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marx xxi

Per un Fronte unito contro la guerra

Pubblichiamo questo comunicato-appello del Fronte contro la guerra e chiediamo massima diffusione

Dalla nebbia che è calata con l’inizio della guerra in Ucraina, che non è solo mediatica ma fatta anche di ambigua interpretazione degli avvenimenti, non è ancora emersa una indicazione chiara sul programma su cui organizzare un vasto movimento di lotta contro la guerra. La debolezza di un movimento contro una guerra che ha la sua origine sostanziale nella politica Usa di espansione ad est della Nato (e di minaccia alla sicurezza della Russia), dipende da presupposti che danno per scontata la condanna unilaterale dell’azione della Russia ed una rappresentazione della crisi ucraina preparata e sedimentata nel tempo. Ciò depotenzia l’orientamento e la stessa combattività di quanti sono contro la guerra, contro la NATO e contro le forniture militari all’Ucraina. Ma come si fa a combattere duramente un nemico che ha la possibilità di accreditare la tesi di una Russia espansionista, minacciosa verso l’Europa e di un Putin “criminale” e “macellaio”? E come si fa a combattere questa battaglia quando tutti dimenticano che in un contesto analogo ma rovesciato (la crisi dei missili a Cuba) Kennedy minacciò la guerra nucleare?

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bastaconeurocrisi

Debito pubblico e debito privato come indicatori di stabilità

di Marco Cattaneo

Durante i primi anni dell’euro, l’Italia veniva additata a “cattivo esempio” e a “paese da mettere sotto controllo” per via dell’alto rapporto tra debito pubblico e PIL. Esattamente come oggi.

Rispetto a oggi, tuttavia, si sentiva spesso replicare (per esempio da Giulio Tremonti) che molti paesi considerati “virtuosi” avevano sì meno debito pubblico, ma molto più debito privato. E quindi non erano affatto finanziariamente più stabili dell’Italia.

E in effetti dei quattro “PIGS” originari (che, ricordo, non comprendevano l’Italia: erano Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) almeno due (Irlanda e Spagna) hanno attraversato nel 2010-2 una violenta crisi originata da altissimi livelli di DEBITO PRIVATO VERSO L’ESTERO, nonostante il debito pubblico si attestasse “virtuosamente” (prima della crisi) a livelli molto bassi, tipo il 30-40% del PIL.

Quella crisi fu tamponata emettendo debito pubblico (sottoscritto ANCHE dei paesi dell’Eurozona che NON erano creditori dei “PIGS originari”: tra cui ahinoi l’Italia) per rimborsare i creditori privati.

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linterferenza

Memoria corta

di Ferdinando Pastore

Tutti ricorderanno le filippiche dei sapientoni che ammonivano le plebi sulla svolta europea. Il grande coraggio dimostrato dai venerati tecnici che improvvisamente scioglievano il loro cuore nello zucchero. Tutta quella immacolata retorica sull’epocale svolta che li esaltava a padri fondatori di un’era contrassegnata dalla giustizia. Il PNRR, con la sua resilienza dottrinaria, quel termine così pedagogico che impone all’essere umano predisposizioni caratteriali ottuse ma propositive, inclinazioni mansuete e pazienti, sguardi ottimisti nella penuria, era strumento equivalente al dono. Le condizionalità un’invenzione di strani topi impolverati dalla biblioteca virtuale, cavillosi complottisti che mal interpretavano il diritto di critica. Oppure di arnesi novecenteschi, sudati e ineleganti marxisti che ancora scartabellavano di salari, eguaglianza, investimenti pubblici o addirittura di classi sociali.

Ebbene oggi quel regalo presenta il conto. Approvare subito le Riforme; fisco e concorrenza. Essenziali. “Limitare la spesa per ridurre il debito”. Ma va? Insomma la nuova strada europea d’incanto sembra la copia carbone di quella vecchia.

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la citta futura

I pataccari del pensiero vogliono fare continuare la guerra sine die

di Fabio Marcelli

Le opposte retoriche dei contendenti che si accusano a vicenda di nazismo costituiscono un ostacolo al raggiungimento di una soluzione negoziata del conflitto ucraino

Forse stanco di parafrasare Heidegger e Jaspers (attività peraltro commendevole e utile) il filosofo Umberto Galimberti si è arruolato anche lui nelle file dei guerrafondai che vogliono vedere Putin mordere la polvere e sconsiglia fortemente, anzi proibisce, di provare a intraprendere ogni negoziato colla Russia. Per giungere a questa apocalittica conclusione Galimberti fa sua la parola d’ordine che viene proclamata a ogni piè sospinto dai combattenti da poltrona che affollano i ranghi di giornalisti, politici e, meno, intellettuali: Putin è il nuovo Hitler e quindi non ha senso perdere tempo colle trattative di pace, il male assoluto va sradicato finché si è in tempo, altrimenti ringalluzzito dai successi il Satana del Cremlino muoverà alla conquista del mondo e, per riprendere la scialba retorica di Enrico Letta, ci ritroveremo i soldati russi dentro casa. I più colti richiamano i precedenti di Danzica, la cui cessione alla Germania avrebbe solleticato gli appetiti del Terzo Reich e più in generale il tentativo fallito di appeasement condotto da Daladier e Chamberlain colla Conferenza di Monaco, che precedette di poco lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

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coniarerivolta

REPowerEU: l’Europa vuole la guerra, la transizione ecologica può attendere

di coniarerivolta

Lo scorso 18 maggio la Commissione europea ha presentato il Piano REPowerEU che prevede l’investimento di 300 miliardi di euro per conseguire due obiettivi espressamente dichiarati: “porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili della Russia” e “affrontare la crisi climatica”. La compenetrazione tra i due obiettivi, almeno in linea teorica, è evidente: nella misura in cui si riuscisse ad accelerare il processo di transizione verso le fonti energetiche rinnovabili, si riuscirebbe sia a diminuire la cosiddetta “dipendenza energetica” dell’Europa (da qualsiasi altro Paese, non solo dalla Russia), sebbene solo in parte se consideriamo l’importanza di certe materie prime (silicio, terre rare, etc.) nella transizione, sia, e soprattutto, a ridurre drasticamente l’impatto negativo delle nostre economie sull’ambiente. Purtroppo, è altrettanto evidente che il Piano europeo non mira a questo. Come vedremo nel dettaglio, mentre l’ambizione green di REPowerEU appare risibile, il reale obiettivo del Piano insiste sulla possibilità di individuare fonti fossili dannose per l’ambiente che siano però alternative a quelle sacrificate sull’altare dello scontro con la Russia.

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theunconditional

Scenari

di Andrea Zhok

Più passa il tempo e più si manifesteranno le implicazioni – da molti viste immediatamente – dell’operazione “Ucraina”.

1) La Russia porterà avanti il suo decoupling dall’Occidente e dall’Europa nello specifico, reindirizzando le proprie relazioni commerciali (e politiche) verso oriente – Cina in primis.

Questa non era per la Russia la prima scelta, visto che la complementarità tra l’Europa Occidentale – massima area di trasformazione industriale, e la Russia – massima sorgente di risorse naturali, sarebbe stata ovviamente di mutuo beneficio.

Però è andata così.

Dopo anni di provocazioni, Putin ha tagliato il nodo gordiano e deciso che le relazioni con l’Europa non potevano più essere salvate, vista la totale sudditanza nei confronti degli USA. Questo ha un costo nell’immediato per la Russia, ma è un costo che era stato preventivato, visto che è dal 2014 che la Russia ha iniziato a ridurre la propria dipendenza tecnologica dall’Europa, riportando “autarchicamente” sul proprio territorio gran parte della produzione strategica.

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federicodezzani

Strage di Capaci, 30 anni dopo: un affresco internazionale

di Federico Dezzani

Il 23 maggio 2022 corrono trent’anni dalla strage di Capaci, in cui fu assassinato il giudice anti-mafia Giovanni Falcone. La strage segnò la fine della Prima Repubblica e l’inizio di una trentennale fase di “disfacimento” delle istituzioni e dell’economia italiana, fase che sta toccando lo zenit proprio in questi mesi. Per capire la stagione del 1992, bisogna inquadrarla nella geopolitica del passato e del presente.

 

Andreotti e Gorbacev, Italia e Russia, destini uniti

Tra pochi giorni si celebrerà il trentennale della strage di Capaci, forse l’evento più significativo, dopo l’assassinio di Aldo Moro, della storia repubblicana italiana. Un evento che segnò e sta segnando tuttora il corso degli eventi in Italia e che sancì l’inizio di un’epoca di “disfacimento” dell’economia e delle istituzioni italiane che si concluderà quasi certamente in un prossimo futuro col dissesto delle finanze pubbliche: Mario Draghi, il giovane funzionario di Bankitalia che salì sul panfilo Britannia nel giugno 1992 e che ora siede a Palazzo Chigi, incarna fisicamente l’inizio e la fine di questo ciclo di decadenza.

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pianocontromercato

Il parossismo del modo di produzione capitalistico

di Pasquale Cicalese

Stamane ho pubblicato sulla pagina telegram pianocontromercato un estratto di un articolo del People’s Daily sull’economista americano Stephen Roach, profondo conoscitore della Cina (qui di seguito). Nelle ultime settimane sto notando che gli iscritti alla pagina fanno commenti molto interessanti. Oggi voglio pubblicare nuovamente il commento della Signora Alex -X che gentilmente mi ha autorizzato. Guido Salerno Aletta, avendola già letta precedentemente sul blog, ritiene la signora una persona acuta. Anche con questo commento si conferma ed è per questo che lo voglio pubblicare a margine di Roach. Buona lettura.

* * * *

DA PEOPLE’S DAILY DI OGGI: “L’ex presidente di Morgan Stanley Asia ha anche avvertito che le relazioni USA-Cina sono andate di male in peggio, il che avrà serie conseguenze per la stabilità mondiale e la crescita globale se il conflitto dovesse continuare. L’attuale approccio alla risoluzione dei conflitti, che può essere esaminato al meglio attraverso il cosiddetto accordo commerciale di Fase Uno raggiunto tra Stati Uniti e Cina nel gennaio del 2020, è un approccio fallito. Guarda i vantaggi di opportunità di crescita ampliate.

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pierluigifaganfacebook

Aggiornamento dai fronti

di Pierluigi Fagan

Numerosi i fronti del conflitto in atto, andremo dal micro al macro. Nel Lugansk, tutto si gioca in una cittadina, anzi un paio, che concluderebbero la presa dell’oblast che fa metà del Donbass. I russi hanno concentrato truppe locali, i riposizionati dai precedenti fronti nord ed est e nuove e fresche forze dalla Russia contro gli ucraini che lì hanno il loro maggior condensamento. Gli ucraini insistono che lì è Armageddon, la battaglia decisiva, il non poter concedere agli avversari l’obiettivo. Sul perché si possono fare ipotesi. Prima però va detto che, da un paio di giorni le intelligence britannica ed anche americana, sembrerebbero aver consigliato agli ucraini di riposizionare il fronte indietro, dicono anche perché prima o poi inevitabile, cosa che Kiev però non ha intenzione di fare. Dubito i servizi anglosassoni non sappiano la situazione sul campo e quella logistica. Ma Kiev, forse, teme che arrivati ai confini amministrativi della regione intera, i russi si attestino e smettano di avanzare, il che raffredderebbe molto l’attenzione su di loro che continuano a chiedere di tutto e di più.

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ilsimplicissimus

Sul pianeta delle scimmie arriva il vaiolo

di ilsimplicissimus

Si chiama vaiolo delle scimmie, ma le scimmie in realtà non c’entrano nulla, a meno che non si scopra che Bill Gates e compari abbiano un po’ troppo pelo specialmente sullo stomaco per essere umani : il serbatoio di questo Orthopoxvirus sono piccoli roditori delle foreste pluviali africane., dove infatti questa malattia, comunque molto rara, scoperta negli anni ’50 del secolo scorso è rimasta confinata con qualche piccola epidemia molto localizzata tra Congo, Nigeria e Paesi limitrofi aumentando lentamente la sua incidenza. La ragione di ciò starebbe nella cessazione, negli anni 80, della vaccinazione antivaiolosa, efficace anche contro questa variante del virus originario. Ma ecco la sorpresa che non ci si poteva aspettare: questo virus confinato nell’Africa centrale da quando se ne conosce l’esistenza, improvvidamente e per giunta in un periodo nel quale gli spostamenti sono ancora fortemente ridotti, si è improvvisamente espanso oltre la sua area comprando contemporaneamente in 10 paesi al di fuori dell’Africa, con 107 casi confermati o sospetti segnalati al momento nel Regno Unito (9 casi), Portogallo (34), Spagna (32), Francia ( 1), Belgio (2), Svezia (1), Italia (3), Canada (22), Stati Uniti (2) e Australia (1).

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contropiano2

Al rogo la libertà di stampa

di Vincenzo Morvillo

«Se non vuoi un uomo infelice per motivi politici, non presentargli mai i due aspetti di un problema, o lo tormenterai; dagliene uno solo; meglio ancora, non proporgliene nessuno» (Ray Bradbury – Fahrenheit 451)

«Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata… tutto ciò è indispensabile, in modo assoluto»[…] «Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa» (George Orwell -1984)

Ci siamo. Saranno il Copasir e, in subordine, la Commissione di Vigilanza Rai, a stabilire cosa sia informazione e cosa no. Quale sia la Verità e cosa debba considerarsi fake news.

A cosa i cittadini di Oceania debbano credere oppure no. Ovviamente, in aperto contrasto con le versioni di verità che arrivano da Estasia ed Eurasia.

Ognuno, d’altra parte, ha la propria verità, in questo nostro mondo contemporaneo.

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bastaconeurocrisi

Deficit, moneta, debito e inflazione

di Marco Cattaneo

Se ascoltate un qualunque economista euroausterico in merito al tema “modalità di finanziamento del deficit pubblico”, a un certo punto gli sentirete dire che non si può monetizzare il deficit perché ne seguirebbero devastanti effetti inflazionistici.

Quindi il deficit deve essere finanziato da emissione di debito pubblico, che però “impoverisce il paese” perché deve essere rimborsato e quindi “grava sulle spalle dei nostri figli”.

Insomma, con il deficit si rischiano o l’inflazione incontrollata o l’impoverimento delle future generazioni.

Un cumulo impressionante di sfondoni logici in sole due frasi.

Quando lo Stato spende, immette moneta nel sistema economico. La quale moneta passa di mano in mano, ma rimane SEMPRE E COMUNQUE in tasca a qualcuno.

Il che significa che incrementa il RISPARMIO PRIVATO.

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sinistra

La maledizione del gas

di Gabriella Grasso e Mouna Fares

Introduzione

Il piccolo Paese dei Cedri, situato sulla riva orientale del mediterraneo, confinante con la Siria a nord e a est, con la Palestina occupata dall’Entità israeliana a sud e col Mediterraneo a ovest, il Libano, sta affrontando la peggiore crisi economica, politica e sociale degli ultimi cento anni, dopo la nascita dell'attuale repubblica e dopo la grande carestia del 1933 che colpì la “Terra di Damasco”1 detta anche la Grande Siria.

Il paese è al collasso totale e la portavoce della banca mondiale ha classificato la crisi libanese come la peggiore crisi economica del mondo negli ultimi 150 anni. La banca centrale libanese e lo Stato hanno dichiarato bancarotta. Il fallimento è stato annunciato dal vice primo ministro durante un’intervista sulla tv locale New TV.

Il 17 ottobre del 2019 è scoppiata in Libano, la rivolta più massiccia che si ricordi dopo la cosiddetta rivoluzione contro il presidente Kamil Chamoun nel 1958. Una rivolta popolare estesa a tutto il paese che ha visto la mobilitazione della gente comune, dei partiti di sinistra, della società civile, dei movimenti e delle Ong.

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marx xxi

Killnet Russia contro Anonymous Italia

Come la cyberguerra per procura ha travolto il Paese

di Francesco Galofaro

La decisione del Governo italiano di prendere parte come Paese co-belligerante al conflitto ucraino ha messo tutti noi nel mirino della cyberguerra, raccontata come un videogioco dalla propaganda filogovernativa. Nelle ultime due settimane abbiamo scoperto di essere andati in guerra del tutto impreparati e indifesi, contro un avversario che ha i mezzi per paralizzare la nostra infrastruttura delle comunicazioni. Ricapitolerò in breve le tappe del conflitto per mostrarne le possibili drammatiche conseguenze e per richiamare tutte e tutti al dovere di costruire attivamente e subito iniziative di pace.

Il primo colpo_ l’11 maggio sono stati attaccati i siti del Senato, della Difesa, l’Istituto di studi avanzati di Lucca, l’Istituto superiore di Sanità, l’Automobile Club italiano, oltre a una società di servizi alle aziende sanitarie e un portale che raccoglie informazioni societarie. In alcuni casi l’attacco è stato smentito (il ministero della Difesa ha sostenuto che il proprio sito fosse in manutenzione ordinaria). L’azione è stata rivendicata su Telegram dal collettivo filorusso “Killnet”.

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piccolenote

L'Ucraina e il ritorno degli Usa come unica Potenza globale

di Piccole Note

“È probabile che l’amministrazione Biden voglia far dimenticare di aver inizialmente consigliato a Zelensky di arrendersi”. Questo un piccolo cenno, contenuto in un articolo del National Interest dedicato all’Afghanistan, fa intravedere cosa si cela nelle pieghe segrete della crisi ucraina che sta sconvolgendo il mondo. E può rischiarare certo insondabile mistero, sulla sua genesi.

Un mistero che inizia con l’ordine d’attacco di Putin, deciso d’improvviso e celato anche a molti dei suoi collaboratori più stretti. Un attacco sconsiderato anche nei numeri: un ex agente del Kgb, anche se colpito d’improvviso da un attacco di megalomania sconfinata, sa perfettamente che non si attacca un Paese di 45 milioni di abitanti, difeso da uno tra i venti eserciti più potenti del mondo (grazie ai crescenti aiuti della Nato), peraltro in perenne in assetto di guerra con un’armata composta da solo 100mila uomini.

Basti pensare che quando l’America attaccò l’Iraq nel 2003, schierò 300mila soldati, ai quali si sommavano i 70mila curdi addestrati allo scopo. E l’Iraq aveva la metà degli abitanti dell’Ucraina ed era difeso da un esercito di straccioni (essendo stato distrutto nella prima guerra del Golfo con scarse possibilità di rigenerarsi a causa delle dure sanzioni).

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coniarerivolta

Aiutati, che il Governo non ti aiuta

di coniarerivolta

Dopo la pesante caduta provocata dalla pandemia nel 2020, l’economia italiana è già proiettata fuori dal rimbalzino che ha caratterizzato il 2021, il quale non era stato comunque in grado di riportare l’attività produttiva e l’occupazione al livello pre-crisi. L’inflazione iniziata nel secondo semestre 2021 aveva anticipato le nubi in arrivo, che si sono poi addensate prima di dar luogo alla tempesta scatenata dallo scoppio della guerra in Ucraina.

Se la follia bellicista continua a lungo, come ormai appare probabile, l’erosione dei salari reali assumerà dimensioni tragiche e si materializzerà la terza recessione dell’ultimo decennio producendo ancora disoccupazione e povertà. Qualcuno ha stimato, ad esempio, che l’implementazione dell’embargo su gas e petrolio russo potrebbe provocare la distruzione di circa 600 mila posti di lavoro nel biennio 2022-2023: perderemmo in sostanza tutta l’occupazione (d’altronde in gran parte precaria) recuperata dall’inizio della pandemia, in una improbabile versione del gioco dell’oca, in cui non esiste una carta per uscire di prigione. L’ennesima mazzata per lavoratrici e lavoratori, così come per intere generazioni che ormai non conoscono altro rispetto alla crisi economica, divenuta normalità.

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comidad

Il pilota automatico della NATO

di comidad

Quando nel 1991 finirono l’Unione Sovietica e il socialismo reale, ci è stato raccontato che l’assorbimento della Russia nell’economia occidentale avrebbe determinato una cessazione dei conflitti ideologici e l’inaugurazione di un’era di pace e sviluppo. La narrazione attecchì anche in settori della cosiddetta sinistra radicale, per cui pochi a quel tempo osservarono che un’integrazione della Russia nel sistema capitalistico avrebbe inevitabilmente inasprito i conflitti imperialistici. Anzi, la parola “imperialismo” fu censurata dal politicamente corretto, ed il mantra consistette nell’individuare l’unico pericolo di guerra in quel soggetto politico fantasma che sarebbero i “nazionalismi”. In realtà le nazioni non esistono in natura e sono prodotti storici degli imperialismi, per cui ogni Stato nazionale non è che un imperialismo interno che si esprime nel confronto con altri imperialismi. La criminalizzazione del dittatore di turno è la formula obbligata con cui l’attuale falsa coscienza, il politicamente corretto, deve dissimulare il conflitto intercapitalistico, lo scontro degli imperialismi, ed anche il costo crescente dell’imperialismo a scapito del livello di vita della popolazione.

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contropiano2

Grosso guaio a Wall Street

di Claudio Conti

Crollano le borse, a cominciare da quella statunitense, e fioccano le interpretazioni.e spiegazioni di breve periodo sono quasi scontate.

Innanzitutto l’inflazione, che continua a martellare su economie stressate da due anni di pandemia e dallo scoppio di una guerra che rischia di diventare mondiale (anche se lo è già, seppur sottotraccia).

Ieri il dato di aprile relativo alla Gran Bretagna – +9% – ha accompagnato quello per l’intera Unione Europea (-7,4%, come a marzo). Il che suona a conferma di un lungo periodo di prezzi in crescita, cui inevitabilmente – prima o poi – dovrebbero associarsi tensioni sociali per quantomeno adeguare salari e pensioni al costo della vita.

Un effetto implicito del peso dell’inflazione è già evidente: le relazioni trimestrali sui profitti delle catene di distribuzione Usa registrano un tracollo dei profitti come conseguenza delle vendite in calo. Ovvio: se i prezzi aumentano e i salari no, i consumatori stringono la cinghia. Target e Walmart, due delle maggiori catene commerciali, in soli tre giorni hanno perso a Wall Street rispettivamente a -29% e -17%.

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marx xxi

L’escalation è una polveriera

di Fabio Mini

Il discorso di Putin del 9 maggio aveva gelato i guerrafondai nostrani e riacceso le speranze dei pacifisti in una sospensione del conflitto. La missione del nostro presidente del Consiglio a Washington ha riacceso le speranze dei primi e gelato i secondi. Il colloquio tra Biden e Draghi ha escluso qualsiasi ripensamento sulla condotta della guerra per procura che gli Stati Uniti stanno conducendo contro la Russia. Non c’erano dubbi, ma ha ulteriormente chiarito che questo genere di missioni “diplomatiche” non può avere lo scopo di una sommessa perorazione della pace mentre la guerra è in atto e si garantiscono ulteriori sanzioni, nuovi invii di armi all’ucraina e soldati ai confini. Il Parlamento americano ha espresso ancor più chiaramente la volontà americana di proseguire la guerra fino all’ultimo ucraino e Biden si è occupato di procedere alla liquidazione garbata o rude dei leader alleati fino all’ultimo Draghi.

La macchina è avviata La battaglia è pronta a continuare fino all’ultimo ucraino e Biden liquiderà i leader alleati fino all’ultimo Draghi.

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letadeldisordine

Business as usual

di Rosso Malpelo

Il solo capitalismo finanziario non può sorreggere l’intera economia, eppure dall’inizio del nuovo millennio è stato proprio il capitalismo finanziario, quello delle speculazioni di borsa ed in particolar modo sui derivati, a trainare i profitti dei grandi investitori mondiali e quando nel 2008 è scoppiata negli USA la bolla dei mutui sub-prime causando il fallimento della Lehman Brothers (uno di quei grandi investitori) si è rischiato che venisse giù tutto il castello di carta del capitalismo finanziario. Le banche centrali sono quindi corse a sostegno di quel castello, creando migliaia di miliardi di dollari, euro, yen e sterline, a sostegno del sistema, aggiungendo così altra carta al castello di carta traballante, nella speranza di mantenerlo ancora in piedi. Giacché una parte marginale di quella carta finisce anche nell’economia reale sotto forma di prestiti ed investimenti alle imprese che producono qualcosa di concreto, ovvero beni e servizi. La creazione di un’enorme quantità di moneta a debito, come attualmente avviene tramite il sistema bancario, ha logicamente condizionato i tassi di sconto applicati dalle banche centrali, portandoli praticamente a zero e, come previsto da Keynes, il sistema è entrato nella trappola della liquidità.

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la citta futura

Contro la guerra!

Sono utili i criteri morali per comprendere una guerra?

di Stefano Garroni

Spesso è stato osservato quale ruolo nefando stia giocando l’informazione rispetto alla Guerra del Golfo [1]. I critici non tanto ne sottolineano l’unilateralità e la non attendibilità, quanto la densità ideologica: che le notizie dai fronti di battaglia siano sottoposte a censure preventive e a deformazioni interessate può addirittura essere comprensibile e opportuno (per esempio, rispetto a esigenze diplomatiche e militari). Ciò che indigna è, invece, la pertinace, “totalitaria” utilizzazione dell’informazione per costruire l’opinione pubblica (cioè, delle larghe masse) intorno ad alcuni concetti non semplici ma rozzi, non precisi ma netti, non plausibili ma indiscussi.

In realtà, tale indignazione, in un certo senso, è ingiustificata: è assai probabile (a esser cauti) che un analogo imbarbarimento culturale caratterizzi ogni guerra (anche non guerreggiata), in particolare nell’epoca moderna, se non altro a partire dalla Prima guerra mondiale – intendo da quando il conflitto ha assunto carattere totale, da quando l’assassinio di massa coinvolge indifferentemente soldati e civili, e da quando il reale teatro dello scontro militare non è che l’aspetto più evidente e drammatico di un coinvolgimento in realtà universale (e questo è, appunto, anche oggi il caso).

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pierluigifaganfacebook

Strategia USA

di Pierluigi Fagan

Continuiamo la nostra ricerca intorno al problema più volte qui segnalato ovvero l’apparente sproporzione tra l’ambizione che traspare nei piani americani e la forza effettiva dell’amministrazione Biden.

Quanto all’ambizione, non v’è dubbio che l’attuale amministrazione si sia data compito strategico di ampia portata ovvero fare i conti col destino apparentemente inevitabile di un ordine multipolare che annullerebbe ogni vantaggio sistemico per gli Stati Uniti. Fin qui nulla di particolarmente nuovo, il nuovo potrebbe essere nel modo di perseguire l’obiettivo o forse un nuovo molto antico. Nell’ambito del pensiero strategico americano, si è a lungo ritenuto la Cina il competitor a cui gli USA dovevano guardare. Alcuni realisti hanno anche prospettato come utile una “strategia Kissinger” che riproponesse il vecchio “divide et impera” applicato al tempo di Nixon, quando uno dei più conservatori presidenti americani venne portato a Beijing a stringere la mano addirittura a Mao Zedong, pur di separare comunisti cinesi da quelli russi che ai tempi erano il nemico principale.

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fattoquotidiano

Aria di squadrismo "democratico" contro chi dissente

di Donatella Di Cesare

In questi ultimi giorni, per via di vari segnali, ho ripensato alle parole di Carlo Rovelli che, da posizioni analoghe alle mie su questa guerra, ha detto che tira una brutta aria riconoscendo l’impossibilità di intervenire nello spazio pubblico. Lo dimostra anche la polemica innescata da Furio Colombo che stimo da sempre e che è un caro amico, di cui però non comprendo il rifiuto di scrivere su queste pagine a fianco di Alessandro Orsini. Leggo le righe denigranti e ostili che Aldo Grasso mi dedica sul Corriere della Sera mentre sono in Svizzera per un meeting di filosofia, dove tengo una conferenza dal titolo “I filosofi e gli esperti. Un conflitto nella polis”. Anche in altri Paesi europei si discute sulla controversa e un po’ inquietante figura dell’esperto. Perché se le competenze sono indispensabili, gli esperti che si presentano con dati e tabelle su questioni politiche come la guerra rischiano di deresponsabilizzare i cittadini e minare la democrazia. L’antidoto al potere degli esperti è la filosofia, con la sua capacità radicale di guardare a un’alternativa, di indicare una visione ampia. Ciò che manca oggi alla politica.

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theunconditional

Pandemia, guerra, ancora pandemia

Come e perché occorra spezzare la catena riproduttiva delle emergrenze

di Riccardo Paccosi

L’emergenza bellica e la sua propaganda, non hanno funzionato. Dopo tre mesi, la maggioranza della popolazione continua a essere contraria alla politica guerrafondaia del governo e, soprattutto, è nauseata dal fatto di essere costretta a vedere la faccia di Zelensky ovunque e a qualsiasi ora. Viene da ipotizzare che se la propaganda atlantista fosse stata più sobria e meno ossessiva, il risultato avrebbe potuto essere diverso.

Come però dimostra la scarsa partecipazione alle manifestazioni di piazza da quando la guerra è cominciata, siamo di fronte a un dissenso ch’è soltanto tacito e passivo. Probabilmente, un dissenso dovuto al fatto che l’argomento Ucraina non ha per ora effetti tangibili sulla quotidianità delle persone.

In altre parole, l’opposizione alla propaganda di guerra non sta indicando un raggiunto grado di autonomia e consapevolezza del popolo rispetto alle narrazioni del potere, ma solo una distanza cognitiva da questo specifico tema emergenziale. Temo che la veridicità di questa tesi, ebbene, sarà presto certificata dalla nuova emergenza pandemica inerente al cosiddetto vaiolo delle scimmie.

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nazioneindiana

L’intellettuale marxista Franco Fortini

di Velio Abati

In nessun altro tempo, come nell’attuale di drammatica accelerazione, è più difficile prendere pubblicamente parola, se lo fai nel registro del letterato. Infatti di fronte all’odierno scarto storico che, come accade negli eventi tellurici, è di colpo fatto esplodere dalla tensione accumulatasi sotto l’euforia della globalizzazione seguita all’implosione sovietica, tutto modificando per un’intera epoca dell’umanità, misuri davvero, sulla tua carne, la pluralità e l’asincronia, anzi l’attrito insolubile dei tempi che attraversano l’individuo come la collettività. In che modo, ti chiedi, parlare – per dirlo alla Fortini – dell’aggressione russa all’Ucraina, dello scontro con la Nato della seconda potenza militare mondiale – un presente solfureo che brucia ogni altra dimensione – mentre scrivi di letteratura? Sai solo che il tuo dovere è cercare la verità e che essa è sempre dalla parte di chi ne è espropriato.

In questa occasione mi aiuta il volumetto di Giuseppe Muraca (L’integrità dell’intellettuale. Scritti su Franco Fortini, Ombre corte, Verona 2022, p.122, euro 12,00). Consta, ci spiega La breve premessa, di articoli e note scritti nell’ultimo trentennio, i più vecchi dei quali sono stati “rivisti e in parte modificati”.

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effimera

Il salario minimo e il harakiri dei sindacati italiani

di Andrea Fumagalli

Quando si è in tempi di emergenza, prima quella sanitaria ora quella bellica, i/le lavorator* non se la passano bene. Lo sanno i bene i/le lavorator* ucraini. Ma lo sanno bene anche i/le lavorator*, precari e non, in Italia.

Negli ultimi mesi, il tasso di inflazione ha raggiunto un valore medio su base annua in Europa del 7,5%. Secondo i dati Eurostat, l’incremento medio dei salari è stato del 3%. Ciò significa che il potere d’acquisto si è ridotto di 4,5 punti.

Tali valori, tuttavia, variano da paese a paese. Vediamo come.

L’anno scorso (2021) in Francia il salario minimo è aumentato tre volte (complessivamente del 5,9%), e i sindacati si sono posti l’obiettivo di arrivare a 2 mila euro al mese. In Spagna il salario minimo ha raggiunto i mille euro e le mensilità sono 14. In Portogallo, il sindacato ha chiesto un aumento da 705 euro al mese a 800. In Germania per gli 85 mila lavoratori delle acciaierie, il sindacato IG Metall sta cercando di ottenere un aumento dell’8,2%, e intanto i chimici-farmaceutici hanno ottenuto una ‘una tantum’ da 1400 euro. In Danimarca il sindacato Fnv sta cercando di fare aumentare il salario minimo da 10 a 14 euro all’ora. In Lussemburgo e a Cipro, i salari sono agganciati all’inflazione.

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altrenotizie

Europa, la nuova frontiera USA

di Fabrizio Casari

Tra propaganda e storytelling addomesticati, tra narrazioni improvvisate e verità negate, nell’ubriacatura di chi scambia nazisti per irredentisti e la resa con l’evacuazione, se c’è una cosa chiara in questa guerra per procura che gli Stati Uniti fanno combattere agli ucraini, è che Kiev è completamente asservita – e non da oggi - agli interessi statunitensi. Sono venuti alla luce le totali influenze di Washinton su Kiev, il cui inizio risale a prima del golpe di Euro Maidan. In principio l’attività USA è stata dedita all’organizzazione del colpo di stato, poi è proseguita con una continua e profonda ingerenza nelle vicende interne del Paese, al punto dall’esibirne l’eterodirezione dello stesso.

Londra e Washington hanno riempito i depositi di armi dell’Ucraina e la quantità del suo esercito (330.000 uomini) come il suo livello di armamento, ad una analisi neutrale risultavano poco compatibili con il bilancio di un Paese coperto dai debiti e con un PIL affatto entusiasmante. Ma non solo: l'addestramento tanto della sua milizia nazista come dell'esercito regolare, la formazione dei suoi servizi segreti, il saccheggio delle sue risorse minerarie e l'uso del suo territorio per creare laboratori di guerra batteriologica - pericolosi da tenere in patria, ma eccellenti se vicino alla Russia, hanno rappresentato l’esatta dimensione della presenza USA in Ucraina.

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patriaecostituz

Lavrov-Brindisi vs Krusciov-Lippmann: la libertà di stampa e la volontà di comprendere

di Guido Barbi*

L’intervista televisiva di Giuseppe Brindisi a Sergej Lavrov è stata denunciata da molti commentatori, politici e personaggi istituzionali come inappropriata e pericolosa – rea di fornire una tribuna alla disinformazione di Mosca, di diffondere pericolose teorie complottiste, o addirittura di minare la sicurezza nazionale italiana.

Per fortuna questa condanna non è stata unanime.

Di fronte al biasimo per un’intervista colpevolizzata per avere dato la parola all’intervistato, non pochi hanno ricordato l’importanza della libertà di stampa e di informazione per una democrazia. Ma anche fra chi si è sforzato di sottolineare l’importanza della libera informazione – particolarmente in un tempo permeato di retorica bellicistica, se non proprio bellica –, molti si sono comunque affrettatati a fare delle specificazioni. Lo spazio dato al ministro Lavrov sarebbe stato importante proprio per dimostrare – a mo’ di esibizione simbolica – quanto la Russia non sia disposta a trattare e quanto la guerra in Ucraina non abbia altra radice che quella di un male assoluto congenito al sistema putiniano.

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sbilanciamoci

Le sanzioni non sembrano ottenere grandi risultati

di Vincenzo Comito

Tolto per ora il gas dal tavolo, perché impraticabile il blocco in tempi rapidi almeno per alcuni paesi tra cui l’Italia, le sanzioni alla Russia sembra che non contribuiranno a far deviare Mosca dai suoi obiettivi, mentre si cerca di aggirarle

Gli obiettivi delle sanzioni

Sono passati quasi tre mesi da quando le sanzioni alla Russia sono state avviate dai paesi occidentali e ci si può cominciare a chiedere se e quali risultati esse stiano ottenendo e se, in particolare, esse stiano raggiungendo gli obiettivi in qualche modo indicati all’inizio; tra questi, vengono elencati dalla stampa l’intento di punire la Russia per l’invasione dell’Ucraina, poi di obbligare il paese a terminare la guerra – e questo per mancanza di risorse finanziarie, per il fatto che si priva così anche l’esercito di rifornimenti di base – o, per altro verso, l’obiettivo di spingere affinché siano le sofferenze del popolo indotte dalle stesse sanzioni a costringere Putin a cambiare le sue decisioni, anche persino sperando che le difficoltà conducano a rovesciare il presidente russo e il suo gruppo di potere. Curiosamente le sanzioni colpiscono, a parte molti oligarchi, anche la supposta amante di Putin, la ex-moglie e persino sua nonna (Wright, Cameron-Chileshe, 2022).

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fattoquotidiano

Kharkiv né occupata né liberata. A Mariupol niente più resistenza

di Fabio Mini

Chi vince - I russi hanno ciò che vogliono: il Donbas. Oltre la propaganda. Le tattiche contrapposte di Mosca e Kiev non sono risolutive: aumenta il rischio che si passi all’uso di armi strategiche

La situazione militare sul terreno ucraino appare stabilizzata su una linea di contatto tra ucraini e russi leggermente variabile a seconda non dei combattimenti ma di quello che ci viene detto. Ci viene detto che a Mariupol la resistenza ancora combatte nell’acciaieria. In realtà in tutto il complesso industriale è in atto un sistematico rastrellamento russo di un’area completamente circondata e controllata. Ciò che si sta eliminando non è la resistenza dei combattenti ma la loro disperazione, che sarebbe un fatto umano da comprendere, se non sfruttasse la passività e la disperazione degli innocenti.

Ci viene detto che finalmente un convoglio di duecento-mille automezzi privati provenienti da Mariupol ha potuto attraversare il fronte armato ed è giunto a Zaporizhzhia. Grande vittoria ucraina, con il piccolo particolare che il convoglio era stato fatto uscire da Mariupol dai russi da giorni e si era arrestato là dove gli ucraini li hanno fermati e hanno iniziato una sorta di selezione tra chi passa e non passa. Inoltre, è curiosa la stima di duecento-mille automezzi passati e alcune centinaia arrivati: uno scarto del 60-80% nelle stime vuol dire che non li hanno nemmeno contati.