Print Friendly, PDF & Email

effimera

Più dell’elettorato potè il mercato

di Gianni Giovannelli

In queste ore lo scenario politico va mutando. Non solo l’asse Lega 5 Stelle si scontra con le direttive emanate da BCE e Commissione Europea ma sembra profilarsi un aperto conflitto, le cui conseguenze difficilmente possono essere previste in dettaglio.

Lo schema sperimentato a suo tempo in Grecia appare sempre più come una sorta di laboratorio; la Lega e il Movimento 5 Stelle debbono “farsi Tsipras” o, in alternativa, saranno chiamati a battaglia, senza esclusione di colpi.

Torniamo alla lettera segreta che Draghi e Trichet inviarono al governo italiano (altra di contenuto similare fu recapitata a Zapatero). Trovate il testo in rete; nel settembre 2011 fu il Corriere della sera a pubblicarla. In entrambi i casi cadde il governo: quello spagnolo sostituito da un governo di destra e quello italiano sostituito da un governo di sinistra.

Le elezioni italiane del 2013 segnarono la secca sconfitta del partito democratico e la legge elettorale fu giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale, di cui era componente Mattarella. Il parlamento illegittimo elesse poi Mattarella quale suo presidente.

Nella legislatura 2013-2018 si è consumato un processo di sussunzione più vicina ormai al dispotismo che all’autoritarismo, con l’abrogazione delle leggi di tutela dei lavoratori, votata sotto la presidenza delle Camere affidata a Grasso e Boldrini (poi candidati alle elezioni che hanno visto l’inevitabile disfatta di LeU).

L’attacco spietato alle condizioni dei lavoratori e dei precari e la difesa altrettanto spietata del potere finanziario sono stati appoggiati dalle rappresentanze storiche di sinistra, ascari imperdonabili inquadrati nelle truppe avversarie e licenziati, come meritavano, dopo l’uso.

Il referendum costituzionale ha mostrato il divario fra rappresentanti e rappresentati. Eppure, senza battere ciglio, sono andati avanti per la via intrapresa, affidando  le posizioni di comando ai funzionari e alle funzionarie della finanza. Il CNEL (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro), sopravvissuto al referendum, ha estromesso (per decisione della Presidenza del Consiglio e di Mattarella) tutti i sindacati di base che prima ne facevano parte e affidato il comando a chi voleva eliminare l’organismo. Non è un passaggio decisivo; è il segno di un metodo, la spia di un programma.

Il governo Gentiloni, lungi dal rimanere in ambito di ordinaria amministrazione, esercita il comando. Il 10 aprile ha approvato, e lo indico a mero titolo di esempio-spia, un decreto legislativo che sottrae per una serie di reati l’iniziativa penale alle procure (ora l’appropriazione indebita aggravata richiede la querela di parte). Il decreto legislativo non passa dal parlamento; nel nostro caso mancavano pure le commissioni cui viene rimesso l’esame, posto che l’unica in funzione è quella speciale che si occupa di tutto (dunque di nulla). Anche il sindacalismo tradizionale (Cgil, Cisl e Uil) si va ponendo in linea di contrasto con l’esecutivo.

Per la prima volta il rifiuto di nomina del ministro (in questo caso il ministro Savona) viene giustificato a fronte delle possibili reazioni delle agenzie di rating, della banca centrale europea e di meno identificabili mercati. Anche la guerra rimane ormai ordinaria amministrazione.

La discussione molto coltivata (purtroppo) circa la reale natura del Movimento 5 stelle (se sia populista o meno, se sia di destra o se sia costola della sinistra) ricorda quella sulla peste nelle pagine di Manzoni. Il problema non sta in Salvini o in Di Maio; sta nelle banche e in Mattarella.

L’Italia ancora una volta torna ad essere laboratorio di ricerca.

L’occhio è rivolto alla Spagna, ove la crisi del governo minoritario conservatore sta concludendosi con una possibile crisi. L’avviso è rivolto sia alla destra Ciudadanos sia alla sinistra Podemos. Per aspirare al potere entrambi debbono farsi Tsipras o l’eventuale vittoria elettorale non servirà a nulla.

Ed è rivolto alla Francia, percorsa dalle proteste che mettono in difficoltà Macron. In questo caso gli avvisati sono Marine Le Pen  e Mélenchon. O accettano le regole o non esistono vittorie elettorali valide.

Entra in crisi, con l’intervento di Mattarella, il meccanismo elettorale di rappresentanza (allargato mediante intese di respiro nazionale e istituzionale) che si era consolidato dopo il rapimento di Aldo Moro e che si era poi diversamente sviluppato dopo la rimozione di Bettino Craxi, durante l’uragano di tangentopoli. Era un assetto in cui l’elemento del consenso elettorale giocava un ruolo fondamentale. Rifiutandosi di sottoscrivere la nomina a ministro del prof. Savona il Presidente della Repubblica ha espressamente slegato la scelta dell’esecutivo dalle elezioni parlamentari. Mattarella ha riconosciuto che l’indicazione proveniva da una maggioranza degli eletti; ma ha poi precisato che la maggioranza deve essere ritenuta elemento necessario, ma non sufficiente. L’altro elemento necessario, e variabile indipendente rispetto al risultato delle urne, è dato dall’approvazione dei mercati . Singolare davvero che un costituzionalista attento e un giurista preparato come il prof. Mattarella si riferisca alle conseguenze possibili che i mercati possono minacciare. Non che il pericolo vada rimosso o anche solo sottovalutato. Ma il galateo istituzionale forse dovrebbe suggerire una motivazione più meditata. Con questa presentazione minacciosa i mercati somigliano assai ad un’altra forza reale (politica e militare), peraltro non estranea ai mercati, la struttura criminale mafiosa

Certo. Possiamo consolarci per via dell’indubbia collocazione conservatrice del mancato ministro Savona. Ma perderemmo di vista la sostanza del problema.

Add comment

Submit