Print Friendly, PDF & Email
Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Zittito anche il prof. Orsini. La censura di guerra c’è anche qui

di Sergio Cararo

Ci sono cose che si incaricano di demolire il monopolio liberale della stigmatizzazione. Si apprende che anche il prof. Orsini dell’università privata Luiss (quella della Confindustria) non potrà più partecipare a dibattiti televisivi sulla guerra in Ucraina.

Il prof. Orsini coordina l’osservatorio sicurezzainternazionaleluiss.it che da alcuni anni pubblica materiali e analisi di qualità che difficilmente possono essere etichettate come filorusse.

In un dibattito televisivo, in coerenza con quanto analizza nel suo lavoro, aveva osato dare una chiave lettura controcorrente sulla guerra in Ucraina.

Apriti cielo! La Luiss ha invitato il professore a non partecipare più a dibattiti televisivi perché le sue analisi “rischiano di danneggiare valore, patrimonio di conoscenza e reputazione dell’Università per cui lavora”.

Il nostro giudizio sulla Luiss non è mai stato certo lusinghiero. E’ una università privata, fondata dalla Confindustria; qualche conoscente che ci si è laureato ha manifestato anche le “sue riserve” sulla qualità dell’insegnamento che vi si produce, nonostante le rette stellari da pagare per accedervi.

Print Friendly, PDF & Email

petiteplaisance

Contro la guerra, sempre. Contro l’egemonia Usa e Nato. Per un mondo multipolare

di Giorgio Riolo

La guerra è un tragico catalizzatore. È la più grande politica di destra. Spegne il pensiero, la ragione, lo spirito critico. Alimenta istinti primordiali di sopraffazione, il tribalismo, lo sciovinismo. Arruola, inquadra, schiera, arma. “Noi” contro “loro”.

Dall’altra parte, induce donne e uomini di buona volontà a combattere con le armi spirituali della scelta etica, della cultura e della politica i soliti malvagi poteri che traggono profitto dalla guerra. Contro chi vuole sempre dominare, egemonizzare, contro i mercanti d’armi, il sempre attivo e feroce complesso militare-industriale.

Donne e uomini, la migliore umanità. La pace è sempre “pane, pace, lavoro”. È sempre a difesa dei deboli, di chi subisce morti, patimenti, distruzioni, stupri.

 

I.

È in corso l’immane ipocrisia e la ributtante retorica dei sempiterni “valori occidentali”, della libertà e della democrazia, delle guerre umanitarie, della missione civilizzatrice dell’Europa, degli Usa e della Nato contro i barbari di sempre. Nell’Est e nel Sud del mondo. Prima contro i “comunisti” e poi semplicemente contro i “russi”.

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Considerazioni sulla prima settimana di ostilità in Ucraina

di Roberto Buffagni

1. Consultando varie analisi e seguendo le fonti d’agenzia che mi sono parse più equilibrate, mi sono fatto un’idea abbastanza verisimile, per quanto congetturale, della situazione sul campo. Lo schema operativo russo è un esempio da manuale di guerra di manovra, molto somigliante alla campagna sovietica in Manciuria contro il Giappone (1945). L’iniziativa è saldamente in mano dei russi. Il controllo russo dei cieli è quasi completo. Le operazioni principali hanno lo scopo di bloccare le forze ucraine nelle città, aggirarle, e circondarle in una vasta manovra aggirante a tenaglia, che richiederà ancora diverse settimane per concludersi (ovviamente, salvo imprevisti).

2. L’analisi più informata, equilibrata e persuasiva che ho letto si deve a un analista militare statunitense, Bill Roggio, Senior Fellow di FDD (Foundation for the Defense of Democracies) e direttore del “Long War Journal”. Apparsa il 2 marzo sul sito di FDD, è stata ripubblicata dal “Daily Mail” britannico.[1]

3. Non è vero che i russi siano in difficoltà, che dessero per scontata una conclusione rapidissima delle operazioni, che l’attacco sia pianificato male.

Print Friendly, PDF & Email

ilcomunista

Cina: Wang Yi elabora posizione sull'Ucraina

Le parole del ministro degli Esteri e consigliere di Stato

Tutto è sotto il medesimo cielo. La linea di condotta.

Tanto più in questo momento tragico, avere una visione globale dei problemi e muovere da un approccio cooperativo e non a somma zero - consapevoli del fatto che viviamo tutti sotto il medesimo cielo - ci aiuta a orientarci e a trovare la via corretta, oltre che a sfuggire alla propaganda di guerra di entrambi i fronti.

Vedo che molti si arrovellano e contorcono e azzuffano senza trovare via d'uscita.

Non stupisce che persino in questa circostanza la sinistra italiana ed europea e gli stessi comunisti non siano stati in grado di elaborare una posizione minimamente autonoma e stiano per lo più alla coda delle parole d'ordine altrui, impegnandosi in ciò che ormai è l'unica cosa che riesce loro: la parodia del tifo calcistico trasposta in politica, che porta molti a identificarsi con le jene liberali e liberalesse di La7 e a praticare la reductio ad Hitlerum e porta altrettanti a mescolarsi alla peggiore feccia di destra appena uscita dalle fogne.

Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Sull’utilità (o la futilità) degli appelli internazionalisti contro la guerra in Ucraina

di F. B.

Gli appelli alla diserzione, al disfattismo, al sabotaggio della guerra su entrambi i fronti, lanciati in questi giorni da più parti, sono certamente l’unica posizione sostenibile, da un punto di vista di classe. Sono dunque encomiabili e condivisibili – e certo molto più degni dell'antimperialismo a senso unico di coloro che si sentono ogni volta in dovere di sostenere l'imperialismo "più debole". Questo, per lo meno, in linea di principio. Ma tali appelli rischiano di essere, nella sostanza, se non "ideologici" del tutto sterili. Le ragioni, essenzialmente, sono due, ma si riducono in realtà a una soltanto:

1) Non esiste, oggi, a differenza del 1914, un movimento operaio organizzato – inteso come insieme di istanze politiche e sindacali di una classe operaia che si percepisce come entità sociale distinta, avente interessi distinti (almeno in parte) dalle altre classi – a cui rivolgerli. Ci troviamo, viceversa, in una situazione molto più simile a quella del 1939, quando il proletariato rivoluzionario, nei paesi in cui si era manifestato, era stato già da tempo sconfitto – i suoi tentativi insurrezionali schiacciati nel sangue da governi democratici e persino socialdemocratici – e il movimento operaio riformista spazzato via (Germania, Italia) o definitivamente integrato nello stato capitalistico.

Print Friendly, PDF & Email

pianocontromercato

Fine del dollar standard

di Pasquale Cicalese

Pubblico qui di seguito altri tre contributi rispetto al dibattito suscitato dall’editoriale di Guido Salerno Aletta sulla de-dollarizzazione, una filosofa, un consulente d’azienda e un imprenditore. Oggi su Italia Oggi la bestemmia della de-dollarizzazione ha avuto spazio presso un economista che scriveva esattamente queste cose. Lo scontro tra potenze non so dove porterà, i tre contributi cercano di fornire un quadro della situazione. Non mi soffermo sulle tematiche militari, non è il mio campo, cerco di capire gli effetti socio-economici di tutto ciò. Di certo un mondo, iniziato con la fine degli accordi di Bretton Woods, sta per finire, l’asset inflation basata sul dollaro e pompata per 50 anni lascia il campo ad altre soluzioni. Mi chiedo, le confische avvenute per la Banca centrale russa o di miliardari russi nelle piazze anglosassoni ed europee, che effetti avrà? Siamo sicuri che in giro per il mondo chi ha denaro abbia ancora fiducia nel sistema finanziario occidentale? Anche queste sono domande da porsi. I contributi sono lunghi, vi chiedo pazienza, sono efficacissimi, basta avere un pò di pazienza e trarrete le vostre conclusioni, magari con commenti. Vi ringrazio dell’attenzione e vi auguro buon wwek end.

* * * *

Print Friendly, PDF & Email

ilsimplicissimus

Guerra, igiene dei folli

di Anna Pulizzi

Se Lavrov avverte che una prossima guerra mondiale sarebbe nucleare, c’è da credergli. D’altra parte lo sapevamo già e la sua sembrerebbe un’uscita del tutto ovvia se non fosse in realtà un monito rivolto al mondo neuro-atlantico, insomma ‘non fate stupidaggini perché la posta in gioco è altissima, anzi definitiva’. E di affermazioni lapalissiane c’è bisogno in questi giorni poiché le cancellerie occidentali appaiono del tutto fuori di senno e incapaci di comprendere le conseguenze delle proprie azioni, mentre i mezzi d’informazione, se così possiamo chiamarli, sono caduti preda di un’isteria senza precedenti, al punto che non si capisce se sono le autorità a spingere tv e giornali a rendersi più ridicoli possibile o se invece è l’irrazionalità del latrato mediatico a fomentare le dichiarazioni ufficiali più deliranti.

Al di là delle operazioni belliche o dell’esito degli incontri tra i delegati delle parti in conflitto, l’aria che i governi occidentali intendono far respirare ai loro popoli è già da tempo aria di guerra, ma una volta messa in moto la macchina della propaganda bellicista è poi molto difficile spegnerla ed essa conduce quasi senza eccezioni al confronto militare, quello che Lavrov ammette non potersi limitare ad armamenti convenzionali.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La psicosi dei “valori occidentali” per giustificare l’escalation

di Fabrizio Poggi

«E se, nonostante l’esperienza della prima guerra imperialista, i politici borghesi si aggrappano comunque alla guerra, come colui che sta per affogare a una pagliuzza, ciò significa che si sono completamente smarriti, sono finiti in un vicolo cieco e sono pronti a buttarsi a capofitto nel precipizio» (Stalin, Rapporto al XVII Congresso del VKPb)

Ho messo insieme alcuni, pochissimi episodi di cui posso testimoniare direttamente. Vedo purtroppo che non si tratta affatto di episodi isolati, bensì di sintomi del clima che si è già instaurato in Italia; ma non solo in Italia. Un clima solertemente alimentato da quanti, in nome dei «valori occidentali», di «libertà e democrazia» si sono consapevolmente messi sulla strada che conduce, (come si diceva un tempo) in ultima analisi alla propria definitiva liquefazione, ma che intanto prepara una condizione infernale per la classe operaia e le masse popolari italiane.

Oltre, naturalmente, a esporre il paese a pericoli mortali, finché gli interessi del grande capitale non decideranno che sia l’ora di finirla con la smania bellicista nei confronti di un centro del capitalismo internazionale con cui, a parte la concorrenza in determinati settori, si hanno legami solidi e stabiliti da molto tempo.

Print Friendly, PDF & Email

altrenotizie

Ucraina, la crociata di Washington

di Mario Lombardo

L’intervento militare russo per “demilitarizzare” e “denazificare” l’Ucraina ha scatenato una gigantesca macchina della propaganda in Occidente che rivela sia l’importanza della posta in gioco nel conflitto sia la natura relativamente inaspettata per gli USA e l’Europa dell’operazione ordinata dal presidente Putin. La demonizzazione fino a ben oltre il limite dell’isteria di qualsiasi elemento politico, economico, culturale e addirittura sportivo legato alla Russia comporta di conseguenza un offuscamento totale delle vere ragioni degli eventi di questi giorni, la cui responsabilità deve essere attribuita interamente agli alleati di Kiev e allo stesso regime ucraino.

Al di là del giudizio di merito sulla campagna autorizzata dal Cremlino, un’analisi anche approssimativa di quanto accaduto in Ucraina a partire dal golpe promosso da Washington e Berlino nel 2014 chiarisce come la soluzione militare in corso sia stata pressoché inevitabile. La cortina di fumo della propaganda di governi e media ufficiali negli Stati Uniti e da questa parte dell’Atlantico serve così in primo luogo a nascondere il disinteresse e, anzi, l’ostilità per una soluzione pacifica del conflitto, offerta dall’implementazione mai avvenuta degli Accordi di Minsk, per non parlare delle legittime richieste relative alla propria sicurezza presentate più recentemente dalla Russia come punto di partenza di un possibile negoziato.

Print Friendly, PDF & Email

lafionda

Per il negoziato. Una transizione pacifica verso un mondo multipolare

di Pietro Salemi

I fatti di questi giorni stanno portando il mondo a pochi passi da una catastrofe potenzialmente nucleare. Si sta scalando molto rapidamente una parabola conflittuale che, a partire da una guerra fratricida già in corso da ben 8 anni in Donbass (con ben 14.000 morti -tra cui almeno 4.000 civili- e oltre un milione e mezzo di sfollati) tende verso l’inimmaginabile epilogo di una Terza Guerra Mondiale.

Alla detestabile estensione ed acutizzazione del conflitto ucraino, scaturita dall’intervento militare diretto della Russia, l’occidente filo-statunitense ha scelto di rispondere a mano armata: nella sola giornata di ieri la UE ha deciso non solo di mettere in campo un ampio armamentario di sanzioni e strumenti ritorsivi (blocco selettivo su Swift, interdizione spazio aereo alla Russia, congelamento c/c russi in UE, censura preventiva sui media russi Sputnik e RT), ma ha anche ufficializzato un ingresso indiretto nelle ostilità militari, annunciando l’invio di armi letali (navi da guerra, caccia, carriarmati etc.) all’Ucraina.

Print Friendly, PDF & Email

linterferenza

Crisi russo-ucraina: facciamo un pò di chiarezza

di Fabrizio Marchi

Qualsiasi persona seria minimamente informata e dotata di onestà intellettuale sa perfettamente che la guerra in Ucraina non è iniziata nove giorni fa con l’attacco russo ma otto anni fa, quando un colpo di stato promosso e finanziato dagli USA e dalla NATO con il supporto di forze politiche e milizie locali dichiaratamente naziste rovesciò il governo filorusso di Janucovich.

Da allora è cominciata una guerra contro le popolazioni russe e russofone del Donbass e della Crimea che hanno proclamato la loro indipendenza. Una guerra feroce, come tutte le guerre civili e fratricide dove le milizie naziste ucraine si sono contraddistinte per la loro brutalità. Fra le altre, il criminale rogo di Odessa, dove la casa dei sindacati fu data alle fiamme, decine di persone che erano all’interno morirono arse vive e dall’esterno i miliziani ucraini sparavano a chi tentava di fuggire.

Ma, se dobbiamo dirla tutta, la guerra, anche se non guerreggiata, è iniziata ancor prima, quando la NATO – che a rigor di logica e coerenza in seguito al crollo del blocco sovietico avrebbe dovuto se non sciogliersi o ridimensionarsi, quanto meno restare così come era – ha cominciato ad espandersi ulteriormente, naturalmente verso est, assimilando tanti paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia e repubbliche ex sovietiche, di fatto accerchiando la Russia.

Print Friendly, PDF & Email

pierluigifagan

Sospendere l'uso pubblico della ragione

di Pierluigi Fagan

La “società aperta” ha deciso di chiudersi. La società liberale va a polarizzarsi nella contraddizione delle sue stesse premesse.

L’ambasciatore italiano a Mosca, lì col chiaro mandato di favorire le relazioni commerciali bilaterali, ha avuto l’ardire di segnalare in una audizione parlamentare, il costo delle sanzioni per le nostre imprese su dati FMI. Un argomento che dovrebbe interessare una democrazia di mercato visto che parla di mercato, no? Dire questo è dire che non si dovevano elevare sanzioni? Credo che un ambasciatore navigato come Starace con un passato in Cina, USA, Giappone sappia qual è il suo limite ovvero dare informazioni, non suggerire decisioni. Ma la società aperta che amava definirsi anche società dell’informazione, ora scopre che le informazioni non piacciono, le informazioni disturbano le decisioni o per lo meno ne ricordano il prezzo. Non c’è nulla di male a sapere il costo delle decisioni, aiuta ad organizzarsi per poterle pagare o si pensa o si vuol far pensare che le decisioni ideali siano libere e gratuite?

Print Friendly, PDF & Email

linterferenza

Il sonno della ragione

di Salvatore Bravo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Semplicismo e neofascismo

Il sonno della ragione crea mostri, anestetizzare il dibattito, mostruosizzare il nemico allo scopo di preparare la guerra è l’obiettivo finale della propaganda che a tamburo battente inficia l’uso pubblico della ragione nella forma del logos. La ragione dei guerrafondai è calcolo e scaltrezza interna al cinismo liberal, al quale siamo abituati fino all’indifferenza acefala. Le TV di regime invocano la pace armata, e nel contempo preparano gli europei alla lotta finale contro l’orso russo, il quale è il male, non ha limiti militari ed etici al punto che vuole bombardare tutto, anche la chiesa di Santa Sofia. Si lancia un messaggio ai cattolici e agli ortodossi dubbiosi, non possono invocare la pace contro il demonio russo, ma in nome della giustizia e del bene devono schierarsi con l’Occidente democratico e pacifico. La possibilità che possano bombardare la cattedrale di Santa Sofia a Kiev è nulla, Putin perderebbe il sostegno degli ortodossi russi. Sarebbe un’incoerenza eguale ad un boomerang, il progetto politico russo è non solo economia, ma anche tradizione e spiritualità, parole estranee e straniere all’Occidente.

Print Friendly, PDF & Email

comidad

L’automatismo criminale dell'Unione Europea

di comidad

Si può glissare tranquillamente sulla questione se la “Rivoluzione delle Ciabatte” dell’estate del 2020 contro la rielezione del presidente bielorusso Lukashenko sia stata o meno una “rivoluzione colorata” organizzata dai servizi segreti della NATO, per concentrarsi invece su un dato di fatto, e cioè che l’Unione Europea, pur senza averne alcun titolo in base al Diritto Internazionale, disconobbe il risultato elettorale in Bielorussia e proclamò l’illegittimità della sua presidenza. Sino a quel momento la Bielorussia era stata un Paese neutrale, in buoni rapporti con Mosca ma ben tesa a sottolineare la propria indipendenza dai voleri del Cremlino. A causa dell’aperta ostilità dell’Unione Europea e della NATO, Lukashenko fu costretto ad accettare un’alleanza in funzione subordinata con la Russia, diventandone un vassallo.

Non è un caso perciò che l’operazione di accerchiamento della capitale ucraina Kiev ad opera dell’esercito russo sia partita dal territorio bielorusso, il cui confine è a pochi chilometri da Kiev. Le truppe russe si trovavano in Bielorussia per un’esercitazione militare congiunta con l’esercito di Lukashenko, che non ha partecipato all’invasione ma l’ha consentita.

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Draghi al fronte, e non è un bel vedere…

di Dante Barontini

Il discorso con cui Mario Draghi ha comunicato al Parlamento e al paese le intenzioni sue, dell’Unione Europea e della Nato rispetto alla guerra in Ucraina segna un passaggio storico di cui sarebbe stupido sottovalutare la portata.

E’ stato infatti una dichiarazione di entrata in guerra, per ora solo indirettamente, attraverso strumenti finanziari, progetti di investimento nel settore militare, forniture di armi ad un paese in guerra (in barba al dettato costituzionale).

E’ stato – anche per questo motivo – un discorso pieno di falsità sparse a piene mani e senza vergogna alcuna. Ed anche di svarioni, dimenticanze, confessioni involontarie… Una quantità di cose che non possono entrare in un solo articolo e che ci costringe dunque a immaginare una “seconda puntata”.

Falsità ribadite e sintetizzate – fra l’altro – nel secondo discorso, quello di risposta agli interventi (pochi quelli critici) in Senato:

Print Friendly, PDF & Email

volerelaluna

Armi all’Ucraina?

di Tomaso Montanari

È purtroppo evidente che, di fronte all’invasione russa, ogni scelta sembra sbagliata: e quel che resta della coscienza democratica occidentale non sopporta di non fare nulla di fronte alle immagini delle città devastate dalla guerra.

Ma il problema è cosa fare: mentre le tanto annunciate sanzioni economiche avanzano con troppa lentezza, l’Occidente, e con lui l’Italia, decide il riarmo di Kiev. Il fantasma dell’Unione Europea, colpevolmente assente nella gestione politica della crisi che ha condotto alla guerra, si materializza così nel peggiore dei modi: nel ruolo, cioè, di fornitrice di armi. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell ha detto che armeremo le forze ucraine per sostenerle «nella loro eroica battaglia». Così, dopo essere stati incapaci di fare la pace, gli europei vogliono provare a fare la guerra, naturalmente attraverso i corpi dei soldati e dei civili ucraini.

Dal discorso di Draghi a un Parlamento come al solito di fatto esautorato, alla retorica bellica di Enrico Letta, all’editoriale del Corriere della sera che lamenta che «noi occidentali stiamo perdendo la potenza delle armi perché non sopportiamo più di subire perdite in una guerra convenzionale.

Print Friendly, PDF & Email

sollevazione2

Sull'orlo dell'abisso

di Franco Cardini

Nel Donbass non ci sono bambini che abbracciano piangendo le bamboline, e nemmeno vecchiette che attraversano penosamente la strada...

… così come non ce n’erano né la traccia né l’ombra, una manciata di anni o di mesi fa e anche adesso, né a Gaza, né a Beirut, né a Belgrado, né a Kabul, né a Baghdad, né a Tripoli, né a Damasco.

Cari miei, parliamoci chiaro. Sono ormai tre notti che quasi non dormo per seguire quel che avviene tra Russia e Ucraina, due paesi che mi sono carissimi e dove ho tanti amici; da tre giorni sto attaccato al telefono e al computer. Anch’io combatto, anch’io fo la mia guerra, come canticchiavano un’ottantina di anni fa bambini poco più grandi di me (io ero troppo piccolo per cantare). Questa guerra me la sento addosso, me la sento dentro: e mi fa male. Al tempo stesso, è chiaro che sono indignato e inferocito come forse non mai.

Print Friendly, PDF & Email

insideover

Il generale Marco Bertolini spiega cosa sta succedendo in Ucraina

Matteo Carnieletto intervista Marco Bertolini

 

Generale Marco Bertolini, fino a qualche settimana fa, sembrava impossibile che la Russia potesse invadere l’Ucraina. Sembrava che la diplomazia stesse lavorando sodo e pareva ci fossero, seppur flebili, spiragli di accordo tra le parti. Cosa è successo dopo?

Vorrei innanzitutto fare una precisazione: Occidente è un termine che preferirei non utilizzare in quanto improprio. Come può esser definita la Polonia? Occidente o oriente? L’errore di fondo è continuare a ragionare con lo schema della Guerra fredda, che prevede i concetti di Europa orientale e occidentale. Fatta questa premessa, bisogna tenere presente che, dalla caduta del Muro di Berlino, la Russia sente la frustrazione che caratterizza tutte le ex super potenze decadute, che sono costrette ad ingoiare bocconi amari. In particolare, Mosca si è vista strappare molti pezzi del suo ex impero, che sono passati, con armi e bagagli, dall’altra parte. Questa condizione di debolezza era stata accettata da Gorbachev e da Eltsin. Poi è arrivato Putin ed ha impresso una direzione diversa, ricostruendo innanzitutto l’amor proprio russo.

Print Friendly, PDF & Email

ilpedante

Fiat iustitia pereant immundi

di Il Pedante

Volendo azzardare un commento su ciò che sta accadendo nel nostro Paese, non si saprebbe davvero da che parte incominciare. Forse dalla più urgente, da quella torpida sensazione di normalità che fa da sfondo agli eventi, da quell’ipnosi molle in cui la tragedia sfugge e sprofonda. Mentre spirano venti di guerra a oriente getto uno sguardo sulle macerie della guerra che imperversa da due anni in casa nostra, e raccolgo detriti a caso.

La scuola. Ragazzini bullizzati dalle maestre (!) perché non si sono lasciati iniettare una fiala, o per lo stesso motivo esclusi dall’aula. Altri messi ai domiciliari su segnalazione anonima, cioè privati della libertà personale senza processo come non si poteva più fare da circa ottocento anni. Perché c’era l’habeas corpus – c’era.

I docenti. Una settimana fa ha parlato in televisione un professore di medicina. Non so che abbia detto, ma il giorno dopo l’università per cui lavora ha fatto sapere al metamondo di Twitter che le parole del docente «non rappresentano il pensiero dell’istituzione» e ha annunciato «ulteriori azioni».

Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

I comunisti russi tra manifestazioni contro la guerra e difesa delle popolazioni del Donbass

di Mikhail Lobanov - Ghennadi Zuganov

C’è una seria discussione tra i comunisti russi, in particolare dentro il Partito Comunista della Federazione Russa, seconda forza politica del paese e promotore – da anni – della risoluzione alla Duma che ha portato al riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass. Pubblichiamo qui di seguito due interventi diversi.

Il primo è di Mikhail Lobanov un deputato del PCFR (Partito Comunista della Federazione Russa) che invita a mobilitarsi con maggiore determinazione per la pace e contro la guerra, anche andando in contrasto con il governo di Putin.

Il secondo è di Ghennadi Zuganov, segretario del PCFR che invece invita ad una maggiore determinazione nella difesa delle Repubbliche del Donbass e  critica le manifestazioni per la pace di non essersi mai  viste durante gli otto anni di guerra dell’Ucraina contro le popolazioni delle Repubbliche Indipendenti né di segnalare nelle manifestazioni i bombardamenti ucraini contro queste ultime.

E’ una discussione seria, come è seria la situazione, anche per chi vive e agisce politicamente in Russia.

*****

Print Friendly, PDF & Email

perunsocialismodelXXI

2013: I nazisti al potere in Ucraina

di Alessandro Pascale

[Testo tratto da A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2018, pp. 109-114.]

Per quanto riguarda il caso ucraino tutto ha inizio sul finire del 2013. Il presidente ucraino Yanukovich e il suo governo si trovano ad un bivio, dovendo sostanzialmente scegliere la direzione strategica da far prendere al proprio Paese: da una parte l’integrazione con l’Unione Europea, dall’altra la collaborazione storica con la Russia. Tra il 30 novembre e il 17 dicembre Yanukovich rifiuta la proposta europea, impostata sostanzialmente sulle ricette tipicamente liberiste, e accoglie invece l’accordo con Putin, più vantaggioso economicamente (1). Apriti cielo. Yanukovich viene dipinto immediatamente come un dittatore che si oppone ai diritti, alla libertà e alla democrazia garantiti dall’Unione Europea. Yanukovich sicuramente non è Lenin né un santo, ma è quantomeno difficile definirlo dittatore, in quanto regolarmente eletto nelle elezioni del 2010, riconosciute dall’OCSE come «elezioni trasparenti» (2).

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta

di Marinella Mondaini

Il presidente ucraino Zelenskij stamattina alle 5 ha pubblicato la notizia falsa dell’attacco “russo” alla centrale nucleare di Zaporozije e ha telefonato ai capi occidentali per metterli al corrente di questa “mostruoso atto” e sollevare altra isteria. Quello che è accaduto nella realtà invece è ben diverso: si tratta di una mostruosa provocazione, compiuta alle 2 di stanotte da un gruppo di sabotatori nazionalisti ucraini contro i militari della Guardia azionale russa in pattugliamento del territorio protetto adiacente la centrale nucleare di Zaporozije, non lontano da uno dei reattori.

La propaganda ucraina ha raccontato che è stata bombardata dai russi e la notizia è stata subito raccolta dai media statunitensi ed europei. I militari ucraini hanno deciso di giocare alla guerra lungo le mura della più grossa centrale nucleare d’Europa che ha ben 6 reattori. Hanno portato i carri armati e i complessi missilistici Grad e dall’edificio del Centro di Addestramento (che ha diversi piani) situato al di fuori del perimetro della centrale nucleare, hanno aperto il fuoco contro i militari russi. In conseguenza a ciò si è scatenata una battaglia e gli ucraini, prima di scappare dall’edificio gli hanno dato fuoco. Solo grazie al comportamento eroico dei militari russi e anche al buon senso delle autorità della città, è stato scacciato il gruppo dei sabotatori ucraini e sono stati fatti passare i camion dei vigili del fuoco per spegnere l’incendio.

Print Friendly, PDF & Email

antiper

Tra aggressori e aggrediti nella guerra russo-ucraina

di Antiper

Si dice che nell’attuale conflitto russo-ucraino sia doveroso parteggiare per l’Ucraina in quanto paese aggredito. Si tratta di un approccio che risulta molto spontaneo, ma anche problematico quando assolutizzato. Facciamo un esempio: in Via Rasella, nel 1944, avremmo dovuto parteggiare per i soldati tedeschi (che erano gli aggrediti) e non con i partigiani italiani (che erano gli aggressori)? Evidentemente no. Si dirà: i partigiani attaccavano perché erano stati attaccati. Precisamente.

Per capire qualcosa dell’attuale situazione in Ucraina non è possibile fermarsi al dato di fatto inoppugnabile che Putin ha dato il via all’invasione dei territori ucraini perché questo attacco non è solo il punto di partenza di una storia (e di una guerra) ma anche il punto di arrivo di un’altra storia (e di un’altra guerra, iniziata nel 2014 e che ha visto il governo ucraino uccidere migliaia di altri ucraini delle zone ribelli del Donbass). Già questo ci pone un problema: perché l’Ucraina aveva il diritto di separarsi politicamente dalla Russia in nome del diritto all’auto-determinazione mentre le regioni del Donbass o la Crimea non avevano il diritto, in nome del medesimo principio, di separarsi politicamente dall’Ucraina o unirsi politicamente alla Russia?

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

"La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa"

di Pino Arlacchi

La guerra, dice la Carta delle Nazioni Unite, è la maledizione dell’umanità. Non esistono guerre giuste o sbagliate, ma solo carneficine più o meno riuscite. In circostanze estreme, quali l’autodifesa o la protezione da genocidi e stermini, continua la Carta con il suo articolo 51, è necessario l’uso della forza, anche militare, autorizzato dal Consiglio di sicurezza.

Da ex-dirigente ONU, quindi, non posso approvare quanto la Russia sta facendo all’ Ucraina da qualche giorno. Mosca è passata da una forma di autodifesa dalle minacce NATO, perpetrate direttamente o tramite il governo ucraino, ad una guerra vera e propria, da condannare senza se e senza ma. Ora c’è il rischio che lo scontro finisca con l’assomigliare alle feroci campagne NATO contro la Serbia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, costate centinaia di migliaia di vittime.

Per rimanere nel campo della legalità internazionale, l’attacco si sarebbe dovuto fermare alla distruzione delle infrastrutture militari ucraine, e doveva essere seguito da un cessate il fuoco e da un negoziato. La sua trasformazione in una guerra è stato un grave errore, favorito peraltro dall’ondata di russofobia che si è scatenata in Europa.

Print Friendly, PDF & Email

federicodezzani

Considerazioni sulla prima settimana di guerra russo-ucraina

di Federico Dezzani

A distanza di una settimana dall’inizio delle operazioni russe in Ucraina, è tempo di stilare le prime considerazioni sul conflitto che sancisce l’inizio di una nuova era. Se è ancora troppo presto per le osservazioni di carattere militare, c’è molto da dire invece sull’assetto internazionale e sugli effetti economici-finanziari

La settimana che ha cambiato il mondo.

Sette giorni sono passati da quando, alle prime luci del 24 febbraio 2022, la Russia ha avviato la sua “operazione speciale” in Ucraina: sette giorni che hanno impresso l’accelerazione definitiva a quelle dinamiche geopolitiche che abbiamo sempre messo in luce in questi ultimi, convulsi, anni. Nel momento in cui l’articolo viene scritto, si sa che le forze russe hanno circondato Charkov ed un’analoga manovra di accerchiamento è in corso a Kiev. I successi più eclatanti sono certamente quelli riportati sul fronte meridionale, dove i russi sono riusciti a creare un ponte terrestre con la Crimea (con la sola esclusione di Mariupol, ancora sotto assedio) e a riallacciare la penisola al Dnper, riaprendo i cruciali canali d’acqua dolce. La recentissima conquista di Kherson, sulla foce del Dnepr, lascia supporre che in prospettiva i russi vogliano ricongiungersi alla Transnistria, via Odessa: si verificherebbe così lo scenario inizialmente ipotizzato di un’Ucraina nazionalista (con capitale Leopoli), senza accesso diretto al mare, mentre nella parte sud-orientale del Paese nascerebbe una repubblica filo-russa (con capitale Kiev, città di frontiera?).

Print Friendly, PDF & Email

marx xxi

Ucraina: eclissi della ragione

di Francesco Galofaro, Università di Torino

Ho passato il fine settimana a Tallinn, in Estonia, per un convegno. Al ritorno ho trovato un’Italia profondamente cambiata. Nel volgere di una manciata di ore, l’indignazione contro la guerra si è trasformata in interventismo, ovvero nel proprio contrario. Ma l’albero si riconosce dai frutti: può un albero buono dare frutti cattivi? Così ha detto un tempo qualcuno di cui, nella confusione, non riesco più a ricordare il nome. All’emergenza umanitaria che ha colpito la popolazione e i profughi l’Unione europea non risponde inviando farmaci né cibo, ma armi. I telegiornali mettono in scena l’«eroica resistenza del popolo ucraino», inneggiano a soldati eroici che si fanno esplodere pur di non arrendersi, mostrano bambini coi kalashnikov, giovani sorridenti che nei cortili di orrendi condomini svuotano bottiglie di wodka per fabbricare molotov, profughi adolescenti che vorrebbero tornare in Ucraina a combattere fino alla morte. Vogliamo davvero vendere le nostre mine antiuomo agli ucraini, così che minino il proprio stesso Paese?

Print Friendly, PDF & Email

lantidiplomatico

Blocco di RT e Sputnik: l'UE censura l’informazione

di Geraldina Colotti

“Fermiamo la macchina dei media del Cremlino. Russia Today e Sputnik, controllati dallo stato russo, e le loro affiliate, non potranno più diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Vladimir Putin e seminare la divisione dell'Unione". Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa a Bruxelles.

L'alto rappresentante Josep Borrell, per giustificare il divieto di trasmissione nella UE, imposto a Rt e Sputnik, ha usato parole ancora più dure. Ha detto "Si deve schiacciare la testa al serpente".

Un bel modo di difendere il pluralismo e la libertà di opinione di cui si riempiono la bocca i governi europei. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere rispetto al Venezuela, c'è una poderosa rete di complicità tra questa Europa dei banchieri e le corporations che pilotano i flussi mediatici, essendo l'informazione una merce che risponde al grande capitale internazionale

E così, come scrive il Washington Post, Twitter ha annunciato oggi che inizierà a bloccare i tweet che rilanciano i collegamenti ai media statali russi o ai media legati al Cremlino, utilizzando i tag arancioni. Questi tag sono stati utilizzati in passato per segnalare notizie false sulla pandemia di Covid e ora appariranno in qualsiasi tweet che includa un collegamento a siti di media statali russi.

Print Friendly, PDF & Email

comuneinfo2

Ti armo

di Enrico Euli

L’Occidente parla di negoziati e di pace ma arma gli ucraini e si riarma. Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla. Questo è purtroppo è il pacifismo dei bellicisti. Ma se fossimo non violenti solo verso chi è pacifico, chiede con coraggiosa lucidità Enrico Euli, dove starebbe la nonviolenza? Intanto, “in continuità con il totalitarismo ideologico mostrato nella pandemia, si procede – sul fronte interno – a criminalizzare tutti coloro che non stanno apertamente dalla nostra parte…”

* * * *

Mentre blatera di negoziati e invoca la pace, l’Occidente arma gli ucraini e si riarma. La Germania stanzia 100 miliardi per rafforzare il suo esercito (ce ne ricorderemo quando sorgerà un nuovo Hitler?). L’Europa non si scompone nell’utilizzare i suoi “Fondi per la Pace” per fornire “armi letali” ai difensori di Kiev. Volodymyr Zelenski invita a costituire una Coalizione contro la Guerra, per proseguire a farla. Orwell realizza compiutamente il suo incubo neolinguistico.

Le parole e i nomi che diamo alle cose non contano più nulla, contano solo le azioni e i fatti (compiuti).

Print Friendly, PDF & Email

carmilla

Occidentali’s Karma

di Giovanni Iozzoli

E adesso parliamo un pò di sovrastruttura, che tra gas e swift non se ne puo più! (scherzo, eh: senza parlare di gas non si capisce niente dell’Ucraina; l’importante è non fermarsi a quello…)

In ogni teatro di guerra – mai definizione fu più pertinente, perchè ogni conflitto bellico è anche un grande allestimento scenico –, la costruzione retorica dei due campi avversi, quello glorioso e nobile dell’alleato e quello mostruoso e barbaro del nemico, è operazione bellica di primissimo piano. E questo fin dall’antichità – quando narratori, poeti, teologi e artisti venivano arruolati sui due fronti, come oggi lo sono gli operatori dell’informazione e della “cultura”. Le menzogne e le mitizzazioni diventano un elemento naturale del racconto e gli addetti ai lavori presidiano i rispettivi campi come trincee: è così che il TG2, in un eccesso di zelo, manda in onda la clip di un videogioco spacciandola per i cieli di Kiev; e se qualche eroico “partigiano” del battaglione Azov inalberasse uno stendardo con la svastica, il pudore giornalistico certo si rifiuterebbe di mostrarlo; così come le vittime russe o russofone del Donbass appartengono, dal 2014, ad una umanità minore, non degna di racconto, nè di tutela, automaticamente arruolata d’ufficio nel campo della nemicità.

Print Friendly, PDF & Email

manifesto

Ucraina: l’attacco lo lanciò la Nato otto anni fa

di Manlio Dinucci

La commissaria Ursula von der Leyen ha annunciato che la Ue mette al bando l’agenzia di stampa russa Sputnik e il canale Russia Today così che «non possano più diffondere le loro menzogne per giustificare la guerra di Putin con la loro disinformazione tossica in Europa». La Ue instaura così ufficialmente l’orwelliano Ministero della Verità, che cancellando la memoria riscrive la storia. Viene messo fuorilegge chiunque non ripete la Verità trasmessa dalla Voce dell’America, agenzia ufficiale del governo Usa, che accusa la Russia di «orribile attacco completamente ingiustificato e non provocato contro l’Ucraina». Mettendomi fuorilegge, riporto qui in estrema sintesi la storia degli ultimi trent’anni cancellata dalla memoria.

Nel 1991, mentre terminava la guerra fredda con il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, gli Stati uniti scatenavano nel Golfo la prima guerra del dopo guerra fredda, annunciando al mondo che «non esiste alcun sostituto alla leadership degli Stati uniti, rimasti il solo Stato con una forza e una influenza globali».