiti di classe dei capitalisti che sfuggono al suo controllo, eccetera”. Se invece è inteso ancora in maniera borghese, peggio ancora, neocorporativa, beh, possiamo farne anche a meno. Per inciso, questo lavoro si ferma alla NEP. Diciamo che due o tre pagine di Storia, con la “S” maiuscola, ci sarebbero state anche dopo Stalin e la riduzione del sindacato a cinghia di trasmissione vera e propria. Per esempio, la II Guerra Mondiale e la Ricostruzione. Il tempo purtroppo è quello che è e mi fermerò alla fine della NEP. Una cosa però posso, a questo punto, affermarla e chiaramente. SE IL SINDACATO SOVIETICO AVESSE AVUTO QUESTO, DI ATTEGGIAMENTO, SE SI FOSSE RICORDATA LA LEZIONE DELLA “DIALEKTIKA STAKANA”, SE LENIN NON LO AVESSE AVUTO A PRENDER POLVERE SU QUALCHE SCRIVANIA O SCAFFALE, MA NELLA TESTA, SOPRATTUTTO, SE NELLA TESTA AVESSE AVUTO DAVVERO IL FINE DI “RAFFORZARE LO STATO PROLETARIO”, ALLORA DURANTE LA COSIDDETTA “PERESTROJKA”, CHE PORTÒ ALLA DISTRUZIONE DELL’URSS, SI SAREBBE COMPORTATO IN MANIERA TOTALMENTE DIVERSA! NON AVREBBE SCIMMIOTTATO IL NEOCORPORATIVISMO FATTUALE DEI COLLEGHI OCCIDENTALI, DIVENUTI IN QUEL MOMENTO RIFERIMENTO, SCIOPERANDO INDISTINTAMENTE PUR DI AVERE ACCESSO A QUELLE FETTE DI TORTA SEMPRE PIÙ “PRIVATIZZATE” E CHE PERÒ FINIVANO IN MANO A FUNZIONARI FUTURI OLIGARCHI!

AL CONTRARIO, AVREBBE SCIOPERATO CONTRO QUEL SISTEMA MARCIO, contro quel tentativo di restaurazione di un modo capitalistico di produzione, e della peggior specie, perché ammantato di “lotta alla burocrazia”! AVREBBE CONDOTTO, PER DIRLA CON LE PAROLE CHE ABBIAMO APPENA SENTITO, UNA “LOTTA SERRATA CONTRO LE DISTORSIONI BUROCRATICHE DI TALE STATO, CONTRO I SUOI ERRORI, LE SUE DEBOLEZZE, GLI APPETITI DI CLASSE DEI CAPITALISTI CHE SFUGGONO AL SUO CONTROLLO, ECCETERA”!

Niente invece, niente di tutto questo. Questo è un inciso MOLTO importante, visto che non arriveremo alla fine di questa storia, fermandoci mezzo secolo prima: la degenerazione del sindacato sovietico culminata con una politica dichiaratamente corporativistica nel suo ultimo decennio di vita, contribuì anch’essa, e non poco, all’affossamento del Paese dei Soviet.

Torniamo però a Lenin, e alla sua analisi. A questo punto pronuncia una frase davvero rivoluzionaria.

Perciò né il partito comunista, né i soviet, né i sindacati possono in alcun modo dimenticare, tacere agli operai e ai lavoratori il fatto che IL RICORSO ALLO SCIOPERO IN UNO STATO A GUIDA PROLETARIA CONTRO LO STATO STESSO, POSSA ESSERE SPIEGATO E GIUSTIFICATO SOLTANTO, DA UN LATO, DALLE PERVERSIONI BUROCRATICHE DELLO STATO PROLETARIO E DA QUALSIASI RESIDUO CAPITALISTICO rimasto nella sua struttura MA ANCHE, DALL’ALTRO LATO, ANCHE DALL’IMMATURITÀ POLITICA E DALL’ARRETRATEZZA CULTURALE DELLE CLASSI LAVORATRICI!

Infatti, se i tribunali e tutti gli altri organi dello Stato ormai sono costituiti su una base di classe esclusivamente proletaria, senza borghesi, allora i lavoratori dovranno abituarsi a ricorrere sempre più spesso a tali organi come VIA NORMALE ALLA RISOLUZIONE DEI CONFLITTI FRA LAVORO E CAPITALE E FRA LAVORATORI E PADRONI2.

In altre parole, i rapporti di forza nel Paese, nelle istituzioni, ovunque sono tali da rendere lo sciopero meno efficace di strumenti molto più potenti, finalmente in mano allo stesso proletariato, e in grado di ridurre il padronato a più miti consigli.

Capisco che per noi, che è l’esatto contrario, sia difficile da capire. Me per primo. Per me, rivolgersi a un giudice anziché stare a casa tutti è un elemento di debolezza. Ma io vivo qui, in questo mondo di merda, di guerre, di persone ridotti a numeri, a limoni da spremere, che stiamo lasciando ai nostri figli, futura carne da cannone, numero, limone da spremere. E in questo mondo un giudice può, con un colpo di penna, aumentare la buonuscita di un lavoratore lasciato a casa senza giusta causa. Che bello… questi sono i rapporti di forza oggi. Ma allora? Allora non era così. ERA L’ESATTO OPPOSTO! Ecco quindi che anche IL RICORSO ALLA GIUSTIZIA ORDINARIA DIVIENE UNO STRUMENTO DI SEMPLIFICAZIONE, DI OTTENIMENTO – COLLETTIVO! NON NELLA DISPERAZIONE INDIVIDUALE DI UN LICENZIATO O DI UN INVALIDO – DELLE STESSE COSE CHE OTTERREBBE LASCIANDO ALTRETTANTO COLLETTIVAMENTE IL LAVORO E PICCHETTANDO FUORI DALLA FABBRICA!

Il padrone impone cinquantasei ore settimanali? Esiste una legge che lo vieta! Se ne chiede TUTTI, IN BLOCCO, l’applicazione e si sanziona il padrone che pensa ancora di essere sotto lo zar. Stesso discorso per i minimi salariali, o per le pause retribuite, o per un licenziamento politico o comunque per ingiusta causa, eccetera.

Lo SCIOPERO non come ottuso ricorso a prescindere, ma come MOMENTO PARALLELO, CONCORDE e, in ultima analisi, FUNZIONALE all’INTERO MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO DI LIBERAZIONE, DI PROGRESSO, DI CRESCITA SOCIALE, CULTURALE ED ECONOMICA; fermo restando che invece

1. quando anche l’istituzione, pur proletaria, fosse preda di “perversioni burocratiche” (бюрократическими извращениями) o

2. i rapporti di forza coi padroni, magari stranieri appena arrivati con la NEP come avvoltoi, lo richiedessero per rinfrescare loro la memoria sugli ultimi tre anni di Storia Russa,

ecco che anche in tal caso il RICORSO ALLO SCIOPERO SAREBBE STATO NON SOLO IL BENVENUTO, MA ANCHE INDISPENSABILE. Dialektika stakana nella praxis rivoluzionaria di ogni giorno.

Ieri e oggi

Aggiungiamo, a quanto accennato poc’anzi, un altro dato, che differisce ENORMEMENTE col ricorso regressivo alla magistratura nella fase attuale in Occidente. Non vi è soltanto un elemento di ATTUALE disperazione, nella maggior parte dei casi INDIVIDUALE, DI RAPPORTI DI FORZA ORMAI SCHIACCIANTI rispetto a una COLLETTIVITÀ OPERAIA E CONTADINA che, ALLORA, CRESCEVA E CONTINUAVA A CRESCERE E AD ACCRESCERE IL PROPRIO RUOLO NELLA SOCIETÀ, ma anche tutto quanto, in termini di SOVRASTRUTTURA, di cui il DIRITTO è parte fondante, da esso ne discendeva.

Infatti, di fronte alla devastazione compiuta dal cosiddetto “modello concertativo”, il potere contrattuale del sindacato è sempre minore e LA MAGISTRATURA NON GIUDICA NEL MERITO DI LEGGI PROGRESSIVE, EMANAZIONE DI UN MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO CHE PASSA, CIVILMENTE, DALLE PIAZZE AGLI ARTICOLI DEL CODICE PENALE, ma AL CONTRARIO è rimasta ormai L’ULTIMO BALUARDO, E SEMPRE PIÙ SPUNTATO DA LEGGI REGRESSIVE, di un lavoratore altrimenti indifeso di fronte allo strapotere padronale.

Lo stesso dicasi anche per la Cina, dove il diktat di non disturbare il manovratore è seguito alla lettera dall’unico sindacato ufficiale, che non sciopera e si limita a concordare col padronato contentini ogni tanto per legittimare la propria – INUTILE – esistenza, a metà fra un dopolavoro ferroviario e una pro loco sui generis.

Sempre in riferimento al Celeste impero, nel brano citato di Lenin notiamo un’altra differenza fondamentale con la fase attuale: qui lo sviluppo economico era ORIENTATO SIN DA SUBITO a creare i presupposti per la transizione al socialismo, sin dalla strategia stessa di allocazione delle risorse e investimenti. Lo spiega qui Lenin in maniera esemplare: Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione dell’intero Paese” (Коммунизм – это есть Советская власть плюс электрификация всей страны) non è uno slogan campato per aria, ma la condizione per sradicare, vincolando la loro stessa esistenza a precise e limitative condizioni, alle due forze CENTRIFUGHE principali, capitalistico-forma-mentis e pertanto capitalistico-indirizzate, (qualcuno avrebbe parlato, più avanti, di “contraddizioni in seno al popolo”… oggi è invece tutto “armonia”), rispetto a qualsiasi percorso CENTRIPETO, socialistico-forma-mentis e socialistico-indirizzato (e quindi la transizione stessa al socialismo): piccola imprenditoria e commercio privato.

Nella Russia uscita dalla guerra civile ed entrata nella NEP, finché questi settori erano

- strutturalmente necessari al funzionamento del modo di produzione,

- parte integrante della macchina economico-sociale,

- altrimenti inconvertibili nei bisogni sociali che soddisfano,

ogni transizione sarebbe impossibile.

Attenzione, rispetto alla prima scrittura di questo brano ho tolto volutamente ogni riferimento a “COLLETTIVISTICO” e “INDIVIDUALISTICO” come etichette da apporre, rispettivamente, a socialismo e capitalismo. L’ho tolto non perché non risponda al vero, ma perché anch’esso – dialektika stakana emersa in fase di rilettura! – VA ISCRITTO ENTRO PRECISE CONDIZIONI STORICHE E CULTURALI.

La Cina di oggi non è per niente individualistica, COME NON LO È STATA PER MILLENNI: ma è il terreno più fecondo per lo sviluppo del modo capitalistico di produzione a livello mondiale. Giappone idem. Esiste un collettivismo comunitaristico primitivo, un collettivismo schiavistico, un collettivismo feudale e, così non poteva non essere, un collettivismo capitalistico. Non qui, a queste latitudini (se si eccettuano le dimensioni di certe “coop” o i consorzi di padroncini autotrasportatori, giusto per restare nel mio campo), ma altrove.

L’etica confuciana e lo spirito del capitalismo? Certo, e molto di più.

ENORMI conglomerati PRIVATI, PUBBLICI, in una commistione fra settori che crea CHIMERE, MOSTRI MULTIFORMI FANTASTICI MEDIEVALI3

- non solo di difficile individuazione a livello di assetti societari, il che sarebbe anche il meno,

- ma di ANCOR PIÙ DIFFICILE CONTROLLO dal punto di vista di un processo che si vorrebbe UNIDIREZIONALE di edificazione socialistica,

ebbene questi mostri sono per certi versi il trionfo del collettivismo. Della disciplina. Della unità sostanziale di intenti. Persino, nel caso del toyotismo giapponese, di pseudo-emulazione socialistica (cfr. kaizen 改善)4.

Il tutto, applicato diligentemente alla generazione di profitto secondo le più classiche modalità della legge fondamentale del capitalismo e nell’appropriarsene spartendosi la torta fa soggetti privati (ivi compresi quelli spacciatisi per pubblici), conti off-shore, repubbliche satelliti, eccetera, fino ai processi odierni di espansione ed esportazione di tale surplus nel resto del mondo. Collettivismo e individualismo si, ma non ne facciamo feticci perché sono armi a doppio taglio, come Lenin, e la sua dialektika stakana, insegnano.

Torniamo al Padre della Rivoluzione nel Paese dei Soviet. Contro i “Nepacci” Lenin non gioca la carta della repressione perché, a differenza di qualcuno che mezzo secolo più tardi avrebbe tentato di “rieducare” l’intero suo popolo con un comunismo da caserma (e si è vista allora la tragedia e oggi l’effetto diametralmente opposto), è guidato da “criteri di verità”, come lui li ha chiamati nel passo citato poc’anzi della “dialettica del bicchiere”, diametralmente opposti, che cercano di confinare qualsiasi soggettivismo in un angolo: che ci riescano completamente, è un altro discorso, ma intanto certe cantonate le evitano.

Lenin gioca chiaramente altre carte:

- il monopolio non solo delle materie prime, ma dell’innovazione tecnologica stessa (più elettricità) da un lato,

- e la mobilitazione dal basso (più soviet) dall’altro,

per guidare la transizione e rendere obsoleti modi di produzione destinati a scomparire col tempo per morte propria.

Passando, viceversa, oltremuraglia, non possiamo non notare come IL SETTORE PRIVATO CINESE (minying jingji 民营经济)

- NON SOLO SIA STATO (ed è tutt’ora) INCORAGGIATO NELLO SVILUPPO ECONOMICO,

- MA sia divenuto OGGI determinante e vincolante l’intero corso economico,

- oltre che – già da vent’anni – parte integrante dello stesso partito al potere tramite la pezza giustificativa (pardon, “l’innovazione teorica del marxismo” ) delle Tre rappresentatività (san ge daibiao 三个代表).

Del resto non un Paolo Selmi qualunque, ma He Lifeng (何立峰), capo della potente Commissione statale per lo sviluppo e le riforme della Repubblica popolare cinese (zhonghua renmin gongheguo guojia fazhan he gaige weiyuanhui 中华人民共和国国家发展和改革委员会), lo ammetteva pochi anni fa del tutto candidamente. Suo è lo Schema 5-6-7-8-9:

Il settore privato

- contribuisce a oltre il 50% del gettito fiscale (shuishou 税收) totale,

- crea oltre il 60% del PIL,

- genera oltre il 70% dell’innovazione tecnologica (jishu chuangxin 技术创新),

- impiega oltre l’80% dei lavoratori urbani (chengzhen laodong 城镇劳动) e

- annovera oltre il 90% delle aziende (qiye 企业) attualmente registrate5.

Alla faccia del “rafforzamento dello Stato proletario” (укрепление пролетарского государства)… e del bicarbonato di sodio! Più che dialektika stakana, siamo alla dialektika vodki: con un bel grappino (secco, non barricato), si vede anche il socialismo.

Con la NEP si compie la separazione fra gestione e regolamentazione aziendali

Torniamo a Lenin. La sua bozza non solo fu pubblicata sulla Pravda neppure una settimana dopo la sua stesura, ma qualche mese più tardi entrò a far parte integrante delle Tesi dell’XI Congresso del PCR(b), tenutosi a Mosca dal 27 marzo al 2 aprile 19226.

Nel brano citato compare più volte la parola “regolamentazione” (regulirovanie): si tratta un concetto chiave figlio anch’esso della NEP e del calcolo economico. Infatti il primo passo, di natura organizzativa ma non solo del giovane Paese dei Soviet in economia aziendale, fu la separazione di funzioni (e di mansioni!) fra gestione (управление) e regolamentazione (регулирование), per l’appunto, dell’attività economica aziendale.

Per “gestione” si intendeva

- non solo l’attività di direzione aziendale,

- ma anche il delicato lavoro di collegamento e coordinamento fra la stessa e la direzione politica, ovvero la linea socioeconomica complessiva di sviluppo, data a livello politico sotto forma di obbiettivi generali e particolari.

Fu questo a portare alla creazione, nelle aziende nazionalizzate, della figura del direttore (директор) e del corrispondente consiglio di amministrazione in quanto preposti a tale mansione.

Per “regolamentazione”, invece, si intendeva

- non solo il modo con cui, una volta posti gli obbiettivi da raggiungere, gli stessi si sarebbero dovuti attuare,

- ma anche il controllo DAL BASSO dell’attività di direzione stessa, ovvero la verifica puntuale del rispetto dei confini, del perimetro a essa assegnato.

La base normativa di tale architettura di poteri e mansioni fu il Decreto del VCIK (Comitato esecutivo centrale panrusso) e SNK (Consiglio dei Commissari del Popolo) datato 10/04/23 dal titolo “Sulle aziende industriali statali, operanti su principi di calcolo commerciale (trest)” (О государственных промышленных предприятиях, Действующих на началах коммерческого расчета (трестах)).

L’Articolo 42, per esempio, istituiva il massimo organo di controllo, la “Commissione dei revisori” (Ревизионная Комиссия, che con l’omologo occidentale – il collegio dei sindaci – aveva in comune e solo vagamente l’idea alla base… perché per il resto prevedeva la partecipazione diretta del sindacato, era molto più forte e con molte più mansioni): “All’interno dell’azienda si forma la Commissione dei revisori, composta di tre elementi:

- presidente e un membro scelti dal VSNCh (Consiglio superiore per l’economia),

- l’altro membro dal profsojuz di competenza7”.

L’Articolo 43 ne esplicitava le mansioni e l’area di competenza. Vale la pena riportarlo integralmente:

Fra i doveri della commissione dei revisori sono inclusi: la verifica e approvazione dei rapporti e dei bilanci periodici, così come previsto dallo Statuto, dei consuntivi di ciascun progetto e del piano di lavoro, oltre che dell’intero rapporto annuale.

Nello svolgimento di tali compiti i membri della Commissione dei revisori hanno il diritto di esigere la presentazione dei libri contabili oltre che di tutti i documenti giustificativi, contratti e carteggi, comprovanti i dati di cassa, oltre che di interrogare i membri della direzione e qualsiasi impiegato dell’azienda su qualsiasi questione emersa dalla lettura di tali rapporti e documenti.

In rappresentanza del VSNCh, così come di propria iniziativa, la Commissione dei revisori procede a controlli e indagini a sorpresa.

La Commissione dei revisori non può né pubblicare rapporti preliminari o bozze delle conclusioni, né tanto meno passarle alla direzione (né su loro richiesta, né di propria iniziativa), fossero anche conclusioni provvisorie relative a singole misure da intraprendere, piuttosto che singole proposte alla direzione.

La Commissione dei revisori può avvalersi nello svolgimento delle proprie mansioni di personale esterno competente.

I membri della Commissione dei revisori sono disciplinarmente e penalmente responsabili di errori e omissioni nello svolgimento dei propri doveri, in particolare nella chiusura di rapporti e bilanci8.

Non serve una conoscenza approfondita del diritto commerciale, e neppure una altrettanto approfondita partecipazione al lavoro di fabbrica e d’ufficio, per capire che i nostri cosiddetti “sindaci”, che entrano in azienda due volte all’anno e, dopo essersi chiusi per una giornata in un ufficio, escono con una relazione firmata, con la Revizionnaja Komissija c’entrano più niente che poco.

Alcuni poteri travalicavano persino quelli di cui potrebbe avvalersi, in una società di capitali alle nostre latitudini, un azionista di minoranza. E se alle nostre latitudini un azionista con l’uno percento (vicenda MPS docet) può rifiutarsi di firmare il bilancio e far venire i sorci verdi al restante novantanove, capiamo forse meglio a tali latitudini cosa fosse stato affidato al sindacato, per giunta in un’azienda statale, in un’azienda “amica”...

Pertanto, durante la NEP i profsojuz funsero oltre che da “sindacati”, anche e non solo da “sindaci”, da commissari revisori dei conti, ma anche da “soci” veri e propri, da controllori diretti di ogni aspetto dell’attività di direzione.

Vmesto zakljucenija”… “Al posto di una conclusione”

Questo, tra le altre cose, basterebbe già da solo a dipanare ogni dubbio sul fatto che, senza tutti quegli arzigogoli inventati oltre muraglia qualche decennio più tardi per giustificare l’eclettismo ideologico del Timoniere teorico (e allora anche carismatico) di allora, sia i bolscevichi che i sindacalisti non iscritti al partito avessero ben chiara la differenza

- fra “contraddizioni antagonistiche”, operanti nel settore a proprietà privata dei mezzi di produzione, e

contraddizioni non antagonistiche”, operanti nel settore a proprietà sociale dei mezzi di produzione,

e gestissero entrambe di conseguenza.

Un anno più tardi uscì quello che da noi si chiama “decreto attuativo”, ovvero le Norme relative alla direzione di quelle aziende comprese nella categoria di trest (Положение об управлении заведением, входящим в состав треста, 05/05/1924), che precisava molti elementi tesi proprio a rafforzare tale tipo di azione da parte dei profsojuz e la sua posizione complessiva all’interno dell’organigramma aziendale. Ne riportiamo i tratti salienti:

Art. 3 Il direttore e i suoi assistenti restano in carica per non meno di un anno. Nel corso di tale anno, sia il direttore che i suoi assistenti possono essere rimossi dalla carica direttiva ricoperta o licenziati, su decisione della Commissione dei revisori o dell’autorità giudiziaria, per inadempienza dei propri obblighi, per negligenza, cattiva gestione, reati penali e per tutti gli altri casi individuati dai membri del VSNCh e del profsojuz di competenza9.

Un direttore che poteva essere allontanato dai sindacaticerto, oltre il loro occorreva anche il consenso del Consiglio superiore dell’economia (2 membri su 3), ma era un ente esterno e il riferimento era chiaro:

i “sindaci” che venivano da fuori, che rappresentavano lo Stato, il bene pubblico, eccetera, in una situazione di contenzioso chi sentivano per primo? Chi DOVEVANO, per Statuto, interpellare per primo? Il terzo membro della Commissione!

Quello che aveva sollevato la questione, che aveva convocato la riunione magari d’urgenza, che in attesa di una risoluzione aveva fermato i lavori nei reparti, o che minacciava di farlo, e non quella che rappresentava a tutti gli effetti la controparte in tale vertenza (pur da “contraddizione non antagonistica”, tutto quello che vogliamo, ma vertenza!)!

Una controparte guardata a vista, con possibilità di rimozione immediata (e non viceversa)? E questo nel settore “non antagonistico”… figurarsi in quello “antagonistico”, dove la controparte non era guardata a vista, ma considerata alla stregua di un male necessario, ovvero attendendo lo stretto necessario, per l’appunto, prima di superarlo completamente e instaurare un pieno socialismo.

Emerge ancora una volta quel fermento sociale e culturale, quella vera propria ansia di rivoluzione, di portare a termine un lavoro lasciato in sospeso (e che, di fatto, sarebbe stato portato a termine di lì a poco!), che manca totalmente oggi sia in termini di prospettiva, che di attuazione concreta, in qualsiasi parte del globo.

I profsojuz partecipavano anche attivamente ad altre mansioni, tra cui la cogestione del plusvalore che restava in azienda sotto forma di Fondo per il miglioramento delle condizioni di vita di operai e impiegati (Фонд улучшения быта рабочих и служащих):

Art. 47 Il Fondo per il miglioramento delle condizioni di vita di operai e impiegati è impiegato dalla direzione aziendale d’accordo con il profsojuz, sulla base della legge quadro e delle circolari emanate dal VSNCh in accordo con il Consiglio centrale panrusso dei sindacati10.

Questo fondo era pari al 10% di quella parte di margine operativo lordo annuale che restava dopo aver pagato gli stipendi e le tasse!

Rappresentava quindi una quota ingente del bilancio ed era destinata unicamente a quelle spese infrastrutturali per aumentare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie: scuole, abitazioni, ambulatori, cinema, centri ricreativi, eccetera. Ecco un esempio di come i sindacati, pur non entrando nel merito della UPRAVLENIE, della “direzione”, entrassero in quello della “REGULIROVANIE”, “regolamentazione”. Gestione aziendale, in questa bipartizione, vuol dire tutto e non vuol dire niente. I sindacati non gestivano DIRETTAMENTE, ovvero non erano né il direttore, né il CdA. Anche se controllavano, e non poco. Non decidevano neppure la QUOTA di bilancio da destinare alle spese sociali all’interno della vita aziendale. Ma una volta che l’UPRAVLENIE, ai massimi livelli (e ai cui livelli comunque partecipavano anch’essi coi loro massimi esponenti ai vari tavoli ministeriali), decideva che tale quota dovesse essere il 10% del MOL, erano loro, ovvero l’assemblea dei lavoratori, a decidere come destinare tale quota.

Un altro tipico esempio di gestione aziendale in chiave di regulirovanie (e non upravlenie) da parte dei profsojuz fu la dinamica salariale. Nelle aziende pubbliche, nelle aziende nazionalizzate o comunque socializzate e soggette a controllo operaio, i profsojuz si erano già trovati a GESTIRE DIRETTAMENTE, sin dall’alba della Rivoluzione e in pieno comunismo di guerra, ANCHE quella DINAMICA SALARIALE di cui, fino ad allora, erano stati controparte.

Il denaro per i salari non proveniva più da “li beli braghi bianchi” di un padrone, ma era finalmente intercettato “alla fonte”: a monte, infatti, della tassazione degli attivi di ciascuna impresa socializzata, era esentato un fondo salari

- che restava in azienda e

- che fu gestito inizialmente, in fase di emergenza, in base a criteri di necessità di ciascun lavoratore e del suo nucleo familiare. In tali condizioni di scarsità, la diminuzione numerica degli operai, data dalle vittime della guerra civile e dagli sfollati che erano tornati nelle campagne, aveva comunque dato una mano e creato un primo presupposto per un incremento salariale in favore di quelli rimasti nelle fabbriche.

Occorreva però azionare un altro tipo di leva, per dare continuità a quel primo azionamento a manovella dei meccanismi di riproduzione ampliata che consentono a qualsiasi organizzazione economica di stare in piedi: una leva che non fosse quella padronale dello sfruttamento di manodopera.

Meglio, quando i padroni hanno spremuto quel che c’è da spremere e devono comunque fare utile e marginare a parità di prodotto e dovendo agire solo sulla rendita differenziale, a cosa ricorrono? Alla leva della produttività, ça va sans dire... una leva, tuttavia, da declinare po-socialističeski, in maniera socialista e non come intesa fino ad allora (della serie... la linea prima produceva un tot con una media di 10 ore al giorno per operaio e ora produce 4 volte tanto, ma metà degli operai è lasciata a casa e l’altra metà si spacca la schiena sempre 10 ore al giorno!).

Vi era quindi un passo successivo: lavorare sull’organizzazione del lavoro, sulla tecnologia della produzione, sull’architettura e sull’ingegneria complessive del processo produttivo:

- lavorare meglio, anche meno, in prospettiva, ma tutti e meglio, ovvero maggior risultato con minori risorse

- senza però intaccare livelli occupazionali e

- migliorando progressivamente le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori!

AFFIDARE QUESTO PASSAGGIO AL SINDACATO, A QUESTO SINDACATO, da sempre in prima linea e dopo la guerra civile più che mai impegnato su questo duplice fronte, di organizzazione e rappresentanza, si rivelò una scelta vincente, come si è già accennato nel paragrafo precedente sull’emulazione socialista in riferimento alla leva leninista della NEP.

Furono così, lentamente, faticosamente, introdotti meccanismi di responsabilizzazione operaia e di loro interessamento diretto alla gestione del processo produttivo in cui erano impegnati, una gestione a tutto tondo dal momento che “lavorare per sé” trovava una immediata conferma a fine mese nella propria busta paga.

Produrre meglio, con meno sprechi, contribuiva infatti non solo ad alleggerire il carico di lavoro operaio, ma ad aumentare la quota di reddito che restava in azienda per le risorse risparmiate e ad aumentare così il fondo salari, il che si traduceva in maggior benessere, A TUTTO TONDO (SOLDI + SALUTE + TEMPO LIBERO), per gli operai.

Non da ultimo, tutto questo discorso si integrava e armonizzava con quanto già riportato e analizzato sulla leva leninista e sull’emulazione socialista, creando i presupposti materiali, sociali e ideologici per ulteriori passi in avanti fino alla piena socializzazione dell’economia e pianificabilità della stessa.

Un altro aspetto del profsojuz “en los tiempos de la NEP” è, sin da subito, l’attenzione sempre maggiore verso la contrattazione collettiva (ovvero del “contratto collettivo”, o kollektivnyj dogovor коллективный договор). Si tratta anche in questo caso di un passaggio radicale, frutto della nuova divisione di compiti e mansioni. Ripassiamo ancora una volta la situazione di partenza, cui abbiamo accennato in queste pagine:

- un profsojuz “tuttofare”, impegnato sia nell’autogestione operaia che nella determinazione e distribuzione non solo delle buste paga, ma di tutte le risorse;

- un prosojuz collocato in un organigramma “fluido”, tutto sommato confuso, non definito, dato dall’emergenza, dove tutti dovevano saper fare tutto;

- un salario altrettanto “fluido”… ovvero parte in natura (e che “parte”! come abbiam visto) e parte in denaro

- … si, ma qualedenaro? Quelli che di mese in mese si riuscivano a guadagnare in quell’azienda specifica, e non altre, e non aiuti pubblici inesistenti.

Questa situazione precaria, data dal comunismo di guerra, eroica e più che giustificata, non sarebbe potuta continuare molto di più di quello che fu la sua durata effettiva. Probabilmente, anche se la storia non si fa con i se e con i ma, l’alternativa sarebbe stata – paradossalmente perché a fronte di una guerra civile appena vinta – un ulteriore collasso economico, una sempre maggiore recrudescenza dei rapporti sociali interni, specialmente fra città e campagna e all’interno delle stesse città, con relativi bagni di sangue, macerie e... fine della rivoluzione.

A scanso di equivoci ripetiamo: vi sarebbe stato tale scenario non perché servisse (o serva) il capitalismo per ripartire, ma perché i bolscevichi non avevano la benché minima esperienza di come creare ricchezza sociale, la riproduzione ampliata l’avevano letta sul Capitale o subita sul luogo di lavoro, mai cavalcata e domata a modo loro!

Un quarto di secolo più tardi, quando si trattò di ripartire in condizioni ben peggiori, ciascun commissario, ciascun funzionario, ciascun direttore, ciascun quadro locale, ciascun segretario di sezione, TUTTI sapevano cosa fare e come farlo, e non ci fu bisogno di neppure un grammo di capitalismo, neppure un dollaro di aiuto esterno, anzi! Il “piano marshall” dovettero farlo loro! Togliersi pane e risorse per aiutare mezza Europa a tirarsi su dalle macerie e finanziare a suon di valuta estera, risorse di ogni genere, ivi comprese quelle umane, le lotte rivoluzionarie in corso, prima fra tutte la guerra civile in Cina. Questo dovremmo tenere sempre a mente, quando qualcuno parla, impropriamente e opportunisticamente, di NEP.

Quarant’anni fa, un gruppo punk-rock emiliano salmodiava, per bocca del suo solista, parole che ancor oggi fanno rabbrividire: “Onoro il braccio che muove il telaio. / Onoro la forza che muove l'acciaio” e chiudeva declamando “Esiste lo so!”. Tuttavia, la parte più importante era due righe sopra: dietro quel braccio, dietro quella forza c’era chi era riuscito, “tendendo le braccia”, ad “afferrare la sorte e schiaffeggiarle la faccia”, a “renderla solida ed obbediente, renderla tenera e incandescente”. E io onoro questi compagni, pionieri di un lavoro titanico di costruzione di un modo di produzione totalmente diverso, anzi, antagonistico, a quello capitalistico. Cambiando non solo il modo di spartire la torta, ma anche di cuocerla.

Torniamo quindi ai nostri pionieri. Abbiamo appena visto perché perché in tutto questo, in questa divisione sempre più netta di mansioni e competenze, i nostri profsojuz tornarono quindi a occuparsi di salario e a far valere, parallelamente al ripristino dell’economia monetaria, il rispetto della centralità operaia nella redistribuzione della ricchezza prodotta.

Il ripristino della contrattazione collettiva fu un passo importante, IL PRIMO INTRAPRESO A LIVELLO SINDACALE, che consentì di armonizzare prima a livello locale, azienda per azienda, fino a passare nel giro di pochi anni a livello nazionale e di categoria, situazioni che la guerra civile aveva contribuito a differenziare e non poco.

IL PASSO SUCCESSIVO fu la lotta per l’incremento dei salari. La crisi bellica e postbellica, le dinamiche inflattive in corso, insieme alla svalutazione del rublo, resero necessari provvedimenti come il ricorso a tessere annonarie ed equivalenti che riuscissero a garantire livelli base di acquisto necessari al mantenimento dei lavoratori e delle loro famiglie. Tuttavia, con la NEP aumentò la stabilità monetaria e, con essa, anche l’ampliamento della platea di beni di consumo acquistabili tramite denaro contante.

Accenniamo brevemente alle riforme monetarie, anche perché altrimenti è impossibile capire il significato di determinate politiche sociali e salariali da parte sindacale11:

- nella totale confusione del comunismo di guerra, circolavano ancora vecchi rubli, biglietti di credito zaristi, denari emessi durante il governo provvisorio, biglietti di Stato del governo sovietico e sovznak (denaro emesso dal Tesoro senza copertura aurea dal 1919 al 1924). In totale da fine 1917 a metà 1921 la massa di banconote era aumentata di 119 volte, da cui i fenomeni iperinflattivi ben noti e la sostituzione dell’economia monetaria con i pagamenti in natura per garantire quantomeno la sopravvivenza della popolazione.

- LA RISPOSTA “NEPISTICA” A QUESTA SITUAZIONE AVVENNE IN PIÙ FASI. La prima fase coincise con la creazione del červonec (червонец), ancorato fermamente all’oro (1 červonec = 10 rubli d’oro prerivoluzionari = 7,74 grammi d’oro), impiegato inizialmente nella concessione di crediti a breve termine nell’industria e nel commercio.

La seconda coincise

1. con la svalutazione progressiva di tutte le altre valute preesistenti, contribuendo fra l’altro a sgonfiare le situazioni debitorie contratte a livello generale, quindi

2. col loro altrettanto progressivo ritiro dalla circolazione, o cambio in favore del červonec che, con l’emissione di monete di piccolo taglio a esse riferite (1 červonec = 10 rubli, ecc.), nel 1924 era ormai la nuova e unica valuta.

In conseguenza di questo movimento, è facile quindi comprendere come anche il salario operaio vedesse sempre più crescere la propria quota espressa in denaro, anziché in tessere o beni in natura. Così, se nel 1921 solo il 13,8% dei salari era espresso in denaro, nella prima metà del 1922 era già salito al 32%, che aumentava ancora nel secondo semestre al 61,8%, fino a raggiungere la quasi totalità alla fine del 192312.

L’aumento di denaro non era solo in termini relativi, ma anche assoluti: il potere d’acquisto REALE di un salario medio operaio a ottobre del 1923 era più che raddoppiato rispetto a gennaio del 1922, aumentando poi di oltre il 50% nell’anno successivo. Tutto questo, accompagnato dalle riforme valutarie che consentirono quella stabilità monetaria necessaria a stabilizzare a sua volta prezzi e salari, naturalmente per quanto questo fosse possibile in un modo capitalistico di produzione, sia pur di Stato.

Naturalmente, il sindacato giocò in questa fase un ruolo fondamentale, ergendosi come garante dei lavoratori che rappresentava tramite la lotta serrata contro i padroni nel settore privato e quei direttori burocrati e corrotti nel settore pubblico, ma non solo. In quanto škola kommunizma, il profsojuz non smise mai di alimentare fra i lavoratori la loro genuina aspirazione a un cambiamento rivoluzionario, a tornare a riprendersi ciò che temporaneamente era stato affidato in mani altrui e in un modo di produzione che si voleva abbattere per sempre!

L’emulazione socialista e la leva leninista, in questo senso, costituirono palestre su cui si formarono i futuri dirigenti, che di lì a qualche anno si sarebbero trovati a gestire e dirigere l’intero organon economico appena socializzato in ogni suo ganglio.

Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet


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Note
Пока существуют классы, неизбежна классовая борьба. В переходное время от капитализма к социализму неизбежно существование классов, и программа РКП говорит с полнейшей определенностью, что мы делаем лишь первые шаги в переходе от капитализма к социализму. Поэтому и компартия и Соввласть, как и профсоюзы, должны открыто признавать существование классовой борьбы и ее неизбежность до тех пор, пока не закончена, хотя бы в основе, электрификация промышленности и земледелия, пока не подрезаны этим все корни мелкого хозяйства и господства рынка. Отсюда вытекает, что в данный момент мы никоим образом не можем отказаться от стачечной борьбы, не можем принципиально допустить закона о замене стачек обязательным государственным посредничеством. С другой стороны, очевидно, что конечной целью стачечной борьбы при капитализме является разрушение государственного аппарата, свержение данной классовой госвласти. А при пролетарском государстве переходного типа, каково наше, конечной целью стачечной борьбы может быть лишь укрепление пролетарского государства и пролетарской классовой госвласти путем борьбы с бюрократическими извращениями этого государства, с его ошибками и слабостями, с вырывающимися из-под его контроля классовыми аппетитами капиталистов и т. п. Ibidem, pp. 343-344.
Поэтому ни компартия, ни Соввласть, ни профсоюзы никоим образом не могут забывать и не должны скрывать от рабочих и трудящихся масс того, что применение стачечной борьбы в государстве с пролетарской госвластью может быть объяснено и оправдано исключительно бюрократическими извращениями пролетарского государства и всяческими остатками капиталистической старины в его учреждениях, с одной стороны, и политической неразвитостью и культурной отсталостью трудящихся масс, с другой. Ибо если суды и все прочие госорганы создаются на классовой основе, самими трудящимися, с исключением буржуазии из числа избирателей, то нормальным способом решения конфликтов между трудом и капиталом, между нанимаемыми и нанимателями должно все чаще становиться непосредственное обращение трудящихся к госорганам. Ibidem.
3 Cfr. il mai abbastanza letto e citato Jurgis Baltrušaitis, Il Medioevo fantastico: antichita ed esotismi nell'arte gotica, Milano, Adelphi, 1997. Uscito per la prima volta nel 1955, Le Moyen Age fantastique. Antiquités et exotismes dans l'art gothique è un classico. Esiste anche una versione scaricabile su internet e su un sito completamente accessibile al pubblico. Non so i motori di ricerca anglofoni se la propongono, ma su ya.ru i compagni la sparano già nella prima pagina… buona lettura a tutti!
4 Ne parlo diffusamente, evidenziando fallaci analogie e sostanziali differenze, in “2 + 2 = 5. L'emulazione socialista (социалистическое соревнование) in URSS”
https://www.academia.edu/43631379/2_2_5_Lemulazione_socialista_социалистическое соревнование
_in_URSS
5 民营经济贡献了中国经济50%以上的税收、60%以上的GDP、70%以上的技术创新成果、80%以上的城镇劳动就业,还有90%以上的企业数量. http://www.xinhuanet.com/politics/2019lh/2019-03/06/c_1124199983.htm
Cfr. https://index1520.com/upload/medialibrary/732/china_economic_quarterly_q1_2020_hot_topic.pdf per una traduzione in lingue occidentali.
6 Cfr. A. G. Egorov, K. M. Bogoljubova (a cura di), Il PCUS nelle risoluzioni e nelle decisioni dei suoi congressi, conferenze e plenum del CC (1898-1988) (Коммунистическая партия Советского Союза в резолюциях и решениях съездов, конференций и Пленумов ЦК (1898-1988)), IX ed., Moskva, Izdatel’stvo političeskoj literatury, 1983-1990, Vol. II, pp. 484-5.
7 В составе треста организуется ревизионная комиссия из трех членов: председатель и один член комиссии назначаются Высшим Советом Народного Хозяйства, а другой член комиссии делегируется соответствующим профессиональным союзом. http://www.libussr.ru/doc_ussr/ussr_1600.htm
8 В обязанности ревизионной комиссии входят: проверка периодических отчетов и балансов, предусмотренных уставом треста, дача заключений по проектам сметы и плану работ, а равно по годовому отчету в целом.
Для осуществления этих задач члены ревизионной комиссии вправе требовать предъявления книг, оправдательных документов, договоров, переписки, проверять наличность кассы и опрашивать членов правления и служащих предприятия по возникающим при рассмотрении отчетов и документов вопросам. По поручению Высшего Совета Народного Хозяйства и по своей инициативе ревизионная комиссия производит внезапные ревизии и обследования.
Ревизионная комиссия не вправе ни производить предварительный контроль, ни давать правлению по его запросам или без запроса предварительного заключения по отдельным мероприятиям и предположениям правления.
Ревизионная комиссия может приглашать для осуществления своих задач сведущих лиц.
Члены ревизионной комиссии несут дисциплинарную и уголовную ответственность за неправильные действия и упущения при исполнении своих обязанностей, в частности, при даче заключений по отчетам и балансам. Ibidem.
9 3. Директор и его помощники назначаются на срок не менее одного года. В течение этого года директор заведения или его помощники могут быть отстранены или уволены правлением треста по установлению ревизионной комиссией или судебными властями несоответствия возложенным на них обязанностям, бесхозяйственности или преступных деяний, а в иных случаях не иначе, как с ведома ВСНХ и соответствующего профсоюза. Nikolaj Jakovlevič Petrakov (a cura di), La NEP e il calcolo economico (Нэп и хозрасчет), Moskva, Ekonomika, 1991, p.98.
10 47. Фонд улучшения быта рабочих и служащих расходуется правлением треста по соглашению с соответствующими профессиональными союзами на основе особого закона и инструкции по его применению, издаваемой Высшим Советом Народного Хозяйства Союза ССР по соглашению с Всесоюзным Центральным Советом Профессиональных Союзов. Ibidem, pp. 129-130.
11 Cfr. Paolo Selmi, Economia politica e politica economica della rivoluzione bolscevica, in Il nostro Ottobre, Napoli, La Città del Sole, 2007: https://www.resistenze.org/sito/te/cu/ur/cuurbm08-009932.htm
12 B. Kolesnikov, Op. cit., p. 96 e segg.
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