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Laicizzare la discussione sull’Unione europea. A proposito del volume «Serve meno Europa?»

di Federico Musso

9791281543249 0 0 536 0 75.jpg§ 1. – Una critica socialdemocratica

Il volume curato da Stefano D’Andrea (Serve meno Europa? Domande radicali sull’Unione europea, Roma, Rogas Edizioni, 2025) raccoglie i contributi di numerosi studiosi, molti dei quali partecipanti a un convegno organizzato dal Centro Studi per la Costituzione e la Prima Repubblica (CPR) tenutosi a Roma nell’aprile 2024. Gli Autori hanno tentato di offrire risposte a domande radicali, come recita il sottotitolo, su quella “strana entità”[1] chiamata Unione europea.

Un titolo alternativo avrebbe potuto essere ‘Tornare ai fondamentali’. Infatti, il libro intende indagare che cosa è l’Unione europea da molteplici punti di vista, senza le superfetazioni che una dottrina, forse troppo engagé, ha costruito negli anni e senza ricadere in quello che già Treves, come riportato da D’Andrea, chiamava «diritto del “voler essere”»[2], ossia quello studio del diritto che si allontana dalle disposizioni e dalle norme per agganciarsi alle speranze e alle aspirazioni soggettive.

Esiste, peraltro, una cornice ideologica comune che racchiude i vari contributi. Come rilevato dal Curatore, è il pensiero social-democratico, da intendersi come valorizzazione di quel diritto al lavoro, delineato nell’articolo 4 della Costituzione italiana, che impone alla Repubblica di perseguire politiche volte alla piena occupazione[3]. Forse si tratta di un avviso al lettore che, a dispetto di una disattenta prima impressione, non si tratta di un libro “sovranista”, nel senso che il termine ha assunto nel linguaggio corrente, ossia come sinonimo di rivendicazione della sovranità nazionale in senso regressivo e autoritario[4]. D’Andrea ricorda che una critica social-democratica all’Unione non è nuova, ma è apparsa in Italia durante gli anni della crisi dei debiti sovrani e, forse proprio per la sua genesi così intimamente collegata alla crisi finanziaria, si è caratterizzata per essersi concentrata sui problemi economici[5]. Uno degli scopi – riusciti – del libro è andare oltre i paletti della “prima” critica per indagare temi lasciati più in disparte.

§ 1.1 – Contro la “costituzione economica” neoliberale dei Trattati

Sorpassare la critica economicistica non significa, però, che la curatela tralasci l’economia. Massimo Pivetti dedica il suo saggio al declino economico italiano, osservandolo da un punto di vista “di classe” poiché indica chiaramente che la scarsa crescita del prodotto interno lordo è stata accompagnata da «un indebolimento in tutto il continente della forza contrattuale dei salariati»[6], sottolineando gli effetti negativi sulla distribuzione del reddito subiti dal 1992 in avanti. L’Autore riprende, altresì, una considerazione già presente in precedenti lavori[7]. Nel nostro Paese le politiche neoliberali sono state favorite dall’egemonia del pensiero economico ortodosso presente anche nella sinistra socialista e comunista. Non avendo mai attecchito in Italia la “rivoluzione keynesiana”, è stato più facile che altrove il cambio di paradigma degli anni Ottanta[8].

Anche Marco Bolognese indaga un importante aspetto di quella che è stata definita la «costituzione economica europea»[9], ossia la normativa sugli aiuti di stato. Egli si sofferma sull’allentamento del regime estremamente pro-concorrenziale, a partire dalla crisi pandemica e dal conseguente “ritorno” di un moderato interventismo economico. Gli aiuti di stato sono diventati, anzi, uno strumento del Green new deal[10]. Del Patto di stabilità e crescita (PSC) e della sua riforma «gattopardesca»[11] del 2024, tratta Federico Losurdo che, però, non intende liquidarla come una mera riproposizione di errori del passato, bensì la analizza congiuntamente con la proposta, richiamata poc’anzi, di dare avvio all’Unione dei mercati dei capitali. I vincoli di bilancio, riesumati con il nuovo PSC, disciplinando la spesa pubblica, favorirebbero la trasformazione dei cittadini in investitori finanziari, i quali convoglierebbero i propri risparmi verso i gestori finanziari europei, specialmente attraverso fondi pensione e assicurativi, per mantenere «quei diritti sociali essenziali, dalla sanità alle pensioni, che fino ad oggi erano considerati universali»[12], ma che ora sono minacciati dalla disciplina fiscale richiesta dalla riattivazione delle fiscal rules.

§ 1.2 – Lo Stato postdemocratico

L’indagine si allarga anche a questioni più istituzionali, come l’applicabilità della nozione di ‘stato di diritto’ alla costruzione europea[13] e il «dialogo asimmetrico»[14] fra i giudici nazionali e la Corte di giustizia dell’Unione europea. Omar Chessa si dedica, invece, ad analizzare la condizione di postdemocrazia in cui versano oggi quelle che qualche decennio fa erano considerato poliarchie elettive, secondo la lezione di Sartori e Dahl. Secondo il costituzionalista, «si ha postdemocrazia quando all’alternanza [di governo] non corrispondono programmi governativi di politica economica realmente differenziati»[15]. Da questo “grado zero”, la condizione postdemocratica aumenta a mano a mano che altre questioni politiche sono sottratte all’agenda del decisore politico[16]. E, nel pensiero dell’Autore, a generare l’attuale situazione postdemocratica è il neoliberalismo[17].

 

§ 2. – L’elefante nella stanza: che cos’è l’Unione europea?

È con il saggio del Curatore che il volume affronta la questione fondamentale, che regge tutte le altre che si sono precedentemente esposte: la natura del Unione europea. Stefano D’Andrea, nel suo contributo, scritto con un taglio molto netto, rigetta la tesi dell’Unione come ente sui generis intermedio fra una federazione di Stati e l’organizzazione internazionale, preferendo la qualifica di «pura e semplice organizzazione internazionale»[18], sia pure con caratteristiche speciali. L’opzione per tale tesi dipende dall’impossibilità di riferire i tre elementi costitutivi dello Stato (territorio, popolo, sovranità) all’Unione[19] e dalla comunanza con le altre organizzazioni internazionali tradizionali del principio di attribuzione e del ruolo di guida e direzione assunto dagli Stati[20]. Una siffatta qualificazione permette di considerare, se si adotta una lente realistica delle relazioni internazionali[21], l’Unione europea come «un oggetto (uno strumento degli Stati)»[22]; non un soggetto, ancorché potenziale, delle relazioni internazionali.

Circa la natura dell’UE, Carrino si pone in parziale dissenso da D’Andrea. Secondo il costituzionalista, incaricato di scrivere la prefazione, l’Unione è un potere esterno ed estraneo agli Stati che si sovrappone agli stessi[23], ma privo di un autentico atto di fondazione costituzionale. Piuttosto, si autolegittima ideologicamente «sulla base di astratte dichiarazioni di valori soggettivi»[24] e con la «presunta sapienza dei giudici del Lussemburgo»[25]. Insiste il Professore, infatti, sulla giurisprudenza costituente della Corte di Giustizia, volta a cercare di autonomizzare l’ordinamento delle comunità europee, prima, e dell’Unione, dopo. Il risultato è il tentativo di un’unificazione dall’alto: «l’Unione nasce al di fuori degli Stati o, meglio, si costruisce a partire da sé indipendentemente dagli Stati e surrettiziamente contro gli Stati. Ma, soprattutto, al di fuori degli Stati e partendo dall’alto, mai dal basso»[26]. Il processo di integrazione diventa così, schmittianamente, uno strumento dell’anti-Politico[27]; trascinando verso di sé, analogamente a un “buco nero”, la sovranità degli Stati e la cultura dei popoli europei[28].

 

§ 3. – L’attenzione alla geopolitica

Un filo rosso comune a molti contributi del volume è l’ampio riferimento alla geopolitica, in armonia con un rinnovato interesse della giuspubblicistica italiana a tale disciplina[29].

Chessa, nell’analizzare se la causa della trasformazione della repubblica italiana in una postdemocrazia sia l’Unione europea, sposta la risposta sul terreno geopolitico, affermando che l’unione monetaria è un «laboratorio avanzato di globalizzazione del capitalismo, che è servito a integrare uno actu più Stati europei dentro il regime economico-finanziario internazionale a trazione statunitense»[30]. Chessa, dunque, inserisce l’esperimento dell’Euro all’interno della «dinamica geopolitica globale»[31], in cui vanno ricercate le cause più profonde del declino delle democrazie occidentali.

Se la geopolitica per il costituzionalista è – per lo più – uno strumento di analisi storica, D’Andrea ne fa uso per comprendere se, nel nuovo scenario internazionale caratterizzato da crescente instabilità e ri-territorializzazione delle economie, possa sopravvivere l’attuale configurazione dell’Unione. La risposta del Curatore è negativa: le continue deroghe alle regole europee per far fronte alle nuove risposte frammentano il mercato unico e minano le basi della sua sopravvivenza[32].

Non mancano riferimenti alle vicende belliche che affliggono oggi i confini dell’Europa. Losurdo, nel suo saggio sulla riforma delle fiscal rules, accenna in conclusione al «funzionalismo bellico»[33] del piano di riarmo, volto a sostenere l’economia del continente secondo le logiche del warfare. Invece, nella densa introduzione, Carrino tratta della guerra dal punto di vista dell’impalcatura ideologica dell’Unione. Il ritorno del conflitto alle porte dell’Europa ha determinato un «passaggio d’epoca»[34] in cui l’Europa attuale, catturata dal dispositivo antipolitico dell’Ue, appare inadeguata a raccogliere la sfida del tempo presente. Servirebbe, per Carrino, la capacità di una forte risposta politica, che tuttavia non può generarsi da una classe dirigente disabituata ad assumere responsabilità[35].

 

§ 4. – Laicizzare il dibattito

In conclusione, l’obiettivo del libro è di portare nella discussione pubblica l’idea che l’opzione del “più Europa” non sia sempre una scelta obbligata o l’unica corretta. Mettere in pausa l’integrazione europea o, addirittura, fare alcuni passi indietro potrebbe essere una scelta giusta. In altre parole, gli Autori rigettano l’opzione dell’integrazione purchessia, non accettando fatalmente che l’Unione europea debba andare avanti, «solo perché “deve” muoversi, indipendentemente da qualsivoglia progettualità politica concreta»[36].

Il senso del volume è demitizzare e laicizzare il dibattito sull’Europa e sul futuro del continente, al di là delle risposte politiche che ognuno può dare. Anzi, riflettere sulle domande sollevate nel libro e sulle risposte che sono state date è utile anche per chi è un sincero federalista europeo. Cercare le risposte sui fondamentali, abbandonando preconcetti che nel mondo travagliato di oggi possono portare fuori rotta, aiuterebbe a progettare, con maggiore sicurezza, il futuro dell’Italia e dell’Europa.


Note
[1] A. Carrino, Ideologia europeista e moralismo politico, in S. D’Andrea (a cura di), Serve meno Europa? Domande radicali sull’Unione europea, Roma, Rogas Edizioni, 2025, 11.
[2] S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali di una questione giuridica: la natura dell’UE, in S. D’Andrea (a cura di), Serve meno Europa?, cit., 91, nota 42.
[3] S. D’Andrea, Introduzione, in S. D’Andrea (a cura di), Serve meno Europa?, cit., 53-54. Sul tema, v. anche il precedente lavoro di Idem, L’Italia nell’Unione europea. Tra europeismo retorico e “dispotismo illuminato”, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2022.
[4] Ex multis, v. L. Ferrajoli, L’alleanza perversa tra sovranismi e liberismo, in Costituzionalismo.it, n. 1/2019.
[5] S. D’Andrea, op. ult. cit., 59.
[6] M. Pivetti, Economisti e giuristi sul progetto europeo e il caso italiano, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 174.
[7] A. Barba, M. Pivetti, La scomparsa della sinistra in Europa, Reggio Emilia, Imprimatur, 2016.
[8] M. Pivetti, Economisti e giuristi, cit., 188 ss.
[9] Il riferimento è a S. Cassese (a cura di), La nuova costituzione economica, Roma-Bari, Laterza, 2021.
[10] M. Bolognese, Gli aiuti di Stato tra politica economica e governance economica dell’Unione europea, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 199 ss.
[11] F. Losurdo, Qual è il senso del (nuovo) patto di stabilità?, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 235.
[12] F. Losurdo, op. cit., 240.
[13] A. Guazzarotti, L’Unione europea è compatibile con lo Stato di diritto?, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 243 ss., che riprende le interessanti tesi contenute in Idem, Neoliberismo e difesa dello Stato di diritto in Europa. Riflessioni critiche sulla costituzione materiale dell’UE, Milano, Franco Angeli, 2023.
[14] S. Foà, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia è uno strumento di collaborazione o di sottomissione?, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 167.
[15] O. Chessa, Postdemocrazia, capitalismo politico e Unione europea, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., 121.
[16] Ibidem.
[17] O. Chessa, op. cit., 128.
[18] S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali di una questione giuridica: la natura dell’Unione europea, in S. D’Andrea (a cura di), op. ult. cit., passim.
[19] S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali, cit.,79 ss.
[20] S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali, cit., 88.
[21] Come esplicitato dall’Autore che afferma: «Naturalmente, il discorso che sto svolgendo presuppone che si pensi, accogliendo il punto di vista realista, che le organizzazioni internazionali siano puramente strumenti degli Stati e si rifiutino i diversi punti di vista liberale e costruttivista»; S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali,cit., 75.
[22] S. D’Andrea, Le conseguenze politiche e culturali, cit., 69.
[23] A. Carrino, Ideologia europeista e moralismo politico, in S. D’Andrea (a cura di), Serve meno Europa?, cit., 45.
[24] A. Carrino, op. cit., 46.
[25] Ibidem. Sul ruolo assunto dalle giurisdizioni costituzionali e sovranazionali nel costituzionalismo contemporaneo, v. anche Idem, Le ragioni di Creonte, Milano, La nave di Teseo, 2024.
[26] A. Carrino, Ideologia europeista, cit.,25.
[27] A. Carrino, op. ult. cit., 26. Sul concetto di Politico nel pensiero di Carrino, v. Idem, La Costituzione come decisione. Contro i giusmoralisti, Milano, Mimesis, 2019.
[28] Sull’importanza della cultura tradizionale nell’idea dell’Autore, v. A. Carrino, op. ult. cit., 45.
[29] Penso al recente fascicolo n. 1/2025 della rivista Diritto costituzionale, intitolato Geopolitica e Costituzione e curato da A. Guazzarotti; nonché alla monografia di R. Ibrido, Geopolitica costituzionale. Un’introduzione, Bologna, Il Mulino, 2025.
[30] O. Chessa, op. ult. cit., 133.
[31] O. Chessa, op. ult. cit., 134.
[32] S. D’Andrea, op. ult. cit., 107-108.
[33] F. Losurdo, op. cit., 240.
[34] A. Carrino, Ideologia europeista, cit. 17. Il corsivo è dell’Autore.
[35] «Il conflitto, il polemos, la guerra, ovvero il criterio del Politico chiede di essere ricoperto di carne, di sostanza. Chiede il ritorno della politica, quella vera»; ibidem.
[36] A. Carrino, op. ult. cit., 16.
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