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sinistra

Potere al popolo: accettare la sfida?

A Cesena missione impossibile

Leonardo di Cesena

Credo che ci siano momenti in cui esprimere dubbi, incertezze, dissensi su alcuni passaggi importanti e determinanti sui quali i comunisti si giocano presente e futuro nello scenario politico di questo paese non sia solo un atto necessario ma anche doveroso.

Troppe sono state le “fregature”, le illusioni e gli “scivoloni” elettorali che hanno prodotto un distacco sempre maggiore dei ceti popolari da qualsiasi ipotesi di costruzione di una forza comunista coerente, radicale, credibile, spurgata da opportunisti di ogni risma e capace di coniugare la battaglia delle idee con la pratica concreta della lotta di classe. Qui mi fermo e non mi spingo oltre visto e considerato che la realtà oggettiva è sotto gli occhi di tutti: sia dei compagni/e della Rete dei Comunisti di cui condivido gran parte del suo progetto e a cui ho aderito dopo una scelta individuale ragionata; e sia dei compagni di altri gruppi o che hanno scelto di rimanere “battitori liberi” che, con tutte le loro buone intenzioni, hanno aderito a questa nuova proposta.

Penso che tutto il dibattito che si è sviluppato intorno alla proposta di “potere al popolo” sia uno di questi momenti in cui ogni militante debba far sentire la propria voce e portare un contributo a quella che può essere una scelta dove, a mio avviso, sono evidenti e troppe le parti non chiare: sia per quanto riguarda i documenti di presentazione della proposta, sia per i numerosi soggetti politici interni a questo percorso che molto spesso in questi anni sono stati consapevolmente dall'altra parte: ovvero complici delle politiche del centro-sinistra nei governi locali e anche nei governi nazionali.

Qualche ragionevole dubbio mi era venuto sul fatto che questa proposta fosse stata lanciata partendo dall'approssimarsi delle elezioni e leggendo il documento di “lancio”.  Mi sembrava strutturalmente debole, generica e in alcuni passaggi, per essere schietti, molto simile ad un ordinario programma  elettorale di Rifondazione Comunista. Poi ho pensato che questo”taglio” fosse dovuto al tentativo dei promotori di essere il più possibile inclusivi e che nel contesto poteva essere comunque interessante per rilanciare una prospettiva di trasformazione sociale e politica di cui c'è tanto bisogno in Italia.

Una speranza appunto. Una speranza immediatamente frustrata quando su invito di una compagna di Rifondazione io e altri 4-5 compagni abbiamo partecipato alla prima assemblea cesenate per la costruzione di “potere al popolo” ci siamo ritrovati di fronte ad un folto gruppo dei più noti “estremisti” dell'opportunismo e dell'arrivismo politico di Rif. Co.: ex assessori, ex-consiglieri provinciali,ex-presidenti dl consiglio regionale, ex consiglieri d'amministrazione più un noto sindacalista della CGIL con cui in passato ho avuto più di qualche “problemino” su alcune vertenze sulla esternalizzazione di alcuni servizi nella sanità che lui ovviamente appoggiava...

Stiamo parlando di un ceto politico “bruciato” rispetto alla platea elettorale, trombato dal nuovo corso renzista e pure dalle nuove aggregazioni sorte recentemente dopo le “scissioni” nel PD.

Un materiale “umano” e politico nè differenziabile nè riciclabile. E lo dico , modestamente, da lavoratore nel settore della raccolta differenziata...

Giovani presenti all' incontro? Pochissimi. Clima quasi funereo, non certo da assemblea costituente di un nuovo soggetto politico. Facce e volti preoccupati: non per il rilancio di una prospettiva rivoluzionaria in Italia ma piuttosto per la speranza di riuscire a raggiungere il fatidico 3% con cui piazzare qualche candidato e magari ripresentarsi agli “ex-alleati” con un minimo di potere contrattuale.

L'introduzione è pessima e spiega che, la dico in sintesi, “tutto è nato dopo il fallimento del Brancaccio”. A questo punto un compagno a cui avevo rivolto l'invito di partecipare e che normalmente è sempre più moderato di me nei toni sbotta e mi dice:” Leo ma dove cazzo mi hai portato?” Uno dei pochi giovani presenti abbozza una critica a certi riferimenti continui alla Costituzione. Una insegnante gli risponde facendogli quasi una “lezioncina” di educazione civica. Dopo è un susseguirsi di interventi densi di quella retorica tardo-piciista con citazioni di Berlinguer e sulla “gloriosa” CGIL, unico sindacato di riferimento dei presenti. La questione dell'Unione europea non viene neanche lontanamente sfiorata per non parlare delle lotte del sindacalismo di base. A questo punto due compagni di Rifondazione fra i pochi”vivi”, preso atto della situazione, cercano eroicamente di “rianimare” i morti presenti ma senza sortire nessun effetto. Per la maggioranza il nodo di fondo sono le percentuali.

Ho letto commenti ed interventi da parte di compagni su questa proposta con toni che francamente giudico eccessivamente entusiastici. Può darsi che ciò che si è visto a Cesena sia una eccezione, ma non credo visto e considerato che ho notizie di altre realtà simili .

Se questo non pone degli interrogativi seri ad alcune componenti che hanno promosso o aderito a questo progetto, dove la presenza dei “morti “ che afferrano i vivi o peggio di “morti che afferrano altri morti” è abbastanza evidente, c'è il rischio di ipotecare la possibilità di ricostruire un percorso rivoluzionario in uno dei momenti peggiori della crisi del capitale e dell'aggravarsi delle condizioni di vita di milioni di proletari in Europa e nel mondo.

Non è solo un problema mio rispetto alla mia città e a quello che sto facendo: cioè il tentativo di costruire una  rete di comunisti a Cesena e in Romagna. Un lavoro già di per se arduo e difficile e che diventerebbe improponibile nel caso decidessi, insieme a qualche altro compagno, di aderire a “Potere al popolo” accostandoci, anche solo fisicamente, a un ceto politico “impresentabile” sotto tutti i punti di vista. Agli occhi di centinaia di persone che mi conoscono perderei ogni credibilità e stima. E perderei, soprattutto, quel poco di dignità conquistata a caro prezzo.

Se non si cambia metodo con questi signori non andremo mai da nessuna parte. Se i dati elettorali danno un senso agli orientamenti della “classe” i danni arrecati dai “morti” in questi ultimi 20 anni sono enormi. Nessuno può smentire tutto questo: i “morti” hanno bruciato e vanificato le speranze di decine di migliaia di militanti ed elettori rimasti delusi e disgustati dalle politiche di una “sinistra” del centro-sinistra che ha condiviso, sostanzialmente, le peggiori scelte anti-sociali e anti-operaie . Ma i danni sono stati anche per tutti quei compagni che hanno agito fuori da Rifondazione Comunista&derivati per la percezione negativa che ha assunto tra i proletari il significato del termine “comunista” associato a chi non difende gli interessi dei lavoratori. E non è poco scusate!

I ceti popolari l'hanno capito e non votano o votano per i falsi”post-ideologici” dei 5 stelle; o abbracciano le sirene del populismo di destra.

Per questo qualsiasi progetto o proposta che non parta dal “reset” di questi “cadaveri” riprodurrà ciò che abbiamo già visto in passato. E su questo non si può essere nè indulgenti nè elastici: chi ha fatto parte di giunte di centrosinistra a qualsiasi livello e incarico, chi ha partecipato a Consigli di amministrazione, chi ha ricoperto incarichi di assessore, deputato o consigliere di governi locali e nazionali non può fare parte di questo progetto. E se c'è qualcuno veramente in buona fede dovrebbe, per senso di responsabilità, tirarsi indietro. Se questa clausola non va bene perchè poco “politicista” allora qualcuno sta bluffando e per quando mi riguarda non ci sto.

I compagni e le compagni di Napoli si sono assunti una grossa responsabilità e, al di là dei toni entusiastici, hanno commesso a mio avviso tre grossi errori:

aver lanciato la proposta a ridosso delle elezioni (accostandola al fallimento dei promotori del Brancaccio che fanno parte dei nostri avversari di classe);

non aver inserito fin da subito un veto a tutti gli ex della “sinistra” dei governi o di giunte del centro-sinistra;

e accettare le adesioni di strutture di partito organizzate quando la proposta avrebbe avuto senso se fosse scaturita prioritariamente come espressione di strutture sociali territoriali o di settore come comitati di lotta, sindacati di base, spazi sociali, associazioni culturali etc.. Per ribadire un concetto che una volta tanto è la politica che si mette a servizio dei movimenti e quindi del popolo e non viceversa...

Attenzione: qualcuno potrà accusarmi di aver affrontato il problema in modo semplicistico o con superficialità, ma i punti che ho elencato possono diventare veramente il “buco nero” di questo progetto dal quale si rischia di uscire con l'ennesima batosta, non tanto elettorale, che è quella meno preoccupante, ma progettuale per quanto riguarda il futuro della lotta di classe nel nostro paese e di una sua effettiva rappresentanza politica.

Nel frattempo mi riservo di aderire a Potere al popolo almeno fino a dopo le elezioni e nel caso non riesca a superare il quorum. Mi sembra la scelta più coerente e razionale.

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