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facciamosinistra

Il sonno/sogno dell'Europa

di Peter Sloterdijk

Se prestiamo fiducia ai manifesti elettorali attaccati dai silenziosi iscritti dei partiti su ogni superficie libera da Greifswald sino giù a Berchtesgaden, la prossima settimana si dovrebbero tenere nella Repubblica Federale le elezioni per il nuovo Parlamento di Berlino. Una data di cui ci si ricorderà con qualche tecnica mnemonica, dato che nulla lascia presagire che ci attendano elezioni significative o che gettino la politica tedesca, la cancelleria o le prossime coalizioni di governo in acque più agitate. Persino il termine "campagna elettorale" suona come una citazione d'altri tempi. E la parola "decisione" come un ghirigoro su una vecchia carta da parati.

Certo, la televisione, affiancata dagli altri media, fa quel che può per alimentare una certa tensione, e i soliti sospetti si danno il cambio davanti alle telecamere declamando i loro copioni. Ma nel pubblico non c'è nessuno che abbia il sentimento che alle elezioni del 24 settembre vi siano in gioco differenze essenziali. Tutti i segnali danno invece via libera alla continuità. A parte alcuni radicalismi verbali della sinistra estrema o dei Verdi, i portavoce dei partiti fanno a gara per strapparsi di bocca gli argomenti più razionali. E mentre in Francia la politica si ringiovanisce in modo drammatico, negli Stati Uniti ci si concede una stagione nel Caos, in Italia - come al solito - ci si dà all'improvvisazione, in Polonia e Ungheria ci si avventura più a fondo nel tunnel dell'isolamento nazionale, la Germania resta quel che è stata nei decenni scorsi: una Potenza tranquilla.

In questo autunno 2017 la Germania fa tornare in mente la formuletta con cui un tempo alla scuola guida si spiegava una regola decisiva del traffico stradale: "La precedenza spetta a chi si trova sulla rotatoria". Da 12 anni, su tutto il traffico tedesco, domina una Kanzlerin decisa, a quanto pare, a restare nella sua corsia sino al compimento del 16° anno. Nessun osservatore della scena berlinese dubita che il prossimo 24 settembre lei non reclami la precedenza assoluta. L'unica questione aperta è se toccherà ai liberali della Fdp, guidati da Christian Lindner, il loro quasi carismatico capo, formare una nuova coalizione, o se la Kanzlerin dovrà arrangiarsi ancora con i socialdemocratici, seguendo il modello del primo (2005-2009) e del terzo (2013-2017) governo Merkel.

È evidente che una variante "nero-gialla", un governo cioè della Cdu e Fdp, sia politicamente più "interessante" della ripetizione della coalizione "nero-rossa". Ma è proprio la questione di ciò che sia ancora "interessante" nella politica tedesca che si rivela come la croce che non può essere compresa senza il Fattore-Merkel. Rientra nei connotati psico-sociali dell'era Merkel il fatto che la cancelliera abbia estirpato all'elettorato il senso di ciò che è politicamente "interessante" (o di ciò che un tempo si sarebbe forse definito "progressivo"). Già nell'era Adenauer l'Unione cristiano-democratica mieteva successi con lo slogan alquanto filisteo : "Keine Experimente", Nessun esperimento. Una tesi che venne poi ricopiata dal Vaticano e posta a fondamento dei suoi pronunciamenti di etica sessuale. Resta sorprendente che all'inizio del terzo millennio, in un mondo estremamente dinamico, alla Signora Merkel sia riuscito di risvegliare una tendenza avversa agli esperimenti.

Per comprenderne il fenomeno occorre tener presente che la Merkel ha introdotto nel gioco politico alcuni fattori senza i quali non è possibile spiegarne il successo. La Kanzlerin è la prima persona a capo di uno Stato ad essersi servita della forza politica della Noia: una noia che Merkel combina con le sue oscillazioni producendo una miscela alquanto strana di affidabilità e imprevedibilità. A quanto pare è proprio questo curioso legame a convincere la maggioranza dell'elettorato tedesco. Se in Germania si potesse eleggere direttamente il cancelliere infatti, una maggioranza-Merkel sarebbe garantita sino al 2030. Sono i momenti di volatilità nel comportamento della Merkel a dar l'impressione che a Berlino si governi in modo molto deciso. I momenti di noia d'altro lato suscitano l'impressione che non ci si debba preoccupare più del necessario; mentre la naturale resistenza della popolazione alle profonde trasformazioni si rispecchia nell'apparente inerzia del governo di Berlino.

Questo stile di governo della Merkel è già stato definito "Letargocrazia", termine che caratterizza sia la lentezza dei suoi riflessi politici che la mancanza di profilo. "Letargocratico" è l'uso insistente che la Merkel ha fatto dell'arma della Noia, con cui ha indotto una parte consistente dei tedeschi a non interessarsi più di tanto delle questioni politiche. Allo stesso scopo punta anche la calcolata ingenuità della sua lingua che ha bandito ogni accenno di creatività, e ogni prontezza di spirito, dagli affari della politica. Il modo di presentarsi in pubblico della Merkel - i suoi gesti, i vestiti, il taglio dei capelli... - sono tutti elementi di una retorica della modestia. Lei sorride anche a chi è così ingenuo da sottovalutarla. Né è plausibile crederla vanitosa. Persino il suo rivale è pronto a credere che lei non sprechi un istante a chiedersi come apparirà sulla passerella del potere. Anche lo spietato candore con cui sinora ha respinto sullo sfondo tutti i suoi possibili rivali, eguale se uomini o donne, rientra nelle linee della sua letargocrazia.

Ma il suo capolavoro Merkel lo ha realizzato penetrando negli anni nel cuore del territorio del suo avversario per diffondervi la suggestione che siano in realtà i suoi cristiano-democratici i migliori socialdemocratici. Per meglio rendere questo effetto è stata disposta anche ad estraniarsi l'ala destra del partito. Una parte di questi conservatori è poi migrata in un nuovo movimento che, ironicamente, si chiama "Alternativa per la Germania", ma che de facto non offre un'alternativa se non alle frange di destra più frustrate dell'Unione di Cdu e Csu, e a un variegato popolo di falliti, semifalliti e amanti di frasi, gesti e assurdità varie col tricolore "nero-rosso-oro". Di sicuro non è l'emigrazione di questa gente a rubare il sonno alla Merkel: lei sa che con la sua strategia guadagna più voti al centro di quanti ne perda a destra. Con la Merkel, insomma, tramontano per sempre i tempi in cui i Cristiano-democratici fungevano da rifugio d'emergenza a vecchi nazisti o a neo-nazionalisti. E di sicuro la maggior parte dei tedeschi del 2017 non indovina più ciò a cui pensava Franz Joseph Strauß quando (presumibilmente negli anni '70) coniò lo slogan: «Più a destra di noi c'è solo il muro», cioè nessuno.

Per questo negli ultimi tempi il Fenomeno Merkel viene seriamente studiato dalle scienze politiche. Sulla scorta della sua persona una parte di questi teorici indaga la questione della cosiddetta "Egemonia involontaria". In effetti è difficile negare che la Germania, senza davvero averla ambita, si è ritrovata in una posizione egemonica all'interno d'Europa. Da Konrad Adenauer a Willy Brandt, e da Helmut Schmidt sino a Helmut Kohl la costante della politica tedesca stava nel togliere ai vicini europei il timore di una rinnovata Potenza Germania. Da questo punto di vista Angela Merkel è da considerarsi senza dubbio come una fortuna: nella sua personalità non si può trovare assolutamente nulla che rimandi a una nevrosi di stampo nazionalistico. Lei rappresenta anzi l'incarnazione della costante ricerca, libera da ogni megalomania, del compromesso tra gli interessi tedeschi e quelli dei nostri vicini. In questo senso lei è l'anti-Berlusconi, l'anti-Putin, l'anti-Erdogan, l'anti-Kaczynski, l'anti-Orbán e l'anti-Trump in una persona sola. Non occorre essere un fine troubadour per percepire tutto il benefico effetto di questa sua contrapposizione al patologico machismo della politica attuale. 

Politologi e strateghi ne presentano d'altra parte un bilancio più critico: per alcuni di loro Angela Merkel riveste un ruolo di primo piano nella storia della depoliticizzazione della politica. Ad alcuni analisti – come Heiner Mühlmann ha evidenziato di recente in un saggio sulle pagine della "Neue Zürcher Zeitung" – il suo Quasi-Matriarcato appare come una mossa fatale di quell'altro metodo che gli analisti chiamano "demobilitazione asimmetrica".

Che essenzialmente consiste nello spruzzare sulla scena politica tanto di quel cloroformio sino a quando la maggior parte della popolazione non sia crollata in uno stato di dormiveglia. La norma ovviamente è di anestetizzare più a lungo possibile specie il campo dell'avversario; e, almeno sotto elezioni, di consentire ai propri seguaci di risvegliarsi più in fretta dei rivali.

Se tutto va secondo i piani, gli ammiratori di Angela Merkel si risveglieranno il 24 settembre abbastanza decloroformizzati per rivotare lei e il suo partito. Gli avversari invece si riprenderanno probabilmente troppo tardi dalla loro anestesia. Tutto fa pensare quindi che presto ne sapremo di più di un quarto governo della Merkel.


Traduzione di Stefano Vastano
Articolo pubblicato su L'Espresso, 17 settembre 2017

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