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Di male (M5s) in peggio (i sinistrati)

di Leonardo Mazzei

Se M5S ha deciso di trasfigurare la sua originaria carica anti-sistemica nel volto senza idee di Di Maio l'insipido, qual è la proposta della sinistra sinistrata?

Piemme si è occupato ieri l'altro della farsa pentastellata, quella che ci ha portato dalla "democrazia della rete" alle primarie senza avversari. Quelle fatte solo per incoronare Di Maio l'insipido. Non solo una scelta neo-democristiana, ma pure una scelta perdente. Ieri sera, un ex M5S - una categoria in costante aumento - mi ha detto: «secondo me i vertici del movimento hanno deciso di perdere». Non sono sicuro che questa sia la diagnosi corretta, ma la prognosi mi pare certa.

Aggettivare come "bulgara" la farsesca votazione dei Cinque Stelle è ormai un luogo comune di cui abusano tutti, i piddini in primo luogo. E, tuttavia, come dargli torto in questo caso, vista la figuraccia che i pentastellati si sono confezionati da soli? E poi, come non vedere che è tutto il loro sistema di selezione dei candidati che fa acqua da tutte le parti? Ieri è arrivata la notizia della "sospensione" delle primarie siciliane di M5S da parte del tribunale di Palermo. Sia chiaro, chi scrive detesta e condanna questa continua intromissione della magistratura in vicende interne di partiti e movimenti, ma non è forse sempre stato M5S a benedire e santificare ogni rutto tribunalizio? Bene, chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Astrattamente parlando, l'incipiente crisi pentastellata dovrebbe aprire grandi praterie a sinistra. Ma così non è e così non sarà. Ce lo dicono con chiarezza - ma sinceramente non avevamo dubbi - le ultime news provenienti dalla sinistra sinistrata.

Ma che cos'è esattamente la sinistra sinistrata? Non è semplicemente la sinistra che perde, che questo di per sé non è una colpa. E' invece la sinistra che non può vincere, visto che ha scelto di separarsi deliberatamente dal popolo, dal comune sentire degli strati più profondi della società, quelli più colpiti dalla crisi e dalla globalizzazione. E' una sinistra che ha molti slogan ma nessuna idea; tanti "valori" ma nessun programma.

Naturalmente in questa sinistra sinistrata c'è un po' di tutto: persone oneste quanto confusionarie, come maneggioni e saltimbanchi sempre pronti all'ennesima giravolta. Politicamente, essa si può suddividere all'ingrosso in due categorie: gli ultrasinistri e gli ultraopportunisti. I primi sono ormai al livello della setta, dei secondi ci occuperemo nelle prossime righe.

Dice una diffusa narrativa, ma ancor più ce lo dicono i fatti, che esista una sorta di catena che tiene in qualche modo legati fra loro il Pd e le sinistre che si vorrebbero "alternative" e/o "radicali". Almeno un tempo le cose erano chiare. Esisteva un cosiddetto centrosinistra che inglobava anche due liste falcemartellate (il Prc ed Il Pdci). Ma adesso? Adesso di acqua ne è passata sotto i ponti, e solo a dire "Pd" si prova una certa vergogna. Dunque la catena è più nascosta, ma pur sempre esistente.

Ma quanti e quali sono gli anelli di questa catena? Ce lo dicono assai chiaramente le cronache degli ultimi giorni.

Intanto elenchiamo gli anelli. Andando dal Pd verso sinistra, essi sono: Campo Progressista, Mdp, Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista.

La vocazione di Campo Progressista, a partire dal suo leader Pisapia, è fin troppo chiara. Costui, messo in pista dai soliti poteri forti (sfacciata la sponsorizzazione de la Repubblica), ha sempre detto di voler fare da spalla a Renzi. Del resto nelle urne del 4 dicembre egli depose un gigantesco Sì, e tanto poteva bastare. In ogni caso, non più tardi di lunedì, per l'ex primo cittadino di Milano ha parlato l'attuale sindaco di Cagliari Zedda, il quale ha sentenziato che «Non può esistere il centrosinistra senza Pd». E come dargli torto, se l'obiettivo è quello di rifare il centrosinistra?

Quale sia l'offerta politica di Campo Progressista ce lo dice del resto il suo stesso sito, che è utile vistare per rendersi conto - oltre che dell'inesistente "aggiornamento" delle informazioni - dell'assoluta mancanza di contenuti. Ad ogni modo due sono le notizie che campeggiano nella home. La prima (8 settembre), che vorrebbe essere una minaccia: «Pisapia: "Basta con il fuoco amico o farò un passo indietro"». La seconda, che rimane pur sempre una simpatica confessione, è la seguente: «Pisapia: "Il Pd non è il mio nemico. L'abbraccio a Boschi polemica inutile». Questa frase epocale è del 24 luglio, ma il suo evidente valore storico ha consigliato di lasciarla ben in vista per due mesi...

Che il piccolo anello di Campo Progressista sia ben avvinghiato all'anellone chiamato Pd è cosa talmente ovvia da non dover sprecare altre parole. Se lo facciamo è solo perché Pisapia-il-nulla è stato recentemente riconosciuto come leader dalla stessa congrega dei fuoriusciti dal Pd, denominatasi per ora Mdp. Tra costoro non mancano i mal di pancia, ma visti i magri sondaggi, e considerato che la loro storia politica non ha prodotto leaders ma al massimo solo qualche peones, sembrano non poter fare a meno del volto pacioso quanto nulladicente del Pisapia. Il che spiega già tutto.

Ad ogni modo ci ha pensato il senatore Manconi a precisare che nell'incontro tra Mdp e Campo Progressista, Pisapia ha posto delle condizioni. Tra queste quella decisiva sancisce che: «Il rapporto con il Pd è ineludibile». E qui - non che ci fossero dubbi - anche il secondo anello, rappresentato da Mdp, viene ben fissato alla catena.

E Sinistra Italiana? In realtà costoro sono una certezza. Ha voglia il Fratoianni di sbracciarsi a proclamare l'alternatività al Pd: e chi gli crede? Il suo partitello altro non è che una piccola Sel, altro mostriciattolo che nacque giusto per non uscire da quella strutturale subalternità. Ora, è vero che gli organismi viventi si evolvono, ma il Dna una sua importanza ce l'ha sempre.

A scanso di equivoci c'è comunque la Sicilia. Lì Sinistra Italiana (SI) ha scelto senza se e senza ma l'alleanza con Mdp, operazione che fa da apripista all'inciucio per le elezioni politiche. Chiudiamo con costoro con una piccola nota di colore sempre sulla Sicilia. Siccome unire tante forze solo per provare a raggiungere lo sbarramento del 5% è cosa un po' disdicevole, ecco che la sparano grossa: secondo il sito di SI, il candidato del listone sinistrato Claudio Fava sarebbe al 25%. Boom, boom, diciamo (come si esprimerebbe il correligionario D'Alema) quadruplice boom, visto che per ottenere il loro risultato quel venticinque andrà diviso grosso modo proprio per quattro.

Bene, dopo aver sistemato anche il docile anello di SI, rimane quello di Rifondazione Comunista. I rifondaroli si agitano, ma come al solito non hanno una linea politica degna di questo nome. "Mai più con il Pd", dicono da tempo. Ma questo significa che abbiano una strategia alternativa? Neanche per sogno. Anche in questo caso la Sicilia insegna. Contro certe dichiarazioni di Fava strilla il segretario nazionale Acerbo e strillicchia quello siciliano Cosentino, ma ad oggi non risulta alcun ripensamento sulla scelta di stare tutti uniti, più o meno appassionatamente, nel listone sinistrato.

Certo, alle elezioni del 2018, per il Prc sarà un po' più dura fare da quarto anello di una catena tenuta in mano dal Pd e dai poteri forti, ma ancor più difficile sarà una scelta di rottura e di autonomia politica. Questo per due motivi: primo, perché manca appunto un'autonomia strategica; secondo, perché tale assenza va di pari passo con l'ossessione del rientro in parlamento. Sarà dunque quest'ultimo aspetto a rivelarsi decisivo. Vorrà il listone dei sinistrati uniti accogliere nelle proprie fila, assicurandogli almeno due/tre seggi, anche Rifondazione Comunista? Al momento non lo sappiamo, ma visto che i sondaggi sono alquanto magri per tutti, è probabile che qualche strapuntino venga infine trovato anche per i rifondaroli. E siccome il regista di tutto ciò sarà verosimilmente Massimo D'Alema, che almeno certi conti li sa fare, è probabile che Acerbo e Ferrero saldino il loro quarto anellino della catena.

Dice: e il Brancaccio? E i "mitici", si fa per dire, Falcone e Montanari? Al momento usciti dai radar, e chissà mai se vi rientreranno. Ma se lo faranno sarà solo per controbilanciare, non certo per contrastare, il progetto Pisapia-Mdp.

Ecco qui l'altro chiodo che crocefigge definitivamente le speranze alternativiste del Prc. Essersi messi alla coda del duo di cui sopra è stato il solito errore marchiano di un gruppo dirigente ormai allo sbando.

In conclusione, se di M5S possiamo oggi dire tutto il peggio possibile - e per il sottoscritto la cosa peggiore non è neppure l'incoronazione di Di Maio l'insipido (tanto a Palazzo Chigi non ci andrà di certo), quanto la rinuncia al combattimento a viso aperto di chi pure non è d'accordo con lui - sui sinistrati dobbiamo dire anche qualcosa di più. La loro inutilità politica dal punto di vista del popolo lavoratore è manifesta da tempo, ma costoro non si risparmiano davvero per ricordarcela ad ogni mossa.

Cosa resta da fare allora in vista delle prossime elezioni politiche? Pur con tutte le difficoltà dell'impresa, l'unica proposta seria è quella della Confederazione per la Liberazione Nazionale (CLN). Una proposta che potrà materializzarsi solo se scenderanno in campo migliaia di attivisti. Tutto da verificare, è ovvio. Ma almeno in questo caso una proposta chiara c'è, è quella di un'Italia Ribelle e Sovrana. Un'alternativa non solo elettorale, ma politica. Che guarda all'oggi ed ai passaggi decisivi di un domani assai vicino.

Chi non si arrende, chi vuol iniziare a ribellarsi, batta subito un colpo.

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