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comidad

Perchè il FMI adotta la lotta al riscaldamento globale

di comidad

Il Fondo Monetario Internazionale è un’istituzione benemerita che lavora instancabilmente da settantacinque anni per la salvezza dell’Umanità. Purtroppo le solite menti astiose e sospettose attribuiscono al FMI ogni genere di crimine e nefandezza, accusandolo di essere la maggiore agenzia di lobbying delle multinazionali. Tanta ingenerosità dovrebbe arrendersi di fronte alla constatazione che attualmente la maggiore preoccupazione delle anime belle del FMI è il riscaldamento globale dovuto alle emissioni di CO2. Il FMI ha addirittura svolto un ruolo pionieristico nella segnalazione e nella denuncia di questa emergenza ecologica. È infatti il FMI, dall’alto della sua illuminata preveggenza, a dettare al mondo l’agenda delle emergenze.

Non tutti i climatologi sono d’accordo nel considerare il riscaldamento globale una vera emergenza. Alcuni fanno osservare che i rilevamenti non possono essere ritenuti come attendibili, poiché solo da pochi decenni sono operati con la dovuta accuratezza. Altri ancora ricordano che i cambiamenti climatici, anche drastici, sono frequenti, che ce ne sono stati di rilevanti persino in epoca storica, come nel XIV secolo; quindi non possono essere scientificamente individuati come effetto di attività antropiche.

Comunque stiano le cose, è un fatto che le emissioni di CO2 non possono essere considerate innocue per la salute pubblica, perciò misure per il loro contenimento, o eliminazione, dovrebbero essere bene accette.

Il FMI ha escogitato a riguardo una soluzione semplice e geniale: la “carbon tax”, cioè una tassazione delle emissioni di carbonio che disincentivi le tecnologie più inquinanti e incentivi invece il passaggio ad energie e processi produttivi più puliti.

I soliti scontenti fanno notare che la “carbon tax” si risolve in un finanziamento ai ricchi da parte dei poveri. Sono infatti i poveri a servirsi di tecnologie e macchine obsolete e inquinanti, perciò tassare le emissioni di CO2 vuol dire spremere maggiormente chi ha già più difficoltà a mettersi al passo, per finanziare invece coloro che potrebbero già permettersi di farlo senza sforzo. Questo trasferimento di soldi dai poveri ai ricchi però non è un dato che possa scoraggiare le anime belle dell’ecologismo puro e duro; anzi, far sì che i poveri diventino ancora più poveri li renderà meno vulnerabili alle lusinghe corruttrici del consumismo. E poi l’importante è che il pianeta sia salvo.

Sennonché la “carbon tax” comporta anche altri piccoli problemi. I brevetti delle nuove tecnologie “pulite” sono infatti detenuti soprattutto da multinazionali ed ogni provvedimento di “carbon tax” determina un’euforia di Borsa con un immediato aumento del valore azionario delle aziende che sono in possesso di quei brevetti. L’intento del FMI non era sicuramente quello di arricchire ancora di più le multinazionali, ma questa indesiderata e sfortunata circostanza viene cinicamente strumentalizzata dai soliti inguaribili complottisti nutriti dalla cultura del sospetto.

E poi l’aumento del valore azionario delle multinazionali non sarebbe questo gran male, se non fosse per un minuscolo dettaglio. Il dettaglio è che più aumenta il valore dei brevetti, più aumenta il loro costo per chi voglia accedervi. Visti i prezzi proibitivi delle nuove tecnologie, i Paesi più poveri devono persistere ad usare tecnologie obsolete, perciò l’inquinamento aumenta inesorabilmente.

Una soluzione semplice e diretta potrebbe essere quella di “socializzare” le tecnologie più avanzate liberalizzandone i brevetti. Per compensare le multinazionali del loro altruistico sacrificio, i governi potrebbero concedere loro consistenti sgravi fiscali. Sfortunatamente c’è ancora un altro problema, visto che già le multinazionali praticamente non pagano tasse, grazie non solo ai tradizionali paradisi fiscali, ma anche al fatto che oggi tutti gli Stati si stanno trasformando in paradisi fiscali per multinazionali. I governi hanno quindi già rinunciato a qualsiasi potere contrattuale nei confronti delle multinazionali, che non trovano così alcun incoraggiamento per compiere qualche sacrificio. Se hai dei privilegi è impossibile indurti a far sacrifici: ecco perché i sacrifici li devono fare solo i poveri. Il risultato è che ci teniamo sia la “carbon tax” con il suo assistenzialismo per ricchi, sia l’inquinamento da CO2. Sia chiaro che tutto ciò è colpa del destino cinico e baro, non certo del FMI.

Il prestigioso settimanale britannico “The Economist” condivide l’altruistico entusiasmo del FMI per la “carbon tax”, anche se mette in evidenza il grave ostacolo dell’impopolarità di questa tassa. Occorre quindi un apparato pubblicitario per “vendere“ alle masse la ”carbon tax”, rendendola “simpatica” e accattivante, dandole una connotazione di “sinistra”, utilizzando allo scopo un linguaggio e delle icone giovanilistiche e “rivoluzionarie”, sfruttando al meglio il senso di colpa delle vecchie generazioni che lasciano ai giovani solo macerie.

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