Print Friendly, PDF & Email

antropocene

La Banca Mondiale non è amica dei lavoratori né del pianeta

di Pete Dolack

WorldBankProtestLe politiche facilitano la distribuzione della ricchezza verso l'alto, indipendentemente dai costi umani e ambientali.

Ogni tanto, la Banca Mondiale pubblica un documento in cui chiede una migliore protezione sociale o almeno un trattamento migliore per i lavoratori. Gli addetti alle pubbliche relazioni credono evidentemente che abbiamo la memoria molto corta.

No, caro lettore, la Banca Mondiale non ha cambiato funzione, né gli elefanti hanno cominciato a volare. Senza alcuna ironia, l'ultimo tentativo di amnesia selettiva della Banca Mondiale è quello che chiama la sua Social Protection and Jobs, in cui sostiene che i governi nazionali del mondo debbano «ampliare notevolmente l'effettiva copertura dei programmi di protezione sociale» e «aumentare in modo significativo la portata e la qualità dei programmi di inclusione economica e del mercato del lavoro».

In modo esilarante, la Banca Mondiale intitola il suo rapporto di centotrentasei pagine, che illustra questa strategia Charting a Course Towards Universal Social Protection: Resilience, Equity, and Opportunity for All (pdf).

In questo rapporto, la Banca Mondiale scrive, a chiare lettere, che «riconosce che la progressiva realizzazione della protezione sociale universale (USP), che garantisce a tutti l'accesso alla protezione sociale quando e come ne hanno bisogno, è fondamentale per ridurre efficacemente la povertà e stimolare la prosperità condivisa». Inoltre, il rapporto si basa su un documento precedente che offrirebbe «un quadro generale per comprendere il valore degli investimenti nei programmi di protezione sociale e delineato il modo in cui la Banca Mondiale avrebbe lavorato con i Paesi clienti per sviluppare ulteriormente i loro programmi e sistemi di protezione sociale».

Il rapporto promuove l’obiettivo di raggiungere l’equità, la resilienza e le opportunità per tutte le persone, in particolare per quelle più vulnerabili dei paesi in via di sviluppo, e di «creare opportunità costruendo il capitale umano e aiutando uomini e donne ad accedere a opportunità di reddito produttivo».

Arriviamo a quella serie di parole in codice scelte, «capitale umano». Ci torneremo tra poco. Ma prima di evidenziare i risultati effettivi della Banca Mondiale e il suo ruolo nell'imporre una devastante austerità ai Paesi di tutto il mondo, con un enorme costo umano, diamo un breve sguardo alla risposta della International Trade Union Confederation. La ITUC, che rappresenta duecento milioni di lavoratori in centosessantatre paesi e ha trecentotrentotto affiliati nazionali, afferma che la sua «missione primaria è la promozione e la difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori» I lettori ricorderanno che l'ITUC pubblica ogni anno un rapporto sullo stato del lavoro, da cui emerge che nessun paese rispetta pienamente i diritti dei lavoratori.

Nel suo riassunto di quattro pagine della dichiarazione della Banca Mondiale, la ITUC ha ribadito di essere d'accordo con gli obiettivi illustrati dalla Banca Mondiale e «concorda con la Banca sul fatto che la mancanza di protezione sociale per la maggior parte dei lavoratori del mondo nell'economia informale è una sfida che deve essere affrontata con urgenza». Tuttavia, la ITUC «nutre una serie di notevoli riserve su alcuni messaggi politici» e contesta «il rigore dell'analisi alla base di alcune delle politiche proposte».

La ITUC scrive: «La visione della Banca sulla protezione sociale universale sembra dare priorità all'estensione dell'assistenza sociale non contributiva mirata a scapito della sicurezza sociale, quando entrambe le forme di sostegno svolgono funzioni distinte e complementari». Inoltre, «non è d'accordo con la critica della Banca ai regimi di sicurezza sociale, in particolare alle pensioni, che considerano un onere eccessivo per le finanze pubbliche e di natura "regressiva"». La “soluzione” della Banca Mondiale per rendere sostenibili i sistemi pensionistici e previdenziali «prevede principalmente la riduzione dei sussidi pubblici alla previdenza sociale, il rafforzamento del legame tra contributi e diritti attraverso schemi a contribuzione definita (piani pensionistici in cui si versa ma non si hanno garanzie di pagamento), nonché il rafforzamento del ruolo delle pensioni volontarie e private».

In altre parole, si lavora fino allo sfinimento! Questo è già un obiettivo a lungo termine degli ideologi di destra e degli interessi aziendali non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo.

 

Dietro la retorica le solite prescrizioni della destra

E, come da tradizione di destra, la Banca Mondiale attribuisce la responsabilità della disoccupazione ai singoli individui. La critica della ITUC dice: «L'onere di affrontare la disoccupazione sembra concentrarsi sull'individuo, piuttosto che sulle più ampie forze strutturali in gioco. Il [rapporto della Banca] non tiene conto in particolare delle misure che i governi possono adottare per creare nuovi posti di lavoro di qualità, come una pianificazione industriale proattiva, la creazione di posti di lavoro nel settore pubblico e gli investimenti pubblici – anche in settori ad alta intensità di lavoro con forti dividendi sociali e ambientali, come le infrastrutture, l'assistenza e l'economia verde». Infine, la Banca Mondiale sostiene che le normative sul lavoro sono “eccessive” e minacciano l'occupazione, e raccomanda di ridurre le già scarse tutele dei lavoratori.

Ancora una volta, la Banca Mondiale non ha dimenticato la sua ragion d'essere, non ha cambiato improvvisamente bandiera. Gli elefanti continueranno a non volare.

Ci aspettavamo davvero il contrario? Un'occhiata al curriculum della Banca Mondiale fornisce tutte le prove che si possono desiderare del fatto che si tratta di una delle agenzie più distruttive del mondo, un'organizzazione dedicata ad aumentare il saccheggio delle imprese e a imporre un'austerità punitiva. Una doppietta con il Fondo Monetario Internazionale. Entrambe le organizzazioni rispondono gli ordini delle multinazionali del Nord globale svolgendo ruoli complementari.

L'ultima volta che mi sono recato alla Banca Mondiale, nel 2018, la banca stava completando il suo World Development Report 2019: The Changing Nature of Work, che si apriva con citazioni di Karl Marx e John Maynard Keynes. Si trattava solo di una finzione. Il problema, si legge subito nel rapporto, è «la polarizzazione interna verso le imprese di proprietà dello Stato o con legami politici, la lentezza nell'adozione della tecnologia o la regolamentazione soffocante». Certo, i posti di lavoro stanno scomparendo, ma non è un problema perché «l'aumento del settore manifatturiero in Cina ha più che compensato questa perdita».

In sostanza, la Banca Mondiale ci ha chiesto di diventare lavoratori in nero in Cina. Che altro fare? «Investimenti tempestivi nel capitale umano» – in altre parole, pagare un sacco di soldi per lauree avanzate che non si potranno usare – e «mercati del lavoro più dinamici», che è parola in codice per eliminare le protezioni del lavoro e rendere più facile licenziare i lavoratori.

Dopotutto, gli elefanti non volavano nemmeno cinque anni fa.

La Banca Mondiale si è persino dichiarata al di sopra della legge. Purtroppo, almeno un tribunale statunitense è d'accordo. Una causa intentata presso il tribunale federale di Washington per conto di agricoltori e pescatori indiani si è conclusa con una sentenza che dichiara la Banca Mondiale immune da contestazioni legali. La banca ha stanziato quattrocentocinquanta milioni di dollari per una centrale elettrica che, secondo i querelanti, ha degradato l'ambiente e distrutto i mezzi di sussistenza. Il tribunale ha accolto la tesi della Banca Mondiale secondo cui essa gode dell'immunità prevista dalla Legge sulle immunità delle organizzazioni internazionali. La Banca Mondiale è stata quindi dichiarata l'equivalente di uno Stato sovrano, e in questo contesto è posta al di sopra di qualsiasi legge come se possedesse l'immunità diplomatica.

Un'altra causa, tuttavia, intentata da EarthRights International contro la Banca Mondiale per il suo ruolo nel chiudere un occhio su presunte violazioni sistematiche dei diritti umani da parte di un'azienda produttrice di olio di palma in Honduras per un progetto da essa finanziato, è stata autorizzata a procedere dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2019. Il caso, tuttavia, non è ancora stato deciso dal tribunale. La Banca Mondiale può quindi essere citata in giudizio nel sistema legale degli Stati Uniti, ma resta da vedere se dovrà assumersi qualche responsabilità.

La Banca Mondiale ha una lunga storia di ignoranza dei costi umani dei progetti che finanzia. Il World Development Movement, una coalizione di gruppi di attivisti locali in Gran Bretagna, riferisce che la Banca Mondiale ha fornito più di 6,7 miliardi di dollari in sovvenzioni a progetti distruttivi per l'ambiente e che minano i diritti umani, un totale probabilmente sottostimato. Per citare solo tre fra i tanti esempi, la Banca Mondiale:

Ha prestato a una società energetica indiana oltre cinquecentocinquanta milioni di dollari per finanziare la costruzione di due centrali elettriche a carbone. Le popolazioni locali, escluse dalle discussioni, a causa delle centrali, sono state picchiate, hanno visto le loro case rase al suolo e hanno subito una riduzione della loro sicurezza alimentare e un peggioramento delle condizioni di salute.

Una diga indonesiana, resa possibile da un prestito di centocinquantasei milioni di dollari della Banca Mondiale, ha provocato lo sgombero forzato di circa ventiquattromila abitanti del villaggio, che sono stati oggetto di una campagna di violenza e intimidazione.

In Laos, un progetto idroelettrico reso possibile dalle garanzie della Banca Mondiale ha fatto sfollare almeno seimila indigeni e sconvolto le condizioni di vita di circa centoventimila persone che vivono a valle della diga e che non possono più dipendere dai fiumi per la pesca, l'acqua potabile e l'agricoltura.

Uno studio sulle politiche della Banca Mondiale, Foreclosing the Future, condotto dall'avvocato ambientalista Bruce Rich, ha rilevato che:

«Attingendo a studi della Banca, valutazioni di progetti e revisioni settoriali, si dimostra che la Banca Mondiale soffre ancora di una pervasiva “cultura dell'approvazione dei prestiti” guidata da un sistema di incentivi perversi che spinge il personale e i dirigenti a concedere grandi prestiti a governi e imprese senza un'adeguata attenzione alle questioni ambientali, di governance e sociali”. Nel 2013, il personale della Banca che evidenzia i rischi sociali e cerca di rallentare l'elaborazione dei progetti rischia ancora il “suicidio di carriera”. ... [La Banca] ha continuato a concedere enormi prestiti per l'estrazione di petrolio e gas, per centrali elettriche a carbone e per l'estrazione mineraria su larga scala, generando danni ambientali, perdita di foreste e massicce emissioni di carbonio».

 

Distruzione dell'ambiente al servizio di profitti a breve termine

Volete di più? Dalla firma degli Accordi di Parigi sul clima del 2015, la Banca Mondiale ha fornito quasi quindici miliardi di dollari di finanziamenti per progetti legati ai combustibili fossili. Un rapporto dell'ottobre 2022 di Big Shift Global, una coalizione di cinquanta organizzazioni ambientaliste del Nord e del Sud del mondo, rileva che, nonostante la Banca Mondiale dichiari di voler porre fine a monte ai finanziamenti per la produzione di petrolio e gas, dispone di altre strade per promuovere i combustibili fossili.

Uno di questi metodi consiste nell'inviare fondi a un'istituzione finanziaria, che a sua volta li invia al progetto sui combustibili fossili. Un altro consiste nel fornire fondi non stanziati, ma subordinare il denaro all'istituzione di riforme che incoraggino i combustibili fossili.

Il più grande finanziamento per i combustibili fossili, secondo il rapporto Big Shift Global, è di 1,1 miliardi di dollari per il Gasdotto Trans-Anatolico, un progetto di distribuzione del gas in Azerbaigian. Altri seicento milioni di dollari sono stati destinati a un progetto di stoccaggio del gas in Turchia e altri otto progetti hanno ricevuto almeno cento milioni di dollari dalla Banca Mondiale. I progetti finanziati dalla Banca Mondiale includono l'espansione del carbone.

Altri interventi della Banca Mondiale includono la concessione di 2,8 miliardi di dollari per consentire al Ghana di spostare il suo mix energetico da una maggiore dipendenza dall'energia idroelettrica a una maggiore dipendenza dai combustibili fossili, e ha fatto pressione sul Ghana perché stipuli contratti per il gas che lo costringono a pagare 1,2 miliardi di dollari all'anno per il gas che non utilizza, con un conseguente aumento del debito del paese.

La Banca Mondiale ha inoltre incoraggiato la Guyana a ricorrere a uno studio legale texano che ha la Exxon come cliente principale per riscrivere le leggi sul petrolio, fornendo al contempo fondi per lo sviluppo della produzione di petrolio e di gas in Guyana. Tale sviluppo andrà a vantaggio della Exxon, in quanto la multinazionale dei combustibili fossili ha stipulato un contratto in base al quale la Guyana non riceverà alcun profitto fino a quando i costi del giacimento non saranno stati ammortizzati. In altre parole, secondo il rapporto di Big Shift Global, «la Exxon può continuare a far pagare alla Guyana ogni nuovo giacimento di petrolio sviluppato. Potrebbero volerci decenni prima che il denaro arrivi alla popolazione».

La Banca Mondiale ha tentato la stessa trovata di whitewashing con i suoi finanziamenti ai combustibili fossili, pubblicando una volta un rapporto che lamentava il riscaldamento globale ignorando completamente il suo ruolo nell’aggravarlo. All'epoca di quel rapporto, la Banca forniva miliardi di dollari per finanziare nuovi impianti a carbone in tutto il mondo. Secondo qualsiasi standard ragionevole, la Banca Mondiale è un'organizzazione chiave nella concatenazione di processi che hanno portato il mondo sull'orlo di un cambiamento climatico catastrofico.

Le politiche della Banca Mondiale e di suo fratello, il Fondo Monetario Internazionale, hanno costituito uno sforzo continuo per imporre il controllo delle multinazionali, smantellare le istituzioni democratiche locali e mettere il potere decisionale nelle mani dei dirigenti e dei finanziatori delle imprese, le stesse persone e istituzioni che traggono profitto dalla distruzione dell'ambiente.

La Banca Mondiale ha seguito una scia di sgomberi, sfollamenti, gravi violazioni dei diritti umani (tra cui stupri, omicidi e torture), distruzione diffusa delle foreste, finanziamento di progetti di combustibili fossili che causano l'effetto serra e la distruzione delle fonti idriche e alimentari.

Essa opera in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale, i cui prestiti, destinati ai governi per pagare i debiti o stabilizzare le valute, sono sempre accompagnati dagli stessi requisiti: privatizzare i beni pubblici (che possono essere venduti molto al di sotto del valore di mercato alle multinazionali che aspettano solo di sfruttarli); tagliare le reti di sicurezza sociale; ridurre drasticamente la portata dei servizi governativi; eliminare le regolamentazioni; aprire le economie al capitale multinazionale, anche se ciò significa la distruzione dell'industria e dell'agricoltura locali. Tutto ciò si traduce in un aumento del debito, che dà alle multinazionali e al Fondo Monetario Internazionale, che fa rispettare gli interessi delle multinazionali, una leva ancora maggiore per imporre maggiori controlli, compresa una maggiore capacità di indebolire le leggi sull'ambiente e sul lavoro.

La Banca Mondiale completa il tutto finanziando massicci progetti infrastrutturali che tendono a far guadagnare enormemente i ricchi investitori internazionali, ma ignorano gli effetti sulle popolazioni locali e sull'ambiente. Le due istituzioni lavorano, come previsto, per facilitare la distribuzione della ricchezza verso l'alto, indipendentemente dai costi umani e ambientali.


Traduzione di Alessandro Cocuzza - Redazione di Antropocene.org

Fonte: Climate&Capitalism 02.02.2023

Add comment

Submit