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L'”incidente polacco”, un Tonchino in salsa europea

di Francesco Piccioni

A 24 ore di distanza, con qualche elemento concreto in più (le dichiarazioni e la propaganda li lasciamo agli arruolati), possiamo provare a sintetizzare l’analisi dell’”incidente polacco” – i droni, forse russi, che hanno sconfinato sul confine orientale di Varsavia – e ipotizzare cosa è effettivamente accaduto.

Dal che, come sempre, discende un briciolo di valutazione politica.

Gli “elementi concreti” vengono forniti da fonti militari (alcune della Nato, altre bielorusse) e da analisti militari sperimentati, tipo Analisi Difesa per quanto riguarda l’Italia.

Partiamo dalle cose relativamente certe.

I droni erano di tipo “Gerbera”, che un sito molto “europeista-militarista” descrive così: I droni Gerbera appartengono alla categoria degli UAV tattici, progettati per missioni di ricognizione, sorveglianza e potenzialmente anche attacco. Sebbene la documentazione ufficiale sia limitata, analisti militari occidentali hanno identificato questo modello come parte della nuova generazione di droni russi, sviluppata con l’obiettivo di contrastare le difese aeree convenzionali e di operare in scenari di conflitto ibrido.”

In pratica sono droni senza carica esplosiva (anche se in qualche misura potrebbero portarla), utili sia per acquisire informazioni sulla disposizione del nemico, sia come “esca” per attirare i missili anti-missile delle difese avversarie.

 

I droni dell’altra notte erano certamente “disarmati”, come si vede dalle foto scattate a quelli caduti nei campi (non ci sono “buche” causate da esplosioni) o anche dai danni provocati dall’unico caduto su una casa di campagna.

Secondo elemento certo. L’allarme ai militari polacchi è stato dato da quelli bielorussi – stretti alleati di Mosca, notoriamente – per tramite del capo di stato maggiore, Pavel Muraveiko. Che subito dopo ha emesso un comunicato in cui spiega: “Durante gli scontri aerei fra Russia e Ucraina nella notte, le forze per la difesa aerea Bielorussia intercettano costantemente droni che hanno perso la loro traiettoria in seguito all’impatto con strumenti elettronici. Alcuni di questi droni sono stati distrutti dalla difesa aerea del nostro Paese nel nostro spazio aereo”.

Il governo di Varsavia ha confermato che la Bielorussia aveva informato la Polonia circa l’avvicinamento di droni. E, da parte sua, “la Polonia ha notificato alla Bielorussia l’avvicinamento di droni non identificati dal territorio ucraino”.

Bielorussia e Polonia, in sintesi, si sono coordinate fin dall’inizio per affrontare il problema rappresentato da droni – sia russi che ucraini – finiti “fuori rotta” per l’intervento delle contromisure elettroniche (attivate dalle due parti per contrastare gli “oggetti volanti” nemici).

Prima osservazione: se gli alleati di Mosca avvertono un paese Nato che sono in volo dei droni fuori controllo, dovrebbe essere difficile definire questo sconfinamento un “atto intenzionale”. Ma andiamo avanti.

Terza cosa certa. La Polonia ha bloccato il traffico aereo e chiuso gli aeroporti più vicini alla zona interessata – il che è ovviamente doveroso, di fronte a un allarme di questo genere – ma prima dell’alba li aveva già riaperti. Segno che la situazione è stata subito ampiamente sotto controllo e senza ulteriori pericoli.

Stabiliti gli elementi certi, anche gli analisti militari più seri avanzano in genere tre ipotesi.

a) Una provocazione russa per “testare” le reazioni della Nato e/ della UE. Ma è resa poco credibile dalla politica che Mosca sta praticando da tempo nei confronti di “Europa” e Stati Uniti, tesa sostanzialmente a evitare l’escalation (militari occidentali in Ucraina, Kiev nella Nato, ecc) e quindi il confronto militare diretto con una potenza certamente più “impegnativa” della sola Ucraina, benché supportata e armata dalla Nato.

b) Un incidente provocato dall’uso di “contromisure elettroniche” nel bel mezzo di un traffico di droni di entrambe le parti in conflitto, che ha portato diversi velivoli  al di fuori dei rispettivi confini.

c) Un’operazione “false flag” coordinata tra Kiev e Varsavia (l’ala “europeista”, soprattutto, rappresentata dal primo ministro Donald Tusk, contrapposta a quella nazionalista del presidente Karol Nawrocki) “per innalzare la tensione con Mosca e sensibilizzare gli alleati NATO meno sensibili agli appelli alla mobilitazione contro la minaccia Russia”.

Diciamo che la seconda e la terza sembrano più credibili, anche perché in fondo non si escludono a vicenda. Può essere benissimo che un vero “incidente casuale” sia sfruttato per innalzare la tensione. Così come la storia è piena di “incidenti del Tonchino” (o “boccette con l’antrace”) preparati ad arte per giustificare un intervento militare.

Guardando le reazioni sia europee che statunitensi si può forse arrivare a individuare l’ipotesi più realistica.

Il primo ministro polacco, Tusk, ha definito l’incidente una “provocazione su larga scala” e ha attivato l’articolo 4 del trattato NATO, in base al quale i membri dell’alleanza possono richiedere consultazioni con i propri alleati “ogni qualvolta, a giudizio di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una qualsiasi delle Parti siano minacciate”.

Il fatto che non si sia appellato all’art. 5 – quello che prevede il sostegno “anche militare” degli alleati – dimostra che si cerca, sì, di “alzare la tensione”, ma non fino al punto da rischiare di trasformarla subito in conflitto aperto. Specie se non si sa cosa faranno gli Stati Uniti…

Significativa, di riflesso, la reazione di quell’asino in mezzo ai suoni messo a fare il segretario generale della Nato, l’olandese Rutte (quello che a Washington chiamava Trump “paparino”!): è in corso una “valutazione completa“, ma che questa incursione sia stata “intenzionale o meno, è assolutamente irresponsabile e pericolosa. Il mio messaggio a Putin è chiaro: porre fine alla guerra in Ucraina (…) smettere di violare il nostro spazio aereo e sapere che siamo vigili e difenderemo ogni centimetro del territorio NATO”.

Della serie: non abbiamo ancora deciso come classificare l’incidente, non giuriamo che sia “intenzionale” (quindi siamo pronti a scaricare la tensione sulla sola Varsavia, se ha “esagerato”), ma comunque mandiamo “un fermo avvertimento” a Putin. Chiacchiere e distintivo, insomma, ma nessuna dichiarazione di guerra…

Ancora più significativa l’unica dichiarazione di Trump sull’incidente: “perché la Russia viola lo spazio aereo polacco con i droni? Eccoci qui!” I commentatori “europeisti” l’hanno giudicata “ambigua” o “criptica”, ma sicuramente è densa di dubbi su come siano andate veramente le cose.

E’ sicuro infatti che sia i paesi baltici (rappresentati nella Commissione europea da zucche vuote pronte alla guerra, come Kaja Kallas o Kubilus) e la Polonia premono da tempo per andare allo scontro diretto con Mosca, ma hanno bisogno del totale impegno statunitense e dell’intera “Europa” per non essere rapidamente schiacciati. Da questo punto di vista Biden offriva maggiori garanzie ai guerrafondai…

A questa gente serve un “incidente del Tonchino” per “stimolare” Trump ad abbandonare qualsiasi velleità “trattativista” con Mosca, e anche a eliminare dubbi e distinguo all’interno dell’Unione Europea.

Il precedente dell’attentato al gasdotto North Stream (sabotato da agenti ucraini, supportati dai servizi di Varsavia, poi individuati dalla magistratura tedesca), oltre a episodi minori, sta lì a certificare che il futuro del pianeta – in questo angolo di mondo – è in mano a nanerottoli ringhiosi disposti a tutto pur di realizzare i propri deliri di grandezza. Come Netanyahu e soci, insomma…

 

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