La storia, gli storici ed Ernesto Galli della Loggia
di Algamica*
Non conosciamo gli storici o scrittori contro cui il famoso professore e storico Ernesto Galli della Loggia scaglia i suoi dardi a proposito di una definizione – sua e di suoi colleghi – sul modo di concepire la storia e, ovviamente, di raccontarla, in modo particolare quando si scrive per libri di insegnamento nelle scuole superiori.
La querelle riguarderebbe la definizione «Solo l’Occidente conosce la storia», usata dal Galli della Loggia e altri professori e storici, messi sotto accusa da altrettanti – a noi sconosciuti – critici che avrebbero criticato il gruppo di esperti, capeggiato dal noto editorialista del Corriere della Sera scrivendo «Ma come si può mai pensare, oibò, che esistano popoli o civiltà senza storia»?! « E allora la Cina ad esempio, anche la Cina non avrebbe avuto una storia »? dicono i critici mandando su tutte le furie il professore e il gruppo col quale starebbero stilando nuovi libri di testo di storia.
Ora l’arguto professor Ernesto Galli della Loggia, parte lancia in resta, definendo in malo modo quelli che criticano senza conoscere la differenza tra – attenzione bene! – l’espressione « Solo l’Occidente conosce la storia » e quella dei suoi critici che darebbero per supposta una frase diversa, ovvero « Solo l’Occidente ha » o « avrebbe avuto una storia ». Povero professore, con chi è costretto a confrontarsi. Ma, si sa che fra le umane genti albergano anche molti “ignorantelli” che non hanno lo stesso livello di conoscenza dello storico ed editorialista in questione. Passi se in buona fede, se poi in malafede, beh, peggio che andar di notte. E sia.
Noi non prendiamo – nel caso specifico – le difese dei suoi critici, lo faranno se ritengono di doverlo fare loro, mentre ci interessa molto più da vicino non trasfigurare il pensiero del Galli della Loggia, no, ma cercare di interpretarlo letteralmente, come lui cerca di chiarire nello scritto pubblicato martedì 25 marzo dove, riportiamo l’intero periodo, senza sintetizzarlo, e dunque letteralmente ci è dato leggere: « Il fatto è che, almeno per chi ha una qualche confidenza con la lingua italiana, l’espressione “solo l’Occidente conosce la storia” , “conosce” » arguisce il professore « non “ha” » tiene a precisare l’importanza del verbo « lungi dal significare “solo l’Occidente ha avuto una storia e tutti gli altri no”, significa » udite! udite! poveri ignorantelli da quattro soldi! « ciò che nelle frasi immediatamente successive del documento viene a lungo spiegato ».
Di grazia, ci domandiamo incuriositi, cosa viene spiegato? « Vale a dire che solo in quell’area geostorica che si chiama Occidente la conoscenza di fatti storici e la riflessione su di essi – alimentata dal pensiero greco-romano » dice il nostro professore « e dal messaggio cristiano – ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima» attenzione al superlativo assoluto, che merita di essere evidenziato « nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo ».
E insiste « “Solo l’Occidente conosce la storia” non vuol dire che non ci sia stata una storia del Giappone o dell’impero Inca, e che quindi coloro che hanno sottoscritto queste parole siano dei tali idioti (per giunta un gruppo di storici di professione!) da aver mai pensato una simile corbelleria. Vuol dire che anche grazie al processo culturale di cui sopra, grazie al formarsi di una cultura storica e di conseguenza politica, si è costituito in questa parte del mondo un fattore di cambiamento senza parti ».
Come dire: certo che anche altri popoli hanno avuto una storia, ma – il sotteso, non detto esplicitamente, ma chiaramente alluso è – c’è storia e storia, vuoi mettere? Dunque i critici hanno torto perché non riescono a capire la differenza tra « le varie storie ». E rincara ancora la dose scrivendo: « Che di conseguenza, per la prima volta in Occidente, ad esempio, si è elaborato nel modo così vasto e complesso che sappiamo, il concetto decisivo di rivoluzione sociale da cui è nata la più variegata ideologia rivoluzionaria ». Insomma non solo abbiamo avuto « tutta un’altra storia », ma l’abbiamo anche saputa raccontare. Se no perché verrebbero pagati così profumatamente gli storici?
Ora è ben noto un concetto semplice, come il fatto che è l’acqua dei fiumi che corre verso il mare e non l’inverso, che la storia la scrivono i vincitori, o per meglio ancora dire i vincitori selezionano quelli disposti a scrivere la storia dei vincitori.
In questo periodo, com’è noto, si sta consumando un genocidio, a detta non solo dai soliti estremisti di sinistra o da gruppi di terroristi islamici, ma nientedimeno che dall’ONU e addirittura da ebrei coscienziosi. Un genocidio nei confronti del popolo palestinese e la distruzione di Gaza, che è, sfacciatamente, sotto gli occhi di tutti, e il professore di storia Ernesto Galli della Loggia giustifica la cosa scrivendo un giorno si e l’altro pure, che si tratta di un’azione necessaria sul piano storico tanto quanto lo fu la distruzione di Dresda nel 1945.
Ci vuole veramente tanto “coraggio” oltre che una faccia tosta pari a quella del professor Ernesto Galli della Loggia per mettere sullo stesso piano due fenomeni completamente diversi l’uno dall’altro sia sul piano temporale che su quello, per così dire, spaziale, qualitativo e così via. Ma lo storico riesce lì dove la realtà non è capace di arrivare, perché come si fa a mettere sullo stesso piano una Germania nazista e fascista degli anni ’30 del secolo passato con una economia fiorente, uno Stato potente, una mobilitazione unitaria di un popolo al seguito del suo governo e un esercito della specie che conosciamo, paragonarlo a un gruppo di volenterosi palestinesi in rappresentanza della disperazione di un popolo che subisce ogni martirio da parte dell’occupante Stato sionista di Israele dal 1948? C’è un’unica comunanza: l’azione criminale del liberalismo tanto su Dresda quanto su Gaza, con la differenza che nel 1945 si trattava di sconfiggere uno Stato forte e potente che si era reso responsabile di atrocità, mentre tra il 2023, 2024 e inizio 2025 i palestinesi si sono resi responsabili, attraverso propri rappresentanti, di un atto di protesta superando il confine nei confronti dello Stato sionista che li opprime da 80 anni.
Insomma come spiegare una così palese falsità storica venduta alle menti umane, anche disponibili a recepirla, benintesi, come termine di paragone per definire un male assoluto e giustificare una criminalità tanto eclatante? Nell’unico modo possibile: nel definire un principio liberista secondo il quale si nasce uguali, ma poi si incomincia a correre e i più intelligenti, i più forti, i più furbi, i più capaci devono dominare su tutti gli altri. Un concetto che l’attuale presidente del Consiglio italiano, la signora Giorgia Meloni, spiegò un minuto dopo essere stata nominata in carica. Una giovane signora vezzeggiata sul piano politico e culturale per tutto un tempo precedente alle elezioni proprio dal nostro professor Ernesto Galli della Loggia.
Che la corsa sia non solo fra individui all’interno del singolo paese ma tra Stati e nazioni lo spiegano “certi storici” non partendo per esempio dalle condizioni morfologiche del terreno o dalla ricchezza del sottosuolo, ma, dice il nostro storico « Che solo in Occidente, inoltre, si è avuto l’emergere diffuso e prepotente della libera personalità individuale, incomparabile centro animatore di tutto quanto ora detto ». Come a ribadire: che ci possiamo fare se siamo più belli, più capaci, più intelligenti, più forti e più affascinanti di tutti gli altri? Non ce ne possiamo fare una colpa se gli altri sono inferiori!?
La cattiva coscienza
Suvvia, arguisce il nostro, ma la cattiva coscienza punzecchia sulla molle pelle: « Si vuol sostenere che tutto ciò non è vero? Che si tratta di un mucchio di falsità inventate da un manipolo di pseudo storici al solo scopo di tessere l’elogio dell’uomo bianco e della supremazia della sua civiltà a scapito di tutte le altre »? Difficile rimuovere del tutto la cattiva coscienza, è come il fuoco sotterraneo di un vulcano che trova sempre la via per uscire.
Attenzione però, il signorino non si sottrae a qualche domanda importuna e la dice tutta e fino in fondo: « Si obietta che però la marcia trionfale dell’Occidente è stata costellata anche di lacrime e sangue. E chi lo nega»? Ma maliziosamente aggiunge alla maniera mozartiana, così fan tutte: « Ma forse che l’impero mongolo o il dominio islamico o quello atzeco sono stati l’anticamera del giardino dell’Eden? Forse che la storia non è stata, sempre, anche quel banco di macelleria di cui parlava Hegel »? Il povero professore rischia di perdere la calma, capisce d’essersi infilato in un vicolo cieco privo di vie di uscita e allora: « Si vuole sostenere che tutto ciò non è vero? Che si tratta di un mucchio di falsità inventate da un manipolo di pseudo storici al solo scopo di tessere » attenzione bene, la cattiva coscienza emerge improvvisa come la tosse « l’elogio dell’uomo bianco e della supremazia della sua civiltà a scapito di tutte le altre »? Che strano, il professore e storico, che conosce bene la lingua italiana, sa perfettamente che la domanda contiene la risposta, e cerca rovinosamente di smentirla senza mai riuscirci, anche perché è chiamato a non smentirla, altrimenti come si giustificherebbe la supremazia dell’Occidente e la necessità della sua difesa, costi quel che costi: Dresda ieri l’altro, Vietnam, Sud America, Iraq, Jugoslavia, Afghanistan e dintorni ieri, e Gaza oggi e chissà cosa, domani?
Diciamoci la verità: vendere idee vaganti, come sono costretti a fare certi storici è veramente faticoso, forse proprio per questa ragione sono pagati profumatamente, basti solo pensare che un Vittorio Feltri guadagnava al Corriere della Sera, prima di passare ai giornali del cavaliere Berlusconi, un miliardo di vecchie lire all’anno. Dunque seppur “faticoso” ne vale la pena. E allora, avanti tutta: « E tuttavia possiamo tranquillamente sfidare chiunque a dimostrare che oggi questi luoghi non siano i luoghi più civili e umani della terra. Ma se ciò è vero, è lecito o no chiederci come mai? Perché è accaduta una cosa simile? E chiederci infine per quale ragione non dovremmo sentirci autorizzati a illustrarne le ragioni ai nostri figli»? Povero martire, preso di mira da quanti non conoscono la storia e perciò non la possono saper raccontare.
Non crediamo di dover spiegare al professor Galli della Loggia che i paesi europei sono stati colonialisti e che si imbarcarono per raggiungere l’India e commercializzare con l’Oriente e si trovarono in America del Sud su un suolo e sotto suolo con un clima caldo umido e straordinari giacimenti di oro, argento e quant’altro scambiando con ciò criminalità e malattie sconosciute ai locali. Sicchè se un rapinatore diviene un nobiluomo smette di essere un criminale vecchio stile, diciamo così, ma non di essere stato un criminale. Non solo, ma che se le circostanze lo impongono – come nell’attuale crisi economica del modo di produzione capitalistico, in modo particolare in Occidente - il nobiluomo torna alla sua “infantile” criminalità.
Dunque se uno storico come Emilio Gentile, poteva scrivere in Ascesa e declino dell’Europa nel mondo 1898-1918, pubblicato nel 2018 « [...] Per esaltare maggiormente la superiorità della modernità trionfante della civiltà occidentale, l’esposizione del 1900 dedicava alle colonie dell’Europa imperiale speciali padiglioni dove, fra esemplari di piante, animali e villaggi esotici, erano messi in mostra esemplari di popolazioni indigene con i loro costumi, che si esibivano in riti e danze tradizionali, mentre nella Esposizione coloniale francese erano documentati i benefici che il colonialismo apportava alle razze inferiori » a p. 24, il corsivo è nostro.
Ai critici del capitalismo da un punto di vista valoriale, vorremmo solo ricordare che si tratta di un lavoro che equivale a fare un buco nell’acqua, perché un modo di produzione è retto da leggi che determinano la volontà dell’uomo, dunque o siamo capaci di criticarlo da questo punto di vista oppure è tempo perso. E per essere più chiari anticipiamo una tesi: fino a un certo punto il modo di produzione espressosi maggiormente, per rapina, in Occidente, poi si è esteso per cerchi concentrici in tutto il mondo, pur se combinato e diseguale sempre per quelle famose leggi impersonali che il liberismo impugna, fino a prodursi in una crisi dove non può più valorizzarsi, per tre fattori fondamentali: sovrapproduzione di mezzi di produzione, sovrapproduzione di merci e calo demografico in gran parte del mondo tranne l’Africa o buona parte di essa. Di contro per poter tentare di rilanciare l’accumulazione il modo di produzione capitalistico è costretto a ricorrere a terre speciali che per poterle trasformare richiedono dei costi elevatissimi, questo per un verso, e un consumo d’acqua da sottrarre alla campagna per l’altro verso. Per non parlare dei disastri ambientali. Insomma un sistema che si sta avvolgendo la corda al collo.
Ernesto Galli della Loggia, oggi molto inviso ai cosiddetti intellettuali di sinistra che criticano la sua (e quella dell'insieme dell'equipe) ricostruzione dell'Occidente per i libri di testo di scuola per le medie superiori, sulla questione della Palestina fin dal 7 ottobre 2023 è stato chiaro: È arrivato il momento di chiudere in modo definitivo con l'aspirazione di una patria-Stato del popolo palestinese anche perché rappresenta un simbolo storico per i profughi sparsi in tutto il mondo, ovvero un continuo richiamo. Una tesi che è stata dell'insieme dell'Occidente di cui Ernesto Galli della Loggia si è fatto portatore sbandierandola continuamente contro quella cosiddetta dei « Due popoli due Stati » dalle pagine del Corriere della Sera un giorno si e l’altro pure, sin dal giorno successivo al 7 ottobre 2023, dunque ben prima che fosse eletto Trump. Viva la faccia, basta con l’ipocrisia democratica dei democratici: pane al pane, vino al vino.
Ora bisogna essere chiari e non mentire a noi stessi: una rivendicazione non si può tenere in vita per l'eternità (il determinismo è anche questo) e a un certo punto la forza delle contraddizioni economiche (ovvero di ciò che realmente determina e modifica il corso degli eventi, diviene disperazione – di un modo di produzione in crisi, contro l’altra disperazione, quella del popolo palestinese contro cui ancora in questa fase prevale. Detto in termini brutali: la disperazione dovuta alla crisi economica, per come si sta manifestando in Occidente (e siamo solo all'inizio) è infinitamente maggiore, secondo i parametri di uno storico come Ernesto Carlo della Loggia, della disperazione di sei o più milioni di palestinesi che aspirerebbero a una terra, la loro terra, a uno Stato e una patria nazionale. Dunque non c’è comparazione: ubi maior minor cessat: la forza delle leggi impersonali del modo di produzione del capitale devono prevalere su quelle della causa “circoscritta” e “circoscrivibile” di un “piccolo” popolo. In questi termini si pone la questione.
Che i paesi arabo-islamici potessero ingaggiare una lotta - per difendere i palestinesi contro l'Occidente - era il sogno dei poveri fessi, ovvero di quanti ragionano sul piano di una certa razionalità, di quanti cioè non capiscono la forza delle leggi economiche impersonali del moto.
Come giustificherebbe domani, il nostro storico, nei libri di testo per “i nostri figli”, un simile scempio come quello compiuto ai danni del popolo palestinese in nome della civiltà liberale? Come atto di civiltà, ovvero della civiltà liberale che rappresenta le ragioni dei più forti, dei più potenti e prepotenti. E perché mai l’umana specie, liberista e liberale, sarebbe superiore alle altre specie animali, visto che le altre specie non dominano una parte della loro stessa specie?
Noi che abbiamo imparato da Marx a conoscere le leggi impersonali dell’economia capitalistica e saperle (anche con difficoltà) applicare nell'analisi diciamo che i paesi arabo-islamici sono imbrigliati (dunque resi prigionieri) da quelle leggi, e oltre che finanziare una sorta di guerriglia non possono andare. Se ciò vale per i paesi arabo-islamici a maggior ragione vale per la Cina, l’India, la Russia e il resto del mondo senza eccezione di sorta.
Chi si arrampica sugli specchi – e quanti a sinistra! – sulla possibilità di modificare le leggi dell’economia e far funzionare diversamente il capitalismo, se in buona fede farebbe meglio a tacere; se in mala fede gioca a sapersi nascondere, ed è per questo che gli diciamo: vieni avanti, cretino! non fare il furbo: hic Rhodus hic salta!
Ma attenzione, cari storici profumatamente assoldati, perché siete costretti voi stessi a scrivere « Tutto, sul pianeta, è in movimento, senza più una forza ordinatrice » come fa Danilo Taino sul Corriere della Sera di giovedì 20 marzo u.s.. Ovvero di un certo ordine sin qui susseguitosi. Per poi aggiungere: « Dal Sud Africa all’India, dal Medio Oriente alla Cina e Taiwan, dall’Ucraina all’Unione Europea e soprattutto agli Stati Uniti, un sommovimento globale ha fatto saltare le certezze passate e i punti di riferimento su cui si fondava l’ordine del mondo », il vostro ordine liberista.
Noi possiamo solo aggiungere che niente è eterno e a un certo punto c’è un redde rationem della storia, anch’esso impersonale, e il moto che è stato favorito da quelle leggi impersonali, su cui tanto insistiamo, sta arrivando a un punto da implodere.
In che modo, ci si potrebbe domandare allora il sionismo e l’Occidente che lo sostiene, potrebbero essere tentati di risolvere il problema di circa due milioni di palestinesi senza più nemmeno una striscia di terra come Gaza che è stata rasa al suolo?
Non azzardiamo ipotesi, neppure quelle che a rigor di logica potrebbero apparire come le più razionali, perché la crisi drammatica del modo di produzione capitalistico spinge l’Occidente – e gli Usa in primis, e in modo particolare in quell’area – a soluzioni sempre più drammatiche. Perché ci dovremmo meravigliare se il sionismo, sostenuto dal trumpismo e dal vanceismo dovesse forzare il confine con l'Egitto e la Giordania e favorire l'evacuazione di una parte dei palestinesi e farli divenire profughi in quelle terre?
Ma a nostro modesto parere questo non farebbe che portare l’Occidente a infognarsi ulteriormente e contribuire ad aggravare la crisi generale verso una catastrofe.
Insomma per lo stesso Occidente varrebbe il detto che ha tentato un rimedio che ha peggiorato ulteriormente il male non solo per sé ma anche per l’insieme del sistema, perché, come andiamo ripetendo: tutto si tiene finché si tiene o nulla più si tiene.
Buona fortuna!
Comments