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ilsimplicissimus

La strage “eccezionale”: da 5 a 7 milioni di morti

di ilsimplicissimus

Quanti civili e quanti combattenti sono stati uccisi dalle truppe Usa e dei loro alleati dopo l’11 settembre? Come ci si può facilmente immaginare esistono stime ufficiali abbastanza ridicole che contraddicono in modo evidenti anche quelle fatte per singolo Paese o zona di operazione, per non dire la logica stessa e l’esperienza. Americani e inglesi in un sondaggio di qualche tempo fa sembrano convinti che il Irak i morti sono stati diecimila, un numero che un po’ fa cifra tonda e un po’ risulta eticamente compatibile con una “guerra giusta”, ma che in realtà non ha alcun aggancio reale. Del resto per arrivare a un numero che abbia una qualche credibilità occorre vagliare e mettere assieme un enorme numero di studi, saggi, rapporti, analisi, notizie e stime, cosa che richiede una pazienza certosina peraltro ricompensata solo con l’imbarazzo e il silenzio degli stragisti.

A mettere insieme tutto questo, grazie all’apporto di altri collaboratori, ci ha provato il giornalista Nicholas J.S. Davis , autore del noto “Blood On Our Hands: the American Invasion and Destruction of Iraq, libro del 2010, mai tradotto in Italiano.

Aggiornando le cifre ed estendendo lo studio ad altri Paesi ha prodotto un saggio breve (che potrete trovare qui, qui e qui in inglese e qui in francese) che è veramente agghiacciante: in Irak le vittime possono essere calcolate tra 1,5 e 3,4 milioni; in Afghanistan tra un minimo di 640.000 e un massimo di 1,4 milioni; in Pakistan da un minino di 150 mila a un massimo di 500 mila; in Libia da un minimo di 150 mila a un massimo di 360 mila; in Siria la cifra “mediana” circa 1,5 milioni di persone; in Somalia, tra 500 mila e 850 mila; in Yemen tra 120 mila e 240 mila. Occorre tenere conto che per la stragrande maggioranza, si tratta di vittime civili, che questi conteggi non tengono conto delle morti indirette provocate dal drammatico abbassamento dei livelli di vita il cui numero è altissimo, mentre dal conteggio vengono esclusi molti conflitti in Africa e molte operazioni coperte o indirette condotte in Asia e Sud America e persino Europa, dove i conteggi sono ancora più ardui. Si tratta comunque di una grande strage nella quale sono morte dai 5 ai 7 milioni di persone apparentemente per vendicare le meno di 3000 vittime delle due torri gemelle fatte da terroristi e non da stati o da popolazioni che c’entravano poco o nulla. Con questi criteri alle Fosse Ardeatine avrebbero dovuto essere fucilati 66 mila romani.

Faccio appositamente questo paragone che a prima vista potrebbe parere improprio e provocatorio, ma alla fine calza abbastanza bene visto che una settimana dopo gli attacchi alle torri, quando Bush già si preparava ad attaccare l’Afganistan, Benjamin Ferencz il giurista che fu uno dei procuratori di accusa al processo di Norimberga disse che gli attacchi terroristici, erano crimini contro l’umanità, ma non “crimini di guerra”, perché gli Stati Uniti non erano in guerra. “Non è mai una risposta legittima punire le persone che non sono responsabili del torto fatto. Dobbiamo fare una distinzione tra punire i colpevoli e punire gli altri. Se rispondi in modo massiccio bombardando l’Afghanistan, ad esempio, o i talebani, ucciderai molte persone che non credono in quello che è successo, che non approvano ciò che è accaduto”. Probabilmente da un punto di vista etico il numero in sé potrebbe avere una valenza non fondamentale, ma quando ci si trova davanti a milioni di morti è evidente che si colpisce nel mucchio, che la risposta armata diventa vendetta e quest’ultima pretesto per operazioni imperialiste. Senza dire che nel corso di tali operazioni le vittime civili essendo certe e quasi sempre più numerose dei combattenti non possono essere considerate solo danni collaterali, ma quasi l’essenza della guerra stessa.

Tuttavia sappiamo che gli Usa pretendono di cancellare tutto questo, non soltanto occultando i numeri reali, ma in virtù della propria eccezionalità. Che deve esserci davvero se alcuni storici delle università dove studiano i ricchi hanno la faccia di annunciare la morte della guerra oltre alla fine della storia. E questo lo dedurrebbero dal fatto che la riduzione del conteggio ufficiale dei morti messa in relazione con l’aumento della popolazione globale riduce la percentuale delle vittime. Purtroppo ciò che sta scomparendo non è la guerra, ma il cervello e questo grottesco argomento è una delle prove del nove della progressiva infantilizzazione cui sta andando incontro la cultura americana, travolta dalla comunicazione di massa, condizionata fin nel midollo dal denaro, tarpata dal troppo potere che la schiaccia su un piano bidimensionale dal quale viene esclusa qualsiasi dimensione evolutiva del sociale e del politico, dedita al più vieto formalismo, all’emotivo compassionevole o alla speculazione astratta e futile.

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