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sinistra

L’ultimo segretario del PCI

di Eros Barone

Il 24 maggio scorso, presso il salone di Rappresentanza di palazzo Tursi, sede del Comune di Genova, si è svolta una giornata di studi sulla figura dell’ultimo segretario nazionale del PCI, l’onegliese Alessandro Natta: una persona seria che dopo il 1989, distinguendosi dal liquidazionismo, dal trasformismo e dal ‘pentitismo’ ancor oggi dominanti nella sinistra, non aderì a nessuna formazione politica post-revisionista. La definizione di “ultimo segretario del PCI” non è una svista (Natta, dal punto di vista cronologico e formale, fu infatti il penultimo segretario di quel partito), ma è intenzionale. Il breve profilo che segue è soltanto una testimonianza personale e, perché no?, anche un omaggio ad un prestigioso rappresentante di un periodo irripetibile, da cui la generazione di militanti comunisti alla quale appartengo ha tratto importanti lezioni politiche, culturali e morali.

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«Qui crolla un mondo, cambia la storia... Ha vinto Hitler... Si realizza il suo disegno, dopo mezzo secolo.»

(Alessandro Natta il 9 novembre 1989 dopo la caduta del muro di Berlino)

Non mi risulta che la stampa e, in genere, i mezzi di comunicazione sociale abbiano dedicato un minimo di attenzione al centesimo anniversario della sua nascita: i tempi sciatti, immemori e servili in cui viviamo non lo consentono.

Era, come Sandro Pertini, ‘malo adsuetus ligur’ (‘un ligure avvezzo ai mali’, secondo il classico emistichio con cui Virgilio scolpisce il carattere fiero e tenace di questa stirpe che vive fra i monti e il mare).

Nel suo testamento, dopo aver dichiarato ancora una volta la sua ferma intenzione di restare, sino all’ultimo, “un illuminista, giacobino e comunista”, dispose che il suo corpo fosse cremato “per far la natta ai vermini”, come si soleva dire, un tempo, in Toscana.

Personalmente ricordo di lui, che conobbi a Genova in occasione di un comizio elettorale, la ricca e profonda cultura classica, che sapeva trasfondere in ogni momento della sua appassionata milizia politica e intellettuale, realizzando nelle aule parlamentari così come nelle manifestazioni popolari, nelle assemblee di partito così come nel dialogo diretto con i lavoratori, quella sintesi esemplare di “umanesimo e comunismo” che egli aveva appreso dal suo maestro Concetto Marchesi, dei cui scritti non a caso stese la prefazione1.

Nel 1997 la casa editrice Einaudi pubblicò, con un ritardo imperdonabile, «L’altra Resistenza», un libro scritto quasi cinquant’anni prima, in cui egli ricostruisce, quale reduce che sarebbe poi divenuto un protagonista politico dell’Italia repubblicana, il primo episodio della resistenza di massa espressa dal popolo italiano: quello cui dettero vita centinaia di migliaia di militari italiani, deportati in Germania a causa del loro rifiuto di combattere o collaborare con i nazifascisti2.

È stato per sua stessa definizione, anche se non storicamente, “l’ultimo segretario del Partito Comunista Italiano”, quando questo era ancora un ‘partito di gente seria’, insidiato dal tarlo del revisionismo, ma non ancora colpito dalla malattia mortale del trasformismo e del ‘pentitismo’, che lo avrebbe condotto alla liquidazione.

Ricordo che, quando venne eletto segretario, un noto esponente milanese della cosiddetta sinistra antagonista, dando prova di uno snobismo politico-culturale inversamente proporzionale alla sua conoscenza della storia del movimento comunista, lo paragonò ad un commesso viaggiatore per il suo aspetto e per il suo stile (indossava sempre completi grigi su camicie bianche e l’immancabile cravatta). Si spense, dopo aver consumato quantità industriali di sigarette Turmac, il 23 maggio 2001: il suo nome era Alessandro Natta, amava chiamare la sua città (non Imperia ma) Oneglia e aveva dedicato studi approfonditi all’attività politica che svolse in questo centro della riviera ligure, alla fine del ’700, il grande rivoluzionario, ‘illuminista, giacobino e protocomunista’, Filippo Buonarroti3.

In un altro saggio storico-biografico di notevole spessore Natta ricostruì la vita e l’attività di Giacinto Menotti Serrati, esponente di primo piano del socialismo massimalista italiano, anche lui originario di un paese della riviera ligure di Ponente4Due figure chiave della storia del comunismo e del socialismo in cui il ‘ligur malo adsuetus’ si riconobbe e da cui attinse ispirazione per il suo personale messaggio di coerenza politica, di rigore ideale e di umana fraternità nella lotta per l’emancipazione degli sfruttati.


Note
1 A. Natta, Prefazione a C. Marchesi, Umanesimo e comunismo, Editori Riuniti, Roma 1974.
2 A. Natta, L’altra Resistenza – I militari italiani internati in Germania, Einaudi, Torino 1997.
3 A. Natta, La compagna di Filippo Buonarroti, in «Movimento Operaio», 1955.
4 A. Natta, Serrati. Vita e lettere di un rivoluzionario, Editori Riuniti, Roma 2001. Nella produzione di Natta spiccano inoltre, sempre pubblicati dagli Editori Riuniti, Le ore di Yalta (1970) e Togliatti in Parlamento (1988), nonché, per le Edizioni Paoline e con un suggestivo titolo ispirato al pensiero di S. Agostino, I tre tempi del presente. Intervista di Alceste Santini (1988). Vanno infine ricordati i Discorsi parlamentari (1948-1988), 2 voll., Camera dei Deputati, Roma 2011, e i diari che il comunista onegliese tenne per molti anni annotandovi le sue riflessioni politiche, culturali e di costume: assai significativi gli uni per l’importante attività parlamentare dispiegata da Natta attraverso i decenni (basti ricordare, tra i frutti più succosi di tale attività, la riforma sanitaria del 1978 e la legge 194) e ancora inediti gli altri, benché di mole ragguardevole e anch’essi, secondo il giudizio di alcuni studiosi che ne hanno preso visione, di grande valore storico e biografico.

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Luciano Pietropaolo
Tuesday, 03 July 2018 14:43
«Qui crolla un mondo, cambia la storia... Ha vinto Hitler... Si realizza il suo disegno, dopo mezzo secolo.» Io che non sono mai stato iscritto al Pci pensai e dissi queste stesse cose nell'Agosto 1991 subito dopo l'auto golpe di Gorbaciov che mise fuori legge il Pcus e quattro mesi dopo portò alla dissoluzione dell'Urss.
Ricordo che gli amici e i compagni che frequentavo non coglievano affatto la tragicità del momento ed anzi prendevano la cosa con estrema levità, quasi si fossero liberati di un opprimente fardello.
Come è stato possibile? Il revisionismo ha operato lentamente come un tarlo all'interno delle loro coscienze senza che mai dalle alte sfere del partito o dalla sua base venisse posto un argine a quella inarrestabile deriva. La ricerca spasmodica del consenso elettorale, la prudenza nell' urtare la suscettibilità di eventuali alleati, la paura dell'isolamento politico ecc.hanno generato una prassi politica miope e di corto respiro che ha dato fiato al revisionismo ideologico, non solo della "destra" migliorista ma anche della "sinistra" ingraiana e Natta, pur attestato sulle posizioni del Comunismo "classico" (non "italiano") era ormai impotente e isolato. Oggi coloro che vorrebbero ricostruire il partito comunista in Italia non sembra che abbiano fatto tesoro della rovinosa esperienza passata e stentano ad affrontare alla radice le cause contingenti e remote che portarono al suicidio planetario di trent'anni fa. Spesso si fa ricorso a categorie psicologiche o al fatalismo o all'economicismo tout court ma si esita ad affrontare sul versante ideologico il tarlo del revisionismo.
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Maurizio
Tuesday, 12 June 2018 13:22
Andrea Montella scrive cose agghiaccianti sulla fine politica di Natta. Non so quanto vere su iskra.
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Mario Galati
Sunday, 10 June 2018 20:19
Gran persona. Lo ascoltai di persona solo una volta, a Parma, dov'era venuto per commemorare la figura di Guido Picelli.
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