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Honduras: atterraggio fallito, la pista è occupata dai golpisti

di Gennaro Carotenuto, lunedì 6 luglio 2009, 01:33

L’esercito golpista ha messo camionette sulla pista dove stava per atterrare l’aereo del presidente legittimo Manuel Zelaya e il pilota ha dovuto rinunciare. Mel Zelaya: “Ci hanno minacciato di abbattere l’aereo. Continuerò a tentare di entrare nel paese finché ci riuscirò. Questo conferma che esiste una minoranza ostinata senza alcun progetto politico che non impedire l’esercizio della democrazia. A questo punto denuncio che il governo degli Stati Uniti non ha fatto tutto quello che era in loro potere per fermare il golpe”.

 

Honduras: repressione e morte ma il popolo resiste ai gorilla e vuole fare la storia

di Gennaro Carotenuto, lunedì 6 luglio 2009, 01:06

Canale Honduras, a questo link tutti gli aggiornamenti sul golpe in Centroamerica!

Come nell’800, come nel ‘900, vescovoni, padroni ed esercito uniti contro il popolo. Selvaggio, bigotto, reazionario, violento è adesso il golpe in Honduras, dopo una settimana di drôle de guerre, chiaro come il sole, antico come il mondo in pieno XXI secolo.

Almeno due morti confermati, uno dei quali è un ragazzo di sedici anni, ma il lago del suo sangue non sarà mostrato dalle televisioni del pensiero unico.

Adesso ovviamente gli ipocriti daranno la colpa al presidente legittimo Mel Zelaya. L’avevamo avvisato di non tornare dirà il Cardinal Maradiaga. Come se la forza, l’uso della forza, la disposizione all’uso della forza implichi automaticamente la ragione.

Come per i nazisti che si sapeva che erano cattivi allora per i vigliacchi la colpa di tutti i massacri, dalle Ardeatine a Marzabotto, fu tutta dei partigiani che li stuzzicavano. Tanto a noi ci liberano gli americani… E anche adesso sono tutti in attesa di una parola di Barack Obama, come se davvero solo un suo cenno potesse sovvertire la follia dei gorilla.

Forse, ma quel mezzo milione di honduregni nell’aeroporto di Toncontín che mettono in gioco la vita affrontando un esercito golpista armato fino ai denti, e che non indietreggiano di fronte al fuoco, stanno facendo la storia.

 

Honduras, testimonianza:“Sembrava di essere a Genova. Prima festa poi ho visto uccidere il ragazzo”

 lunedì 6 luglio 2009, 08:50

A notte fonda (l’alba in Italia) finalmente risentiamo P.T. la cooperante di un paese europeo con la quale da tre giorni non riuscivamo a comunicare. E’ ancora in clandestinità e ha cambiato ricovero ogni due notti ma sta bene e torna dall’aeroporto. “Ero dove hanno sparato, ho visto portar via il ragazzo. Prima era stata una marcia incredibile, una festa. mi ricordava un po’ Genova [il G8 del 2001] e mi pento di averlo pensato. Non c’era nessun tipo di tensione perché la polizia (e non l’esercito!) aveva dichiarato che non avrebbe mosso un dito”.

La sensazione era di sicurezza? “Molta sicurezza e inoltre c’era un buon servizio d’ordine formato da giovani studenti universitari e da attivisti dei movimenti. Poi alla fine, eravamo già arrivati circondando l’aeroporto pacificamente sono saltati i telefoni cellulari e ho visto in azione molti provocatori che invitavano soprattutto ragazzi ad invadere l’aeroporto, cosa che era stata esclusa dal primo momento. Avevano aperto vari passaggi nella rete di recinzione. Io ho iniziato a cercare la gente per portarla via. Ed è lì che c’è stata la carica più dura”.

Come avevate vissuto i giorni precedenti? “tutti con sacrifici incredibili, ma sempre con un animo e allegria coinvolgenti nonostante lo stato di assedio, la clandestinità, la campagna di terrore. Stamane ci siamo ritrovati tutti spontaneamente ad andare verso l’aeroporto, gente del partito [liberale ndr, la base è con Zelaya, i quadri appoggiano il golpe], gente dei movimenti sociali, gente dei quartieri marginali della capitale”.

Come sono i rapporti di forza nel “Frente contra el golpe de estado”? “Alle riunioni del direttivo si capisce che i melisti [seguaci di Zelaya, ndr] sono soprattutto quelli del partito liberale che continua ad avere una base sociale ma che la maggioranza è dei movimenti popolari, sociali, sindacali, indigeni. E’ quella stessa forza che in questi anni ha convinto Zelaya a dialogare con i movimenti e che ha fatto maturare la candidatura indipendente del sindacalista Carlos H. Reyes per le elezioni di novembre. Ma di tutto si parlerà quando avremo sconfitto il golpe. Domattina [lunedì, pomeriggio in Italia ndr] è convocata un’altra manifestazione. Speriamo che l’indignazione prevalga sulla paura e la stanchezza”.

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