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sfero

Cecità

di Andrea Zhok

La vera sfida in questa fase storica, se sei un occidentale moderatamente vigile, e a maggior ragione se sei italiano, è non soccombere alla depressione.

Già, perché chi riesce ancora a unire i puntini e a intuire almeno la forma generale di quello che ci sta succedendo, vede che siamo di fronte a qualcosa che ha la portata della caduta dell'impero romano. Il decentramento dell'impero americano ha ed avrà conseguenze non minori di quell'illustre precedente sulle sue province.

Il dato di partenza è che il mondo non è già più unipolare, come è stato dagli anni '90, e non è neppure bipolare, come è stato dopo il 1945, ma sta divenendo sempre più chiaramente multipolare.

In questo contesto l'Occidente europeo vive una doppia tragedia, geopolitica e culturale.

Sul piano geopolitico si sta capendo sempre più chiaramente come l'Europa in tutte le sue versioni non si sia mai davvero allontanata dalla cuccia predispostale nel secondo dopoguerra dagli USA.

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sinistra

Nessuna Europa senza Russia (“Fuck” Nato)

di Nicola Licciardello

Costernati da tragiche foto-notizie, forzati a prendere il partito della guerra, abbagliati dalla perfezione informatica che l’ha prevista, predetta, prefabbricata – più non sappiamo, non vediamo (non ha immagine) tutto quanto l’ha preceduta: uomini e armi, divise e simboli, urla e crepitii, morti e rastrellamenti in Ucraina negli ultimi otto anni. Non esiste, tutto scomparso nel software imperiale che allinea governi e popoli, proclamando la guerra a un solo nuovo Hitler, affamando il suo popolo e cancellando in vergogna un’intera storia e cultura, quella Russa !

Parte integrante della storia d’Europa: etnicamente (la Russia ‘bianca’), storicamente (almeno da Pietro il grande) – non c’è romanzo, poesia, palazzo, sinfonia, Rivoluzione (!) che non sia in profondo intreccio con quelli europei, in un’inscindibile fratellanza, basti pensare alla rivoluzione d’ottobre ispirata a Marx, tedesco d’occidente ! e a tutto lo stesso immenso dissenso sovietico, di cui si nutrono capolavori letterari celebrati anche negli Usa, come Dr.Zivago !

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La realtà parallela

di Roberto Buffagni

Stamattina visto i dibattiti della puntata di ieri di "Piazza Pulita". Primo dibattito Fubini (vicedirettore “Corriere della Sera”), Nathalie Tocci (direttrice IAI), Mario Calabresi (giornalista, non so dove lavori), Alberto Negri (inviato “il manifesto”), poi più tardi fritto misto con Gary Kasparov, Selvaggia Lucarelli, altri politici e giornalisti italiani e stranieri ma ho lasciato perdere quasi subito.

Ho rischiato lo choc anafilattico.

Rischio choc anafilattico perché nel primo dibattito, tranne Orsini che riferiva alcuni fatti elementari, gli altri, tranne Alberto Negri che sa come stanno le cose ma fa il pesce in barile per posizionamento professionale, e compresa Nathalie Tocci che dirigendo l’Istituto Affari Internazionali avrà certo una formazione specifica nel campo delle Relazioni Internazionali, parlano solo dall’interno della Realtà Parallela, e quel ch’è più grave e preoccupante CI CREDONO!!!!

Probabilmente si dovrebbe parlare di “credere di credere”, acuta formulazione che Leszek Kolakowski adottò per spiegare l’adesione all’ideologia comunista, in bilico tra buona e malafede, nei paesi di socialismo reale post IIGM; ma insomma, questi qui ci credono.

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Democrazia in guerra e guerra alla democrazia

di Pierluigi Fagan

A di Martedì di Floris, l’altra sera, il Pagnoncelli ha mostrato un sondaggio. Va precisato che Pagnoncelli dirige la sede italiana del miglior o uno dei miglior istituti di sondaggi del mondo. Ma era professionalmente ritenuto il migliore anche prima di entrare in quella multinazionale (IPSOS). Va anche detto che queste rilevazioni instant sono statisticamente imprecise data la ristrettezza del campione che è comunque scientificamente tendenzialmente rappresentativo. Tale imprecisione può valutarsi come un possibile scostamento di più o meno 1% nelle cifre piccole e anche 3% in quelle più grandi. Cambia dunque il valore del sondaggio se si vuole stimare esattamente il consenso politico di un partito, diciamo al 10% teorico medio o se si vuole testare una opinione generale di massima, al 40 o 50%.

Come riportato, il Pagnoncelli ci dice che, anche se di poco, l’opinione prevalente in Italia è quella per la quale, brutalmente, “Zelensky dovrebbe arrendersi e salvare i suoi concittadini”. Ripeto, potrebbe essere quel dato riportato o un suo più o meno anche 3% ma ai fini del nostro discorso non cambia la deduzione che faremo dopo.

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contropiano2

La Russia bastona il governo italiano. La reazione è da “Vispa Teresa”

di Sergio Cararo

Il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Alexei Paramonov, in una intervista all’agenzia Ria Novosti, ha avuto parole dure contro il governo italiano accusandolo di “aver dimenticato trattati, accordi e la natura speciale dei nostri legami” sull’onda dell'”isteria anti-russa”. Dito puntato soprattutto sul ministro della Difesa italiano Guerini accusato di avere chiesto aiuto alla Russia nei giorni drammatici della crisi pandemica e di esser diventato poi un “falco anti russo”.

L’alto funzionario di Mosca ha ricordato gli aiuti forniti dalla Russia all’Italia nei giorni dell’emergenza pandemica e minaccia un cambio di atteggiamento sul fronte delle forniture di gas se l’Italia dovesse continuare ad appoggiare le sanzioni decise dall’occidente dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.

E poi ha aggiunto che “Le sanzioni non sono una nostra scelta. Non vorremmo che la logica del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, che ha dichiarato la “una guerra totale finanziaria ed economica” alla Russia, trovasse seguaci in Italia e provocasse una serie conseguenze irreversibili”.

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Ucraina. Gramsci usato al contrario

di Andrea Masala

La famosa frase di Gramsci sul pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà è tanto citata quanto poco compresa nel dibattito corrente sulla guerra in Ucraina. Gramsci non scrive per i baci perugina, la sua frase è una indicazione dì filosofia politica: dice che l’analisi deve essere fatta con metodo realista, ispirato alla corrente del realismo politico (da Machiavelli a Weber, da Pareto a Schumpeter) mentre la proposta, basata a questa analisi, deve ispirarsi all’idealismo politico (da Kant in giù), cioè all’aspirazione universale degli umani alla giustizia. Che è una forza che muove le cose della storia tanto quanto gli interessi materiali.

È su questo punto che non ci capiamo oggi.

Realismo e idealismo sono due correnti che in filosofia politica, nonché nella politica concreta, si fronteggiano e si combattono. Il marxismo è un tentativo di metterle insieme, e la frase di Gramsci lo segnala: analisi scientifica del capitale e dei rapporti di forza (realismo) seguita da proposta idealista (socializzazione degli apparati produttivi e condivisione della ricchezza prodotta).

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ilcomunista

Le sanzioni logorano soprattutto chi le impone

di Guglielmo Forges Davanzati

E’ stato calcolato che, ad oggi e durante il pieno dispiegarsi dell’egemonia statunitense, un terzo della popolazione mondiale è soggetto a sanzioni e che, fra il 1990 e il 2000, le misure imposte dagli Stati Uniti sono quasi raddoppiate rispetto al periodo 1950-1985 (Greene, 2021). Occorre hiedersi se le sanzioni applicate alla Russia siano efficaci e se producano effetti collaterali per chi le impone, e per l’economia italiana. La risposta è che le sanzioni, salvo casi del tutto eccezionali, non funzionano e possono produrre effetti economici indesiderati.

Swift è l’acronimo di Society for Worldwide Interbank Financial Telecomunication ed è una piattaforma di comunicazione, con sede legale in Belgio, istituita nel 1973, usata da banche e società di intermediazione per scambiare informazioni sui trasferimenti internazionali di denaro. Lo Swift è utilizzato per garantire la massima sicurezza su queste transazioni attraverso l’uso di codici standard. Si calcola che Swift consente pagamenti internazionali nell’ordine di cinque miliardi di dollari al giorno trasferiti da circa undicimila soggetti di oltre duecento Paesi (Maronta, 2022).

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euronomade

Contro la guerra e l’interventismo bellico. Disarmo, Europa, pace costituente

di collettivo Euronomade

L’intrecciarsi delle crisi – finanziaria, pandemica, ora bellica – esercita violente pressioni sullo spazio pubblico e rende evidentemente difficile la produzione di discorsi collettivi. Già durante la prima fase della pandemia abbiamo insistito: senza spazi di discussione duraturi e continuativi, è difficile pensare di rompere la chiusura, tutta di segno reazionario, dello spazio pubblico. Se ora – come abbiamo già scritto – è assolutamente necessario provare a ricostruire un movimento di opinione ampio (la “seconda potenza mondiale” che provò a impedire la guerra in Iraq), è anche vero che la pur benemerita presenza di opinioni divergenti e capaci di sottrarsi alla militarizzazione dell’informazione, non può sostituire la costruzione di una lingua comune. È ottimo segno che comincino ad organizzarsi non solo manifestazioni, ma anche assemblee e agorà per la pace: come collettivo Euronomade, vi partecipiamo dovunque possibile e lavoriamo per la loro diffusione. In questa direzione, proviamo a indicare qualche punto, che, senza alcuna pretesa di chiusura del discorso, può aiutare la costruzione di una prospettiva comune.

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bastaconeurocrisi

Moneta Fiscale per affrontare la crisi energetica e alimentare

di Marco Cattaneo

L’economia mondiale sta soffrendo per gli aumenti dei costi di energia, materie prime e input produttivi in genere. Un problema già pesante da parecchi mesi, a causa delle strozzature di offerta causate dalla rimessa in moto delle catene produttive dopo la conclusione dell’emergenza Covid. Ma diventato ancora (e molto) più grave in conseguenza della crisi ucraina, che ha fatto esplodere il prezzo di petrolio, gas, commodities agricole eccetera.

Come affrontare questa pericolosissima situazione ?

Una possibilità da esaminare molto seriamente è la riduzione (diretta o indiretta) dell’imposizione fiscale che grava, sotto molteplici forme, sui costi degli input produttivi. Ad esempio:

abbassando l’IVA sui prodotti alimentari

abbassando le accise sui carburanti

abbassando gli oneri di sistema sui consumi di gas

erogando ristori a favore di famiglie e aziende consumatrici degli input produttivi, o dei prodotti da essi derivati, che stanno subendo incrementi di costi

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Dal dominio del dollaro alla “democrazia monetaria”

di Redazione Contropiano - Guido Salerno Aletta

Anche in economia corre la propaganda di guerra. E’ quella che canta dell’invincibilità del dollaro, pilastro monetario dell’egemonia Usa.

Dopo quasi 80 anni, qui in Occidente, siamo ormai abituati a considerarlo una “legge naturale”, un elemento inamovibile del paesaggio. Ma come ogni cosa umana anche questa centralità ha avuto un inizio, una storia e avrà una fine.

Inutile cercare di prevedere la data di morte. Troppe variabili in gioco, e non solo di tipo economico. La “credibilità” di una moneta dipende da molti altri fattori, non ultimo – anzi, tra i principali – il dominio militare.

Ma, appunto, anche questa superiorità sta da molto tempo subendo colpi consistenti. Che ora appaiono più devastanti che in passato.

La fuga dall’Afghanistan, sconfitti una normalissima guerriglia da montanari; e ora la guerra in Ucraina, che ha mostrato il limite invalicabile oltre cui neanche gli Stati Uniti possono andare: lo scontro con un “pari peso”, almeno sul piano delle testate nucleari.

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federicodezzani

L’economia di guerra

di Federico Dezzani

Commentatori ed analisti occidentali insistono sull’imminente ritorno della “stagflazione”, il periodo di alta inflazione e stagnazione economica che aveva contraddistinto le economie avanzate negli anni ‘70. In realtà, l’Occidente, o perlomeno l’Europa occidentale, si dirige verso un periodo di recessione ed inflazione tipico dei periodo di guerra, causato dalla distruzione dell’offerta e dall’impennata dei prezzi dei beni. Il ruolo delle materie prime ed il ritorno all’autarchia.

* * * *

“Receflazione” bellica

Nel 1937, in un clima internazionale già fortemente deteriorato, usciva “L’economia della guerra totale” dove l’autore, l’economista austriaco Stefan Possony, cercava, tra le altre cose, di rispondere all’interrogativo se durante la guerra la produzione salisse, trainata dalla spesa militare, o scendesse, a causa delle perturbazioni del sistema economico e delle distruzioni: in base all’esperienza europea della Prima Guerra Mondiale, Possony rispondeva che il PIL sarebbe sicuramente sceso.

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theunconditional

Gli estremi del conflitto

di Andrea Zhok

Gli estremi che, credo, possano definire la cornice attuale del conflitto in Ucraina sono i seguenti.

1) Sul terreno la Russia è in una posizione di lento avanzamento, con costi elevati, sia interni (sanzioni) sia esterni (vittime), ma non può sotto nessuna condizione arretrare e rinunciare agli obiettivi primari (neutralizzazione dell’Ucraina e messa in sicurezza delle aree russofone).

2) Nelle aree urbane l’avanzamento è particolarmente difficile per la perdurante presenza di civili, che la Russia cerca di risparmiare (non foss’altro per ragioni d’immagine e perché poi con questi vicini di casa dovrà conviverci). La situazione è resa particolarmente intricata da un lato perché i miliziani ucraini a più riprese hanno impedito ai civili di uscire (sono numerose le testimonianze di gente che afferma che gli veniva detto che non esistevano corridoi umanitari e che le strade erano minate), dall’altro perché gli ucraini hanno distribuito le armi alla popolazione, rendendo arduo distinguere civili inermi da reclute occasionali.

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pierluigifaganfacebook

La geopolitica multipolare che ruota intorno all'asse ucraino

Punto della situazione

di Pierluigi Fagan

L’evento più importante della giornata di ieri è stata la video-chiamata tra Xi e Biden. Nei giorni scorsi, il Financial Times (proprietà giapponese) e il the Economist (proprietà Exor-Agnelli) avevano riscaldato l’ambiente accusando la Cina di star attivamente aiutando la Russia nel conflitto ucraino. Cinque giorni fa a Roma, americani e cinesi si sono incontrati in un meeting molto lungo e, pare, poco amichevole. Ieri, prima della video-call Xi-Biden, il ministero degli Esteri cinese ha fatto dichiarazioni molto dure: ha accusato gli USA di avere la “coscienza sporca” sul precipitare della questione ucraina, di aver agito come "ladri" per trarre vantaggi geopolitici, accusa gli USA di essere "ipocrita" nel mostrare preoccupazioni dopo aver "appiccato l’incendio". In fondo, tali cose erano state detta dai cinesi già dall’inizio del conflitto. Colpiscono i toni molto diretti, tutt’altro che diplomatici, ma di più il fatto di aver sparato queste dichiarazioni -prima- del vertice.

Il vertice è durato poi due ore. Dopo, per qualche ora successiva la fine dell’incontro, i cinesi hanno sparato dichiarazioni una dopo l’altra.

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rete dei com

L’Ucraina è un crinale storico

di Mauro Casadio

Il salto qualitativo evidenziato dalla guerra in Ucraina è il prodotto diretto di un accumulo di contraddizioni irrisolte nei rapporti di forza internazionali che si trascinano almeno dalla crisi finanziaria del 2008. Il processo è stato complesso e per certi versi “carsico”, ma oggi irrompe alla luce del sole con una forza inaspettata come sono stati inaspettati anche i tempi rapidi della precipitazione militare.

Naturalmente al primo posto oggi per noi ci sono i compiti da svolgere nel nostro paese ed in Europa nella lotta contro la guerra, contro l’espansionismo NATO e soprattutto contro il coinvolgimento in questa guerra del popolo italiano e di quelli europei, e contro l’economia di guerra che costerà lacrime e sangue ai settori popolari, come si vede già dal rallentamento della crescita prevista al 4% dopo la pandemia già scesa all’1%,e dall’inflazione galoppante.

Siamo anche contro la logica del ne’ ne’, perché la NATO è un’alleanza politico-militare mentre Putin è un individuo. Siamo contro perché non possiamo farci condizionare da un approccio ideologico che vede da trent’anni i “buoni” contro i cattivi che sono di volta in volta Milosevic, Saddam Hussein, Gheddafi, Bin Laden, Assad, i vari Kim nordcoreani e via discorrendo.

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riformista

Le università bandiscono la Russia, una barbarie che ci ripiomba ai tempi di pietra e fionda

di Giovanni Guzzetta

E dunque ci risiamo. Non è bastata la drammatica e, per certi versi farsesca vicenda della soppressione del corso su Dostoevskij di un Università milanese. Soppressione poi revocata quando il danno era ormai fatto, tanto che il titolare del corso, lo scrittore Paolo Nori, si è rifiutato a quel punto di svolgerlo. Non è bastata la scelta, improvvida a mio parere, del festival di Cannes di rifiutare qualsiasi film russo nella prossima edizione. Non è bastata la lezione di civiltà offerta dal Cern di Ginevra, diretto dalla scienziata italiana Fabiola Giannotti, che, mentre ha sospeso la Russia, in quanto Stato, dal ruolo di osservatore, ha consentito però che gli scienziati russi continuassero a lavorare ai propri progetti accanto ai colleghi ucraini in quella istituzione.

No, non è bastato, se dobbiamo ancora oggi leggere la nota della nostra ministra dell’Università che ha chiesto agli Atenei «nel rispetto dell’autonomia accademica e di ricerca, a voler considerare la sospensione di ogni attività volta alla attivazione di nuovi programmi di doppio titolo o titolo congiunto» con istituzioni universitarie e culturali russe.

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piccolenote

Biden parla con Xi, ma scoppia il caso del computer di Hunter

di Piccole Note

Oggi la conversazione telefonica tra Biden e Xi Jiping, al quale il presidente americano, secondo i media occidentali, chiederà di non sostenere la Russia, pena dure sanzioni. Difficile che sia ascoltato, come peraltro ha fatto trapelare Pechino poco prima del contatto.

Così il Global Times nel riferire la notizia: “la Cina, con un’iniziativa inusuale, ha inviato un segnale duro, dichiarando che non accetterà mai le minacce e la coercizione degli Stati Uniti sulla questione dell’Ucraina, giurando di dare una risposta forte se gli Stati Uniti adottassero misure lesive dei legittimi interessi della Cina” in caso di mancato assolvimento della richiesta. Il fatto è che tra le due potenze si è stabilito un legame esistenziale e sanno bene che simul stabunt simul cadent.

A creare tale rapporto, peraltro, è stata la stessa Washington che ha orientato la sua politica estera a contrastare le minacce poste dai Paesi autoritari (Pechino e Mosca) al mondo libero guidato dagli Stati Uniti. Slogan efficace e che sta producendo dinamiche nuove nel mondo.

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italiaeilmondo

A proposito di “Guerra alla complessità “

di Roberto Buffagni

Leggendo il post di stamani di Pierluigi Fagan, “Guerra alla complessità”, vengo a sapere che secondo Massimo Gramellini “Sull’Ucraina chi vi dice ‘ma è più complesso’ è complice di Putin”.

Pierluigi dice la sua da par suo, e vi invito a leggerlo. Già che ci siamo dico anche la mia.

Questo poi sarebbe un caso semplicissimo: la Russia attacca l’Ucraina per difendersi dalla NATO.

Quel che è non so se “complesso” ma certamente complicato è il polverone disinformativo che alzano i media occidentali.

La disinformazione vuole comunicare 2 cose:

1) che l’Ucraina può vincere da sola contro la Russia

2) che la pressione occidentale (sanzioni, guerra psicologica) può destabilizzare il governo russo e sostituire Putin con una personcina ammodo di gradimento per l’Occidente.

La cosa 1 è totalmente falsa, impossibile come che domattina sorga il sole a Ovest, se uno non si fida di quel che trapela dai report dal terreno basta verificare i rapporti di forza militare tra Ucraina e Russia e si capisce che non c’è partita.

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italiaeilmondo

Guerra alla complessità

di Pierluigi Fagan

Si è formalizzato ieri, su alcuni giornali italiani, il fronte di guerra alla complessità. Non che ieri sia nato, non è mai “nato”, c’è sempre stato, noi viviamo in un universo mentale semplificato, da sempre. Né ieri si è manifestata la sua discesa in campo per la conquista dei cuori e delle menti relativamente all’orientamento delle pubbliche opinioni rispetto alla guerra in Ucraina. Sono ventuno giorni che domina indisturbato. Ieri ha solo attaccato coloro che avanzano riserve su questo dominio del semplificato.

Di sua prima base, il complesso deriva dal suo etimo: intrecciato assieme. Tante e diverse variabili tra loro interrelate (relate a due vie) fanno sistemi complessi. Poche variabili, poche interrelazioni, poco complesso. Tante variabili, tante interrelazioni, molto complesso. In mezzo varie gradazioni. Nel complesso si osserva un oggetto o un fenomeno assieme al contesto. Infine, si cerca di risalire alla matassa intrecciate di cause che l’hanno preceduto. Questo di prima base poi c’è molto altro.

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seminaredomande

No ai missili nucleari nel nostro Paese

L’Italia è un paese fuorilegge!

di Francesco Cappello

Nel '75 abbiamo ratificato, insieme ad altri paesi, il trattato di non proliferazione nucleare che ci vieterebbe di detenere sul territorio nazionale ordigni atomici. Ebbene, ad Aviano e Ghedi si trovano i B61, missili a testata nucleare che stanno per essere sostituiti, nel prossimo mese delle rose, con i più moderni e micidiali B61 12 (da 70 a 90 bombe), non inerziali, guidabili sull’obiettivo, in grado di distruggere i bunker dei centri di comando del “nemico”.

Quattro volte più potenti della bomba di Hiroshima, possono essere portati sull’obiettivo da aerei caccia F-35 Joint Strike Fighter, i cui piloti vengono oltretutto addestrati nelle nostre basi.

I B61 sono missili a gittata intermedia, appartenendo alla categoria dei cosiddetti euromissili, dapprima cruise e pershing, oggi B61 12, ossia a raggio intermedio (da 500 a 5500 km di gittata). Gli euromissili che erano stati proibiti grazie al trattato INF, nato dall’accordo tra Reagan e Gorbaciov nell’87, sono stati recentemente riabilitati in seguito al definitivo ritiro statunitense dall’accordo, il 2 agosto del 2019.

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contropiano2

Guerra all’ideologia

di Dante Barontini

Niente come la guerra straccia il velo della chiacchiera ideologica, specie se di bassa lega. Come quella che circola nelle redazioni dei mass media di regime, dove il primo problema di ogni giornalista è quello di non apparire in alcun modo critico con i comandi della proprietà e della direzione.

Quella in Ucraina ha rovesciato in un attimo valori e codici di riferimento, promuovendo nel campo delle “cose positive” pratiche che per decenni erano state demonizzate quasi come Putin adesso.

Abbiamo visto eleganti inviate discettare sulla fabbricazione di molotov – con polistirolo o senza, a seconda dei casi – e compunti opinionisti sdoganare la “resistenza armata” dopo averla combattuta in qualsiasi teatro. A parti invertite, il gioco non cambia.

E in effetti l’attacco russo all’Ucraina è per molti versi il rovescio esatto di trent’anni di guerre Usa e Nato, dell’Occidente, insomma. Sono state tutte definite ai tempi “operazioni di polizia internazionale” e le vittime civili “effetti collaterali”, in nome dell’”ingerenza umanitaria”.

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teleborsa

G7+ contro BRICS+

Dietro la guerra in Ucraina, vecchi debitori vs. nuovi produttori

di Guido Salerno Aletta

L'intervento militare della Russia in Ucraina ha delineato una profonda divisione del mondo: da una parte c'è il Blocco dei "G7+", i Grandi Debitori, dall'altra parte il Blocco dei "BRICS+", i Nuovi Produttori.

La Cina ha vinto la ormai trentennale corsa alla globalizzazione dei mercati, iniziata nel 1991 con la dissoluzione dell'URSS.

Alla stessa maniera, la Germania guglielmina era uscita vittoriosa nella competizione della seconda rivoluzione industriale di fine Ottocento: il suo nuovo modello di crescita capitalistica, basato sulla protezione pubblica delle grandi concentrazioni oligopolistiche industriali e finanziarie, prevalse sul sistema di competizione tra imprese parcellizzate che in precedenza aveva consentito alla Gran Bretagna di prevalere a livello globale.

Nonostante l'immenso impero coloniale, la Gran Bretagna vedeva progressivamente erosa la sua leadership, acquisita dopo le Guerre Napoleoniche.

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sinistra

Contro la Nato e la Federazione russa

di Antonio Martone

Siamo in guerra contro la Russia. Una guerra non dichiarata per paura del nucleare ma, per il resto, siamo in guerra. Se non ci crediamo, basta sentire i media. La propaganda che va in onda è quella tipica dello stato di guerra, ossia la demonizzazione del nemico. Tutto ciò è aberrante. Senza forze che facciano da mediazione, l'abisso si fa più vicino.

Temo l'escalation. Quando inizia un flagello nessuno ci crede: prima o poi, però, tutti ne dovranno prendere atto. Basta anche un errore. Un piccolo errore, un equivoco, un fraintendimento, una bomba che finisce per caso accanto ad una centrale nucleare, un incidente casuale, e l'Europa e la grande storia del mondo, non esiste più.

L'aspetto tanatologico della guerra nasce dagli impulsi più distruttivi (e autodistruttivi) dello spirito umano. Quando si vuole la pace, però, occorre principalmente non attentare alle condizioni di vita e di esistenza di un altro, individuo o popolo che sia, accogliere le sue ragioni, evitare di cedere alla propria tracotanza e volontà di potenza: non smettere mai di mediare, nella consapevolezza della comune (sebbene breve) appartenenza alla terra.

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comidad

L'etica sacrificale del sacro occidente

di comidad

Il “soft power” è molto bravo a fare pubblicità a se stesso. Ci è stato raccontato che i film di Rocky, la serie televisiva “Dallas” e la febbre del sabato sera sono stati decisivi per la vittoria dell’Occidente sul comunismo. I giornalisti vanno pazzi per queste cose. Ma se davvero i messaggi individualistici o edonistici hanno fatto mancare il terreno sotto i piedi all’ideologia comunista, è anche più vero che il Sacro Occidente non si fa mancare all’occorrenza l’etica del sacrificio dell’individuo al Bene supremo della collettività. Un ex comunista come Piero Fassino perciò torna utile per ammonirci e ricondurci sulla retta via. Voi egoisti volevate riscaldarvi la casa e mantenervi il posto di lavoro? No, non si deve subordinare il rispetto dei valori alle forniture di gas. Pensavate di essere dei fessi qualsiasi? Invece siete degli Occidentali. Soffrite dunque gioiosi per la vittoria dei valori del Sacro Occidente. Fassino sembra ormai la fotocopia di Shel Shapiro nella parte di Pietro l’Eremita nel film “Brancaleone alla Crociate” di Monicelli. Del resto Fassino fa di nome Piero, quindi era destino che venisse proprio lui a chiamarci ad una nuova crociata.

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theunconditional

Guerra alla complessità

di Pierluigi Fagan

Si è formalizzato ieri il fronte di guerra alla complessità. Non che ieri sia nato, non è mai “nato”, c’è sempre stato, noi viviamo in un universo mentale semplificato, da sempre. Né ieri si è manifestata la sua discesa in campo per la conquista dei cuori e delle menti relativamente all’orientamento delle pubbliche opinioni rispetto alla guerra in Ucraina. Sono ventuno giorni che domina indisturbato. Ieri ha solo attaccato coloro che avanzano riserve su questo dominio del semplificato.

Di sua prima base, il complesso deriva dal suo etimo: intrecciato assieme. Tante e diverse variabili tra loro interrelate (relate a due vie) fanno sistemi complessi. Poche variabili, poche interrelazioni, poco complesso. Tante variabili, tante interrelazioni, molto complesso. In mezzo varie gradazioni. Nel complesso si osserva un oggetto o un fenomeno assieme al contesto. Infine, si cerca di risalire alla matassa intrecciate di cause che l’hanno preceduto. Questo di prima base poi c’è molto altro.

Semplificando, invece, si possono ridurre le variabili e le interrelazioni a proprio piacimento. Si può ridurre il problema del potere in Russia il cui studio impegna una manciata di studiosi da anni ad un singolo pazzo, ex-KGB, omofobo e violento.

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osservatoriorepressione

Nell’era della propaganda dire la verità è un crimine

Via libera all’estradizione di Assange

di Tiziana Barillà

Assange verso l’estradizione negli Usa: la Corte Suprema inglese respinge il ricorso

Non poteva arrivare in un momento più tragico questa notizia. Mentre la propaganda di guerra soffoca l’informazione e qualche manipolo di giornalisti si asservisce al potere mettendo a repentaglio il lavoro dei tanti.

Una pessima notizia per il giornalismo, per la libertà, per ognuno di noi.

La giustizia britannica ha dato il via libera all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti dove è accusato di spionaggio per le rivelazioni di Wikileaks. Negli Usa il giornalista rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati svelando prove di crimini di guerra commessi tra Afghanistan e Iraq:

175 anni di prigione per aver pubblicato prove di crimini di guerra, abusi e corruzione.

La giustizia britannica, insomma, gli ha negato il ricorso alla Corte Suprema perché ritiene insussistenti le richieste della difesa: le condizioni di salute e psichiche di Assange, a rischio di suicidio se lasciato ai rigori della giustizia statunitense.

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pianocontromercato

Italia anello debole nel Mediterraneo

di Pasquale Cicalese - Sergio Calzolari

Nella teoria del dominio, vi sono due visioni, una di Mackinder, secondo il quale il cuore mondiale è l’Eurasia e chi controlla l’Eurasia controlla il mondo. L’altra visione, talassocratica, è dell’Ammiraglio Mahan, del controllo dei mari. Una prima avvisaglia vi era stata lo scorso anno con il blocco di Suez. Negli ultimi decenni è avvenuto un fatto storico: il Mediterraneo ridiventa centro mondiale dei traffici Est-Ovest tramite il canale di Suez, l’unico che può far transitare le portacontainer di nuova generazione. Ecco che i porti italiani diventano appetibili. I cinesi firmano l’accordo sulla Via della Seta con noi nel 2019 ma poi la dirigenza italiana lo disconosce. E’ dalla fine degli anni novanta che i cinesi sono interessati a Taranto, non c’è stato niente da fare. Tre anni fa il porto di Gioia Tauro, l’unico italiano che può accogliere portacontanienr di 20 mila unità, è passato di mano dai tedeschi a Aponte di Msc,. Costui è amico di Macron, filoamericano e feroce anticinese. I cinesi non possono mettere piede nei porti italiani, così hanno sviluppato reti portuali nella Sponda Sud del Mediterraneo. Primavere arabe nuove in vista? E poi, il conflitto ucraino, che blocca la via della seta terrestre nell’Eurasia, sposta il focus sull’Italia? La dirigenza italiana, alla luce di ciò, dopo 30 anni, aprirà gli occhi sulle enormi potenzialità del sud?

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giubberosse

Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti

di Raoul Kirchmayr

Il gelo scende nello studio, quando, intervistata da Lilli Gruber, Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, dice che a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla; b) la verità è una sola; c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel presidente; d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari; e) intervento militare degli USA in Ucraina; f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l’Ucraina per il dopoguerra; g) Crimea e Donbass restituite all’Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale; h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell’Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia

A “Otto e mezzo” di ieri sera c’è stato un momento, durato una decina di minuti circa, in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito. Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto, o meglio, nella narrazione della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso. Poi, con molto mestiere e bravura, ha rimediato. L’unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni. E, pur tuttavia, aveva il volto parecchio tirato e un po’ scavato.

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piccolenote

Ucraina: o la realpolitik o la guerra senza fine

di Piccole Note

Ieri il Washington Post ha pubblicato un interessante articolo di Matt Bai, il quale spiega che finora la guerra ucraina è proseguita su un binario dalla lettura molto semplice, creando unità nel mondo occidentale e “chiarezza di intenti” contro l’aggressione russa.

“Ma questo periodo di scelte facili e trame semplici sta volgendo al termine. Stiamo raggiungendo la fase della crisi in cui gli interessi dell’Ucraina e quelli degli Stati Uniti non saranno più perfettamente allineati”.

Mentre Zelensky continua a chiedere un più intenso impegno della Nato, la “realpolitik” impone a Biden di evitare un conflitto tra Nato e Russia, che “provocherebbe una crisi esistenziale alla quale un ampio segmento del pianeta potrebbe non sopravvivere”.

Così, prima o poi occorrerà iniziare a “fare pressione su Zelensky affinché accetti una soluzione negoziata che è palesemente ingiusta […]. Nessuno vuole dirlo ora, ma l’America preferirebbe vedere l’Ucraina cedere del territorio piuttosto che rischiare una guerra totale. Sarebbe una soluzione imperfetta, ma in cui continueremmo a vivere per riprendere la lotta in un’altra occasione”.

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altrenotizie

Ucraina, due pesi e due misure

di Mario Lombardo

Tra gli argomenti preferiti dalla propaganda USA/EU sulle operazioni militari russe in Ucraina spicca soprattutto in questi ultimi giorni quello dei crimini di guerra, di cui Vladimir Putin si sarebbe già abbondantemente macchiato. Violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sono più che probabili in situazioni come quella in atto e, se esse hanno effettivamente avuto luogo, dovrebbero in teoria essere oggetto almeno di indagine. Tuttavia, anche accettando come vere le accuse fino ad ora rivolte dall’Occidente al presidente russo, il livello di gravità dei crimini commessi in Ucraina non si avvicina nemmeno lontanamente a quelli attribuibili ai suoi accusatori, oltretutto con prove e testimonianze quasi sempre incontrovertibili.

Il bombardamento di un ospedale pediatrico nella località di Mariupol qualche giorno fa ha dato l’occasione ai governi che appoggiano il regime di Kiev di aumentare ancora di più le pressioni su Mosca, offrendo all’opinione pubblica occidentale un episodio dai contorni raccapriccianti che dimostrerebbe senza nessun margine di dubbio la ferocia gratuita russa.

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linterferenza

Chi dissente è perduto

di Norberto Fragiacomo

L’altra sera mi è capitato di commentare un post su FB: un “amico” faceva un paragone (piuttosto strampalato, a parer mio) fra Che Guevara e Putin e, in ossequio allo spirito dei tempi, ingiuriava il secondo.

Cos’ho scritto di così terribile in calce al messaggio? Nulla: ho espresso la mia ammirazione per il Che, la cui memoria sopravvivrà nei secoli, e fatto notare che Putin è “uno statista in un mondo di politicanti” del calibro di un Di Maio.

Apriti cielo! Un tale, che non val la pena di nominare, mi ha investito con una bordata di insulti, cui ho replicato con un certo sarcasmo… poi, visto che non la finiva più (e che il limite di sopportazione era stato abbondantemente superato), l’ho bloccato: arrivederci e grazie.

Non mi dispiacciono le polemiche anche animate, mentre non tollero le aggressioni (esistono pure quelle verbali: consultare il vocabolario per credere).