Škola kommunizma: i sindacati nel Paese dei Soviet
di Paolo Selmi
Sesta parte. I profsojuz durante la guerra civile
L’inasprimento ulteriore del conflitto portò all’azione congiunta delle classi spodestate e degli imperialisti stranieri, ovvero dell’esercito dei “bianchi” e di quelli stranieri, fino alla guerra civile dei primi e all’invasione imperialistica dei secondi.
Tutto questo non poteva non ripercuotersi anche sulla politica economica del giovanissimo governo dei Soviet: la nazionalizzazione di grande industria, banche e infrastrutture fu il passo logico successivo.
In tale contesto, i profsojuz furono costretti a cambiare nuovamente obbiettivi e strategie:
- da un lato, la lotta per il controllo operaio sulla produzione DIVENNE la lotta
1. per l’OCCUPAZIONE FISICA delle fabbriche e
2. per la DIFESA ANCHE ARMATA DEL POSTO DI LAVORO;
- dall’altro, la nazionalizzazione della grande industria portò a un’ULTERIORE RIDEFINIZIONE DI RUOLO E MANSIONI del sindacato in quei luoghi, dal momento che lì la controparte era sparita, non c’erano più i padroni.
Quanto appena affermato si ripercosse sull’aumento dell’autogestione operaia: nel 1920, il 63,5% delle industrie del Paese dei Soviet era a completa direzione operaia1.
In particolare, il 100% di gestione operaia si aveva nel settore dei trasporti, dove i profsojuz furono incaricati della gestione e risoluzione di un problema di cruciale importanza, nonché estremamente complesso: approvvigionamento materiale e rifornimento su più versanti, dalle campagne alle città e viceversa, dalla produzione ai fronti militari e viceversa.
Anche per questo, i profsojuz furono direttamente coinvolti nel settore della distribuzione di generi alimentari. SOTTO LA LORO DIREZIONE NACQUERO SPACCI IN AZIENDA E FUORI DALLE FABBRICHE, col compito di garantire alle città l’accesso al cibo, ovvero ai generi alimentari provenienti dalle campagne.
La lotta economica non perdeva di senso, anche se AVERE SÉ STESSI COME “CONTROPARTE” ERA UNA BELLA COMODITÀ. E cambiava radicalmente tutto: otto ore e aumenti salariali per tutti e senza un’ora di sciopero, qualche mese prima, sarebbero stati pura fantascienza. Cambiava quindi di METODO DI LOTTA.
A perdere di senso, come abbiam visto, erano ormai gli scioperi, dal momento che esistevano ben altre leve a disposizione dei lavoratori: leve di comando dirette che erano i lavoratori stessi ad azionare.
Era la stessa lotta economica a trasformarsi e a compiere un enorme salto di qualità: la contropartita fu che il sindacato fu chiamato immediatamente a urgenti compiti nuovi, di enorme responsabilità, grazie all’esperienza appena maturata sul campo.
IL PROLETARIATO AVEVA PRESO IL POTERE: ORA DOVEVA MANTENERLO. Per farlo, doveva essere in grado di costruire e condurre una società e un’economia socialiste. Il tutto, in piena guerra civile.
Un esempio di questo nuovo processo lo vediamo nell’estensione nazionale della contrattazione collettiva. I sindacati
- stilavano stilavano le bozze di contratto e,
- attraverso il Commissariato del popolo per il Lavoro (Narodnyj Kommissariat Truda),
- li facevano diventare legge, valida sull’intero territorio del Paese.
Un altro esempio fu la gestione della dinamica salariale. Il profsojuz dimostrò un estremo senso di responsabilità, contribuendo alla
- costruzione e all’applicazione rigorosa di un complesso sistema di livelli di inquadramento, per ciascuna categoria e su ciascuna realtà locale, che tenesse conto
1. sia delle leggi quadro nazionali da loro stilate a livello centrale,
2. che dell’equità secondo il principio “da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro”,
3. che delle esigenze vitali della popolazione
4. che, non da ultimo della sostenibilità, in termini di bilancio, di tale impegno di risorse all’interno del quadro economico complessivo.
Il tutto non “a occhio”, ma seguendo criteri che si voleva il più oggettivi possibile, di impegno di forza lavoro e mezzi, di innovazione tecnologica, di produttività, i cui parametri gettarono le basi per quella che fu poi chiamata “gestione scientifica del lavoro”.
Ad aggiungere un ulteriore elemento di difficoltà, occorre infine ricordare come LA STESSA DINAMICA SALARIALE, in tempo di guerra, avesse PERSO DI SIGNIFICATO DI FRONTE ALLA SVALUTAZIONE DI QUELLA CHE DOVEVA COSTITUIRNE STABILE UNITÀ DI MISURA: IL DENARO.
In uno dei miei primi lavori avevo accennato anche alla politica monetaria della rivoluzione bolscevica. Questa era la drammatica situazione:
Il governo sovietico non aveva avuto il tempo di creare un suo bilancio e una sua tesoreria. I primi tentativi fiscali furono un fallimento, perché resero poco e provocarono molti risentimenti. Non restava che stampare carta moneta, destinata a deprezzarsi da un giorno all'altro, per cercare di coprire il deficit di bilancio. Come risultato i prezzi raddoppiavano ogni tre mesi. Già nell'autunno '17 il rublo di carta era svalutato di 15 volte rispetto al 1913; alla fine del 1920 esso lo era di 20.000 volte. Circolavano biglietti di credito zaristi, denari emessi durante il governo provvisorio, biglietti di Stato del governo sovietico e sovznak (denaro emesso dal Tesoro senza copertura aurea dal 1919 al 1924). In totale da fine 1917 a metà 1921 la massa di banconote aumentò di 119 volte2.
PARADOSSALMENTE, FU PROPRIO IN TALE OCCASIONE CHE IL SINDACATO DIMOSTRÒ DI ANDARE OLTRE LA SEMPLICE DINAMICA SALARIALE E CONSIDERARLA PER QUELLO CHE ERA: UNA MISURA, NON L’UNICA, DEL VALORE DEL LAVORO PRESTATO, QUEST’ULTIMO DA POTER CORRISPONDERE IN MOMENTI DI CRISI ANCHE IN ALTRI MODI, DECISAMENTE PIÙ UTILI NELL’IMMEDIATO; in questo, compiendo in questo un enorme salto qualitativo.
Infatti, con l’inflazione galoppante e il commercio tolto dalle mani dei privati per motivi di speculazione3, e pressoché sostituito dal razionamento e dalla distribuzione controllata, il sindacato si preoccupò di assicurare ai lavoratori tutti i beni di prima necessità e risposte concrete ai loro bisogni, di qualsiasi genere, più che puntare i piedi su aumenti di carta straccia, quali erano diventate le banconote in quel periodo.
Nel 1920 il 92,6% DEL SALARIO era dato da BENI IN NATURA: razioni (пайка) di cibo, vestiario, eccetera. Della gestione di tutto questo si occupavano i profsojuz.
Inoltre, CAMBIAVANO I CRITERI DI REMUNERAZIONE, in quanto una moneta svalutata di ventimila volte in meno di dieci anni non poteva più costituire criterio di misura del valore e, di conseguenza, quella tabella con 35 livelli di inquadramento dal primo livello al Commissario del Popolo perdeva di significato subito dopo essere stata emessa.
OCCORREVA SFAMARE UN POPOLO e IL POPOLO, QUANDO IL DENARO NON CONTA PIÙ, SI CONTA IN BOCCHE: pertanto, all’operaio con una famiglia monoreddito numerosa furono date le razioni corrispondenti a sfamare le bocche della sua famiglia, indipendentemente dalla mansione svolta.
Così, al netto della carta straccia che era divenuta il denaro, e che riduceva il salario medio nazionale a 6 rubli e 60 copechi, ovvero il 26,4% del salario medio prebellico (il 30% al termine della guerra civile), un XII livello nel 1920 prendeva appena il 4% in più di un I livello: la “paga del soldato” di un esercito di eguali in un comunismo di guerra (военный коммунизм) che, tuttavia, non divenne mai “da caserma” (Kasernenkommunismus).
Questo è un punto fondamentale, anzi, dirimente: le misure intraprese allora PER NECESSITÀ e atte a contenere e, nei limiti del possibile, RISOLVERE TEMPORANEAMENTE i danni della crisi economica, non divennero mai “IL” modello, a differenza per esempio della cosiddetta “grande rivoluzione culturale proletaria” (无产阶级文化大革命). In tal caso, l’abbandono degli schemi di riproduzione ampliata sovietici e il fallimento totale dei propri che li avevano sostituiti (e componenti strutturali del cosiddetto “grande balzo in avanti” 大跃进 verso il comunismo senza passare per il socialismo) oltre a provocare milioni di morti per fame, portarono PER SCELTA all’assunzione della “ciotola di riso di ferro” (铁饭碗) come emblema del comunismo realizzato: l’esatto contrario di quel biennio tragico della storia sovietica, laddove certe scelte furono un fatto di necessità, e non di voglia.
Tuttavia, fu proprio in questa situazione estremamente precaria e critica che si configurò il ruolo del sindacato come “scuola di comunismo” (школa коммунизма). Una scuola pressoché per tutti i lavoratori, visto il tasso di incremento annuale delle tessere:
- 2.232.000 iscritti a gennaio 1918,
- 3.639.000 a gennaio 1919,
- 4.326.000 a gennaio del 1920 e
- 8.486.000 a maggio del 1921.
In cosa consisteva questa “scuola”? L’espressione è di V. I. Lenin e compare per la prima volta in quel lavoro a noi noto come “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” («Детская болезнь левизны в коммунизме», lett. “La malattia infantile dell’estremismo di sinistra nel comunismo”, aprile 1920) e costituisce un momento chiave di questa nuova concezione di sindacato:
I profsojuz costituirono un progresso gigante della classe operaia nella fase iniziale di sviluppo del capitalismo, come passaggio dalla dispersione e dall’impotenza operaie all’inizio di un’unità di classe.
Nel momento in cui iniziò a sorgere la forma superiore di unità di classe dei proletari, ovvero il partito rivoluzionario del proletariato (che non sarà degno di essere chiamato con questo nome, finché non imparerà a connettere i suoi capi con la classe e con le masse in un tutto unico, in alcun modo indissolubile), allora anche nei profsojuz iniziarono a emergere, inevitabilmente, alcuni tratti reazionari, un certo interesse ristretto da bottega, una certa tendenza all’apoliticità, una certa stagnazione, ecc.
Tuttavia, altro non poteva accadere: da nessuna parte nel mondo lo sviluppo del proletariato, attraverso il profsojuz e il suo rapporto col partito della classe operaia, è andato diversamente.
Viceversa, la conquista del potere politico da parte del proletariato è un gigantesco passo in avanti dello stesso proletariato, in quanto classe.
E il partito farebbe bene, ancor più e in modi nuovi, non solo alla vecchia maniera, a far crescere i profsojuz, dirigerli e dirigere insieme a loro, senza dimenticarsi che loro restano, e resteranno ancora a lungo,
- un’indispensabile «scuola di comunismo», oltre che
- una scuola propedeutica alla realizzazione, da parte del proletariato, della propria dittatura, nonché
- l’indispensabile unione degli operai per una transizione graduale, nelle mani prima dell’intera classe operaia (non di singole professioni!), e poi di tutti i lavoratori, della gestione dell’intera economia nazionale. 4
Profsojuz come organizzazione e come scuola, come ben sintetizzato in questa tela di Aleksandr Viktorovič Moravov (1878-1951), dal titolo “La discussione del contratto collettivo” (Обсуждение коллективного договора, 1927): elemento funzionale sia al movimento dal basso verso l’alto all’interno dell’organigramma gerarchico, sia dalla periferia ai centri decisionali, e viceversa.
È sempre Lenin a esplicitare ulteriormente questi concetti in un discorso divenuto poi celebre, per altri motivi:
I profsojuz sono quelle organizzazioni del proletariato industriale non solo storicamente necessarie, ma inevitabili, abbracciandone la quasi totalità nelle condizioni attuali di dittatura del proletariato. […]
Da quanto appena detto, emerge già come il ruolo dei profsojuz nella realizzazione della dittatura del proletariato sia estremamente importante. Ma in cosa consiste questo ruolo? Esaminando questa questione, una di quelle maggiormente alla base di tutta la costruzione teorica in essere, giungo alla conclusione che stiamo parlando di un ruolo assolutamente originale e unico.
Da un lato, i profsojuz abbracciano appieno e costituiscono quindi l’organizzazione per eccellenza degli operai industriali, ovvero di quella classe attualmente al governo, al potere, che guida ed esercita la dittatura, che esercita la coercizione (принуждение) statale.
D’altro canto, i profsojuz non sono per nulla un’organizzazione dello Stato, ovvero di apparato, e neppure di un’organizzazione coercitiva (организация принуждения).
Al contrario, sono un’organizzazione che aiuta a far crescere i lavoratori, che li attira e li fa partecipare fra le proprie file (организация вовлечения), che li istruisce: si tratta quindi di una scuola, UNA SCUOLA DI GESTIONE DEL LAVORO, UNA SCUOLA DI DIREZIONE ECONOMICA, UNA SCUOLA DI COMUNISMO (школа управления, школа хозяйничания, школа коммунизма).
Si tratta di una scuola completamente diversa da quella a cui siamo abituati, dove non ci sono né insegnanti, né studenti, ma una combinazione (сочетанием) del tutto particolare che raccoglie
- ciò che è rimasto del capitalismo, e non poteva non rimanere, e
- ciò che esprimono dalle proprie fila i reparti rivoluzionari più avanzati del proletariato, vale a dire la sua avanguardia rivoluzionaria.
Proprio qui sta il punto: parlare del ruolo dei profsojuz senza tener conto di questa realtà, significa inevitabilmente giungere a conclusioni errate.
I profsojuz, in quanto a collocazione nel sistema di dittatura del proletariato, SI POSIZIONANO, per così dire, FRA IL PARTITO E IL POTERE STATALE.
Nel corso della transizione al socialismo, la dittatura del proletariato è inevitabile, ma non passa attraverso l’organizzazione sindacale, ovvero l’unione pressoché totale di tutti gli operai industriali.
Perché? Si possono vedere a riguardo le tesi del II Congresso del Komintern sul ruolo del partito politico nel suo complesso e su cui non mi soffermo. In breve, la dittatura del proletariato è esercitata dalla sua avanguardia, e questa avanguardia è stata tutta incorporata nel PARTITO. I PROFSOJUZ invece mancano di tale base, e quindi non possono esercitare alcuna dittatura, ovvero non possono ricoprire funzioni statali. A realizzare tale funzione è un nuovo tipo di istituzione, a essa dedicata, ovvero la struttura dei SOVIET.
All’interno di questa configurazione inedita, all’atto pratico in cosa consiste allora l’originalità dei profsojuz? Essi
- creano un legame (связь) fra avanguardia e masse, nonché
- le con-vincono tramite il loro lavoro quotidiano: masse di quella classe che è l’unica in grado di portarci dal capitalismo al comunismo. Questo da un lato. Dall’altro, i profsojuz
- sono un “serbatoio” (rezervuar резервуар) di potere statale.
Ecco cosa sono i profsojuz nella fase di transizione dal capitalismo al comunismo.
Più in generale, non si può realizzare questa transizione senza essere a capo di quella classe, l’unica soltanto che il capitalismo ha cresciuto con lo scopo della produzione di massa, l’unica soltanto che si è sganciata dagli interessi del piccolo padronato. Tuttavia, non si può nemmeno realizzare la dittatura del proletariato solo con l’organizzazione che unisce tutti i proletari.
Il MOTIVO DI QUESTO non vale solo per noi, ovvero in uno dei Paesi capitalistici più arretrati, ma anche per tutti gli altri Paesi capitalistici: OVUNQUE IL PROLETARIATO È ANCORA COSÌ DISGREGATO, COSÌ UMILIATO, E, QUA E LÀ, ANCHE COSÌ CORROTTO (dall’imperialismo stesso in alcuni Paesi), che NON PUÒ ESSERE L’ORGANIZZAZIONE CHE LO UNISCE NELLA SUA INTEREZZA A ESERCITARE DIRETTAMENTE, SENZA INTERMEDIARI, (непосредственно) LA DITTATURA DEL PROLETARIATO. Per questo la dittatura la può esercitare solo quell’avanguardia che raccoglie in sé l’energia rivoluzionaria della classe.
E così, si ottiene in risultato come UNA SERIE DI INGRANAGGI, DI RUOTE DENTATE CONNESSE TRA LORO. E tali MECCANISMI sono ALLA BASE stessa della DITTATURA DEL PROLETARIATO, costituendo la base stessa della transizione dal capitalismo al comunismo. [...] È proprio qui, dal punto di vista di questa transizione, che c’è alla base di tutto un SISTEMA COMPLESSO (сложная система) di diversi ingranaggi, e che non può essere SISTEMA SEMPLICE (простая система): in altre parole, NON BASTA AVERE IL PROLETARIATO E ASSOCIARLO IN UN’ORGANIZZAZIONE PERCHÉ QUEST’ULTIMO POSSA ESERCITARE LA DITTATURA.
Non si può esercitare la dittatura senza alcuni “azionamenti” (привод) dal partito avanguardia (авангард) alle masse del proletariato industriale, la classe collocata in prima linea (передовой класс) e, da quest’ultimo, alle restanti masse di lavoratori (масса трудящихся).
In Russia, queste ultime masse sono contadine, e in proporzioni che non esistono in altri Paesi; tuttavia, anche nei Paesi più avanzati esistono masse non proletarie o non esclusivamente proletarie. E già solo da questo emerge nei fatti una CONFUSIONE IDEOLOGICA (идейная путаница). E già solo per questo Trockij sbaglia a incolpare gli altri di colpe non loro.5
Nella riflessione (e nella strategia) leniniana i sindacati occupano un posto cruciale. Proviamo brevemente a riassumere:
- i sindacati come scuola di comunismo, indispensabile a mostrare agli operai il percorso che li avrebbe portati alla piena, integrale, partecipazione alla costruzione di un modo di produzione che si voleva socialista;
- i sindacati come unica organizzazione che unisce tutto il proletariato industriale.
- i sindacati come trait d’union, “legame” (звязь) fra partito e masse operaie, altrettanto indispensabile per non perdere il polso della situazione reale, in un contesto di crisi dove per perdere il polso bastava veramente poco;
- i sindacati come serbatoio (резервуар non è “riserva”, ma un oggetto ben definito, ovvero la cisterna) del potere costituito, pur non essendo luogo dell’esercizio del potere proletario stesso.
- I SINDACATI, IN VIRTÙ DI QUEST’ULTIMO PUNTO, NON COME DETENTORI DELLA LINEA, OVVERO DELL’ESERCIZIO DELLA DITTATURA DEL PROLETARIATO, PERCHÉ PER LORO STESSA NATURA RAPPRESENTANO, DEVONO RAPPRESENTARE, TUTTI I LAVORATORI… ANCHE QUELLI CHE LA DOMENICA VANNO AL MARE ANZICHÉ A VOTARE, ANCHE QUELLI CHE CE L’HANNO A MORTE COI COMUNISTI, ANCHE QUELLI CHE FAREBBERO I CRUMIRI, SE SOLO POTESSERO, SPINGEREBBERO PER INTERESSI CORPORATIVI E LIMITATI AL LORO ORTICELLO, A VOLTE INDIVIDUALE, SULLE SPALLE DEI LORO COMPAGNI. ECCO QUI LA MISSIONE AUTENTICA DEL SINDACATO, INSIEME SCUOLA E ORGANIZZAZIONE, SCUOLA DI GESTIONE DEL LAVORO, DI DIREZIONE ECONOMICA, DI COMUNISMO! PORTARE TUTTI A UN LIVELLO PIÙ ALTO DI VISIONE E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO.
- i sindacati, infine, a conseguenza di tutta l’analisi svolta, e senza prescindere dalla stessa (anche se è l’unica cosa che si ricorda di tutto il ragionamento!), come ingranaggio necessario all’interno di un sistema complesso di diverse ruote dentate (сложная система нескольких зубчатых колес). Più avanti usa – e non a caso! – il termine “azionamento” (привод).
Vladimir Il’ič Lenin, a differenza del traduttore responsabile dell’edizione italiana di questo lavoro (edizione che per le sue imprecisioni e per la sua arbitrarietà in diversi punti rispetto all’originale mi ha portato a ritradurre il brano sopra citato), non usava parole a caso. Pertanto, nell’originale non troviamo le “cinghie di trasmissione” (приводные ремни) dell’edizione italiana. Lenin non era Stalin e il 1920 non era il 1923, quando il futuro capo del successivo quarto di secolo in URSS avrebbe usato per la prima volta quel termine per indicare i sindacati6.
Era sempre Lenin, specialmente in discorsi destinati a un’ampia platea, come in questo caso, oltre che mantenere un tono tutt’altro che soporifero, o dottorale, o distaccato e impersonale, un tono da cui anzi trasudava a ogni piè sospinto la propria passione politica, la propria vitalità, la propria capacità di inquadrare le questioni secondo un impianto rigorosamente coerente e tuttavia mai ingessato all’interno di luoghi comuni e frasi fatte, a servirsi spesso e volentieri di immagini concrete a cui attribuiva significati ben precisi, inequivocabili: in poche righe troviamo cisterne, ruote dentate, meccanismi complessi, quasi di orologeria verrebbe da dire, di cui esse sono parte integrante e indispensabile, comandi o azionamenti. Cos’è un azionamento? E cos’è che non era chiaro al traduttore dell’edizione italiana?
Assumendo essenzialmente la sua buona fede (e non concedendola! Perché il dubbio che si fosse voluto farne un precursore della linea stalinista resta), probabilmente il traduttore in italiano era un po’ acerbo di meccanica, a differenza di Lenin. Quindi, traduce una parte per il tutto, ovvero rende con “cinghie di trasmissione” (una parte) L’AZIONAMENTO, CHE È INVECE “l’insieme composto da un motore e dagli apparati d’alimentazione, comando e controllo, ivi inclusi gli organi di trasmissione” (ovvero il tutto).
Aggiungo: una cinghia di trasmissione semplicemente trasmette, per l’appunto, un movimento meccanico, tale e quale a come lo riceve. Punto. Nel gergo lavorativo di ogni giorno, tale mansione è spregiativamente definita passacarte. Un azionamento, al contrario, trasforma l’energia, oltre a trasmetterla: si passa, per esempio dall’energia chimica data dalla combustione del carburante all’energia cinetica lineare di un pistone, il quale aziona un albero a camme che lo trasforma in movimento circolare, arrivando quindi alla trasmissione dello stesso, tramite la famigerata cinghia, piuttosto che alla sua riduzione tramite le ruote del cambio, e da lì via via alle ruote. Questo vuol dire “azionamento”, privod.
Capiamo quindi come la concezione leninista di sindacato sia qualcosa di più complesso e non riducibile a quello che, nel 1923 avrebbe teorizzato Stalin, ovvero semplice “cinghia di trasmissione”. “Semplice”… nulla è semplice nella vita, nulla è semplice nella riflessione leniniana: anzi, “semplice” (prostoj) è per lui materia di obiezione netta. Sindacato ridotto a cinghia di trasmissione, alla fine, altro non è che un sistema semplice (простая система), lo stesso che, con questi termini, Lenin critica a Trockij, e che avrebbe criticato a Stalin se fosse stato ancora in vita.
Nella concezione leninista, il sindacato fa invece parte di un sistema complesso (сложная система):
- un sistema delicato, negli equilibri, negli “azionamenti”, nelle leve di comando che si sono storicamente venute a creare e con cui il partito si deve confrontare nel concreto, nella realtà di ogni giorno, di ogni fabbrica, di ogni stabilimento;
- un sistema complesso che per questo è alla base della transizione stessa “dal capitalismo al comunismo”,
- un sistema complesso che Lenin descrive come composto quantomeno da due segmenti fondamentali (ed è lì che interviene il sindacato, “scuola di comunismo”), che connettono tre soggetti:
- Partito,
- Proletariato industriale,
- Resto dei lavoratori;
- un sistema complesso in cui i profsojuz possiedono una collocazione precisa, all’interno di un altrettanto preciso, singolo, segmento, e non altrove, in quell’azionamento incaricato del DOPPIO MOVIMENTO, dal partito al proletariato industriale E VICEVERSA;
- STESSA COSA NEL DOPPIO MOVIMENTO SUCCESSIVO, SEMPRE A CURA DEI SINDACATI MA SENZA CONFONDERLO COL PRIMO, ovvero dal proletariato industriale al resto dei lavoratori E VICEVERSA;
- un sistema complesso, a scanso di equivoci, dove i profsojuz non solo non devono essere parte di un movimento dall’alto verso il basso, come avrebbe voluto (e di fatto realizzò) Stalin, ma dal basso verso l’alto.
AL VERTICE DEL PROCESSO L’AVANGUARDIA, IL PARTITO: quello bolscevico, che
- non solo deve porsi in posizione di ascolto, ma che
- deve farlo assolutamente non da una posizione di superiorità; un partito, quindi, che
- deve imparare ancora molto!
Lenin si spinge oltre, quando lo definisce un partito “che NON SARÀ DEGNO DI ESSERE CHIAMATO CON QUESTO NOME, FINCHÉ NON IMPARERÀ A CONNETTERE I SUOI CAPI CON LA CLASSE E CON LE MASSE IN UN TUTTO UNICO, IN ALCUN MODO INDISSOLUBILE”.
Ecco quindi perché questo supplemento d’indagine sul ruolo di PARTITO, SINDACATI, MASSE (ivi comprese quelle contadine, prevalentemente non sindacalizzate e quelle non sindacalizzate del tutto) non solo aiuta a chiarire le funzioni di ciascun organismo, ma RICHIAMA IL PARTITO STESSO A DOVERI, IN SEGUITO, IN GRAN PARTE, DISATTESI: altrimenti oggi la bandiera russa sarebbe ancora rossa, con falce, martello e stella.