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lantidiplomatico

Blocco di RT e Sputnik: l'UE censura l’informazione

di Geraldina Colotti

“Fermiamo la macchina dei media del Cremlino. Russia Today e Sputnik, controllati dallo stato russo, e le loro affiliate, non potranno più diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Vladimir Putin e seminare la divisione dell'Unione". Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa a Bruxelles.

L'alto rappresentante Josep Borrell, per giustificare il divieto di trasmissione nella UE, imposto a Rt e Sputnik, ha usato parole ancora più dure. Ha detto "Si deve schiacciare la testa al serpente".

Un bel modo di difendere il pluralismo e la libertà di opinione di cui si riempiono la bocca i governi europei. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere rispetto al Venezuela, c'è una poderosa rete di complicità tra questa Europa dei banchieri e le corporations che pilotano i flussi mediatici, essendo l'informazione una merce che risponde al grande capitale internazionale

E così, come scrive il Washington Post, Twitter ha annunciato oggi che inizierà a bloccare i tweet che rilanciano i collegamenti ai media statali russi o ai media legati al Cremlino, utilizzando i tag arancioni. Questi tag sono stati utilizzati in passato per segnalare notizie false sulla pandemia di Covid e ora appariranno in qualsiasi tweet che includa un collegamento a siti di media statali russi.

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comuneinfo2

Ti armo

di Enrico Euli

L’Occidente parla di negoziati e di pace ma arma gli ucraini e si riarma. Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla. Questo è purtroppo è il pacifismo dei bellicisti. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, chiede con coraggiosa lucidità Enrico Euli, dove starebbe la nonviolenza? Intanto, “in continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte…”

* * * *

Mentre blatera di negoziati e invoca la pace, l’Occidente arma gli ucraini e si riarma. La Germania stanzia 100 miliardi per rafforzare il suo esercito (ce ne ricorderemo quando sorgerà un nuovo Hitler?). L’Europa non si scompone nell’utilizzare i suoi “Fondi per la Pace” per fornire “armi letali” ai difensori di Kiev. Volodymyr Zelenski invita a costituire una Coalizione contro la Guerra, per proseguire a farla. Orwell realizza compiutamente il suo incubo neolinguistico.

Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla, contano solo le azioni e i fatti (compiuti).

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carmilla

Occidentali’s Karma

di Giovanni Iozzoli

E adesso parliamo un pò di sovrastruttura, che tra gas e swift non se ne puo più! (scherzo, eh: senza parlare di gas non si capisce niente dell’Ucraina; l’importante è non fermarsi a quello…)

In ogni teatro di guerra – mai definizione fu più pertinente, perchè ogni conflitto bellico è anche un grande allestimento scenico –, la costruzione retorica dei due campi avversi, quello glorioso e nobile dell’alleato e quello mostruoso e barbaro del nemico, è operazione bellica di primissimo piano. E questo fin dall’antichità – quando narratori, poeti, teologi e artisti venivano arruolati sui due fronti, come oggi lo sono gli operatori dell’informazione e della “cultura”. Le menzogne e le mitizzazioni diventano un elemento naturale del racconto e gli addetti ai lavori presidiano i rispettivi campi come trincee: è così che il TG2, in un eccesso di zelo, manda in onda la clip di un videogioco spacciandola per i cieli di Kiev; e se qualche eroico “partigiano” del battaglione Azov inalberasse uno stendardo con la svastica, il pudore giornalistico certo si rifiuterebbe di mostrarlo; così come le vittime russe o russofone del Donbass appartengono, dal 2014, ad una umanità minore, non degna di racconto, nè di tutela, automaticamente arruolata d’ufficio nel campo della nemicità.

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manifesto

Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa

di Manlio Dinucci

La commissaria Ursula von der Leyen ha annunciato che la Ue mette al bando l’agenzia di stampa russa Sputnik e il canale Russia Today così che «non possano più diffondere le loro menzogne per giustificare la guerra di Putin con la loro disinformazione tossica in Europa». La Ue instaura così ufficialmente l’orwelliano Ministero della Verità, che cancellando la memoria riscrive la storia. Viene messo fuorilegge chiunque non ripete la Verità trasmessa dalla Voce dell’America, agenzia ufficiale del governo Usa, che accusa la Russia di «orribile attacco completamente ingiustificato e non provocato contro l’Ucraina». Mettendomi fuorilegge, riporto qui in estrema sintesi la storia degli ultimi trent’anni cancellata dalla memoria.

Nel 1991, mentre terminava la guerra fredda con il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, gli Stati uniti scatenavano nel Golfo la prima guerra del dopo guerra fredda, annunciando al mondo che «non esiste alcun sostituto alla leadership degli Stati uniti, rimasti il solo Stato con una forza e una influenza globali».

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rete dei com

Piazze “per la pace” e piazze contro la guerra di fronte al conflitto ucraino

Una scelta di campo

di Rete dei Comunisti

Nonostante 30 anni di disinformazione di guerra, a giustificazione delle inenarrabili tragedie che conosciamo, l’informazione “embedded” sulla vicenda ucraina e’ ripartita a pieno ritmo, proponendo il solito scenario di falsità oscene, a rappresentare un nemico “folle” e “criminale”, senza altre ragioni se non la propria sete di potere. Dopo Milosevic, Saddam, Gheddafi, Assad oggi tocca a Vladimir Putin subire il solito trattamento.

Sulla scelta del Presidente russo di invadere l’Ucraina abbiamo già scritto, non certo per smarcarci. Putin rappresenta un regime oligarchico che, con il tradimento dell’URSS ribadito dalle ridicole affermazioni su Lenin, pensava di assicurarsi la riconoscenza occidentale e di ritenersi al sicuro dall’aggressività della NATO.

Detto questo, occorre comprendere le ragioni storiche, economiche e geopolitiche che hanno spinto l’attuale governo russo a intraprendere questa avventura militare. Gli argomenti sono tutti sul tavolo, trattati sommessamente anche da alcuni analisti occidentali, magari nei servizi notturni o sulle pagine specializzate del Sole24ore. Per il resto isteria e propaganda sparsa a piene mani, a coprire la continuità delle politiche militariste di un Occidente in crisi sistemica.

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micromega

Solo i lavoratori possono fermare la catastrofe

di Giorgio Cesarale

Tutta l'umanità è minacciata da un insieme di fenomeni a sfondo immediatamente catastrofico. A partire dalla guerra in Ucraina

L’atrocità della vita umana nelle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico è misurata dalla frequenza con la quale viene pronunziata la parola “resilienza”. Essa detiene originariamente un significato tecnico, giacché indica, così recita il Dizionario “Treccani”, la capacità dei materiali di resistere alla rottura “per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto”. Nel campo della filati e dei tessuti, continua il nostro Dizionario, essa designa per estensione “l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale”[1]. A questo punto, qualcuno deve aver pensato che sarebbe bello se il mondo organico-umano-provvisto di autoconsapevolezza assumesse le medesime proprietà dei filati e dei tessuti. Au fond, il “dolore infinito” che, secondo lo Hegel di Fede e sapere, partorisce la soggettività è una seccatura, non sono certamente i traumi, nonostante gli avvertimenti di Freud, a preparare le condizioni per una vita umana integra, buona, felice.

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sfero

La battaglia odierna

di Andrea Zhok

Dopo aver chiesto al maestro Valery Gherghiev l'abiura dei suoi rapporti personali con Putin, la Scala gli ha tolto l'incarico di direzione d'orchestra (seguita a ruota da altri teatri europei).

Intanto l'Università Bicocca di Milano (quella che qualche giorno fa aveva spiegato che le opinioni del prof. Broccolo sulla pandemia "non rispecchiavano il pensiero dell'istituzione") ha sospeso un corso universitario su Fëdor Dostoevsky, prima motivandolo vagamente con "l'inopportunità del momento", e poi spiegando che avrebbero dovuto inserire anche autori ucraini.

Nel frattempo fioccano le richieste di sanzione e gli interventi di parlamentari con richiesta di rimozione nei confronti dei pochi giornalisti della TV (come Marc Innaro) che non si sono sdraiati completamente sulla narrazione atlantista del conflitto. Questo mentre le emittenti russe come Russia Today sono state oscurate, e mentre sui telegiornali spezzoni di videogiochi e foto di repertorio passano per “dirette testimonianze del martirio sul campo”.

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lantidiplomatico

Da Kennan a Sergio Romano: tutti coloro che avevano avvisato l'occidente delle conseguenze di accerchiare la Russia

di Thomas Fazi

Allora, mettiamo le cose in chiaro: in politica, e soprattutto nelle relazioni internazionali, esistono rapporti di causa-effetto nella maggior parte dei casi facilmente prevedibili, visto che le logiche in base alle quali operano gli Stati nazionali (e soprattutto le grandi potenze regionali) sono più o meno le stesse da qualche secolo a questa parte.

Ergo, se per anni (anzi, decenni) alcune delle menti più brillanti delle classi dirigenti euroatlantiche - nessuna delle quali può essere neanche lontanamente tacciata di filoputinismo - non fanno che ripetere «se l'Occidente fa A, guardate che la Russia farà B» - laddove A sta per "espansione della NATO ad Est" e in particolare "arruolamento dell'Ucraina, paese di fondamentale importanza geostrategica per la Russia, nella sfera d'influenza occidentale", e B sta per "sbroccare", e non perché sia giusto o sbagliato ma semplicemente perché è così che va il mondo - e l'Occidente continua bellamente a fare A, ha poco da sorprendersi che oggi, dopo vent'anni di provocazioni, la Russia reagisca facendo B, come era chiarissimo sarebbe accaduto a chiunque viva nel mondo reale e non nel film hollywoodiano di serie B raccontato dai media occidentali. Anzi, era la cosa era tanto chiara che sorge spontaneo il sospetto che provocare la reazione B fosse esattamente ciò che voleva l'Occidente.

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pierluigifaganfacebook

Sono indig-NATO!

di Pierluigi Fagan

Missile Russia La PresseIl mondo è sull’orlo del baratro per cosa esattamente? Perché l’Ucraina deve avere la libertà di richiedere l’ammissione alla NATO. Cioè, noi stiamo facendo questo ignominioso fracasso perché difendiamo il principio di libertà del “popolo ucraino” a chiedere di entrare nel sistema militare comandato dall’altra unica potenza nucleare con 5000 testate? Di modo così che gli USA possano piazzare missili ai bordi nord-orientali della libera e democratica Ucraina distanti 3 minuti da Mosca? Così che Mosca sappia che verrà cancellata dalle cartine geografiche prima che abbia il tempo materiale di attivare la sua risposta che comunque impiegherebbe decine e decine di minuti per arrivare a Washington? Bravi!

Ed è per questo che gli americani, quattro anni fa, si sono unilateralmente ritirati dal trattato INF che regolava gli equilibri di posizionamento dei missili balistici a medio-corto raggio che vigeva dal 1987? I famosi “euro-missili” perché sono posizionati proprio qui in Europa? Che lungimiranza! Allora non è solo Putin che pianifica per tempo le sue mosse eh? Ed io che mi credevo che le grandi potenze organizzassero le cose all’ultimo minuto, in fretta e furia, all’improvviso come siamo soliti fare noi qui per promuovere il nostro interesse nazionale.

Per 42 anni (1949-1991) c’è stata una “guerra” sì, ma “fredda” e si è basata sull’equilibrio di potenza, lì dove russi ed americani sapevano che se l’uno avesse provato a nuclearizzare l’altro, l’altro avrebbe avuto il tempo di nuclearizzarlo a sua volta. Per quanto cinico, questo principio ha garantito la pace in Europa per decenni ed è per rovesciare questo principio di equilibrio che ora la “Repubblica che ripudia la guerra” manda armi alla libera e democratica Ucraina?

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luogocomune

La guerra che c’e’, quella che non c’e’ e quella fatta a/da noi

di Fulvio Grimaldi

Integro un mio post diffuso ieri, intitolato “Guerra virtuale nel Metaverso….” In cui esprimevo la mia impressione che in Ucraina si tratti di un conflitto in grande misura inventato. Ribadisco l’idea.

Quello che a noi arriva dai comunicatori (non chiamiamoli giornalisti) e commentatori è tutto fondato su quanto l’apparato del regime di Kiev fa sapere a inviati asserragliati nei loro hotel, lontani da qualsiasi azione sul campo, che quindi, rinunciando al mestiere nobilissimo dell’inviato di guerra, fanno da camera dell’eco alla propaganda di regime. Con, peraltro, piena soddisfazione dei rilanciatori a casa. Una guerra, resa invisibile a chi la dovrebbe documentare e ne mostra solo foto di repertorio, quando non ricorre a vecchi videogiochi per raccontare una “pioggia di missili”, fornisce convincenti motivi, specie a chi ha esperienza in proposito, per dubitarne.

Tanto più che delle immagini, invisibili, di atrocità, distruzioni e morti subite, non ne scorre traccia sui nostri schermi, mentre dell’unica guerra che si sa in corso, ma che viene totalmente ignorata, è quella dei resistenti nel Donbass, da otto anni sotto attacco e ora soccorsi da unità russe.

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lafionda

Ora in Ucraina si giocano gli equilibri del mondo

di Maurizio Vezzosi

Fino a poche settimane, o addirittura fino a pochi giorni fa, la Russia appariva ancora disposta al negoziato e restia a ricorrere all’uso della forza. Persino la popolazione di Donetsk e Lugansk come quella di gran parte dell’Ucraina stentava a credere ad un epilogo di questo genere: un epilogo che costituisce forse il picco massimo di conflittualità conseguente al disfacimento dell’Unione Sovietica.

La presa di posizione con cui lunedì 21 febbraio Vladimir Putin si è rivolto alla nazione – e al mondo – riconoscendo ufficialmente le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk ha scritto una pagina della storia del nostro tempo. Oltre ad annunciare quello che si sta consumando in queste ore, la decisione del Cremlino ha implicazioni molto più ampie e profonde della questione ucraina in quanto tale o della contingenza specifica.

Sin dal 2015 Mosca aveva rinunciato ad ogni forzatura rispetto al Donbass, considerando ufficialmente territorio ucraino il territorio sotto controllo degli insorti, ossia sotto il proprio indiretto ed ufficioso controllo.

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pianocontromercato

Gli USA, dopo il fronte sud, bloccano il fronte est della Via della Seta

di Pasquale Cicalese

Non mi addentro nelle tematiche della guerra, voglio fare un’altra considerazione. Nei siti cinesi durante l’ultimo anno e mezzo si dava conto dell’esplosione dei transiti ferroviari, anche a seguito del boom dei prezzi dei noli marittimi, tra la Cina e l’Europa. Il mercato era arrivato a valere il 14% dell’intero interscambio Cina Europa. Il transito passava per la Russia, la Bielorussia e l’Ucraina, per poi arrivare a Duisburg, Germania, dove c’è uno snodo merci fondamentale per l’intera Europa. La stessa Italia era arrivata a programmare transiti ferroviari con la Cina, attraverso lo snodo di Melzo, in Lombardia. Il transito ferroviario suggellava l’asse Germania ,Russia Cina, un asse commerciale ma che aveva ricadute politiche visto che era criticato dagli Stati Uniti. Non solo gli Usa, inglobando l’Ue nella guerra con la Russia, hanno bloccato North Stream, non solo ci saranno sanzioni che colpiranno la Russia e come un boomerang l’Ue, ma lo stesso interscambio ferroviario con la Cina si bloccherà con conseguenze gravi per gli esportatori europei. Certo, c’è il mare, ma il costo dei noli marittimi è esplosivo da due anni e molti piccoli operatori non se li possono permettere. Viene dunque bloccato il fronte Est.

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giap3

Una dichiarazione – politica e di poetica – sul virus del militarismo nel corpo sociale

di Wu Ming

Nei nostri due libri del 2015 Cent’anni a Nordest e L’invisibile ovunque riflettevamo, con gli strumenti dell’inchiesta e della letteratura, sul centenario della Grande Guerra e su come l’Italia lo stava celebrando. Lo facevamo avendo in mente le guerre jugoslave degli anni Novanta, nonché alla luce del conflitto in Ucraina. Perché, conviene ricordarlo, in Ucraina la guerra c’è dal 2014.

La conclusione era che, cent’anni dopo la prima guerra mondiale, il nostro Paese e in certa misura l’Europa tutta avevano più che mai bisogno, e sempre più avrebbero avuto bisogno, di anticorpi antimilitaristi, di esempi di diserzione, di rifiuto di ogni intruppamento. Perché quella del continente sul cui suolo non si sarebbero più combattute guerre era una fòla e nient’altro.

Da anni ci occupiamo in vari modi dello “scacco” che ha subito storicamente l’antimilitarismo. Lo ha subito in occidente e in particolare in Italia, dove uno schieramento politico-culturale trasversale ha lavorato alacremente per spargere ovunque tossine nazional-patriottiche, autoritarie, militar-feticiste (quanto sono belle le Frecce Tricolori!), guerrafondaie.

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sinistra

Crisi ucraina: nessuna solidarietà nazionale ma lotta al nostro imperialismo!

di Assemblea Militante

L’attuale precipitazione militare in Ucraina è il risultato di una decennale politica di accerchiamento ed isolamento della Russia, perseguita con determinazione da parte degli Usa e dei loro alleati europei.

Una politica fatta di progressiva estensione del proprio dispositivo militare NATO fin sotto i confini della Russia, con dispiegamento di micidiali armamenti e continue esercitazioni militari allo scopo di minacciare quel Paese e di ridimensionarne le aspirazioni a ritagliarsi un proprio spazio all’interno del mercato capitalistico internazionale.

Un colpo decisivo a tali aspirazioni fu dato dal vero e proprio colpo di stato in Ucraina nel 2014 a seguito di una classica rivoluzione colorata, come tante orchestrate nel mondo, sostenuta e fomentata dalle potenze occidentali e con evidenti connotazioni nazi-fasciste, che spostò definitivamente questo paese nell’orbita di influenza statunitense ed europea.

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contropiano2

Roma. Gli studenti irrompono a Santi Apostoli: “fuori dalla Nato subito!”

di Redazione Roma

Dalla serie di piazze chiamate nella giornata odierna (sabato 26) per prendere posizione sul riemergere del lungo conflitto che attraversa il territorio ucraino, non potevano mancare gli studenti e le studentesse delle scuole di Roma.

Il “Movimento la Lupa” ha raccolto l’appuntamento lanciata dalla sigla “Roma No war” e si è raccolto in modo unitario alle ore 10:30 alla metro Colosseo, in pieno centro, per poi muoversi in corteo verso piazza Santi Apostoli, seguiti anche anche dalla Rete ecosistemica romana.

Vicino la Commissione europea si svolgeva infatti in contemporanea un presidio dalla composizione “complicata”, con presente da una parte tutto il mondo della concertazione sindacale e dell’associazionismo diffuso vicino, a vario titolo e con varie declinazioni, all’area di governo rappresentata dal centrosinistra, accompagnato dall’altra da una serie di formazioni legate al volontariato e al movimento per la pace.

Ancora una volta, il movimento studentesco, nato proprio a Roma e qui costituitosi come movimento nazionale, ha saputo portare in piazza la parola d’ordine decisiva per ogni ipotesi di costruzione di una pace duratura sul suolo europeo: la fuoriuscita immediata dalla Nato.

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economiaepolitica

Le cause della disoccupazione giovanile in Italia

di Guglielmo Forges Davanzati

L’aumento della disoccupazione giovanile, secondo la visione dominante, è da imputarsi al mancato incontro fra la domanda di lavoro espressa dalle imprese e l’offerta di lavoro proveniente dai lavoratori. Questi ultimi – si sostiene – ricevono da scuola e Università una formazione generalista, eccessivamente calibrata sull’acquisizione di conoscenze e poco attenta alla trasmissione di competenze. Le competenze – il saper fare – sono (o sarebbero) quelle di cui le imprese, in un’ottica di breve periodo, hanno bisogno. La linea di politica economica che ne discende fa riferimento alla necessità di riformare i sistemi formativi per renderli funzionali alla produzione di forza-lavoro ‘occupabile’.

Il fatto che alcune imprese, in alcuni particolari segmenti del mercato del lavoro, trovino (o denuncino) difficoltà nel reperire manodopera con il livello e la qualità della formazione richiesta non implica che l’intera disoccupazione giovanile in Italia (superiore al 60% in alcune regioni del Sud) dipenda dal mismatch fra competenze offerte e competenze richieste.

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crs

Chi (non) ha paura del Metaverso?

di Federico Tozzi

Nell’anno domini 2022, mentre esce in Italia Matrix Resurrection, l’ultimo capitolo della saga iniziata ventidue anni fa presentando al pubblico globale la possibilità di un mondo governato dall’intelligenza artificiale dove gli uomini “vivono” in un universo virtuale creato ad hoc per occultare la loro reale condizione di larve sfigate dominate dai robot, il Metaverso è alle porte.

Ma siamo pronti a entrarci? O meglio: davvero vogliamo entrarci?

Il mercato ha già risposto. La pandemia deve essere valsa da prova generale e a dare il segnale di via è stato Mark Zuckerberg, attuale padrone di quasi tutte le piattaforme globali di comunicazione, che ha cambiato il nome della sua azienda in Meta segnando per tutti la strada. Microsoft pure non scherza e punta a farsi spazio negli universi paralleli a colpi di miliardi, non da ultimo con l’acquisto della compagnia di produzione di videogiochi – fondata da Bill Gates – Activision Blizzard (che di miliardi di dollari ne è costata 68,7, per essere esatti).

La corsa all’oro è dunque già partita e molti brand si stanno accaparrando spazi nelle piattaforme online che ospiteranno i nostri avatar e, se le monete utilizzate per gli acquisti di “terreni” sono virtuali, anzi criptiche, l’investimento è molto reale.

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comidad

I servizi segreti sono le vere centrali degli affari

di comidad

Sulla Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio scorso si trova un curioso decreto governativo che vieta agli agenti segreti di andare a lavorare in aziende straniere nei tre anni successivi alla cessazione del servizio. Tre anni di castigo d’attesa per gli agenti che volessero impiegarsi in aziende all’estero non sono tanti, ma la vera perla del Decreto è che di fatto legalizza indirettamente la porta girevole tra i servizi segreti e le aziende private italiane, come già avviene nella ex Finmeccanica, ora Leonardo. Ciò che i media hanno raccontato come una “stretta” di Draghi è in effetti un via libera agli affari, una legalizzazione a posteriori di innumerevoli conflitti di interessi.

La porta girevole è ben più che un fenomeno di malcostume, è l’indizio, anzi la prova, che rivela quanto sia fittizia la distinzione, e addirittura la dicotomia, tra Stato e Mercato, tra pubblico e privato, tra politica e lobbying, e persino tra legalità e illegalità. Questi astratti orpelli giuridici sono solo una narrativa che serve a dissimulare l’esistenza di un’oligarchia che è trasversale al sistema istituzionale, al sistema delle imprese e della finanza ed al crimine organizzato. I servizi segreti sono diventati la principale struttura di riferimento ed il luogo di sintesi delle oligarchie della politica e degli affari.

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lafionda

Amato, i referendum, la Costituzione

di Umberto Vincenti

Porrò alcune domande e darò una risposta: la mia. È molto importante che, giunti a questo punto, ci si cominci veramente ad interrogare intorno al nostro sistema politico-costituzionale, che dà forma (e anche sostanza) al potere pubblico qui, da noi, in Italia. Le domande sarebbero tante; mi limiterò a proporne qualcuna in connessione con la vicenda, recentissima, dei referendum.

Domandiamoci innanzi tutto se sia stato corretto che Giuliano Amato abbia indetto una conferenza stampa per comunicare – al popolo, penso – le ragioni delle decisioni assunte dalla Corte. La (mia) risposta è no. Al di là delle super-affettazioni giuridiche e da giuristi, anche la Corte Costituzionale agisce secondo il modulo della giurisdizione: essa esprime un giudizio su una certa pretesa e così la sua attività (in merito all’ammissibilità di un referendum abrogativo) è percepita dai cittadini. Ora, quel modulo esige che il giudicante (o il presidente di un collegio giudicante) non si presenti pubblicamente ad illustrare – con tono didascalico e persuasivo, anche un poco irritante – il perché di una decisione. D’altra parte, non vi è alcuna lacuna da colmare in quanto è previsto che l’ordinanza decisoria enunci i motivi della decisione.

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I conformistRi (off topic)

di Fabrizio Masucci

Pubblico alcune note che in questo momento, del tutto motivatamente, risulteranno di scarsissimo o nessun interesse. In queste ore, la gravità dello scenario internazionale impone d’un tratto di collocare nella giusta prospettiva i fatti della nostra piccola Italia. A tale doveroso esercizio siamo chiamati tutti, da chi dissente a chi governa. Chissà che, da una nuova drammatica crisi che nessuno avrebbe voluto, non derivi almeno un salutare ridimensionamento delle questioni tutte nostrane, cui possano seguire più miti consigli da parte di chi decide. Nel mentre, nel nostro Paese c’è ancora chi soffre per misure, ora più cha mai, prive di giustificazione. E la sofferenza è sofferenza, e come tale va sempre rispettata. Soprattutto in un momento in cui quella sofferenza non importa quasi a nessuno: il post è per quelli cui importerà finché durerà.

Vedo, da qualche giorno, una nuova specie di figure mancine lanciare accorati appelli dalle colonne dei giornali, far tiratine d’orecchie sui social media alla linea del governo o del caro democratico partito, condividere al bar le proprie critiche giuste e progressive con altri individui della stessa risma (ché tra persone perbene e intelligenti, si sa, ci si riconosce al primo sguardo). Qualcuno comincia a palesarsi anche in quei covi di sortilegi chiamati salotti televisivi.

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stefanore

L’Emergenza Infinita

di Stefano Re

Terrorismo, crisi economiche, crisi sanitarie, e, oggi, possibile conflitto mondiale. Cos’hanno in comune queste emergenze? Lo schema è identico: vengono tutte sbandierate ed esasperate dai media, che diffondono ansia e paura nelle popolazioni teledipendenti. Vengono tutte presentate come emergenze che inevitabilmente cambiano la percezione della realtà e della identità e necessitano di cambiamenti socio-culturali per farvi fronte. Le “misure di gestione” portano sempre alla cancellazione di diritti e garanzie degli individui e maggiori livello di arbitrio delle autorità, sempre meno controllate democraticamente e sempre più selezionate tramite processi anch’essi totalmente arbitrari.

 

Cosa rimane

Non appena le “misure di gestione dell’emergenza” sono state implementate e messe in vigore, non appena diventano legge o perlomeno affermata consuetudine, i media smettono di fare pubblicità all’emergenza che, di fatto, scompare.

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lantidiplomatico

Droni Global Hawk da Sigonella. L'Italia in prima linea nella guerra al Donbass

di Fabrizio Verde

 

L’Italia è coinvolta in maniera operativa nelle tensioni tra Ucraina, Russia e NATO nel Donbass. Partono infatti dalla base statunitense di Sigonella, in Sicilia, i droni Global Hawk diretti in Ucraina per compiere opera di ricognizione, leggere sotto la voce spionaggio, riguardo la situazione in Donbass e al confine tra Ucraina e Russia.

Chi pensa che l’Italia sia partecipe alla situazione solo per quanto riguarda le sanzioni occidentali alla Russia si sbaglia. “Siamo coinvolti anche da un punto di vista operativo – afferma all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze – perché i Global Hawk che volano sull’Ucraina partono da Sigonella, l’Italia è una base militare americana in larga parte. Il rischio c’è, è presente e reale”.

A tal proposito basti ricordare che nella base di Aviano ci sono testate nucleari statuntesi e che ha dato la sua disponibilità a inviare anche uomini in Ucraina, per bocca del ministro della Difesa Guerini.

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theunconditional

La cricca dei finti moralisti

di Giorgio Bianchi

Sentire ieri sera il sionista-atlantista David Parenzo fare candidamente la morale alla Russia (anche se lui si riferisce al solo Putin, come se una nazione di 145 milioni di abitanti possa essere espressione della volontà di uomo solo) sul “definire i confini con la violenza”, ci dà l’esatta misura dell’ipocrisia e della malafede dei personaggi che stanno dominando in questa fase il dibattito pubblico.

La morale a senso unico di chi punta il dito contro la Russia e nel contempo fa finta di ignorare i crimini della Nato (che ha cambiato i confini della ex Jugoslavia a suon di bombe e raso al suolo stati sovrani sulla base di menzogne costruite ad arte) e dello stato di Israele (che ha trasformato la Palestina in un lager a cielo aperto), è sicuramente ripugnante ma in fin dei conti non stupisce, visto che tali personaggi sono lì per fare esattamente questo lavoro.

Tuttavia ciò che lascia sinceramente basiti, è il fatto che gente che per anni ha combattuto questo pattume umano considerandolo, a ragione, parte integrante dell’apparato propagandistico atlantista, per un periodo si sia trovata al suo fianco contro di noi, senza farsi venire il minimo sospetto che la risposta alla pandemia fosse nell’alveo del medesimo disegno egemonico.

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roars

La scuola (di Draghi) è tutta un quiz: test INVALSI per entrare all’Università

di Redazione ROARS

Quale occasione migliore dello stato d’emergenza, dell’avvio delle riforme previste dal PNRR, della presidenza del Consiglio di Mario Draghi e della completa l’assenza di dibattito pubblico e parlamentare, per dare la stretta definitiva sui test INVALSI? Il Sole 24 ore ci informa che è in esame “a Palazzo Chigi”, sul tavolo dei consiglieri di Mario Draghi, un “dossier” che prevedrebbe la realizzazione di un disegno già ben chiaro nel 2008: utilizzare i test INVALSI, resi obbligatori, come strumento di ammissione all’Università.

I test INVALSI, con la riforma della buona Scuola (D.Lgs 62/17) sono diventati certificazioni individuali delle competenze degli studenti. Come era facile prevedere, il passo successivo sarebbe stato l’impiego di tali certificazioni da parte degli atenei. Prima in modo “graduale”, magari, come sembrano volerci rassicurare gli autori del sole 24 ore.

Daniele Checchi, che insieme a Giorgio Vittadini e Andrea Ichino, già nel 2008 ne prevedeva questo impiego, nel documento indirizzato all’allora ministra Gelmini [si veda qui e qui], in cui si delineava la struttura del nostro sistema di valutazione scolastico, oggi scrive che usare i test INVALSI per selezionare gli accessi universitari è “una buona notizia”.

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lafionda

Una società al… “verde”

di Bruno Montanari

Il verde è anche una metafora. Significa innanzitutto libertà: correre in un prato verde è vivere la libertà. Uno dei colori della nostra bandiera è il verde; libertà, appunto. Ma significa anche altro: “restare al verde”, per esempio, significa non avere un soldo in tasca; e chissà perché? Forse perché senza un soldo in tasca non resta che correre in un prato… . Verde, anzi green (questa infernale anglomania!), è ora il colore che segna la speranza che la natura torni ad essere più mansueta con noi, se riusciamo a trattarla con maggiore rispetto: l’industria e l’economia “verde”

Il verde segna ormai anche la nostra vita quotidiana in tutti i suoi tratti particolari. E’ il colore attribuito alla certificazione vaccinale, che dovrebbe renderci liberi come il prato di cui sopra. Ma è così? Credo che in questo nostro contesto il verde diventi un colore ambiguo, che celi qualche tratto di disonestà simbolica.

Infatti.

In questi giorni, come è noto, è entrato in vigore l’obbligo di “certificato verde rafforzato” per accedere ai luoghi di lavoro, sia pubblici che privati. Tale obbligo fa seguito a quello già in vigore riguardante l’accesso a centri e luoghi commerciali in genere, ristoranti, bar e via discorrendo.

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La partita strategica americana

di Pierluigi Fagan

Il primo giorno del conflitto russo-ucraino scrissi che l’obiettivo americano era l’estromissione della Russia dallo SWIFT e sono bastati quattro giorni per raggiungerlo, pare. Ho scritto anche che Putin avrebbe messo i fatti sotto le parole perché le relazioni politiche con l’Occidente non consentivano più si sperare di modificare lo stato delle cose con altri mezzi. Ho anche evidenziato che la frase del russo pronunciata al primo giorno di attacco: “… risposta della Russia sarà immediata e vi porterà a conseguenze che non avete mai sperimentato nella vostra storia”, andava perciò presa nella sua letteralità, il che le dava un sapore molto inquietante.

Sul piano geopolitico, tutto ciò porta ad intravedere una nuova condizione del tavolo di gioco. Gli USA hanno ottenuto presto il loro obiettivo, separare per lungo tempo in maniera profonda ed irreversibile, l’Europa dalla Russia. La Russia è nei fatti, oggi, l’untouchable del sistema internazionale e vale per lei come per chiunque altro manterrà con lei rapporti organici. Come molti hanno notato, l’altro giorno, alcuni paesi europei sono passati dall’esclusione dell’opzione SWIFT per cause di forza maggiore al veloce riallineamento sulla possibilità di applicare il bando.

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pianocontromercato

Guerra: c'è del metodo nella follia delle cancellerie occidentali

di Pasquale Cicalese

Ieri domenica, vedevo un pò di siti, media italiani, ma li scartavo, tutti che invitavano alla guerra. Poi sono andato su facebook. E ho visto due post. Uno, di Gudo Salerno Aletta, allarmato dalla follia delle cancellerie occidentali, l’altro, dell’analista Pierluigi Fagan, che mi ha fatto riflettere molto. Guarda caso alle 5:30 di stamane mi arriva un messaggio vocale di un direttore di una multinazionale asiatica, business advisor, Spatto, che, sulla base di un articolo di visualcapitalist.com, dice le stesse cose. Ho trascritto di tutta fretta, prima di iniziare a lavorare, il file audio, potrebbero esserci degli errori per la qual cosa mi scuso. Lo lascio parlare:

“Ciao, ti mando un messaggio, cerco di fare un intervento un po’ analitico; leggo su molti giornali stranieri e italiani soprattutto voci che danno per scontato un passaggio e cioè l’unione della Russia alla Cina ma non danno per scontato l’altro passaggio, l’unione dell’Europa agli Stati Uniti. Allora è su quest’altro passaggio che io vorrei soffermarmi, magari se tu non la pensi come me può intervenire, possiamo fare un dibattito.

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fattoquotidiano

Una guerra nata dalle troppe bugie

di Barbara Spinelli

Paragonando l’invasione russa dell’Ucraina all’assalto dell’11 settembre a New York, Enrico Letta ha confermato ieri in Parlamento che le parole gridate con rabbia non denotano per forza giudizio equilibrato sulle motivazioni e la genealogia dei conflitti nel mondo.

Perfino l’11 settembre aveva una sua genealogia, sia pure confusa, ma lo stesso non si può certo dire dell’aggressione russa e dell’assedio di Kiev. Qui le motivazioni dell’aggressore, anche se smisurate, sono non solo ben ricostruibili ma da tempo potevano esser previste e anche sventate. Le ha comunque previste Pechino, che ieri sembra aver caldeggiato una trattativa Putin-Zelensky, ben sapendo che l’esito sarà la neutralità ucraina chiesta per decenni da Mosca. Il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e Unione europea non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria.

È dall’11 febbraio 2007 che oltre i confini sempre più agguerriti dell’Est Europa l’incendio era annunciato. Quel giorno Putin intervenne alla conferenza sulla sicurezza di Monaco e invitò gli occidentali a costruire un ordine mondiale più equo, sostituendo quello vigente ai tempi dell’Urss, del Patto di Varsavia e della Guerra fredda.

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linterferenza

Non sono manifestazioni per la pace

di Ferdinando Pastore

Con la decisione di armare l’Ucraina, l’Occidente ha gettato la maschera. L’intento è destabilizzare la zona per lungo tempo al fine di separare definitivamente la Russia dall’Europa. Quindi chi manifesta da oggi per la pace senza individuare nella NATO il principale obiettivo delle proteste è un guerrafondaio.

La guerra la si sta cercando, la si sta provocando. Non è una novità storica. La globalizzazione liberale e dei mercati ha sempre portato alle guerre. Mondiali. Quando la mentalità comune è meramente commerciale, quando l’etica o scritture differenti della realtà si piegano alle volontà d’espansione dei mercati, la guerra diventa un’opzione naturale.

Nello specifico la Russia aveva tutto il diritto di andare a proteggere le popolazioni russe all’interno dell’Ucraina, martorizzate da otto anni di persecuzioni belliche nel territorio. Allo stesso modo ha tutto il diritto di pretendere che le zone al suo confine non siano occupate militarmente dalla NATO.

Sbaglia quando forza la situazione su Kiev. In quel modo mette a rischio la tendenza al multipolarismo – che vuol dire relazioni pacifiche tra sovranità indipendenti – perché prefigura una divisione in blocchi di potenza.

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theunconditional

Perché tutto questo?

di Andrea Zhok

L’Europa, si dice talvolta, è un “nano politico”. Ma questa espressione – oltre ad essere offensiva per le persone di bassa statura – non descrive bene la situazione. L’Europa è piuttosto una parte del pianeta abituata da tempo a raccontare bugie ideologiche (e questo, almeno in politica estera, lo fanno tutti), ma poi anche a credere alle proprie bugie.

Questo fatto di solito rimane celato sotto la superficie, ma emerge in occasioni come la presente, di grave crisi internazionale, in cui il dilettantismo della classe politica europea si palesa in imbarazzanti e controproducenti balletti, gesti diplomatici al tempo stesso gravi e inutili, tentativi di agire in maniera astuta, ma senza essersi preparati in alcun modo.

La Russia si prepara da anni all’eventualità di un decoupling dall’Europa. Dopo un ventennale tentativo di incrementare i legami con i maggiori paesi europei, proprio a partire dall’inizio della crisi ucraina nel 2013, la percezione che ogni tentativo in questa direzione sarebbe potuto risultare vano è cresciuta sul fronte interno.