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sinistra

Libano. Così lontano, così vicino

di Mouna Fares

Antefatti.

Si erano tutti ritirati dalla zona di conflitto in attesa che si arrivasse ad una soluzione. Nessuna società avrebbe rischiato un impianto così costoso!!

Ed ecco all'improvviso comparire una formidabile piattaforma in mezzo al mare! Chi è il kamikaze disposto a buttare miliardi sui confini marittimi? Israele negli ultimi due anni non ha dormito come il Libano. Forse il resto del mondo sapeva già della guerra del gas e si stava preparando a sostituire il gas russo? Ecco la storia della pugnalata israeliana: Tel Aviv aveva annunciato la sospensione dell'estrazione per un anno, in attesa di un accordo con il Libano. In realtà aspettava il completamento della costruzione della piattaforma a Singapore. Ottima organizzazione criminale! Oggi per di più è stata aggiunta una seconda piattaforma un poco più avanti sul blocco 8, quello di cui secondo Hokshtin, il Libano dovrebbe regalare la metà a Tel Aviv.

La società Energyan Power oil & Gas ha un ramo israeliano [Energyan Israele] proprietario della piattaforma che sta estraendo il gas a Karish, il cui personale è di origine greca.

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coniarerivolta

Confindustria va alla guerra

di coniarerivolta

Sono ormai quattro mesi che la guerra infuria alla soglia dell’Europa, con un portato drammatico di morte e devastazione che non accenna a diminuire. Di fronte a questo orrore, la reazione più comune è di sgomento e l’opinione pubblica del nostro Paese, in maniera maggioritaria, non si è fatta avviluppare dalle sirene belliciste che risuonano a reti unificate, su tutti i giornali e in Parlamento dalla mattina alla sera, mantenendo una ferma contrarietà a misure quali l’invio di ulteriori armi all’Ucraina, che non possono che generare altra guerra e devastazione.

Come abbiamo avuto modo di scrivere già nelle prime settimane del conflitto, le conseguenze economiche della guerra in questa parte di mondo non sono simmetriche e non colpiscono tutti allo stesso modo: a fronte di una stragrande maggioranza della popolazione che soffre per l’inflazione galoppante e maledice Putin e la Nato ogni volta che deve mettere benzina o fare la spesa, le imprese del settore energetico e quelle coinvolte nella produzione di armi macinano miliardi su miliardi di profitti di guerra.

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lantidiplomatico

Giacomo Gabellini: “Ucraina. Il mondo al bivio”

di Damiano Mazzotti

Il ricercatore Giacomo Gabellini ha scritto un saggio molto utile che prende in esame la grande storia dell’attualità (1991-2022): “Ucraina. Il mondo al bivio” (Arianna Editrice, 2022, 297 pagine)

Già George F. Kennan nel mese di febbraio del 1997 anticipò queste tremende parole sulla strana “spinta verso est” della Nato, che avrebbe “infiammate le tendenze nazionalistiche, anti-occidentali e militariste in seno all’opinione pubblica russa; prodotto un effetto negativo sullo sviluppo della democrazia russa; rigettato le relazioni tra est e ovest nel clima della Guerra Fredda e indirizzato la politica estera di Mosca verso direzioni a noi sfavorevoli” (p. 75).

Quindi in questo libro si racconta la lunga storia recente dell’Ucraina in piena libertà, e si discute anche della famigerata famiglia Tymosenko, e dell’accozzaglia di identità europee di una nazione molto complessa e strana, in cui la questione ebraica è centrale, a livello affaristico e governativo. Troppe persone hanno dimenticato che “Dal 2006 al 2014 la Russia, tra gas rubato, forniture non pagate e penali non saldate, ha subito ben 35 miliardi di dollari di danni dall’Ucraina” (p. 104).

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lafionda

Establishment, populismi o alternativa sistemica: quali prospettive per l’Italia?

di Lorenzo Palaia

È stata fatta notare su questo sito la differenza tra il contesto politico italiano e quello francese, come cioè sia difficilmente replicabile da noi una coalizione tipo NUPES, insieme di sinistra e popolare (o populista?). Successivamente, sempre su questo sito, sono stati espressi dubbi sulla strategia di Mélenchon, proprio perché nell’ultima fase avrebbe privilegiato l’identità tradizionale di campo rispetto a quella populista. Tuttavia, anche in Italia, la sovrapposizione confusiva tra vecchie geografie parlamentari (destra-sinistra) e nuove identità populiste è cosa assodata: il Movimento 5 Stelle fa parte ormai – pur con qualche oscillazione – della compagine del centrosinistra, mentre la Lega – considerata populista in anni recenti – ha sempre fatto parte del centrodestra, dovendo addirittura la sua legittimità (come anche Fratelli d’Italia) alla nascita stessa della seconda repubblica.

Cosa sono allora questi populisti, se anche i partiti di più lunga appartenenza di campo e di più tradizionale ideologia vengono detti tali? Sembrerebbe aver avuto ragione Fukuyama, secondo cui populista è ciò che non piace alle classi dirigenti liberali al governo.

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frontiere

Agenda delenda est

Breve riflessione sul recente incontro del WEF

di Andrea Valdroni

La riunione annuale del World Economic Forum si è svolta a maggio nella consueta località svizzera di Davos, in un clima di forte ostilità nei confronti della Russia, tra fosche previsioni di un’imminente recessione globale e un inatteso, quanto giustificato, invito a “deporre l’ascia” da parte di un veterano della politica internazionale come l’americano Kissinger, a dimostrazione che il fronte euroatlantico anti-Putin non è più così compatto come si vuole far credere.

Tra i numerosi dibattiti ospitati, alcuni interventi spiccano per l’enfasi posta su temi quali la censura e il controllo, In linea con la peggiore tradizione distopica del WEFORUM(1).

Julie Inman, la commissaria australiana per la censura online (pessimo biglietto da visita), ha suscitato per esempio un certo clamore, non tra i grandi media italiani, va da sé, per il suo appello ad una “una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che si stanno manifestando online, dalla libertà di parola all’essere liberi dalla violenza online”, “ricalibrazione” necessaria dal momento che “stiamo registrando una crescente polarizzazione a livello globale e tutto sembra essere binario pur non dovendo essere necessariamente così”.

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comidad

L’auto-colonialismo deflazionista dell'Italietta

di comidad

Un po’ di sano realismo dovrebbe metterci in guardia quando ci viene attribuita troppa importanza, dato che, come è noto, del nostro parere non gliene frega niente a nessuno. Tutta questa attenzione dei media e dei sondaggisti circa l’opinione degli Italiani sull’invio di armi all’Ucraina, quindi sa molto di espediente per veicolare altri messaggi. Come ci è stato spiegato dal segretario della NATO Stoltenberg, la guerra sarà “lunga”. Lunga quanto? Probabilmente finché gli farà comodo farci credere che una guerra in corso ci sia. Se qualcuno obietta all’invio di armi, dicendo che così si allunga la guerra, a Stoltenberg gli va bene, perché è proprio alla guerra lunga che dobbiamo credere fideisticamente. Mentre risulta irrealistica la prospettiva di una prosecuzione della mitica “resistenza ucraina” (ammesso che ancora ci sia), si fa invece sempre più concreta l’eventualità di uno scontro nucleare con la Russia, dato che la UE e la NATO procedono in base ad un automatismo irresponsabile.

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effimera

L’ossessione della politica monetaria restrittiva

di Andrea Fumagalli

Uno dei fattori che ha portato l’ideologia neoliberista a conquistare l’egemonia nel pensiero economico a partire dagli anni Ottanta è stata la credenza (non si può usare altro termine, “fede” sarebbe eccessivo) di una diretta relazione tra crescita dell’offerta di moneta e aumento dei prezzi. Sulla base degli studi di Milton Friedman (e di Anna Schwartz: le donne vengono sempre dimenticate), a partire dal 1963, quando i due economisti di Chicago pubblicano A Monetary History of the United States, le analisi econometriche confermano una qualche relazione positiva tra espansione dell’offerta di moneta e crescita del livello di prezzi. Ma nessun studio è in grado di affermare che l’eventuale aumento dei prezzi sia esclusivamente causato da una politica monetaria espansiva. L’inflazione infatti può avere diverse cause, a seconda che si osservino le variabili dell’offerta o le variabili della domanda.

A prescindere da ciò, occorre ricordare che sino al 15 agosto 1971 erano in vigore gli accordi di Bretton Woods, che, oltre a sancire il ruolo del dollaro come unica valuta di riserva internazionale, imponevano un rapporto di parità fissa tra lo stesso dollaro e l’oro (35$ per oncia d’oro), definendo in tal modo una unità di misura rigida, seppur convenzionale, del valore della moneta.

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federicodezzani

Kaliningrad, Odessa ed i rapporti di forza nei mari marginali

di Federico Dezzani

 

Mentre nel sud-est dell’Ucraina prosegue l’avanzata russa, un nuovo focolaio di tensione sembra accendersi sul versante opposto dell’Europa: la Lituania, infatti, ha deciso in via unilaterale di istituire un blocco ai danni di Kaliningrad, enclave russa sul Mar Baltico. Più i russi rafforzano la presa sul Mar Nero, maggiore diventa la pressione delle potenze marittime anglosassoni a settentrione. Come i missili anti-nave impatteranno sul corso della prossima guerra.

 

La linea Kaliningrad-Odessa

Uno degli aspetti più interessanti della guerra per procura che si svolge in Ucraina tra russi ed anglosassoni è certamente la sua capacità di produrre effetti concomitanti nel Mar Nero e in quello Baltico, come già sottolineato nel nostro articolo sull’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO (adesione ancora osteggiata da Recep Erdogan, ma di fatto già avvenuta grazie al patto di assistenza militare siglato tra Londra ed i due Paesi scandinavi).

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lantidiplomatico

Le nostre armi sono il suicidio assistito dell'Ucraina

di Fabio Mini

Mentre in Europa e negli Usa il dibattito politico sulla guerra langue a favore di quello interno, l’analisi del conflitto tende a concentrarsi su domande legittime, ma che non hanno risposta: quando finirà e chi vincerà? La situazione sul terreno e i risultati della tattica vengono oscurati dalla politica e dalla strategia, o meglio dalla pseudo strategia, perché senza conoscere cosa succede sul terreno è anche difficile parlare di strategia e di operazioni militari. E quando si deve parlare di tattica gli analisti e i generali o i generali analisti devono cedere il podio ai colonnelli che assieme ai capitani e ai caporali sono da sempre le tre C maiuscole della guerra guerreggiata. Il colonnello Markus Reisner dell’esercito austriaco è capo del Dipartimento ricerca e sviluppo dell’accademia Militare Teresiana e dall’inizio della guerra pubblica in Rete un aggiornamento sulle operazioni militari in Ucraina. È chiaro, didatticamente perfetto, le sue analisi si basano su fonti aperte ucraine e occidentali e si distaccano notevolmente dal cosiddetto mainstream.

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codicerosso

Showdown a 5 Stelle

di nlp

La scissione della corrente di Luigi di Maio dal movimento 5 stelle segna una tappa importante nella storia del cartello elettorale fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Certo, molti sostengono che si tratti, più che di una tappa, di un capolinea caratterizzato dallo showdown, dalla resa dei conti tra l’attuale leader del movimento, ed ex presidente del consiglio, Giuseppe Conte e il ministro degli esteri, Luigi Di Maio.

Su quest’ultimo aspetto bisogna andarci cauti, i cartelli elettorali non hanno un fine vita preciso basta ricordare che, dopo le dimissioni di Umberto Bossi, la Lega toccò i minimi storici per poi, qualche anno dopo, arrivare oltre il 35 per cento alle europee. C’è un piano di fluttuazione per i cartelli elettorali, si pensi al Pd arrivato oltre il 40 per cento per poi dimezzarsi in poco tempo, del quale bisogna sempre tenere conto in una situazione sociale in continua mutazione che esprime il voto secondo criteri di opinione molto volatili. Sicuramente oggi è difficile scommettere sul movimento 5 stelle, o sulla forma che magari assumerà in futuro, visto che da anni è in dinamica centrifuga e, al momento, non si vede un gruppo dirigente in grado di sostituire quello storico che, nel frattempo, ha imboccato mille direzioni.

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italiaeilmondo

Dove va la Francia?

di Pierluigi Fagan

La fotografia realistica dell’esito elettorale francese dice che: a) non c’è una maggioranza parlamentare; b) al momento non si vedono possibilità di coalizione; c) tra le qualità di Macron non c’è la capacità di mediazione e gestione articolata a grana fine. Ne consegue un quadro generale di instabile transizione. Il macronismo ovvero l’idea di resettare il quadro politico diviso in fazioni partitiche tradizionali (novecentesche) con un nuovo blocco un po’ di destra, un po’ di sinistra, in definitiva essenzialmente liberale e soprattutto la sostituzione della forma tradizionale partito con quella del leader assoluto che trascina un indistinto gruppo di follower, sembra giunto al termine della sua limitata parabola. È recuperabile questo esito?

Forse lo sarebbe in teoria, ma nel realismo pratico del caso sembra molto improbabile per tre ragioni.

La prima ragione è l’effetto sangue sui pescecani. Sinistra, destra e centro-destra repubblicano (soprattutto) hanno tutti sofferto la prima stagione del fenomeno Macron. Si sono leccati le ferite, si sono variamente riorganizzati, ora vedono gli effetti di questa loro nuova capacità politica.

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acropolis

Il programma di austerità della Fed per ridurre i salari

di Michael Hudson

Per Wall Street e i suoi sostenitori, la soluzione a qualsiasi inflazione dei prezzi è ridurre i salari e la spesa sociale pubblica. Il modo ortodosso per farlo è spingere l’economia in recessione al fine di ridurre le assunzioni. L’aumento della disoccupazione obbligherà i lavoratori a competere per lavori che pagano sempre meno man mano che l’economia rallenta.

Questa dottrina della guerra di classe è la prima direttiva dell’economia neoliberista. È la visione a tunnel dei manager aziendali e dell’One Percent. La Federal Reserve e il FMI sono i suoi lobbisti più prestigiosi. Insieme a Janet Yellen al Tesoro, la discussione pubblica sull’inflazione odierna è inquadrata in modo da evitare di incolpare l’aumento dell’8,2% dei prezzi al consumo alle sanzioni della Nuova Guerra Fredda dell’amministrazione Biden contro petrolio, gas e agricoltura russi, o sulle compagnie petrolifere e altri settori che usano queste sanzioni come pretesto per imporre prezzi di monopolio come se l’America non avesse continuato ad acquistare gasolio russo, come se il fracking fosse aumentato e il mais non fosse stato trasformato in biocarburante. Non ci sono state interruzioni nella fornitura.

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kelebek3

Sessanta Hiroshima, ma non preoccupatevi per le radiazioni

di Miguel Martinez

L’altro ieri, in piazza Santa Maria Novella, ho sentito Francesco Cappello raccontare la storia dei rigassificatori. Credendo che le sparasse un po’ troppo grosse, sono andato a controllare. No, le cose stanno proprio come dice lui.

Una mia premessa:

Nell'essenziale, gli europei sono ricchi, perché sono i migliori aggeggioni del mondo.

Ma non hanno risorse: quelle le devono prendere con le buone o le cattive, al resto del mondo, altrimenti collassano. 

L'impero olandese, quello britannico, quello francese, il fascismo, il nazismo e l'Unione Europea, a diversi gradi di gentilezza e diplomazia, hanno tutti funzionato così.

Fino a pochi mesi fa, l'Europa alimentava la sua fiorente economia con il gas russo. Poi ha deciso di sanzionare la Russia, con l'obiettivo di chiudere del tutto i rubinetti, azione in cui i russi stanno anticipando l'Europa, pare.

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manifesto

Da Ovest ad Est. La transizione egemonica mondiale

di Alfonso Gianni

Oggi e domani il presidente cinese Hi Jinping ospita un vertice, seppure in forma virtuale, dei Paesi Brics ( Brasile, Russia, India Cina e Sudafrica). La riunione verte sulla promozione della partenships per avviare una nuova era di sviluppo globale. Venerdì l’incontro sarà dedicato al progetto di costruire relazioni economiche sostenibili tra i Brics e altre economie emergenti. Partecipano, oltre al Presidente del paese ospitante, Vladimir Putin, Naredna Modi, Jair Bolsonaro e il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. Almeno stando alle comunicazioni ufficiali. Ma non c’è dubbio che il tema di fondo sarà la guerra russo-ucraina e i cambiamenti che essa sta producendo a livello geopolitico e dell’economia mondiale. L’acronimo – divenuto Brics dopo il 2010 con l’inclusione del Sudafrica, venne creato una ventina di anni fa dall’economista britannico Jim O’Neil, allora presidente della Goldman Sachs Asset Management. Erano gli anni ruggenti della globalizzazione capitalistica e l’obiettivo era quello di estendere l’egemonia nordamericana sulle economie emergenti. Ora la situazione si è rovesciata. La riunione di Pechino avviene all’insegna di una sfida geopolitica alla decadente primazia mondiale statunitense.

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cambiailmondo

Le sottigliezze della retorica di sinistra

di Tonino D’Orazio

Il fatto sconcertante è che molti intellettuali di sinistra “rispettati” sono in realtà guardiani dell’impero. Opposizione controllata. Tra queste persone, l’anticomunismo e l’antisocialismo sono profondi e le mezze verità sono abilmente brandite per rivendicare un’elevata imparzialità.

Mentre i media cosiddetti liberali e conservatori – tutti al soldo delle agenzie di intelligence – riversano la propaganda più sfacciata su Russia e Ucraina, così evidente che diventerebbe comica se non fosse così pericolosa, gli autoproclamati intenditori ingeriscono anche messaggi più sottili, spesso da media alternativi.

Esiste un ottimo esempio di resoconto fuorviante, in cui la verità si mescola con le bugie per trasmettere una narrativa “liberale”, che sostiene fondamentalmente le élite al potere mentre sembra combatterle. Questa non è una novità, ovviamente, dal momento che questo è il modus operandi di tutti i media aziendali, ciascuno a suo modo ideologico e spesso disonesto, come The New York Times, CBS, The Washington Post, The New York Daily News, Fox News, CNN, NBC, ecc. da molto tempo. Anche quelli di stato come la Pravda.

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micromega

“Ora Mélenchon deve lavorare al programma politico”

Daniele Nalbone intervista Emiliano Brancaccio

La Francia si polarizza. Il grande sconfitto è Macron. Ma non si può ancora parlare di vittoria di Mélenchon. Per due motivi: lo spettro di Le Pen e i nodi da sciogliere del programma. Intervista all’economista Emiliano Brancaccio, che in passato ebbe un discusso confronto con l'attuale leader della sinistra francese

La notizia è che la Francia si polarizza. Alle elezioni legislative crescono la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon e la destra post-fascista di Marine Le Pen. Il partito centrista di Macron non raggiunge la maggioranza dei seggi e il presidente dovrà quindi avviare una difficile trattativa con gli altri partiti di centro, e forse con la destra, per tenere in piedi il suo governo. Quello francese è un caso circoscritto o un segnale di svolta internazionale? Ne parliamo con l’economista Emiliano Brancaccio, uno dei più originali studiosi del capitalismo contemporaneo e delle sue dinamiche politiche, che con Mélenchon aveva avuto un interessante scambio qualche anno fa.

* * * *

Professor Brancaccio, in Francia crescono la sinistra e la destra mentre il centro macroniano va in grande affanno. Come farà il presidente Macron a trovare una maggioranza che sostenga il suo governo?

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carmilla

Il nuovo disordine mondiale/16

Il mondo con i confini di prima non esiste già più

di Sandro Moiso

«Finora si era creduto che la formazione dei miti cristiani sotto l’impero romano fosse stata possibile solo perché non era ancora stata inventata la stampa. Proprio all’inverso, La stampa quotidiana e il telegrafo, che ne dissemina le invenzioni in un attimo attraverso tutto il globo terrestre, fabbricano più miti (e il bue borghese ci crede e li diffonde) in un giorno di quanti una volta se ne potessero costruire in un secolo.» (Karl Marx, lettera a Kugelmann del 27 luglio 1871)

«Mamma, voglio solo farti sapere che sono vivo e che spero di tornare a casa al più presto» ( Alexander Drueke – ex sergente dell’esercito statunitense fatto prigioniero dai russi in Ucraina)

Parafrasando la gelida portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in un’intervista a Sky News Arabia, in cui ha affermato che «L’ Ucraina che conoscevamo, all’interno di quei confini, non c’è più. Quei confini non ci sono più», si può affermare che il mondo uscito sia dal secondo conflitto mondiale che dalla fine della Guerra Fredda è definitivamente tramontato. E così pure quei confini che si era dato sotto l’egida imperiale occidentale e americana. Non solo, ma anche lo stesso strumento che quest’ultima si era data per violarli ovunque almeno a livello commerciale e finanziario, ovvero la globalizzazione, sta definitivamente tramontando.

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poliscritture

Il volto di MedUSA

di Paolo Di Marco

La danza Butoh proviene da Hiroshima; ci parla di lei, o forse siamo noi visti attraverso i suoi occhi. Trasforma il modo stesso in cui viene visto il corpo e la sua relazione col mondo e colle emozioni. Da quando ho visto i Sankai Juko molti decenni fa a Milano non ho più potuto vedere balletti e opere. C’è un coinvolgimento emozionale tale nel loro indicibile che brucia ogni altra esperienza simile.

Nel 2016 John Pilger realizza un documentario ‘The Coming War on China’, oggi su Netflix e YouTube. E aggiunge all’indicibile parole e immagini.

 

1- le isole Marshall

Inizia con le isole Marshall, di cui l’atollo di Bikini è parte, dove per 12 anni ogni giorno che un dio beffardo manda in Terra veniva fatta scoppiare una bomba atomica sperimentale. E dove per 28 anni gli abitanti sono stati convinti e costretti a restare, spiegando che andava tutto bene, per servire da cavie sugli effetti delle radiazioni assorbite da acqua, suolo ed aria. E dove quasi nessuno è morto di cause naturali.

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sovranitapopolare

Criticità nei vaccini covid e possibili terapie

Veronica Tarozzi intervista Loretta Bolgan

In occasione della conferenza a cielo aperto sui vaccini Covid e sulle vaccinazioni pediatriche organizzata dal gruppo ConsapevolMenti, in collaborazione con Soprattutto Liberi, ho avuto l’immenso piacere d’incontrare ed intervistare la Dott.ssa Loretta Bolgan, una delle massime esperte di danni da vaccino in Italia, laureata in chimica farmaceutica con dottorato in scienze farmaceutiche, da diversi anni si occupa di danni da vaccino ed è stata consulente nell’ultima Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’uranio impoverito e dei vaccini sui militari; negli ultimi due anni si è occupata di studiare i meccanismi del danno causato dall’infezione da SARS-CoV-2, della sua complicazione, la Covid-19, e anche i meccanismi del danno da vaccino Covid e possibili terapie.

* * * *

Dott.ssa Bolgan, quali sono le criticità che sono emerse dai suoi studi riguardo ai “vaccini anti-Covid-19”?

Va premesso che parliamo di vaccini di nuova generazione, per quanto riguarda quelli che sono attualmente in commercio: i vaccini Pfizer e Moderna a mRNA, i vaccini a vettore adenovirale cioè Astrazeneca, Johnson & Johnson, Sputnik V e ultimamente abbiamo avuto l’introduzione anche di un paio di vaccini a proteine (Novavax e Valneva).

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aldous

Il diritto alla disconnessione, quello vero

di Davide Miccione

Qualche mese fa i sindacati, risvegliatisi per qualche attimo dal loro lungo letargo della ragione e del coraggio, hanno messo in evidenza la necessità di difendere il diritto alla disconnessione. Con esso indicavano la possibilità per il malcapitato lavoratore, contento di essere in “lavoro agile” con la stessa consapevolezza del tacchino che vede avvicinarsi il Natale, di avere qualche ora a disposizione in cui potersi esimere dall’essere perennemente raggiunto e raggiungibile da questioni di lavoro a casa propria molto dopo la fine dell’orario di lavoro. In questo risveglio i sindacati mostravano più che altro, come capita incessantemente a ogni “opposizione di sua maestà”, la loro incapacità di pensare qualcosa che non sia già inserito e vidimato come compatibile con gli interessi della, diciamo così, superclasse dominante. Del tutto scomparsa, ovviamente, anche la sola pensabilità della questione del diritto alla disconnessione, ma quello vero, cioè la possibilità di essere e restare cittadino non perché ho “staccato” qualche ora senza guardare la millesima notifica della giornata ma, più radicalmente, perché non sono strutturalmente connesso ad internet, non ho internet o non “mi porto dietro” internet, cioè non ho accesso alla portabilità di internet (per inciso lo stato normale umano prima dell’invenzione degli smartphone).

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carmilla

Ma come si fa…

di Nico Maccentelli

Davide Grasso ha combattuto in Kurdistan con la Resistenza curda. Conosce molto bene la storia di quel popolo e della sua lotta contro il fascismo turco. Conosce altrettanto bene l’esperienza municipalista della regione autonoma del Rojava, la democrazia popolare antistatale e antipatriarcale che regge quell’esperienza. Ma un bel giorno di fine maggio Davide Grasso appare a Bologna, al Labàs in Vicolo Bolognetti (1), per annunciare che esiste la “resistenza ucraina”. Un’entità costituita non si sa da chi: da dei presunti anarchici? o da tutti coloro che sono definibili combattenti, ossia le forze militari ucraine? Chissà… Comunque una “resistenza” che non ha caratteristiche autonome, ma che è tutta interna alle unità di difesa territoriale, quindi allo stato ucraino, uno stato dove non vige una democrazia popolare, ma un dominio borghese, con un’oligarchia che arma e ha come braccio armato interno e nel conflitto con la Russia delle forze di stampo nazista.

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sollevazione2

Benvenuti nel caos

di Moreno Pasquinelli

«Ho detto che ci sono nuvole di tempesta, ma ora cambio… è un uragano».
Jamie Dimon, Ceo di J.P. Morgan

Disse Kenneth Galbraith che “L’Unica funzione delle previsioni economiche è quella di far apparire rispettabile l’astrologia”. E probabile, anzi certo, che avesse ragione. Tanto più se stiamo parlando di quella casta sacerdotale degli “economisti”. Tuttavia non si può sfuggire alla domanda: che tipo di crisi è quella che stiamo attraversando? Sarà una nuova, grave ma passeggera recessione, oppure avrà effetti sistemici catastrofici che scuoteranno il mondo alle fondamenta?

* * *

C’è una ragione essenziale se gli economisti non ne hanno azzeccata una, essi sono, perdonateci il bisticcio, economisti economicisti; presumono di spiegare i cicli economici e quindi le loro premonizioni, utilizzando esclusivamente gli arnesi del loro mestiere, separando la sfera economica dalle altre, usando il metodo empiristico dell’astrazione della parte dal tutto, ove invece è necessario afferrare l’insieme, svelare il dialettico concatenamento delle parti.

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riconquistarelitalia

L’irresistibile ascesa della Cina

di Salvatore Scrascia

Alberto Bradanini, laureato in Scienze politiche alla Sapienza di Roma, è un diplomatico di lungo corso. La sua carriera comincia nel 1975: tra gli incarichi ricoperti, ricordiamo quello di ambasciatore d’Italia in Iran dal 2008 al gennaio 2013 e, dal 2013 al maggio 2015, quello di ambasciatore in Cina. Attualmente è presidente del Centro Studi sulla Cina contemporanea. È un profondo conoscitore della Cina ed autore di numerosi saggi ed articoli sul gigante asiatico.

Cina. L’irresistibile ascesa (Sandro Teti editore, pp. 368, 18 euro) è la sua ultima opera, finita di stampare nel gennaio 2022. Il libro acquista ulteriore importanza ed interesse in questo periodo storico, proprio perché pubblicato prima dell’invasione russa dell’Ucraina. La disanima di assetti, interessi e strategie geopolitiche delle grandi potenze USA, Russia e Cina, arricchiti dallo sguardo cinese, offrono al lettore il quadro aggiornato della situazione geopolitica ed il suo divenire nel tempo fino ad oggi.

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quodlibet

Sul diritto di resistenza

di Giorgio Agamben

Cercherò di condividere con voi alcune riflessioni sulla resistenza e sulla guerra civile. Non sto a ricordarvi che un diritto di resistenza esiste già nel mondo antico, che conosce una tradizione di elogi del tirannicidio, e nel medioevo. Tommaso ha compendiato la posizione della teologia scolastica nel principio che il regime tirannico, in quanto sostituisce al bene comune un interesse di parte, non può essere iustum. La resistenza – Tommaso dice la perturbatio – contro questo regime non è perciò una seditio.

Va da sé che la materia comporta necessariamente un tasso di ambiguità quanto alla definizione del carattere tirannico di un determinato regime, di cui testimoniano le cautele di Bartolo, che nel suo Trattato sui guelfi e i ghibellini, distingue un tiranno a ex defectu tituli da un tiranno ex parte exercitii, ma ha poi difficoltà ad identificare una iusta causa resistendi.

Questa ambiguità riappare nelle discussioni del 1947 sull’iscrizione di un diritto di resistenza nella costituzione italiana. Dossetti aveva proposto, come sapete, che nel testo figurasse un articolo che recitava: «La resistenza individuale e collettiva agli atti del potere pubblico che violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti da questa costituzione è un diritto e un dovere dei cittadini».

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sinistra

La spaccatura

di lorenzo merlo

L’impegno di alcuni a fare presente che le cose non erano proprio come ce le raccontavano pare non abbia graffiato neppure la vernice governativa. Eppure, ci sono segni per pensarla diversamente. Piccolo campione di redenzione sociale.

Il 16 maggio 2022 ho visto La Spezia.

Non erano studenti arrabbiati, facinorosi black bloc, non c’erano caschi e scudi improvvisati, né spranghe, mazze da baseball e bottiglie accese. Erano persone comuni, quelle che ci incrociano in tutte le strade tutti i giorni, con famiglia, responsabilità, rate, mutuo e anziani a carico. Non avanguardie bombarole, ma individui consapevoli fuoriusciti dall’amebico barilone del benpensiero.

Lo si capiva dai vestiti, dal taglio dei capelli, dal comportamento. Dall’età media, brizzolata e un po’appesantita. Segni di una matrice, se possibile, di polo opposto a quello sovversivo, strumentale, extraparlamentare, provocatorio. Segni di persone e basta – loro sì la maggioranza – incapaci di violenza. Alzavano le braccia contro il ministro della salute in visita alla città levantina. Urlavano “vergognati” perlopiù, e “assassino”. Unione spontanea di voci non organizzate, non politicizzate, facilmente dette no-vax.

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contropiano2

Il gas è un’arma, puntata contro un gruppo di idioti

di Dante Barontini

Una guerra vera ha molte facce, oltre a quella brutale dei bombardamenti e delle trincee. E ci siamo completamente dentro.

Prendiamo una notizia che gira sui media italici con lo stesso rilievo delle confessioni di Fedez o di qualche altro personaggio dello spettacolo: “Ieri la Russia ha tagliato per la seconda volta le forniture di gas all’Italia dopo averle ridotte del 15% il 15 giugno scorso.

Lo stesso accade in tutta Europa. Gazprom ha ridotto del 35% la fornitura all’Italia, ma anche l’Austria ha segnalato un calo. E oltre ai tagli alla Germania (-40%), ieri si è aggiunta anche la Francia.

Un’accelerazione che anticipa il tentativo dei paesi UE di emanciparsi rapidamente dalle forniture di Mosca, cercando alternative in qualsiasi aree del mondo purché facilmente raggiungibile. Ultimi in ordine di tempo l’Egitto e Israele.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi, parlando ieri con la stampa italiana a Kiev, ha dichiarato:

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nazioneindiana

Jameson legge Benjamin

di Giorgio Mascitelli

Non vorrei essere nei panni del recensore del Dossier Benjamin di Fredric Jameson ( trad.it di Flavia Gasperetti, a cura di Massimo Palma, Treccani, Roma, 2022, euro 26) perché sono tali e tanti gli stimoli che questo libro contiene che renderne conto, anche solo per sommi capi, nel breve spazio di una recensione è fatica improba. Eppure è possibile riassumere in maniera immediata il motivo per cui esso è di grande interesse anche per i non specialisti: infatti, sebbene non abbia senso indicare per un autore così poliedrico e improvviso quale Benjamin un erede spirituale, individuale o collettivo, ma tutt’al più una serie di snodi decisivi che sono stati sviluppati e talvolta pienamente compresi solo nelle epoche successive, bisogna indicare in Jameson colui che ha proseguito lo sviluppo di uno dei nodi più importanti. Alludo alla riflessione sugli stretti rapporti che intercorrono tra forme della cultura e dell’arte e quelle dell’esperienza sociale delle rispettive contemporaneità, la tarda modernità per il tedesco e la postmodernità per lo statunitense, colti in una prospettiva analitica e straniante, che potremmo definire al contempo materialista e inattuale.

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italiaeilmondo

I cinesi sono ora alla testa della locomotiva. E non hanno intenzione di perdere di nuovo

di Simone Pieranni

Cos’è WeChat?

Dopo anni in cui la Cina ha imitato tutto ciò che è prodotto in Occidente, ora è l’Occidente che guarda alla Cina per nuove idee.

Mentre faccio colazione a casa, controllo WeChat per le notizie del giorno. Quindi esco e, attraversato l’ hutong (nome dato ai vecchi vicoli della capitale sopravvissuti ai tanti cambiamenti in atto in città) prenoto un taxi con WeChat per andare a un incontro in un bar in cinese quartiere dello shopping di elettronica della capitale. All’interno del bar, utilizzando il WeChat ID, metto in carica il mio smartphone in apposite cabine all’ingresso del locale, e incontro la persona con cui ho appuntamento. Poi prendo il mio smartphone e pago i miei consumi con WeChat. Ho fame. Non appena esco dal bar, cerco nell’app un ristorante mongolo nelle vicinanze, uno dei miei piccoli piaceri a Pechino. WeChat me ne mostra uno a poche centinaia di metri dalla mia posizione, all’interno di un centro commerciale. Quando arrivo, mi infilo in coda.

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Il cammino del nuovo CLN

di Ugo Mattei

Il nuovo CLN viene presentato come necessità storica, volta a liberare l’ Italia dal giogo neoliberale ultra-atlantista, l’ 8 gennaio del 2022 in Piazza Castello a Torino. C’erano in piazza almeno 3000 persone, ma i media nazionali iniziarono subito a mentire indicando quella piazza gremita come un flop e dividendo per 10 la cifra reale.

Si scomodarono l’ ANPI e perfino una figlia del gappista Pesce, da me evocato in piazza, per delegittimare, con la solita strategia del NO VAX, un progetto politico serio e determinato, non voluto dal sottoscritto ma dalla storia. Perfino l’Università di Torino ritenne di “prendere le distanze” con un goffo comunicato stampa, come se un professore nella propria attività politica, parlasse a nome del proprio ateneo.

I paralleli storici fanno paura. La società dello spettacolo cerca di cancellare la storia, compresa quella a noi più vicina, dove la Grecia ci insegna il costo che si paga a non agire direttamente, ai primi sentori, fidandosi invece di promesse di qualche capo popolo di ottima eloquenza subito pronto a tradire.

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Svolta storica in Colombia, vince la sinistra di Petro

di Geraldina Colotti

Gustavo Petro è il nuovo presidente della Colombia, per il periodo 2022-2026. Il candidato della coalizione Pacto Historico è stato votato da 11.281.013 di persone, totalizzando il 50,44% delle preferenze, contro i 10.580.412 dello sfidante, Rodolfo Hernandez, che ha corso per l’alleanza Liga de Gobernantes Anticorrupción, ottenendo il 47,31%. Entrambi i candidati hanno notevolmente aumentato il numero dei voti, considerando che, al primo turno, Petro aveva vinto con 8.526.352 di voti (più del 40%), mentre per Hernández avevano votato 5.952.748 (poco più del 28%). Molti dei 15 milioni di astenuti, che erano rimasti lontani dalle urne il 29 maggio, sono andati a votare, facendo registrare una partecipazione del 58,09%, l’astensione più bassa da vent’anni a questa parte per le prime elezioni realizzate dopo la pandemia.

Un risultato su cui le destre, al di là delle “congratulazioni” dell’ex presidente Ivan Duque e delle dichiarazioni di Hernández, che ha riconosciuto la sconfitta, si apprestano a speculare. Contano sulla loro capacità di incidere, attraverso i meccanismi giudiziari, sulla realtà politica, infangando, perseguendo e mettendo fuori gioco gli avversari.