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voxpopuli

Coronavirus, crisi economica, Europa

Bollettino Culturale intervista Vladimiro Giacché

1584630297241 1584630346.jpg l economia italiana guarira dal coronavirus Vladimiro Giacché è nato a La Spezia nel 1963. Presidente del Centro Europa Ricerche dall’aprile 2013.

Nel settore finanziario dal 1995, sino al 2006 ha lavorato presso il Mediocredito Centrale, dove ha ricoperto nel tempo i ruoli di responsabile dell’ufficio sviluppo risorse umane, assistente del Presidente, responsabile del servizio studi e relazioni esterne e del servizio revisione interna. Dal 2006 al 2007 è stato responsabile dello staff tecnico di Matteo Arpe, Amministratore Delegato di Capitalia. In Sator dal 2008, è stato responsabile affari generali di Sator S.p.A. e della funzione di internal audit di Sator Immobiliare SGR S.p.A.

É attualmente responsabile della funzione di internal audit di Arepo BP S.p.A. e membro del Consiglio di Amministrazione di Banca Profilo S.p.A.

Studi universitari svolti a Pisa e Bochum (Germania), laurea e dottorato di ricerca in filosofia con il massimo dei voti alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Principali pubblicazioni: Finalità e soggettività. Forme del finalismo nella Scienza della logica di Hegel (1990), Storia del Mediocredito Centrale (con P. Peluffo, 1997), La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea (2008, 3a ed. 2016), Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato (2012; ed. tedesca 2013), Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (2013; ed. tedesca 2014, ed. francese. 2015) e Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile (2015). Nel corso degli anni ha curato saggi economici e politici di Marx e Lenin, pubblicando spesso articoli scientifici su riviste italiane e straniere.

Il suo ultimo libro è "Hegel: la dialettica".

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sinistra

L'istituzione totale

di Piotr

unnamed98742y1. Diversi miei amici indiani mi hanno più volte scritto per avere notizie sull'epidemia da coronavirus in Italia. Nella mia ultima risposta ho espresso la preoccupazione per l'esito neo-totalitario che questa crisi può avere, che è forse ancora più chiaro degli esiti economici e finanziari che per ora io non riesco ancora a mettere bene a fuoco.

La risposta di uno di essi mi ha particolarmente colpito. Devo subito dire una cosa: questo mio interlocutore indiano non è uno che girovaga su Internet alla ricerca di notizie stravaganti. E' una persona di sinistra, è un pacifista, sostiene in modo militante il dialogo tra India e Pakistan, odia i fanatismi ed è persona intrinsecamente tollerante e riflessiva. In più è un ottimo matematico, è stato dean del Dipartimento di Matematica Pura di una prestigiosa università indiana, è razionale e non crede alle spiegazioni soprannaturali.

Ecco cosa mi ha scritto:

“Amico mio, tu dici di non credere alle teorie cospirazioniste. Va bene. Tuttavia io percepisco (I am feeling) che si stia in realtà preparando una grande cospirazione: a great conspiracy is brewing up”.

Attenzione alle parole, perché il mio corrispondente, è una persona molto istruita e meticolosa e non le usa a caso: “isbrewing up” significa “si sta preparando”, “sta fermentando”, “si sta apparecchiando”. Quindi il mio amico non sostiene che il coronavirus sia frutto di una cospirazione (cosa indimostrabile oggi e che con molta probabilità non sarà mai possibile dimostrare e comunque è ininfluente per il discorso politico che dobbiamo fare), ma che la crisi del coronavirus permette una cospirazione.

Poi specifica cosa intende per “cospirazione”: “Mentre noi siamo confinati a casa si sta ordendo ogni misfatto: all misdeeds are being hatched”.

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giap3

Sul funerale di Salvatore Ricciardi

Salutare un amico e un compagno, tornare a occupare lo spazio pubblico

di Wu Ming

salvo 1Tra le misure prese durante quest’emergenza, il divieto di assistere ai funerali è una delle più disumanizzanti.

In nome di quale idea di «vita» si sono prese queste misure? Nella retorica dominante in queste settimane, la vita è ridotta quasi interamente alla sopravvivenza del corpo, a scapito di ogni altra sua dimensione. In questo c’è un fortissimo connotato tanatofobico (dal greco Thanatos, morte), di paura morbosa del morire.

La tanatofobia permea la nostra società da decenni. Già nel 1975 lo storico Philippe Ariès, nel suo caposaldo Storia della morte in occidente, constavava che la morte, nelle società capitalistiche, era stata «addomesticata», burocratizzata, in parte deritualizzata e separata il più possibile dal novero dei vivi, per «evitare […] alla società il turbamento e l’emozione troppo forte» del morire, e mantenere l’idea che la vita «è sempre felice o deve averne sempre l’aria».

Nell’arrivare a ciò, proseguiva, era stato strategico «lo spostamento del luogo in cui si muore. Non si muore più in casa, in mezzo ai familiari, si muore all’ospedale, da soli […] perché è divenuto sconveniente morire a casa». La società, sosteneva, deve «accorgersi il meno possibile che la morte è passata». Ecco perché molti rituali legati al morire erano ormai ritenuti imbarazzanti e in fase di dismissione.

Già prima dello stato d’emergenza che stiamo vivendo, la ritualità legata al morire era stata ridotta al minimo. Per questo ci hanno sempre colpito così tanto le manifestazioni di un suo riemergere. Si pensi al successo mondiale di un film come Le invasioni barbariche di Denys Arcand.

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appelloalpopolo2

Emergenza coronavirus e crisi economica: come uscirne

Ai cittadini italiani

di Comitato Direttivo del FSI-Riconquistare l'Italia

5093252 2258 corronm1. Sulla necessità di un dibattito sul fine, sui mezzi e sugli scenari ipotizzabili

Cari giornalisti e cari direttori delle testate di informazione nazionali, che ci auguriamo vogliate apprezzare queste riflessioni e soprattutto i dubbi e gli interrogativi che esse intendono sollevare;

cari direttori delle testate di informazione online diffuse nelle contrade italiane, che speriamo darete spazio a questo nostro studio;

cari stimati intellettuali, che speriamo apprezzerete queste riflessioni, eventualmente dando ad esse qualche risalto;

soprattutto cari cittadini, che apprezzerete, condividerete e diffonderete il documento;

un evento straordinario ed imprevedibile si è abbattuto sull’Italia e si sta abbattendo sul mondo: la diffusione di un virus che si è rivelato per ora – e sottolineiamo per ora – a moderata letalità (numero di morti sul totale degli infettati) e a scarsa morbilità (numero di malati seri sul numero degli infettati).

Tuttavia, a causa dell’alta percentuale di soggetti infettati ma asintomatici o estremamente paucisintomatici, nonché a causa del non breve periodo di incubazione, il virus è ad alta contagiosità e, se lasciato liberamente circolare, da un lato provocherebbe un alto numero di morti in termini assoluti tra i cittadini più deboli – anziani con alcune gravi patologie croniche e soggetti immunodepressi per ragioni varie -, dall’altro farebbe collassare i Sistemi Sanitari Nazionali, provocando la morte anche delle persone altrimenti curabili.

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Coordinamenta2

Non torneremo alla normalità…

di Coordinamenta femminista e lesbica

Un nostro contributo per Continuare a pensare/Continuare a lottare…

crepa 3“Non torneremo alla normalità perché la normalità era il problema” (parole dal Cile in rivolta).

Premessa

È in atto una pandemia da Coronavirus. Non riteniamo utile entrare nei dettagli di tipo scientifico e tecnico. Non servirebbe perché scienza e ricerca non sono affatto neutrali. Ci interessa piuttosto indagare a capire le cause e gli effetti, attuali e futuri, di quello che sta succedendo.

Punto in comune tra le molteplici teorie: la pandemia è prodotto del modo di produzione capitalistico (v. https://jacobinitalia.it/la-pandemia-del-tardo-capitalismo/ + altri riferimenti in bibliografia).

L’emergenza sanitaria, d’altra parte, è il risultato delle politiche neoliberiste, ossia della deregulation, delle privatizzazioni e dello smantellamento dello stato sociale.

Tutti lo dicono, ma ben attenti a occultare il fatto che tutte/i quelle/i che negli ultimi decenni hanno opposto le loro idee, le loro azioni e il loro corpo (sì, perché per fare politica c’è bisogno di metterci anche il corpo) a queste politiche sono state/i criminalizzate/i, represse/i, marginalizzate/i. Nel periodo “prepandemico” erano loro, eravamo noi, gli irresponsabili: quelle/i che resistevano agli appelli al senso del sacrificio imposto dalle politiche dell’austerità.

 

Le crepe nella normalità

Già in numerose occasioni ci siamo confrontate su quello che significa oggi l’azione politica e sui numerosi ostacoli che si frappongono, in una società neoliberista, alla costruzione di un discorso e di percorsi realmente antagonisti.

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nuovadirezione

L’ora del gattopardo (e quella del gatto selvaggio…)

di Mimmo Porcaro

unnamed9754Poco dopo il terribile terremoto che nel dicembre del 1908 devastò Messina, il generale Franz Conrad von Hötzendorf, capo di stato maggiore dell’esercito asburgico, ispirò articoli di giornale che invitavano a cogliere quella insperata occasione per attaccare finalmente l’Italia. Sottile stratega, non c’è che dire. Il consiglio non fu seguito allora, ma è stato seguito pochi giorni fa nell’ultima riunione del Consiglio europeo, ad opera di Angela Merkel. Il paragone non sembri forzato: è vero, il terremoto (l’epidemia) colpisce oggi anche la Germania, ma vuoi perché colà i numeri del contagio sembrano inferiori, vuoi perché il loro sistema sanitario è meglio attrezzato del nostro, vuoi (soprattutto) perché i loro mezzi finanziari sono incomparabilmente più ingenti di quelli italiani, i tedeschi possono galleggiare, noi no. E se vogliamo salire sulla zattera dobbiamo pagare caro, con aumenti vertiginosi del debito “nostrano”, intromissioni, condizionalità, svendita delle imprese strategiche. Cosicché la corda che ci viene oggi lanciata per uscir dai flutti (“Indebitatevi pure, cari amici italiani…” ) ci servirà domani per impiccarci. Pare che, nella videoconferenza che precauzionalmente ha sostituito il tradizionale incontro, “mutti” Angela (ossia “mammina”, come affettuosamente la chiamano i suoi connazionali) sia apparsa soltanto in foto, e abbia parlato attraverso un interprete: si può ben dire che non si è mai vista una fotografia menare tali e tanti fendenti.

A questo punto l’Unione europea (e in particolare l’eurozona) non è che un immenso cadavere che continuerà ad ammorbare l’aria e ad intralciare i movimenti ancora per altro tempo, ma che ha perduto ogni vera capacità di imposizione politica.

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tempofertile

Circa Nadia Urbinati, “Non arrendiamoci a ‘tacere e obbedire’”

di Alessandro Visalli

5e723d862300003d1ade4a26Un breve post su Huffpost, quindi di larga diffusione, del politologo (sì, uso il neutro) Nadia Urbinati che mi è più volte capitato di commentare, spesso con apprezzamento per le sue tesi sempre dense ed interessanti.

In questo breve post ci sono molti strati di lettura, alcuni condivisibili, ma c’è un nucleo duro questionabile e c’è una struttura retorica tanto forte quanto irresponsabile.

Parto dal condivisibile.

Le istituzioni sono colpevoli, collettivamente ed individualmente. Senza dubbio. Sono colpevoli di aver smantellato per anni le capacità di reazione e prevenzione del nostro sistema sanitario nazionale, in parte demandandole al privato e, in misura maggiore, semplicemente riducendone i finanziamenti e l’efficacia. Questo è quel che sostiene la Urbinati e io lo credo vero. Il nostro sistema è stato, come dice, “maltrattato e indebolito”. La regione Lombardia aveva ormai un ventilatore ogni quattromila abitanti, negli anni di austerità sono stati tagliati venticinquemila posti letto, l’Italia per posti in terapia intensiva è al diciannovesimo posto tra i paesi Ocse, ma per Pil è al nono, la Germania ne ha il triplo per abitante. Più di noi l’Irlanda, la Finlandia, l’Olanda, la Francia, il Portogallo, la Lettonia, l’Estonia, la Grecia, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Slovenia, l’Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, il Belgio, l’Austria, la Lituania e la Germania (in ordine ascendente). Meno di noi solo la Spagna, la Danimarca, il Regno Unito e la Svezia (in ordine discendente).

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badialetringali

La Commissione dell’Amore e la fine del capitalismo

di Marino Badiale

31segreI. Premessa

Lo stimolo diretto alla stesura di questo scritto viene dall’istituzione, da parte del Senato della Repubblica Italiana, della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza” [1], ma le riflessioni che lo compongono hanno radici più lontane. Da molto tempo, infatti, mi sembra di notare nelle nostre società una tendenza alla restrizione della libertà di pensiero e di espressione, e ritengo che questo tema meriti una riflessione specifica. Si tratta di tendenze notate da vari osservatori, per esempio Massimo Fini che, intervenendo a proposito dell’istituzione della Commissione, scrive che non si possono proibire i sentimenti [2]. La mia prima reazione, quando si è cominciato a parlarne, è stata quella di trasformare la dicitura “Commissione contro l’odio” in “Commissione dell’Amore”, e associare una tale Commissione al “Ministero dell’Amore” di orwelliana memoria. Queste sono battute scherzose, naturalmente, ma accennano a un problema serio, ovvero al problema se si stiano lentamente erodendo, nei paesi avanzati, alcuni dei fondamentali principi della civiltà occidentale, e, se questo è vero, quali ne siano le cause. A questi problemi sono dedicate le riflessioni che seguono.

 

II. Introduzione

Il punto di partenza delle mie considerazioni, lo sfondo generale nel quale devono essere inquadrate, è la convinzione che la civiltà occidentale stia vivendo gli ultimi anni della sua storia. La sua organizzazione economica e sociale, che brevemente indichiamo col termine “capitalismo”, sta ormai distruggendo le basi naturali e sociali della sua stessa riproduzione. Si tratta di una società entrata in una fase “autofagica”[3], che porterà alla sua fine traumatica, probabilmente entro la fine di questo secolo.

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lantidiplomatico

"Siamo in una tempesta perfetta. L'Europa non ha risposte ad uno shock esterno come una pandemia"

Intervista a Domenico Moro

pandemia coronavirusL'economista autore de 'La gabbia dell'euro': "La speranza, anzi l’obiettivo di una forza politica di nuova sinistra dovrebbe essere quello di sfruttare l’occasione che si presenta inserendosi in queste incrinature e far saltare il sistema della Ue e dell’euro."

All'emergenza sanitaria seguirà il difficile, difficilissimo momento della ricostruzione economica. Se questa crisi sarà un'oppportunità per rottamare per sempre un sistema, un modello e una propaganda fallita e fallimentare impostasi negli ultimi trent'anni, dipenderà anche dalla mobilitazione popolare e dell'opinione pubblica da subito.

Come AntiDiplomatico vi proporremo un percorso di interviste per iniziare a delineare la situazione attuale, immaginare i prossimi scenari e sensibilizzare il più possibile sui fallimenti del passato da non ripetere più in futuro.

Qui di seguito il preziosissimo contributo dell'economista Domenico Moro* (intervista esclusiva per l'Antidiplomatico).

* * * *

La Spagna requisisce la sanità privata, la Francia annuncia nazionalizzazioni di imprese in crisi e la Germania prepara un bazooka da 550 milioni per salvare le sue aziende. Le misure del governo italiano sono state invece molto più contenute e rispettose delle regole europee: non è che l'Italia è rimasta la sola a cercare una via condivisa di uscita dalla crisi?

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la citta futura

La Russia è un paese imperialista?

di Alessandra Ciattini

Nel complesso mondo contemporaneo è importante comprendere qual è la natura degli Stati che stanno in competizione tra loro anche per operare una ragionata scelta politica

4e402c8920f4be037902c4be9402ea8f XLMolti si interrogano anche da sinistra sul carattere imperialistico dell’attuale Russia, governata da Vladimir Putin, ex agente del KGB ed ex militare, ormai al potere dal 2000, per cui abbiamo deciso di mettere insieme una serie di dati raccolti da alcuni studi per rispondere a questa domanda. Naturalmente i fattori che hanno determinato il trapasso da una forma di capitalismo di Stato, con il riconoscimento di un’ampia serie di diritti e di conquiste ai lavoratori sovietici, a un capitalismo definito semi-periferico sono molteplici e di carattere esterno ed interno e tra questi ultimi bisogna annoverare il ruolo avuto dalla grande burocrazia.

Nel processo di disgregazione dell’URSS, iniziato negli anni ’80 e portato a termine dalle politiche di Gorbaciov, una parte importante è stata giocata anche dal capitalismo internazionale, il quale, per accaparrarsi le immense risorse sovietiche, ha sostenuto l’emergere di quello che si è definito capitalismo semi-periferico in Russia e nei paesi del CSI; capitalismo caratterizzato da ampi livelli di criminalità imprenditoriale, dalla fuga dei capitali, dalle privatizzazioni, dal controllo informale delle entrate, il cui costo è stato un sensibile calo demografico [1].

Per far accettare agli ex sovietici il passaggio al capitalismo un programma televisivo faceva questa propaganda: il socialismo era rappresentato da una torta che veniva divisa in piccoli pezzi distribuiti tra tutti i cittadini; anche il capitalismo era rappresentato da una torta, ma i pezzi erano assai più grandi e sempre divisi tra tutti.

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mondocane

Ballando sul balcone con due piedi nella fossa della libertà

di Fulvio Grimaldi

Medjugorie, i reprobi e una madonna molto vendicativa. Suicidio assistito dell’umano libero

balcone“Se uno, con parole mielate e cattivo pensiero, convince il popolo, saranno grandi i mali che colpiranno lo Stato" (Euripide, Oreste)

Stavolta più che leggere si vede e si ascolta.

Trasmissione Byoblu su virus e connessi del 13 marzo 2020, con interventi di Massimo Mazzucco, Alessandro Sansoni e miei. Byoblu è una web-tv italiana, diretta da Claudio Messora, che fa onore alla nostra informazione per libertà, indipendenza, ricchezza, diversità di notizie e analisi fuori e contro le comunicazioni controllate e obbedienti e che ci offre una preziosa alternativa di ricerca e verità. Ho avuto qualche volte il privilegio di partecipare ai suoi talk show, o tavole rotonde. Così anche sere fa, insieme ad interlocutori fuori dal coro come Massimo Mazzucco, il “debunker” incontestabile di tante Fake News americane, e ad Alessandro Sansoni, giornalista di “Cultura e Identità“. In testa c’è il link. E’ una trasmissione che susciterà consensi e controversie, ma credo che valga la pena, anche perché, di tempo tutti quanti ora, grazie all’esercitazione in corso, ne abbiamo.

 

Dalla Germania un’altra storia

https://www.youtube.com/watch?v=p_AyuhbnPOI

E questo è un video di importanza fondamentale, direi risolutrice. E’ in tedesco con sottotitoli inglesi e lo affido a chi, tra i miei interlocutori, volesse assumersi il campito di tradurlo in italiano, o aggiungerci sottotitoli, in modo da annientare una volta per sempre la sciagurata esercitazione di riassetto socio-politico operata su di noi con il ricatto della salute e della vita. Parla il prof. Wolfgang Wodarg, pneumologo, epidemiologo, massima autorità tedesca ed esponente europeo del sistema pubblico della sanità (vedi il mio “Emergenze “naturali”, o cent’anni di Cigni Neri?” in www.fulviogrimaldicontroblog.info).

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mondocane

Coronavirus e dintorni , laboratorio Italia

Grande esercitazione "tutti ai domiciliari e tutti in guerra"

di Fulvio Grimaldi

urlo munch4Tornate alle vostre superbe ruine, /All’opere imbelli dell’arse officine, /Ai solchi bagnati di servo sudor. / Il forte si mesce col vinto nemico, / Col novo signore rimane l’antico; / L’un popolo e l’altro sul collo vi sta. / Dividono i servi, dividon gli armenti; / Si posano insieme sui campi cruenti / D’un volgo disperso che nome non ha /Alessandro Manzoni, Adelchi, Atto III).

Per “l’un popolo e l’altro” possiamo intendere correttamente "Oligarchie globalizzatrici" e "loro euro- e italo-domestici".

Ciao ragazzi, ciao di Adriano Celentano, buona risposta al “solo in casa” contiano:

Nooo, nooo ! Ciao ragazzi, ciao. Voglio dirvi che… un giorno sono venuti a prendere anche me (te, lei, lui, noi) e non c’era più nessuno a protestare (tranne i detenuti, non quelli ai domiciliari come tutti, buoni buoni, ma gli altri, in carcere).

 

Un bignamino dell’esercitazione

E così vi traccio l’evoluzione di quanto ci stanno facendo attraverso la serie di titoli che, via via, ho immaginato per l’articolo che stavo pensando, mentre si passava, di doccia scozzese in doccia scozzese, fino al l’obnubilamento e alla sottomissione generali, dall’allarme forsennato, alla rassicurazione paterna, alla tranquillizzazione così così, a seconda dei propagandisti di turno, al catastrofismo assoluto. E dunque allo stato d’assedio proclamato dal Conte Pippo lunedì sera e spalmato sul colto e l’inclita a dosi maggiorate dai cantori di Big Pharma e dello Stato di Polizia.Volevo vedere come sarebbe andata a finire prima di scrivere e, nel frattempo c’erano da seguire altre baracconate, specie mediorientali, dei dirittioumanisti da plutocrazia.

 

Coronavirusando

La traccia dell’ultima mesata è questa:

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osservatorioglobalizzazione

Gli abissi del potere: il “Deep State” tra mito e realtà

di Lucio Mamone

Torna sulle nostre colonne Lucio Mamone, che ci parla del tema del “Deep State” statunitense, recensendo il saggio “The Deep State: The Fall of the Constitution and the Rise of a Shadow Government” scritto dall’ex funzionario del governo di Washington Mike Lofgren e parlando delle dinamiche che regolano i rapporti di forza nella capitale dell’impero a stelle e strisce

simbolo politico degli stati uniti dello stato profondo 122546760La vittoria nordamericana nello scontro epocale con l’Unione Sovietica ha lasciato presagire l’avvento di una lunga epoca d’espansione per la liberaldemocrazia e di egemonia mondiale per gli Stati Uniti stessi. Questa attesa diffusa ha trovato la sua espressione più consapevole e conseguente, nonché la più fortunata, nell’idea di «fine della storia» di Francis Fukuyama, autore divenuto così improvviso interprete dello spirito del tempo. Tempo però assai breve, poiché l’ironia della storia, che punisce puntualmente i sogni troppo affrettati di imperi millenari, ha prontamente intessuto per l’Occidente un intreccio di sfide inattese, dal terrorismo jihadista all’ascesa cinese, e di clamorosi fallimenti, dagli insuccessi militari in Nordafrica e Medio oriente alla crisi economica del 2008. È bastato così il primo decennio del millennio sia per smorzare l’entusiasmo dei profeti, che per produrre una profonda disaffezione e sfiducia all’interno della società occidentale verso quel modello politico-economico che avrebbe dovuto rappresentare il coronamento di millenni di evoluzione sociale. Non sarebbe tuttavia corretto dire che l’idea di «fine della storia» sia stata semplicemente sostituita da una nuova visione, più realistica o pessimistica a dir si voglia, quanto più che quel presentimento di compimento della parabola moderna abbia assunto la forma del timore, quasi claustrofobico, di essere intrappolati in un sistema obsolescente e incapace di riformarsi. D’altra parte la reazione alle ripetute crisi da parte delle classi dirigenti occidentali, quella statunitense in testa, si è tutta concentrata sul tentativo di mantenimento dello status quo e di convincimento circa l’impossibilità di un’alternativa, lasciando sempre più emergere il carattere impositivo dell’ideologia neoliberale di «fine della storia».

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tempofertile

Dai “contenitori dell’ira” ai “contenitori di potere”

di Alessandro Visalli

m5s facebookAll’avvio del secondo decennio del nuovo secolo il mondo si trova in una fase di caos sistemico a fatica tenuto a freno dalle potenze politico-militari declinanti e dai sistemi di ordine monetari del mondo liberale. Ne sono segno la sempre maggiore fragilità della fase finanziaria del capitalismo, costantemente sull’orlo di una crisi sistemica, che viene rinviata utilizzando tecniche per loro natura insufficienti, mentre la dittatura del pensiero di economisti morti da tempo e degli interessi che questi servivano, e servono, impedisce azioni necessarie per allontanare l’amaro calice.

Mentre tutti gli spazi residui, con i tassi da tempo sotto zero e i bilanci delle Banche Centrali carichi di titoli “spazzatura” e malgrado ciò i principali istituti di credito zavorrati da portafogli a dir poco dubbi (quello della Deutsche Bank è valutato dai mercati ad un terzo del valore di libro), sembrano esauriti, arriva puntuale il ‘cigno nero’ di un’epidemia che rischia di fermare i luoghi più dinamici dell’economia mondiale, sovraccaricare i sistemi pubblici di sicurezza sanitaria e imporre spese fiscali ingenti per evitare fallimenti a catena, individuali ed aziendali. L’intera Europa, Germania in primis ma Italia immediatamente dietro, entra in questa congiuntura nelle peggiori condizioni possibili, resa fragile dall’ossessione per la crescita a mezzo di esportazioni, ottenuta comprimendo selvaggiamente il mercato interno e per esso la capacità di resilienza del sistema pubblico di sicurezza sociale (sanità, istruzione, sistemi territoriali ed a rete, etc..). In un sistema economico mondiale che ha scelto di sacrificare la stabilità sociale, e quindi politica, sull’altare del profitto (ovvero della protezione dell’appropriazione privata del surplus), e per ottenere questo risultato ha spinto sull’interconnessione guidata dalle grandi aziende monopoliste e oligopoliste, il rallentamento del commercio internazionale suona come una campana a morte.

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bollettinoculturale

Intervista a Thomas Fazi

di Bollettino Culturale

Thomas Fazi è un giornalista, saggista e traduttore italiano, tra i più importanti divulgatori della MMT nel nostro paese. In questi anni ha pubblicato due importanti libri: “La battaglia contro l’Europa” e “Sovranità o barbarie”.

In rete è possibile trovare numerosi suoi articoli pubblicati per Senso Comune e Sbilanciamoci o raccolti nella famosa piattaforma Sinistra in rete. Possiede un proprio sito web.

untitled4651. Lei è uno dei massimi esperti della MMT in Italia. Vorrei sapere che legami ha questa teoria economica con il marxismo e la ritiene la chiave per rilanciare l’economia italiana?

Innanzitutto ci tengo a precisare che io, più che un esperto, mi ritengo un mero divulgatore della MMT che ha avuto la fortuna di conoscere e di lavorare a stretto contatto con uno dei fondatori della teoria in questione, Bill Mitchell – lui sì un vero esperto –, e dunque di abbeverarsi direttamente alla fonte del sapere, per così dire! Fatta questa doverosa premessa possiamo continuare. Ora, a prima vista i legami tra la MMT e la teoria marxista potrebbe apparire piuttosto deboli. Quest’ultima si occupa soprattutto dei rapporti interni al mondo della produzione, mentre la MMT si occupa soprattutto dei rapporti tra la sfera della produzione e quella delle politiche economiche e in particolare delle politiche di bilancio. In questo senso, la MMT ha un rapporto molto più stretto con la teoria keynesiana e soprattutto post-keynesiana, di cui rappresenta per certi versi un’evoluzione. Se analizziamo la questione più a fondo, però, emergono diversi punti di contatto con la teoria marxista. La MMT, infatti, mostra come i rapporti di forza interni al mondo della produzione – quelli, cioè, che intercorrono tra capitale e lavoro – siano una diretta conseguenza delle politiche economiche, nella misura in cui sono queste ultime a determinare, tra le altre cose, il tasso di occupazione e dunque il potere contrattuale delle classi lavoratrici. L’analisi della MMT è dunque implicitamente un’analisi di classe (ma per certi versi lo stesso si potrebbe dire, per gli stessi motivi, anche della teoria (post-)keynesiana, a prescindere dagli usi e abusi che ne sono stati fatti nel corso della storia).