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pianocontromercato

La Bretton Woods 3

di Pasquale Cicalese

Tasso di inflazione a febbraio in Cina pari alo 0.9% (5.9% area euro), tasso di inflazione alla produzione Cina 8.8% (Germania a gennaio 17.8%). Inflazione core Cina 1.1%. Aumento mensile dello 0.5% dovuto a energia e materie prime. La Cina para la tempesta mondiale inflazionistica mondiale dovuta al boom delle materie prime. Il differenziale inflazionistico a livello di produzione con la Germania le erode a quest’ultima quote di mercato, avendo ormai la Cina raggiunto target tecnologici quasi alla pari. Come sostenevo giorni fa il differenziale inflazionistico Cina-Area Euro e Cina-Usa pone quest’ultimo in vantaggio a livello industriale, prova la performance delle esportazioni a gennaio-febbraio che hanno battuto le stime, con boom surplus commerciale. L’area euro intanto si prepara a nuovi strumenti finanziari per sostenere la base industriale attraverso il protezionismo fiscale (aiuti alle grandi imprese, mentre li si manda alla deriva le piccole). La guerra commerciale continua e sembra che la Cina, terzo attore globale nello scontro Usa Russia, si avvantaggi, come avevo sostenuto due settimane fa nel blog.

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piccolenote

Ucraina: dare spazio alla diplomazia e non alimentare l'odio

di Piccole Note

L’incontro di Antalya tra i ministri degli Esteri russo e ucraino non ha sortito risultati tangibili, come abbiamo scritto ieri. Ma ciò era chiaro fin da prima, dal momento che non c’erano le condizioni per un’intesa. E, però, il solo fatto che si siano incontrati deve essere registrato come un successo, dato il clima polarizzato del momento.

Segno di tale clima è anche il fatto che i media internazionali non hanno dato quasi nessuna visibilità all’incontro prima del suo svolgersi, come se fosse particolare di nessun interesse rispetto al teatro bellico, indice che le forze che spingono per un confronto a tutto campo stanno prevalendo su quelle che cercano una soluzione a questa tragedia.

Così le riflessioni di Domenico Quirico sulla Stampa, che ha salutato con sollievo l’inizio di un impegno diplomatico, vanno lette con sollievo e grande attenzione.

“Il ritorno possibile della diplomazia – scrive – significa un metodo: che le cose vanno affrontate e non subite, mantenere aperti i canali di comunicazione con il nemico, parlare, mediare, anche e soprattutto in segreto, non c’è nulla di cui vergognarsi, perché strappare anche un solo giorno alla guerra, abbreviarla significa salvare vite, cose, speranze”.

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frontiere

Panta rei

di horusarcadia

L’articolo di Pierpaolo Dal Monte “La politica ai tempi del colera, appunti su teoria e prassi”, ci espone severamente la situazione e il compito che abbiamo di fronte nell’impostare le linee di un cambiamento politico: dobbiamo tagliare i rami secchi, eliminare gli armamentari ormai inutili e cancellare tanto tratto di strada che – portandoci sin qua – si è dimostrata infida e maligna.

Non si può non concordare.

E ci mette anche in guardia dalla facile tentazione di volgerci a vagheggiare il ritorno a modelli, idee e contenuti legati ad un lontano paradiso perduto, al ritorno ad un’età dell’oro che – ammesso che sia mai esistita (i favolosi trenta?) – sarebbe in ogni caso impossibile da ricreare.

“Idealizzazioni che indulgono a vacue fantasie” si dice.

E se pure condizioni di vita realmente migliori si fossero concretate in passato e tali livelli generali siano senz’altro desiderabili (soprattutto se confrontati con le innegabili sofferenze del presente) ebbene tanti e tali avvenimenti, tanti e tali cambiamenti di ordine strutturale si sono radicati che sarebbe del tutto impossibile districare i fili dell’intreccio, tornare a separare le acque ormai miscelate dalla corrente.

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comidad

Le guerre civili a scatola cinese dell'Italietta

di comidad

All’inizio della scorsa settimana si diceva che la questione della riforma del catasto avrebbe messo a rischio la sopravvivenza del governo. Era troppo bello per essere vero, e infatti non era vero. In base alla narrazione sarebbe stato il voto di un partitino con l’1% a consentire alla proposta di passare. Ma si tratta appunto di narrativa, poiché anche i partiti di centrodestra, a parole ostili alla riforma, si sono limitati a votare contro, senza uscire dal governo, benché ad essere più sensibile ai timori di una revisione delle stime catastali sia proprio il loro elettorato. Draghi assicura che la revisione non comporterà nuove tasse sulla casa, ma tutti sanno che sono chiacchiere.

La prima casa è il principale ammortizzatore sociale, l’ancoraggio materiale della famiglia. Colpirla in una fase economica come questa sarebbe una misura destabilizzante, un atto di guerra civile. Dopo essere stato in gran parte alleato delle oligarchie contro il lavoro, oggi è il ceto medio ad essere oggetto di una spoliazione dei suoi risparmi e dei suoi patrimoni immobiliari. Da anni il Fondo Monetario Internazionale esorta i governi italiani a tassare la prima casa, e la riforma del catasto serve a innescare la mina per rendere operativo il provvedimento.

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comuneinfo2

Resistenza civile

di Lorenzo Guadagnucci

La resistenza armata è descritta e concepita come una scelta ovvia e opportuna per l’Ucraina, ma perché scartare a priori altre strade? Perché non incoraggiare una resistenza civile del popolo? Certo, non potrebbe fermare l’invasione, ma nemmeno la resistenza armata sembra in grado di farlo e non a caso Zelenski parla di terza guerra mondiale. Una resistenza popolare con forme di non-collaborazione e boicottaggio potrebbe col tempo cambiare lo scenario, scrive Lorenzo Guadagnucci, favorire la nascita di una conferenza internazionale su tutte le guerre in corso ma anche l’accoglienza per gli obiettori di coscienza ucraini

Fra i tanti paradossi del non-dibattito sulla guerra in Ucraina e sulle scelte che abbiamo compiuto o stiamo per compiere e su ciò che ne può conseguire (questo aspetto, in particolare, è pressoché inesistente nel discorso pubblico), c’è un piccolo ma rivelatore paradosso. Molti, fra quanti sostengono la necessità di inviare armi da guerra al governo ucraino, fanno un parallelo con la resistenza italiana durante la seconda guerra mondiale: partigiani allora contro l’occupazione nazifascista, partigiani oggi contro l’invasione russa; il paradosso è che gli eredi dei nostri partigiani, cioè l’Anpi, respinge tale accostamento ed è scesa in piazza per la pace e contestando l’opportunità di gettare benzina, cioè armi, sul fuoco della guerra.

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carmilla

Ieri, oggi (e domani?)

di Mauro Baldrati

Non si creda che durante il ventennio il regime fascista fosse un organismo omogeneo, pervaso da esaltazione e adorazione per il Duce sul cavallo bianco, come vagheggiava Sofia Loren in Una giornata particolare. O meglio, nell’immaginario popolare era certamente diffusa questa riduzione comica del Potere, ma la ragnatela che avvolgeva il paese con la sua trama demagogica e la sua violenza, copriva un nido di vipere, un branco di belve fameliche in guerra tra loro. C’erano rivalità tra i gerarchi, guerre intestine, calunnie, maldicenze. La corruzione dilagava e trascinava con sé i complotti, gli scandali, le richieste di epurazioni e di confino. Mussolini lo sapeva. Sapeva tutto. Ogni giorno riceveva memoriali, denunce delle malefatte dei vari podestà o federali. Leggeva, sottolineava con le immancabili matite rosse e blu a punta grossa, e taceva. E non agiva. Lui non agiva. Qualcun altro doveva svolgere il lavoro sporco. Quando, dopo la marcia su Roma e il colpo di stato, iniziò la massiccia opera di burocratizzazione “totalitaria e integrale del regime fascista”, il suo primo pensiero fu di cacciare dalle leve del potere la masnada di trafficanti, ma soprattutto i teppisti, i picchiatori e gli assassini, esseri ignoranti e bestiali di cui non aveva più bisogno.

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teleborsa

Oltre il Dollaro: Next Monetary War

Se Cina e Russia si facessero pagare l'export solo in Yuan e Rubli

di Guido Salerno Aletta

Tutto è convulso, assai complesso da decifrare, in questa fase delle relazioni internazionali innescate dalla invasione della Ucraina da parte dell'esercito russo.

Non è questa la sede per fare previsioni di come andrà a finire: se sarà la Ucraina a cedere di schianto, se ci sarà una interminabile guerra civile, ovvero se sarà invece un Regime Change a Mosca che determinerà rivolgimenti politici inimmaginabili.

Ci sono due aspetti concreti, invece, da valutare fin d'ora: le sanzioni economiche e finanziarie decise nei confronti della Russia e le contromisure che saranno assunte da Mosca.

Le prime sono già note: c'è stato prima il blocco dei beni personali di una serie di Oligarchi e poi il divieto di utilizzare per i pagamenti da e verso la Russia del sistema di transazione interbancario Swift. Niente invece, per il momento, che riguardi invece i pochi asset delle imprese russe all'estero. La impossibilità di usare il sistema Swift per regolare le transazioni commerciali da e verso la Russia mette in discussione innanzitutto il pagamento da parte russa dei debiti attraverso il sistema delle banche occidentali che hanno filiali in Russia, ivi comprese quelle italiane: in teoria, sarebbero inesigibili. Per le Banche, che ne rispondono verso le aziende, sarebbero perdite di bilancio colossali, per decine di miliardi di euro.

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lantidiplomatico

META, gli "standard della community" e i russi

di Andrea Zhok

L'agenzia Reuters riporta che Meta Platforms (Facebook/instagram) consentirà agli utenti di invocare la violenza contro russi e soldati russi; si stanno anche consentendo post che chiedono la morte del presidente russo Vladimir Putin o del presidente bielorusso Alexander Lukashenko.

La stessa piattaforma mondiale monopolista che blocca post con articoli scientifici perché "violano gli standard della community", consente espressioni che rappresentano reato anche secondo la legge ordinaria.

Naturalmente lo avevamo capito da tempo, però credo che le implicazioni non ci siano ancora del tutto chiare: la "rete" è dominata da attori made in USA e le principali piattaforme monopolistiche sono oramai scese in campo politicamente con intenti di orientamento dell'opinione pubblica. Questo mentre il sistema dell'informazione è dominata da tempo da un circoscritto numero di grandi rappresentanti del capitale finanziario.

Ora, bisogna ricordare che le regole d'ingaggio delle democrazie formali dicono che se l'opinione pubblica maggioritaria è favorevole a X, qualunque cosa sia X, anche la più abietta porcata, esso è legittimo.

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marx xxi

Chi è il nemico e come combatterlo

di Roberto Gabriele

E’ bene che i compagni affrontino fino in fondo le questioni legate alla guerra in Ucraina per avere, in una situazione difficile e complessa come l’attuale, le idee chiare su come attrezzarsi.

Ci sono difatti diverse questioni da chiarire e riguardano ambiti diversi.

Una riguarda direttamente i comunisti. Con l’intervento russo in Ucraina riemergono attualizzate posizioni che confermano le derive che si sono espresse già in passato in varie occasioni. Da una parte il PCF, i comunisti francesi e il PTB belga che condannano l’intervento russo. Dall’altra il KKE, il partito comunista greco, che oggi dirige una sorta di V internazionale che ne condivide le posizioni, che di fronte all’intervento russo sostiene la teoria dei tre imperialismi in conflitto tra di loro: USA, Cina e Russia. Per il KKE e la sua cerchia l’intervento russo in Ucraina dovrebbe dunque essere inquadrato in questo contesto.

Oltre ai comunisti anche quello che si usa chiamare il settore degli ‘antagonisti’ ha creduto bene di condannare l’intervento russo, che di fatto viene considerato un’avventura imperialista.

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linterferenza

L’omicidio/suicidio (annunciato) dell’Europa

di Fabrizio Marchi

“Il gasdotto Nord Stream 2 è ormai morto, è un grosso pezzo di metallo in fondo al mare, e non credo che possa essere resuscitato”.

Parole della sottosegretaria agli Esteri americana, Victoria Nuland.

Ecco svelata, in poche righe, la strategia americana nel quadrante europeo: separare a tutti i costi l’Europa dalla Russia. Questa è stata ed è la vera finalità del processo di destabilizzazione che gli USA stanno portando avanti in Ucraina da almeno un decennio, oltre naturalmente all’accerchiamento della Russia attraverso l’ampliamento della NATO ai paesi del fu Patto di Varsavia e alle ex repubbliche sovietiche. L’attacco russo in Ucraina è cacio sui maccheroni per Washington perché, da questo punto di vista, non fa che dare un colpo sull’acceleratore alla più che decennale politica statunitense nei confronti dell’Europa.

Per gli Stati Uniti l’Europa è infatti un pezzo fondamentale e strategico dell’impero a cui non possono per nessuna ragione rinunciare.

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rifonda

La "guerra di Putin”

di Angelo D’Orsi

È di oggi (nella newsletter del CESPI, di cui è presidente) un intervento di Piero Fassino, presidente Commissione Esteri, già fondatore del PD (bel titolo di merito), di una ipocrisia sconcertante, fin dal titolo: “La guerra di Putin”. No, questa è la guerra di cui gli Usa hanno posto le premesse, una guerra per dare un colpo alla Russia, e per allontanare da essa l’Europa, anche contro i propri interessi. E Fassino, noto genio della politica, giustifica tutto tranne che la guerra di Putin: solo per la Russia non valgono i principi che valgono per gli altri Stati, a cominciare dal nostro, e da tutti i membri della UE, che sta certificando ancora una volta il proprio fallimento. Scrive Fassino: “…Putin in pochi giorni ha dissestato gli equilibri geopolitici che dalla caduta del muro di Berlino avevano garantito stabilità e sicurezza in Europa”.

Ma dov’era Fassino nel 1999 quanto una coalizione di 19 Stati aggrediva la Federazione Jugoslava? Mi pareva fosse lui ad aver dichiarato: “Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro può essere contrario a questa guerra”, o forse lui parlava di operazione di peacekeeping, mentre intellettuali obnubilati dalla falsa coscienza, parlavano di “guerra umanitaria”, di “guerra disinteressata”, di “guerra etica”, oltre che naturalmente di “guerra giusta”?

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kelebek3

A Empoli scoprono l’acqua fredda

di Miguel Martinez

La notizia più importante del mondo oggi, non viene da Kiev, da Mosca o da Washington.

Viene da Empoli.

Empoli è nota nella storia per tre episodi.

UNO

1 marzo 1921, le Guardie Rosse (che suona tremendo, ma erano dei contadini toscani di vent’anni) sentono dire che stanno arrivando i fascisti, e quando vedono dei camion, aprono fuoco. E ammazzano per sbaglio un gruppo di marinai in licenza.

DUE

Domenica 26 dicembre 1943, per festeggiare Santo Stefano, il giorno dopo Natale, gli americani sganciano 210 bombe su Empoli, ammazzando – che quando gli americani ci si mettono sono molto più produttivi delle Guardie Rosse – 123 empolesi.

TRE

Il 5 marzo dell’Anno di Disgrazia 2022 è stata chiusa la piscina comunale di Empoli.

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antoniomazzeo

Nato e Ucraina: chi provoca chi?

di Antonio Mazzeo

Agosto 2021, aeroporto di Kabul, la fuga disordinata dei militari USA ed europei dall’inferno afgano, l’ipocrita abbandono di centinaia di migliaia di rifugiati, disperati ed affamati, alla vendetta di al-Qaida.

Febbraio 2022, crisi Russia-Ucraina, il rischio di una guerra mondiale, totale, nucleare. Nessuno spazio alla mediazione tra le parti. Kiev invoca aiuti ed armi, Washington dice Ok, Roma e la UE indossano mimetiche ed elmetto, pronte a fare la loro parte. Due scenari geograficamente distanti eppure tanto vicini temporalmente. Immagini che sintetizzano bene le incorreggibili contraddizioni della Nato, alleanza militare di cui nessuno in occidente sembra poterne fare a meno nonostante a decidere alla fine è sempre il socio di maggioranza a stelle e strisce. Si fa fronte comune solo contro il nemico di turno: il “terrorismo”, l’orso russo, il dragone cinese. Ma, in verità, le divisioni sono profonde. Regno Unito, Francia e Germania che sgomitano per soffiare agli Stati Uniti un po’ più di potere e e di denaro per le industrie belliche nazionali.

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pierluigifaganfacebook

Reality

di Pierluigi Fagan

Zelensky è la Chiara Ferragni della politica internazionale. L'hanno pensato per dire "vedi ce la potresti fare anche tu" e questo piace. Inutile cercare di rompere questo sogno alla gente, la realtà è così brutta che sognare è l'unico balsamo. In più è gratis, o tale si pensa.

Un secondo dopo che accade qualcosa o lui fa accadere qualcosa, madri incinte che sanguinano, centrali atomiche colpite da missili o in blackout, dopo aver parlato con Biden o Johnson ed addirittura Westminster in diretta e solo perché Dio aveva da fare, lui va in video e twitta. Tutti i giorni, più volte al giorno. Ha sempre un testo pronto, ha una intera squadra di spin doctor sotto. E visto che gente manda alle trattative, mi riesce difficile pensare siano ucraini. E vista la pertinenza, la velocità, la struttura della narrazione è ridicolo il solo pensarlo.

Pensate davvero che uno che sta intronato dopo 14 giorni di bombardamento, semi assediato, con la nazione in fiamme milioni di cittadini sfollati, m-i-l-i-o-n-i di donne-vecchi-bambini, invaso da uno dei più potenti eserciti del mondo, con mille ed uno problemi operativi da risolvere o da non risolvere come sfollare per tempo un ospedale di una città che i russi hanno impiegato giorni a cingere d’assedio, è credibile vada in video a fare occhiolino o la versione affranta o quella che urla “maledetti europei date l’assenso alla no-fly-zone, venite dietro al Vostro Capitan Libertà che sto lottando anche per voi!”? Tutti i giorni, più volte al giorno? Davvero riuscireste a farlo? Siate onesti. Dai, non ci credo. Tutto ciò vi sembra credibile?

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linterferenza

Il punto che non vogliamo affrontare

di Ferdinando Pastore

Nell’edizione domenicale del foglio propagandistico curato dai falchi di Washington, Angelo Panebianco si è lanciato nella scrittura di un vero e proprio compendio di guerra. Non una chiara esortazione a imbracciare fucili e kalashnikov ma una puntuale trattazione ideologica sull’etica che accetta l’idea del conflitto. Il manuale parte da una constatazione. Crollato il comunismo e la sua visione universalistica del progresso, i nemici della “rule of law” e dell’espansionismo di mercato vivono in una stanca condizione di debolezza. Al contrario l’Occidente è compatto nelle proprie idee-forza. Per cui il motto della Fine della Storia è più attuale che mai. Ma il mondo multipolare al di fuori delle sue barriere è molto pericoloso. Senza imbarcarsi in crociate occorre applicare un sano realismo. Di crociata.

Quindi per Panebianco non esiste nulla di attrattivo oltre la cultura mercantilista. Solo i nostri imperativi di concorrenza, di individualismo competitivo, annunciano capacità di fascinazione.

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marcodellaluna

Mostro presunto: voci dal putinferno

di Marco Della Luna

Dai mass media appare questo: Putin ha violato clamorosamente il diritto internazionale attaccando e dividendo uno stato indipendente riconosciuto dall’ONU, senza legittimo motivo, e si è cacciato in una situazione di isolamento internazionale che danneggia gravemente l’economia russa, mentre le forze armate russe, sebbene molto più potenti sulla carta, vengono efficacemente contrastate da una valorosa resistenza ucraina. Forse i capi di stato Maggiore russi, per adulare Putin, lo avevano illuso che avrebbero conquistato l’Ucraina con una guerra lampo. Forse Putin è uno psicopatico oppure è impazzito oppure è molto malato, come suggerisce la sua faccia apparentemente gonfia di cortisone, e vuole realizzare qualcosa di importante per passare alla Storia. Potrebbe spingersi fino ad attaccare la Finlandia e la Svezia o a scatenare una guerra nucleare, appunto perché è mentalmente squilibrato. Ma in ogni caso non sarà in grado di mantenere l’occupazione di paesi contro la volontà della loro popolazione, quindi ciò che sta facendo o che potrebbe fare è del tutto illogico e conferma l’ipotesi che non sia lucido.

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giubberosse

Ucraina, era tutto scritto nel piano della Rand Corp

di Manlio Dinucci

Manlio Dinucci, l’unico analista di spessore a scrivere su Il Manifesto, spiega i motivi per cui ha deciso di porre fine alla lunga collaborazione con il quotidiano.

“L’8 marzo, dopo averlo per breve tempo pubblicato online il Manifesto ha fatto sparire nottetempo questo articolo anche dall’edizione cartacea, poiché mi ero rifiutato di uniformarmi alla direttiva del Ministero della Verità e avevo chiesto di aprire un dibattito sulla crisi ucraina. Termina così la mia lunga collaborazione con questo giornale, su cui per oltre dieci anni ho pubblicato la rubrica L’Arte della guerra.”

Qui a seguire l’ottimo articolo censurato.

* * * *

Il piano strategico degli Stati uniti contro la Russia è stato elaborato tre anni fa dalla Rand Corporation (il manifesto, Rand Corp: come abbattere la Russia, 21 maggio 2019). La Rand Corporation, il cui quartier generale ha sede a Washington, è «una organizzazione globale di ricerca che sviluppa soluzioni per le sfide politiche»: ha un esercito di 1.800 ricercatori e altri specialisti reclutati da 50 paesi, che parlano 75 lingue, distribuiti in uffici e altre sedi in Nord America, Europa, Australia e Golfo Persico. Personale statunitense della Rand vive e lavora in oltre 25 paesi.

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lantidiplomatico

"Ehi, vi ricordate del Covid?"

di Andrea Zhok

Ehi, vi ricordate del Covid?

Quella terribile malattia che, secondo la Pravda nostrana non lasciava scampo, faceva strage d'innocenti e poteva essere contenuta solo con le misure più draconiane?

Direte, dov'è sparita?

Tranquilli, è ancora serenamente là, ieri abbiamo avuto circa lo stesso numero di contagi del picco delle ondate precedenti (40.000) e circa 200 decessi (ora come allora, con età media 80 anni).

Le inoculazioni sono ferme, il super green pass è ancora in funzione, la gente sospesa dal lavoro è ancora sospesa, i ragazzi discriminati per andare a fare sport o altro sono ancora discriminati, ecc. ecc.

Però l'allarme e l'isteria collettiva sono cessati di botto.

Questo perché la nostra realtà è integralmente una realtà mediaticamente costruita, e la regola aurea della, chiamiamola, "informazione" è che c'è spazio per un solo titolone a piena pagina, per un solo scoop d'apertura, per una sola chiamata alle armi dei teledipendenti.

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contropiano2

La guerra si evita trattando. Sempre…

di Dante Barontini

La guerra è una fogna, e mai come in questi giorni tanti sognano di farci un tuffo “igienizzante”. La guerra fatta tra chi ha armi nucleari sarebbe anche l’ultima, ma non si può certo dire “per fortuna”.

La guerra ha sempre delle cause, ossia interessi che qualcuno intende come “ragioni”. Chi vuole distinguere l’informazione dalla propaganda di guerra va a cercare di capire quali siano le cause.

I guerrafondai “senza se e senza ma” fanno invece come Mario Draghi in Parlamento: “non è il momento di fare i conti con se stessi e con gli altri ma di fare i conti con la storia, non quella passata ma di oggi e di domani. A questo punto il passato, quello che abbiamo fatto, gli errori… Tutto questo è utile perché migliora la consapevolezza personale, ma è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti è qualcosa che ci deve unire“.

Se si seguisse il suo consiglio, ci ritroveremmo incolonnati con un vecchio fucilino (gli “otto milioni di baionette” sono un precedente tutto sommato recente) a ripercorre la strada che porta alla guerra. Contro la Russia, per di più…

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antiper

La guerra è già mondiale alla periferia degli imperi

di Antiper

Quando parliamo di guerra sarebbe sempre importante definire cosa si deve intendere con questo termine nella fase attuale e considerare l’impatto delle nuove tecnologie sul modo di farla.

E quando parliamo di guerra mondiale che cosa dobbiamo intendere? Non tanto, evidentemente, una guerra alla quale partecipano tutti i paesi del mondo, ma piuttosto una guerra che negli obiettivi – e ancor più negli esiti – tende a ridefinire le sfere di egemonia globale.

Nonostante tutti i principali attori internazionali siano attivi in questo momento in Ucraina – chi “sul campo”, come russi e ucraini, chi con armi di ogni genere, ma indirettamente, come USA e UE, chi solo a livello “diplomatico” e in modo soft, come la Cina… – quella che si combatte in Ucraina non è una guerra mondiale, ma piuttosto la nuova tappa di una vecchia guerra mondiale che è già in atto sin dai primi anni ‘90 e la cui scansione si è dipanata attraverso una serie di conflitti “regionali” (Jugoslavia, Iraq, Somalia, Sudan, Serbia, Afghanistan, Libia, Siria, Ucraina…). L’aveva intuito persino il Papa (che per il ruolo che ricopre è costretto ad avere uno sguardo globale) che siamo di fronte ad una terza guerra mondiale combattuta “a pezzi” [1].

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contropiano2

La guerra in Ucraina e i laboratori biologici USA a L’vov, Poltava e Khar’kov

di Fabrizio Poggi

C’è ancora incertezza sull’andamento generale dei colloqui tra le delegazioni russa e ucraina in Bielorussia: «per ora non hanno dato risultati che possano portare a un miglioramento della situazione», hanno dichiarato ieri dalla presidenza ucraina al termine del terzo round; e il capo-delegazione russo, Vladimir Medinskij ha detto che «le nostre aspettative sui negoziati non si sono avverate, ma speriamo che la prossima volta saremo in grado di fare passi avanti più significativi. I negoziati continuano».

Così, da vari centri ucraini continuano a giungere notizie inquietanti, che riguardano la sorte di tutte quelle persone che cercano di mettersi in salvo attraverso i corridoi umanitari lasciati aperti dalle forze russe attorno alle città ucraine assediate.

Dopo la vicenda del membro della delegazione ucraina al primo round di colloqui, Denis Kireev, assassinato a Kiev dai Servizi di sicurezza ucraini e rivelatosi essere non una “spia”, come asserito dai Servizi, bensì un agente dell’Intelligence militare, che ne fa il necrologio qualificandolo “eroe”, altra “impresa patriottica” dei nazionalisti ucraini, che hanno sequestrato e torturato il noto lottatore di MMA (Arti marziali miste) Maksim Ryndovskij, “colpevole” di allenarsi nel club ceceno “Akhmat” e di essersi recato nelle Repubbliche popolari del Donbass.

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militant

Guerra, Infotainment, “No-Putin Pass” e mobilitazioni

di Militant

Dal 24 febbraio e nel giro di pochi giorni l’aria politica e culturale di questo paese si è fatta velocemente irrespirabile, saturata da una propaganda di guerra di cui facciamo fatica a ricordare un precedente recente. Nell’apparato dell’infotainment italiano la caccia all’untore che aveva caratterizzato tutto il periodo della pandemia è stata rapidamente sostituta dalla stigmatizzazione del filoputiniano. La compagnia di giro che per oltre due anni aveva riempito i talkshow sul Covid si è prontamente riconvertita in commentatori di guerra, mentre generali e analisti geopolitici hanno soppiantato i virologi. In questo frame bellicista chiunque sollevi un dubbio di fronte alla narrazione binaria della lotta del bene contro il male, propinataci a reti unificate, è immediatamente additato come “giustificazionista”, chiunque provi a problematizzare e ad argomentare che la storia non è iniziata 10 giorni fa, o addirittura ad indicare nella Nato il convitato di pietra di questa guerra, viene immediatamente tacciato di essere un “cripto-russo”.

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linterferenza

Lavorare per la pace con la Filosofia

di Salvatore Bravo

La storia si ripete, la Russia si difende da un’aggressione, l’ennesima, ma l’aggredito è rappresentato come l’aggressore e demonizzato. Le ragioni della Russia non sono da utilizzare per giustificare la guerra, ma per favorire la soluzione diplomatica al conflitto. Lavorare per la pace significa “capire” e non schierarsi in modo preconcetto e alzare le grida per facili invocazioni alla pace. La guerra è sempre da evitare, ma la cultura della pace ridotta a flash mob e a manifestazioni arcobaleno non incoraggiano la cultura della pace, ma un semplicismo utile al potere che usa l’ingenuità di molti pacifisti per affilare le armi. Manca la dimensione della complessità, una guerra la si studia nei suoi elementi e nelle sue variabili genetiche allo scopo di comprenderla per agire politicamente allo scopo di consolidare la pace. Tutto questo manca, anzi, se si pongono domande e si fanno emergere problemi si è osteggiati dai media del potere che controllano l’informazione. Tale atteggiamento svela l’inautenticità delle invocazioni della pace, si inneggia alla pace, ma le oligarchie preparano la guerra usando i popoli, schierandoli in battaglia e manipolandoli.

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federicodezzani

La Russia verso l’autarchia

di Federico Dezzani

Autarchia 2.0: petrolio, acciaio e Huawei

Sull’onda della “operazione speciale” in Ucraina, l’Occidente ha adottato durissime sanzioni di natura finanziaria contro Mosca: nelle prossime ore o giorni, questi provvedimento saranno probabilmente coronati dall’arma assoluta: l’embargo sul petrolio e sul gas. La globalizzazione post-1991, già entrata in affanno col Covid, collasserà definitivamente: al suo posto, risorgeranno le grandi economie continentali ed autarchiche. La Russia è di per sé autosufficiente ed è capace di soddisfare qualsiasi bisogno grazie alla Cina: nella lotta tra i blocchi, rischiano di andare in frantumi le medie potenze esportatrici come Italia e Germania.

* * * *

Non è certo casuale se, negli ultimi anni, il mito di Stalin aveva avuto una seconda giovinezza in Russia: la figura dello zar rosso bene s’addiceva ai tempi che sarebbero dovuti venire e puntualmente sono venuti. Fautore del “socialismo in un solo Paese”, Stalin è infatti lo statista che, sin dal finire degli anni ‘20, aveva impostato l’economia russa su basi autarchiche costruendo, pur tra mille sacrifici ed errori, quel sistema bellico-industriale che avrebbe consentito all’URSS di emergere vittoriosa dalla guerra.

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italiaeilmondo

Sulla figura dell'anticomplottista

di Vincenzo Costa

Quali sono gli scopi di Zelensky e dell'occidente? 

Siamo troppo occupati a chiederci che cosa abbia in mente Putin, e non ci stiamo facendo quella che è una domanda almeno altrettanto importante: che cosa ha in mente l’Occidente? Dove vuole arrivare?

L’opinione pubblica ha oramai del tutto perso il ben dell’intelletto. La gente davvero crede che Putin voglia arrivare a Berlino e magari, perché no?, a Roma. Lo dice quello che è l’eroe mondiale del momento, Zelensky.

Crediamo davvero che i Russi vogliano far saltare le centrali nucleari? Perché bisogna proprio avere la farina nel cervello per pensarlo, ma qui ci sono anche intellettuali che lo scrivono, che ci vogliono fare credere che i russi intendono fare esplodere il più grande reattore nucleare al mondo proprio vicino a casa loro.

La capacità di farsi due domande è completamente svanita. E il motivo è semplice: se ti fai una domanda significa che dai ragione e quelli che dicono “non ce lo dicono”.

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lantidiplomatico

La questione ambientale e gli "amici di Putin"

di Giorgio Mascitelli

Ieri ho ascoltato l'intervista effettuata da Limes a Massimo Nicolazzi, professore di economia delle fonte energetiche dell'Università di Torino, che verteva sulla questione del Gas.

Fondamentalmente ha detto cose che si sapevano: Italia ed Europa dipenderanno dal gas russo ancora per parecchi anni perché non esiste alternativa, il gas liquido americano è troppo caro, la stessa Russia prima di sostituire l'Europa con la Cina come cliente ha davanti a sè un periodo di transizione stimabile in 8-9 anni.

Alcune cose non le sapevo: intanto la dipendenza italiana è recente e dovuta alla riduzione della produzione interna che negli ultimi 10 anni è passata da 17 a 3 miliardi di metri cubi. In secondo luogo Nicolazzi non faceva grande affidamento sull'aumento di gas dall'Algeria e dal Tap per diverse ragioni.

Per affrancarsi dal gas russo occorrevano sostanzialmente due strade: da un lato usare altre fonti energetiche in quegli ambiti in cui si può sostituire il gas e dall'altro cercare di aumentare la produzione nazionale soprattutto tramite le trivellazioni nell'Adriatico e un sveltimento burocratico della concessione dei permessi.

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letadeldisordine

Murphy e la rana bollita

di Rosso Malpelo

A volte può essere gratificante avere ragione dai fatti, ma questa volta non c’è nulla di cui compiacersi. L’avevo scritto meno di tre mesi fa: il disciplinamento imposto in questi ultimi due anni ai popoli di mezzo mondo, in particolare quello occidentale, poteva avere anche un fine bellico. E infatti la guerra è scoppiata in Ucraina e ci troviamo a transitare da un’emergenza sanitaria ad una bellica. Basta che le emergenze non finiscano mai perché consentono di governare i popoli senza tanti vincoli, di curare i propri affari nell’ombra della distrazione generata dall’emergenza di turno nell’opinione pubblica e in ciò che resta della libera stampa (da noi quasi nulla).

Lo sapevano gli strateghi del capitalismo nordamericano ed europeo dove si stava andando a parare? Ma certo che lo sapevano, è un quarto di secolo che gli USA, in violazione agli accordi Reagan-Gorbaciov, estendono la NATO verso est, inglobando uno alla volta tutti gli stati aderenti all’ex Patto di Varsavia, nell’ordine Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord.

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militant

Cambiare gli occhiali con cui guardavamo il mondo

di Militant

Per provare a comprendere la “crisi ucraina” dovremmo definitivamente dismettere gli occhiali da guerra fredda con cui eravamo stati abituati a guardare il mondo. In questa vicenda non esistono stati buoni e stati cattivi, non esiste un campo antimperialista in cui militare aprioristicamente, né stati socialisti o progressisti da difendere, ma esclusivamente stati nazionali e alleanze internazionali che stanno promuovendo e tutelando gli interessi delle rispettive borghesie dominanti. Il tutto in un balletto politico che, seppure nessuno ammetta di volerlo espressamente, anzi lo neghi risolutamente, rischia pericolosamente di trasformare lo scontro diplomatico e le schermaglie militari in uno scontro bellico globale vero e proprio. Da questo punto di vista si potrebbe tranquillamente ribaltare il celebre aforisma di Carl von Clausewitz e affermare, senza andare troppo lontano dal vero, che in fin dei conti è la politica internazionale a non essere altro che la continuazione della guerra con altri mezzi.

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theunconditional

La frustrazione repressa dietro la vernice buonista

di Andrea Zhok

Che siano libri per bambini esclusi dalle fiere, cocktail ribattezzati, lezioni universitarie annullate, direttori d’orchestra banditi, musicisti esclusi dai concorsi, ecc. ecc. la russofobia si è scatenata con la stessa furia con cui nell’ultimo anno si era scatenata la “Novax-fobia”.

Niente unisce queste due tematiche nel merito, ma molto le unisce nel metodo.

Qui si vede in piena luce la degenerazione terminale e rapidissima della cultura liberale in occidente, che vive da sempre una intima contraddizione: essa si vende sul mercato politico come sostenitrice della libertà e del rispetto individuale, ma di fatto favorisce e rispetta solo quelle libertà e quelle individualità che non disturbano il manovratore economico (e che consentono la differenziazione dei mercati), mentre è assolutamente impietosa verso le libertà che toccano o vogliono cambiare la forma di vita mercificata che il liberalismo ha imposto.

La libertà liberale è la libertà dei beni posizionali (di status) e delle forme di svago, dei circenses (che a differenza di quelli romani sono però da acquistare sul mercato privato).

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contropiano2

ABC della guerra in Ucraina, o “la cura del linguaggio”

di Francesco Piccioni

E’ difficile per chiunque orizzontarsi nell’uragano di parole che ci precipita addosso da ogni media. Tv, radio, giornali sparano – siamo in guerra, d’altronde – termini che sembrano di uso comune, comprensibili a tutti, che acquistano un significato anche se ne hanno altri. Ma che in genere vanno a comporre un puzzle dotato di un senso indicibile: andiamo alla guerra!

Per questo cerchiamo di fornire ai nostri lettori un “servizio minimo” ma indispensabile: chiarire la realtà che una parola o una frase nasconde o stravolge.

E’ una funzione che cerchiamo di assolvere con ogni articolo pubblicato, ma che richiede ormai una sorta di “vocabolario essenziale” cui rimandare, perché mentre si scrive di un fatto diventa difficile fare anche la “cura del linguaggio” di guerra.

Ci perdonerete dunque la struttura da dizionario poco enciclopedico, ma ci sembra meglio andare con ordine, per tirar fuori i concetti solidi avvolti da un ammasso di polvere propagandistica. Ovvio che questo “dizionario” andrà aggiornato di frequente. Ma siamo qui anche per questo…