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ilsimplicissimus

L’Unità e i punitori di se stessi

di ilsimplicissimus

L’ Unità, il giornale che continuando a dichiararsi fondato da Gramsci, costituisce un quotidiano tradimento di storie, speranze, idee, è di nuovo in gravissima crisi e si profilano licenziamenti collettivi senza nemmeno il piccolo paracadute degli ammortizzatori sociali: la riesumazione della gloriosa testata per farla diventare l’house organ del renzismo più integrale tanto da essere spesso più realista del re, è stata un completo fallimento e persino la direzione formale affidata in extremis a Staino, utilizzato come marchio  per rilucidare una vernicetta di sinistra spruzzata su una sostanza reazionaria, non ha allungato di molto la vita a un progetto radicalmente sbagliato se non truffaldino che allineandosi senza imbarazzo al ballismo nostrano e al pensiero unico globale, ha intercettato solo il disprezzo dei suoi vecchi lettori senza tuttavia pescarne di nuovi tra l’analfabetismo rampante dei fan del guappo rignanese.

Già l’anno scorso le vendite erano crollate a 8000 al giorno il che, trattandosi del foglio di riferimento del maggior partito del Paese e non di un giornale locale o di opinione, significa che le copie normalmente acquistate in edicola e non destinate alle “mazzette” dei politici di ogni ordine e grado erano giunte a livello amatoriale e con enormi spese di distribuzione vista la natura nazionale del quotidiano.   Del resto l’impossibilità di trovare in Italia un editore non dico di sinistra, ma almeno non sull’attenti alla presenza del potere, né un editore intelligente,  né un editore scollegato da soffocanti interessi politicanti e probabilmente nemmeno un numero di lettori sufficientemente evoluti, ha reso pressoché  impossibile trovare una formula di respiro che salvasse al tempo stesso la storica testata e la sua dignità. Ma tra questo e la soluzione di far comprare l’80 per cento del giornale al gruppo Pessina implicato in tutti i grandi appalti pubblici  e noto habitué dei conti coperti all’estero, ( vedi Vaduz, affaire Dolfuss, lista Falciani, furbetti di San Marino, citazioni nelle vicende dell’Expo)  significa fondare il tutto su un possibile terreno di scambio molto opaco. Bagatelle per Renzi, il Pd e un Paese ormai insensibile ad ogni cortocircuito.

Nella mia vita ho vissuto almeno tre o quattro volte situazioni comparabili, quindi conosco lo stato d’animo delle assemblee permanenti di redazione, l’arrivo dei politici in forma di avvoltoi, la tracotanza ipocrita degli editori, la paura angosciosa della roulette fra sacrificati e salvati, il dramma della disoccupazione incombente e la prospettiva di dover ricominciare il giro delle sette chiese per ritrovare un lavoro a salario invariabilmente più modesto, quindi evito di invocare la legge del contrappasso per colleghi cui auguro di superare il momentaccio anche se hanno assecondato ancor più di altre testate della destra tradizionale lo scasso delle tutele del lavoro e si sono resi disponibili ad ogni operazione, ad ogni opacità dei numeri per esaltare il job act e bruciare l’articolo 18 sulla pubblica piazza. Tuttavia non posso trattenermi dall’indicare questa vicenda come apologo contemporaneo perché qui si ha la dimostrazione emblematica di come il “sistema” neo liberista e oligarchico finisca per travolgere anche gran parte di quelli che lo appoggiano o che pensano di avere il culo al caldo o che addirittura si illudono di essere in qualche modo avvantaggiati dalla messa in mora dei diritti di tutti in cambio di benevolenze, regalie, rendite ad personam o ad categoriam . Certo in questo caso si tratta di un ambito particolare con logiche tutte proprie, ma il concetto generale riguarda un vastissimo ceto che va dal settore pubblico, facilmente ricattabile e clientelabile al lavoro autonomo, alla piccola se non minima imprenditoria che ancora vive mentalmente gli anni ’80 e solo da poco sta accorgendosi di essere sotto progressivo attacco.

Insomma non basta stare dalla parte dei vincitori, secondarne i piani o giustificarli o propagandarli per evitare il destino di essere tra le vittime.  Molto spesso di finisce per essere heautantimorumenos, ovvero punitori di se stessi.

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