Eurosinistrati
di Leonardo Mazzei
I peggiori di tutti…
Il vento d’Alaska fa male all’Europa guerrafondaia. Fa male alla sua stampa, ai suoi governi, ai suoi partiti. Ma fa ancora più male agli eurosinistrati.
Tutti i giornaloni del Vecchio continente hanno raccontato la favola di “un vertice fallito”, di un “Trump sottoposto a Putin”, di una “intesa tra autocrati”, che però non avrebbe “prodotto nulla” visto che “non c’è la tregua”. Ma come! Non avevano forse detto, proprio loro, che le scelte spettavano al suonatore di piano di base a Kiev? Bene, di cosa si lamentano adesso?
Proprio insieme a lui, alcuni caporioni europei oggi andranno a Washington a implorare il loro principale: che la guerra continui a tutti i costi! Ecco l’Europa reale chiamata Ue, quella che dicevano esser venuta al mondo per porre fine alle guerre…
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Da vent’anni non leggiamo più il Manifesto, superfluo spiegare il perché. Ma oggi abbiamo deciso di fare un’eccezione, certi di trovare in quelle pagine l’allineamento con i giornaloni di cui sopra. La conferma, cioè, di una deriva senza fine. Da questo punto di vista la spesa una tantum di 2 euri è stata ampiamente compensata dalla lettura delle prime quattro pagine.
Il tono del “giornale comunista” (inutile dirlo, milioni di comunisti d’altri tempi si rivoltano nelle loro tombe) è quello del mainstream. Anche il Manifesto è in lutto, e i titoli di diversi articoli dicono già tutto: “Tregua sparita”, “The Donald sdraiato con l’ospite”, ma “La roccaforte Kramatorsk resiste”.
Dove si vuole andare a parare ce lo spiega l’editoriale di Francesco Strazzari. Premesso che, secondo lui, ad Anchorage si sarebbe presentato un incerto Trump che chiama Putin “boss” e “uomo d’acciaio”, Strazzari prosegue dicendo che ciò che resta del summit è «un Putin gongolante e un rublo rivalutato». Una sintesi davvero profonda… Del resto, prosegue il professore: «La fascinazione per il Cremlino non è certo una novità: risale all’edizione russa di Miss Universo 1987». Ecco un decisivo evento che ci eravamo colpevolmente persi…
Saltando altre piccole perle dell’editorialista, che risparmiamo ai lettori, veniamo alle sue illuminanti conclusioni. Posto che Trump «ha deciso di continuare a trattare gli europei come vassalli» – già, chissà perché! – il prof. ci dice che «essi, inclusi i britannici, non hanno alternative se non quella di cercare di rispondere congiuntamente». Dunque, per l’editorialista del Manifesto bisogna stare con i “Volenterosi”. Ma per rispondere a che cosa, poi? Evidentemente a una possibilità (per ora solo una possibilità) di pace. Peccato che (Meloni inclusa) sia esattamente quello che gli europei stanno già facendo.
Dopo aver ripetuto la puzzolente solfa di una Russia pronta a lanciare nuove offensive contro l’Europa, Strazzari dice che forse bisognerebbe smettere di impartire lezioni sui principi per farsi più realisti. Un mezzo rinsavimento? Neanche per idea. Le “opzioni più realistiche” sulle quali l’Ue dovrebbe impegnarsi sono, secondo lui, le seguenti: «Oltre a quelle che riguardano gli aspetti umanitari, la democrazia e la società civile, il diritto di Kiev a un esercito sufficientemente grande da potersi difendere, l’accettazione russa di una presenza militare europea regolamentata sul suolo ucraino, l’impegno a mantenere scorte di armi da consegnare in caso di nuova invasione».
Riassumendo: viva la Nato, viva i suoi eserciti, viva le sue armi! Non c’era bisogno del Manifesto per leggere queste sozzerie imperialiste.
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Ora, questo giornale conta ormai ben poco, ma certe cose è bene tenerle a mente. Se nessun dubbio può esserci sulla collocazione eurista e atlantica del Pd, la stessa cosa vale per diverse aree che vi ruotano attorno alla sua “sinistra”.
Detto questo, l’adesione a certe false interpretazioni del vertice in terra d’Alaska è davvero impressionante.
Come si fa a parlare di un vertice fallito, quando altri incontri al massimo livello sono già annunciati? Ma davvero si credeva alla favoletta del “tutto o nulla”? Ma da quando in qua la politica e la diplomazia internazionale funziona così? E da quando in qua “prima la tregua e poi la trattativa”?
Poiché ai caporioni dell’Ue piacerebbe una soluzione “alla coreana”, col congelamento della linea del fronte, ma senza un trattato di pace (tra le due Coree è così da 72 anni), ci permettiamo di ricordare che in quel conflitto ci vollero due anni e un mese (dal giugno 1951 al 27 luglio 1953) per arrivare all’armistizio. E in quei due anni abbondanti i combattimenti, e in particolare i pesanti bombardamenti americani (perfino sulle dighe nordcoreane), continuarono senza sosta. Idem nel caso della guerra del Vietnam, dove si arrivò all’armistizio del gennaio 1973, firmato da Kissinger e Le Duc Tho, dopo ben 5 anni di trattative. Ma per arrivare alla pace, con la caduta di Saigon (30 aprile 1975), ci vollero altri due anni e tre mesi.
Dopo questa digressione storica torniamo al punto. Il vertice Trump-Putin non è affatto fallito. Non è fallito per Putin, ma neppure per Trump. La narrazione su un Trump “sottomesso” è davvero ridicola. Trump è il presidente degli Usa, cioè di quella che – pur in declino – resta comunque la prima potenza mondiale. Una potenza che da almeno 15 anni (e passando da diversi presidenti) ha messo nel mirino come nemico fondamentale la Cina. La differenza tra Trump e Biden è sulla strategia da adottare per arrivare a contenere e poi ridimensionare le ambizioni geopolitiche del grande paese asiatico.
Biden aveva scelto la strategia del domino: prima sconfiggiamo la Russia disintegrandola, poi passiamo alla Cina così indebolita dall’esito del primo round. Trump, invece, che è stato eletto proprio in conseguenza del fallimento della strategia di Biden (ecco un piccolo dettaglio che si tende a dimenticare), sta tentando la via del “Nixon 2”, una riedizione a parti invertite dell’operazione Nixon-Kissinger dei primi anni ’70. Allora l’obiettivo (raggiunto) fu quello di giocarsi la Cina in funzione antisovietica, oggi il tentativo è quello di sganciare la Russia dalla Cina, aprendo così un varco pure nei Brics.
Riuscirà questa operazione ambiziosa? Al momento non lo possiamo sapere. Ma di certo – e questo lo diciamo ai faciloni che parlano di una semplice capitolazione occidentale – l’imperialismo non va mai sottovalutato. Quello americano in particolare. E la Russia dovrà stare ben attenta ai passi da compiere.
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Torniamo ora ai piddini di complemento del Manifesto.
Nessuno dice che il vertice di Anchorage prepari un idilliaco futuro di pace. Siamo nel quadro della Terza Guerra Mondiale e lì resteremo. Ma cosa sarebbe meglio, la fine o la prosecuzione della guerra d’Ucraina? Questa è la domanda di fondo. E la risposta del Manifesto (che è poi quella dei guerrafondai europei) è chiara: meglio che la guerra prosegua, o che, se proprio questo non sarà possibile, che ci si prepari da subito al prossimo scontro con la Russia.
Ci rendiamo conto? E questa sarebbe la sinistra? Meglio allora in questo caso la destra, dove almeno un certo barlume di realismo politico su quelli che sono gli interessi del Paese ogni tanto affiora qua e là.
Certe anime candide dicono di battersi per una “pace giusta”, una formula ipocrita che oggi serve a schierarsi contro la Russia. Ora, chi scrive ha un’idea ben diversa (e in definitiva opposta) della giustizia, ma qui la questione è un’altra. Che forse era giusta la pace del periodo della Guerra Fredda, basata sull’equilibrio del terrore e su un’Europa occupata dagli americani? Eppure, ci battemmo in milioni per difenderla, perché l’alternativa sarebbe stata la fine dell’umanità. E quella difesa della pace, per quelli come noi mai disgiunta dalla lotta all’imperialismo, fu anche la premessa per enormi conquiste sociali, altrimenti impossibili.
Come si fa a non capire che oggi la questione è la stessa? Dobbiamo fermare la corsa verso l’abisso, e ogni spiraglio va colto. Questo non significa amare Putin, o tanto meno Trump, ma se una finestra si è dischiusa proprio grazie a Trump bisogna lavorare affinché si apra del tutto. Non solo per mettere fine a un’enorme carneficina (obiettivo che certi pacifinti sembrano ormai disprezzare), ma anche per dare al movimento contro la guerra il tempo per crescere e organizzarsi.
Certa sinistra è davvero incorreggibile nella sua ipocrisia. Il problema è davvero quello di una “pace giusta”? Bene, mentre siamo in attesa che qualcuno ci dica in cosa dovrebbe consistere, una risposta la diamo noi. Una vera pace giusta in Europa dovrebbe basarsi su tre pilastri: la chiusura delle basi americane, lo scioglimento della Nato e quello dell’Ue (che ormai della Nato è una succursale). Tutto il resto, incluso il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni russe del Donbass (che non è certo la preoccupazione degli eurosinistrati del Manifesto), verrebbe di conseguenza.
Vasto programma, certamente. Ma è davvero da ipocriti vedere la pagliuzza di un inesistente “imperialismo russo” continuando a ignorare la trave dell’imperialismo occidentale, cioè Usa-Nato-Ue.
E’ l’ipocrisia degli eurosinistrati, che presto torneranno a chiederci il voto contro la destra. E magari pure contro Trump. Se lo scordassero.
Non ho mai creduto che con lo shale oil possano fare molta strada... vuoi vedere che anche il Venezuela e' in deficit di democrazia?
https://ilmanifesto.it/e-un-narco-governo-fotta-da-guerra-usa-in-rotta-sul-venezuela
Non sono riuscito a leggere tutto l'articolo perche' non sono abbonato, ma indipendemtemente da quello che scriveranno dal titolo non mi sembra siano indignati per la cosa. Eppure e' chiaro che chiunque debba subire una rapina, una grassazione, un colpo alla tempia prima deve essere demonizzato, in modo che tutti siano tranquilli mentre avviene la mattanza. Che abbiano inventato e perfezionato le strategie di marketing agli Usa va riconosciuto. Il fentanil... chissa' perche' in Usa lo usano a gogo
https://www.saluteinternazionale.info/2019/09/corruzione-letale-oppioidi-negli-usa/
Forse perche' non avendo un servizio sanitario se non a pagamento a chi non poteva pagare hanno fatto ingoiare oppioidi per qualsiasi malattia? Almeno passavano i dolori e ingrassavano le loro case farmaceutiche. Quando crei per business milioni di tossicodipendenti poi uno spacciatore in casa o all'estero si trova.
Ma no, non si butta via niente. Quindi dopo avere accusato la Cina di produrre e vendere fentanyl ai disperati Usa adesso e' la volta del Venezuela, domani chissa'. Pensare di spendere i soldi anziche' per armi e uccisioni in un sistema sanitario e di cura delle tossicodipendenze no?non si puo' fare? Perche' abbattere una lucrosa catena di profitti interni a danno di poveracci che curano con fentanyl tutti i mali?
Prima questa potenza egemone (qualsiasi potenza egemone e dannosa) cadra' schiantandosi al suolo prima il mondo comincera' a respirare. Peccato che non sara' domani e che dovremo comunque vigilare perche' altri non prendano quel posto