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Sinistra arcobaleno. Inutile, dannosa o arretrata?

di nique la police

sinarcoE' terminata ieri la convention della Sinistra arcobaleno, nome imposto dai media e dall'uso comune dopo che le mediazioni tra i gestori dei quattro cartelli elettorali che la compongono avevano partorito una sigla simile ma meno diretta e più bizantina.

Con la massima benevolenza d'analisi, e con la convinzione che a sinistra tutti possono servire, non possiamo però non rilevare che l'inconsistenza politica di questo nuovo cartello elettorale, nato come affluente di quattro più piccoli, segua quella ampiamente mostrata dal partito democratico. E qui l'etimologia del termine "politica" ci aiuta a capire il problema meglio di altri punti di osservazione: la provenienza dal greco del vocabolo "politica" indica questa come l'amministrazione della cosa pubblica suggerendo però anche una profonda incertezza e una continua oscillazione del significato di cosa pubblica.

Visto che la retorica fondativa della sinistra arcobaleno non difetta di richiami alle mutazioni storiche in atto la cronica incapacità, mostrata da ogni oratore in campo, a definire quali siano queste mutazioni rivela come questa retorica non riesca ad elevarsi sul piano dell'eloquenza figuriamoci quindi se riesce ad arrivare a quello dei contenuti.

Per delineare genericamente uno scenario: chi vuol far politica, e non sopravvivenza di ceto, nel XXI secolo deve determinare al centro del suo discorso una visione dell'uso comune delle tecnologie, che producono la ricchezza, delle comunicazioni, che escludono o includono soggetti a seconda di come sono disposte, e del sapere che è il passaporto per l'emarginazione o la cittadinanza nella società della conoscenza. Piaccia o non piaccia questo discorso non è ornamentale, o da scenario futuro, è strategico da 15 anni e determina i livelli di emancipazione, salute e di ricchezza dell'intero corpo sociale.

Il fatto che uno dei soci fondatori della sinistra arcobaleno sia il ministro dell'università e della ricerca che neanche affronta il problema, tirando fuori qualche battuta da rappresentante di classe del liceo sui tempi che cambiano, qualifica l'inconsistenza dello spessore politico dell'operazione: la riduzione di un'area di partiti ad una sorta di tattica elettorale tesa a massimizzare l'ottenimento di seggi e la presenza nei posti di sottogoverno.

Completano quest'impressione l'assenza di un richiamo serio a come organizzare la società così mutata rispetto anche ai primi anni '90, ma anche rispetto all'epoca dei social forum, e il fatto che i toni si fanno accesi solo quando si tratta di dimostrare che la sinistra ha davvero difeso il governo (sic) e non i centristi della coalizione.

Se non interverranno robuste, e traumatiche, mutazioni nello spessore costituente la Sinistra arcobaleno si candida quindi ad essere protagonista di un processo storico ma tra i più infausti della storia della repubblica. Senza visione del mondo che cambia, con una interessata spasmodica attenzione agli equilibri elettorali la Sinistra arcobaleno rischia di imboccare in maniera perdente entrambe le strade che sembrano profilarsi dal dibattito sulle riforme elettorali. La prima, nelle varie correzioni del proporzionale, può rappresentare il rovesciamento storico dell'esclusione della destra dalla vita politica avvenuto tra la costituente del '46 e il primo governo Berlusconi. Si può infatti arrivare ad un arco parlamentare, che riconosce come natura l'ultraliberismo, nel quale tutte le forze politiche trattano tra loro escludendo quel 10 per cento di sinistra che non può ufficialmente stare a questo gioco. La seconda, se passa il referendum, Segni-Guzzetta può persino portare all'instaurazione di una dittatura democraticamente legittimata con partiti del 30 per cento che governano con quasi tre quarti dei seggi ed una premiership accentuata. E qui fa veramente impressione che l'Economist sia uscito in questi giorni con un articolo dove si riflette, finalmente, sul fatto che l'esercizio del voto non coincide necessariamente con la democrazia se il trasferimento di potere tramite elezioni non avviene entro una cornice di bilanciamento dei poteri interni ed esterni alle istituzioni. C'è arrivato l'Economist ma non la convention dei nostri eroi della Sinistra arcobaleno, tesi ad intercettare quote di questo trasferimento non a definirne la natura.

La Sinistra arcobaleno sembra quindi incapace di contrastare con forza questo scenario di ristrutturata democrazia autoritaria, senza una visione politica da XXI secolo, già autoinquadrata in un'alleanza sedicente critica con il PD, senza una idea strategica di organizzazione quotidiana delle forze dal basso della società.

C'è da chiedersi davvero se quello che è nato ieri a Roma è qualcosa di inutile, dannoso o arretrato.

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