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Muore un altro mito Covid: la sanificazione compulsiva

di Jeffrey A. Tucker*

Andare al supermercato nel Massachusetts nel 2020 ti garantiva di respirare nuvole di disinfettante. Un impiegato a tempo pieno strofinava i carrelli della spesa tra un cliente e l’altro. I nastri trasportatori alla cassa venivano sfregati e puliti tra una vendita e l’altra. Le superfici di vetro venivano spruzzate il più spesso possibile. Le tastiere di plastica dei terminali POS non solo erano ricoperte di plastica – perché mettere la plastica sulla plastica fermasse il virus della Covid non è mai stato chiaro – ma venivano anche spruzzate tra un uso e l’altro.

Gli impiegati guardavano attentamente le mani per vedere cosa si toccava, e quando si usciva dallo spazio si inondava l’area con lo spray detergente.

Era lo stesso negli uffici e nelle scuole. Se una sola persona risultava positiva al test PCR, l’intero locale doveva essere evacuato per una fumigazione di 48 ore. Tutto doveva essere pulito, spruzzato e strofinato, per sbarazzarsi del virus della Covid che sicuramente doveva essere presente in quel brutto posto. La pulizia rituale assumeva un elemento religioso, come se il tempio dovesse essere purificato dal diavolo prima che Dio potesse o volesse tornare.

Tutto ciò derivava dalla convinzione che il germe vivesse sulle superfici e negli spazi, che a sua volta derivava da un’intuizione primitiva. Non si può vedere il virus, quindi potrebbe davvero essere ovunque. L’immaginazione umana ha fatto il resto.

Mi trovavo a Hudson, New York, in una lussuosa “breakfast house” che imponeva protocolli Covid casuali. Fuori faceva freddo ma non mi lasciavano sedere dentro, anche se non c’erano restrizioni governative per farlo. Ho chiesto a quella ventenne mascherata il perché. Ha risposto “Covid”.

“Crede davvero che ci sia il virus Covid dentro quella stanza?”.

“Sì.”

I vagoni della metropolitana venivano puliti ogni giorno. Facebook chiudeva abitualmente i suoi uffici per una pulizia completa. La posta veniva lasciata a disinfettare per giorni prima di essere aperta. La pazzia ha iniziato a dilagare: i parchi giochi hanno rimosso le reti dai canestri da basket per paura che contagiassero con la Covid.

Durante tutto il patetico periodo dell’anno scorso, la gente si è rivoltata selvaggiamente contro gli oggetti fisici. Nessuna condivisione di matite nelle scuole che avrebbero aperto. Niente sale e pepe sui tavoli perché sicuramente è lì che alligna la Covid. Niente più menù fisici. Sono stati sostituiti da codici QR. Probabilmente anche il tuo telefono ha la Covid, ma almeno l’hai toccato solo tu.

Il “touchless” è diventato il nuovo obiettivo. Tutte gli oggetti fisici divennero intoccabili, ricordando ancora una volta le antiche religioni che consideravano il mondo fisico come una forza dell’oscurità mentre il mondo spirituale/digitale punta alla luce. I seguaci del profeta Mani sarebbero contenti.

Già a febbraio, l’AIER aveva segnalato che c’era qualcosa di molto sbagliato in tutto questo. Stavano già comparendo studi che dichiaravano assolutamente infondata questa frenesia fisico-fobica.

La demonizzazione delle superfici e delle stanze non derivava solo dall’immaginazione attiva; era anche raccomandata e persino ordinata dal CDC, che forniva un’enorme pagina di istruzioni sulla necessità di temere, strofinare e fumigare costantemente.

Il 5 aprile, tuttavia, la pagina del CDC è stata sostituita da una serie molto semplificata di istruzioni, che include ora questa nota discreta: “Nella maggior parte delle situazioni, il rischio di infezione dal toccare una superficie è basso.”

Oh caspita, è proprio così?

Il link rimanda a quanto segue:

Sono stati condotti studi di valutazione quantitativa del rischio microbico (QMRA) per comprendere e caratterizzare il rischio relativo della trasmissione tramite fomiti [del virus] della SARS-CoV-2 e valutare la necessità e l’efficacia delle misure di prevenzione per ridurre il rischio. I risultati di questi studi suggeriscono che il rischio di infezione da SARS-CoV-2 attraverso la via di trasmissione tramite fomiti è basso, e generalmente inferiore a 1 su 10.000, il che significa che ogni contatto con una superficie contaminata ha meno di una possibilità su 10.000 di causare un’infezione.

Ooops!

Tanti miliardi spesi in prodotti per la pulizia, i dipendenti e il tempo, e l’isteria e la frenesia, l’aumento dell’impalpabilità, e i guanti, l’inondazione del mondo intero. La scienza apparentemente è cambiata. Ci vorranno ancora anni prima che la gente riceva la notizia e agisca di conseguenza. Una volta scatenati i miti della trasmissione superficiale di un virus respiratorio, sarà difficile tornare alla normalità.

Fortunatamente il New York Times ha fatto un servizio accurato sull’aggiornamento del CDC, citando tutti i tipi di esperti che sostengono di averlo sempre saputo.

Finalmente“, ha detto Linsey Marr, un esperto di virus trasportati dall’aria alla Virginia Tech. “Lo sappiamo da molto tempo, eppure la gente si concentra ancora così tanto sulla pulizia delle superfici“. Ha aggiunto: “Non ci sono assolutamente prove che qualcuno abbia mai preso la Covid-19 toccando una superficie contaminata“.

Eppure, sono pronto a scommettere che se in questo momento mi dirigessi verso un Walmart o qualche altra grande catena di negozi, ci saranno diversi dipendenti dedicati a disinfettare tutto ciò che possono, e ci saranno clienti che esigono che sia così.

Quanti anni ci vorranno prima che la gente possa venire a patti con la realtà imbarazzante e scandalosa che molto di ciò che è stato presentato come Scienza l’anno scorso è stato inventato al volo e si è rivelato completamente falso?


* American Institute for Economic Research

Link: https://www.aier.org/article/another-covid-myth-dies-the-death/

Traduzione di Arrigo de Angeli per ComeDonChisciotte

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