
Da: "fabciab@..." <fabciab@...>
Data: Ven 19 Ott 2007 5:32 pm
Oggetto: I: Re: Ogg: manifestazione del 20 ottobre: adesione o dissenso?
L'equidistanza tra la manifestazione del 20 ottobre e lo sciopero generale e generalizzato del 9 novembre mi sembra un grande errore. Certamente non è il caso di nutrire soverchie illusioni. Lo sciopero del 9 sarà probabilmente una protesta minoritaria. Ma ciò non squalifica a priori il suo significato né i suoi promotori. Il fatto di essere una minoranza con scarsa capacità di incidere sui reali rapporti di forza non dipende, in prima istanza, dalle forze politiche in campo. La situazione da cui oggi bisogna partire è stata ben descritta da Gallino nell'articolo postato in questa lista. In estrema sintesi "la fabbrica di oggi resta molto simile a quella di una generazione fa, se non di due" in quanto continua a prevedere "lavoro frammentato in mansioni parcellari e ripetitive, che si imparano alla svelta e non richiedono all' individuo che le svolge una qualifica professionale elevata"; ma "come luogo di incontro, di solidarietà, di rapporti sindacali, di interessi comuni, di amicizia, la fabbrica è cambiata. Tutte le forme di relazioni sociali sono diventate più rade e più fragili".
Molto si dovrebbe aggiungere per contestualizzare questa descrizione. Ma la cosa ci porterebbe troppo lontano. Il punto da discutere ora è cosa si fa di fronte a questa situazione. C'è chi cerca di surrogare la mancanza di una soggettività operaia e proletaria nel cielo astratto della politica imbarcandosi in un'improbabile compagine governativa che, dati gli attuali rapporti di forza, ha una carattere spiccatamente antipopolare, appena temperato da un sentimento compassionevole, nel più classico degli atteggiamenti social-liberisti su cui ha spesso insistito Bellofiore.
Meglio di niente, si potrebbe pensare. Peggio di tutto si potrebbe rispondere. Quello che si fa finta di non vedere è che per mantenere in piedi questo fragilissimo equilibrio governativo la cosa fondamentale è non disturbare il manovratore: tutte le istanze sociali che portano avanti rivendicazioni eccedenti il compromesso al ribasso su cui si fonda la partecipazione della sinistra sedicente radicale al governo, tutti i processi dal basso che tendono a ricompattare e a rinforzare le sfilacciate relazioni sociali senza tener conto delle compatibilità governative devono essere ignorati, annacquati, ammutoliti, contrastati. Si innesca così una spirale autolesionista in cui la debolezza diventa causa di ulteriore debilitazione e perciò di successivi compromessi sempre più indecenti. Tale processo è però autodistruttivo tendendo vieppiù a compromettere la rappresentatività dei rappresentanti. Arrivati in prossimità di quello che viene percepito come il punto di non ritorno la sinistra istituzionale sente il bisogno di tornare in piazza per irrorare un po' le sue vene essiccate. Senza esagerare, per carità: c'è bisogno di una manifestazione (né) di lotta (né) di governo. Nasce così la splendida idea della giornata del 20 ottobre, contro le politiche del governo, ma non contro il governo. La sinistra istituzionale, però, è talmente sputtanata che ritiene opportuno esternalizzare la convocazione della kermesse a fiancheggiatori meno compromessi (o qualcuno ha creduto davvero che l'appello per il 20 sia nato indipendentemente da Riaffonda & C.?). Soluzione doppiamente conveniente, visto che dopo la piazza bisognerà pure tornare a sedersi sulle comode poltrone del palazzo per trovare un'ulteriore accordo sulla pelle del popolo bue. Popolo che dopo quest'ultima truffa, sarà ancor più demoralizzato e incline alla passività, indebolendo ulteriormente il potere contrattuale dei sinistri di governo. E se ciò non bastasse bisogna considerare che il protocollo di luglio si concretizza nel dare elemosine sparse agli ultimi togliendo i soldi di tasca ai penultimi, determinando una redistribuzione della miseria che ha l'effetto ultimo di innescare una guerra tra poveri. Tanto basta per la manifestazione del 20. Ma che dire delle forze che hanno promosso lo sciopero di novembre? Di sicuro "il bar di guerre stellari" non offre un grande spettacolo. Ciò nonostante i soggetti che compongono la frastagliata e litigiosa sinistra extraistituzionale sono gli unici che, con mille difficoltà e deficienze, rimangono ancorati alla concretezza del sociale cercando di riannodare i fili di quelle "relazioni sociali (che) sono diventate più rade e più fragili". E, soprattutto, si dedicano a questo ingrato compito senza cercare di imbrigliare preventivamente il magma sociale odierno nell'ambito di una rappresentanza sempre più ingabbiata dalle compatibilità di sistema. Una gabbia cui non riesce a sottrarsi neanche la Fiom che pure negli ultimi anni ha costituito oggettivamente un fattore di tenuta del fronte di classe. Non deve sorprende questa ambiguità perché il termine "tenuta" va inteso nel duplice significato di capacità di resistenza e fattore di contenimento. La Fiom ha dato voce all'incazzatura operaia respingendo il protocollo, ma ha contenuto questa stessa rabbia evitando di offrirgli una ricaduta pratica. Indire uno sciopero su questo tema, a fronte del referendum, avrebbe comportato la necessità di mettere in mora l'intero meccanismo della rappresentanza sindacale, denunciandone il carattere massimamente mistificante proprio là dove si presenta sommamente democratico. Anche per questa via, dunque, si deve concludere che uno dei compiti più grossi che abbiamo di fronte è quello di portare avanti una radicale e coerente critica della rappresentanza: non della cattiva rappresentanza, ma della rappresentanza in quanto tale. Soprattutto se vogliamo evitare che la crescente spinta antipolitica non precipiti definitivamente in un populismo autoritario. Di certo non siamo sufficientemente attrezzati per questo compito. Si deve comunque partire da ciò che esiste. E, da questo punto di vista, "il bar di guerre stellari" come ha scritto Karletto, rappresenta "un oggettivo punto di appiglio per rilanciare ancora ed ancora il tentativo di tornare a far emergere la cogente materialità della contraddizione di classe". Non penso si tratti di cieco ottimismo, né di puro velleitarismo, ma della consapevolezza che, come scrisse un altro Karletto un po' più famoso, "ogni passo del movimento reale è più importante di una dozzina di programmi".
Fabio Ciabatti
P.S. credo che il 24 novembre sia la data ipotizzata per una manifestazione nazionale contro il protocollo sul welfar da parte dello stesso cartello promotore dello sciopere del 9.






































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