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sinistra

Dialettica e domanda filosofica all’epoca del turbocapitalismo

di Salvatore Bravo

Ara34 01Costanzo Preve nel testo Storia della dialettica delinea attraverso lo sviluppo della dialettica la tragedia del capitale. La storia della dialettica è funzionale alla drammatica comprensione del presente. La furia del dileguare come affermava Hegel è la vita trascorsa nell’immediatezza, ovvero nell’irrazionalità, poiché è razionale solo ciò che è compreso. Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale è reale, la ben nota citazione di Hegel nell’interpretazione di Preve significa che solo ciò che è pensato diventa razionale, poiché ciò che è mediato dalla dialettica del pensiero, dal concetto, diviene reale, in quanto riconfigurato e risimbolizzato. Il capitalismo globalizzato ha dichiarato guerra ad ogni forma simbolica in modo che gli “oggetti – merce” vampirizzino, come affermava Marx, i suoi sudditi. Il dominio assoluto coincide con l’eliminazione delle forme simboliche e dialettiche, è un tragico algoritmo che cospira a far diventare l’umanità serva inconsapevole dell’unico linguaggio possibile: la riduzione di ogni ente ed esistente a funzione del sistema. Dalla Buona scuola allo jus soli, all’abolizione dell’articolo 18, ogni riforma, in realtà controriforma, deve essere organica al sistema capitale. Preve concettualizza essenziale nel suo scritto: la dialettica, il dialogo socratico, è sostanziale e non solo formale, poiché si esplica all’interno di rapporti segnati dall’isonomia (uguaglianza davanti alla legge) e dall’isegoria (uguale diritto di parola). La polis socratica è una società costituita da piccoli produttori, nella quale la proprietà privata trova il suo limite nella comunità quale fine dell’azione dei singoli, ovvero il singolo ha senso solo all’interno della comunità per cui la proprietà assume connotazioni sociali mai privatistiche.

Il dialogo socratico dunque ha la sua genesi materiale e strutturale in una comunità dall’alto respiro sociale. Il dialogo dunque assumeva forme di ricerca e libertà di parola poiché il tutto si esplicava su uno sfondo materiale ed economico che permetteva alle parole di avere un peso etico poiché gli interlocutori vivevano l’esperienza giuridica ed etica dell’isonomia e specialmente dell’isegoria, ovvero il diritto di parola dei cittadini tutti nell’ecclesia. L’uguaglianza è dunque partecipazione, attività politica mediante la dialettica animata ed ascoltata

Il logos sokraticòs, imperniato sul dialogo dialettico, raddoppia nel cielo della filosofia il logos democratico che derivava dalla isonomia ateniese e soprattutto dalla isegoria, e cioè dal diritto di parola cui tutti i cittadini nell’assemblea (ecclesia).”1

Il testo di Preve per contrasto con la polis greca, ci fa comprendere quanto la libertà d’espressione tanto decantata dal sistema attuale sia formale e non sostanziale. Il dialogo dialettico e dunque trasformativo dei comportamenti, la prassi filosofica, può avvenire solo all’interno di relazioni in cui i contendenti hanno la stessa valenza giuridica e di fatto. Nell’epoca attuale l’irrazionale distribuzione delle ricchezze e con esse della cultura producono contingenze in cui il soggetto in uno stato di minorità materiale che diviene spesso culturale vive l’asimmetria della comunicazione, per cui la sua parola è solo esercizio vocalico, atto di vanità ed inganno di un sistema ideologico che lascia che la parola venga detta poiché si perde nell’asimmetria delle differenze sociali. La libertà di parola è reale solo se gli interlocutori vivono condizioni materiali simili. Si immagini quanto valga la parola di un lavoratore precario privo dell’articolo 18, dinanzi al potere di ricatto del datore di lavoro che può licenziarlo senza giusta causa. La prassi filosofica è stata sostituita dalla poiesis (Ποίησις), ovvero dalla continua ed ossessiva produzione materiale della merce a cui è associato il ciclo della distruzione del prodotto. L’alienazione, la spinta a spendere e consumare senza limiti implica che il lavoratore sfruttato come il borghese è spinto a produrre e spendere senza alcuna teleologia, per sentire di esistere, per compensare le frustrazione di un’esistenza feroce e crudele, spende o desidera spendere. Si realizza l’eterogenesi dei fini hegeliana, ovvero il soggetto si illude di agire per i propri fini ma è in realtà è abitato dal sistema. La Filosofia di Preve, dissidente rispetto alle accademie ed ai marxismi dei burocrati del pensiero, ha insegnato la risimbolizzazione. Ci sono Filosofie che Preve ha sempre combattuto con le armi del pensiero, ha sempre guardato con diffidenza cognitiva e dialettica le filosofie che sono divenute o possono diventare la stampella del Capitalismo, un esempio è il neorealismo di Ferraris.

Maurizio Ferraris in Manifesto del nuovo realismo inquieta per la sua visione filosofica: il neorealismo dovrebbe porre un limite all’eccesso del postmodernismo da Lyotard a Foucault passando per Deleuze, colpevoli di aver segnato la fine dell’oggettività. Il soggetto si nutre del proprio delirio di onnipotenza inseguendo la fantasiosa possibilità che tutto è interpretazione. Il mondo è cancellato, al suo posto il soggetto trionfa, descrivendo e creando mondi nell’imperio della manipolazione. Il frammento diviene il fondamento di un mondo senza res, senza sostanza, in cui il rischio di un argomentare sofistico si sostituisce al logos, all’essere comunitario che condivide logiche argomentazioni. La cura filosofica proposta da Ferraris, inquieta poiché pare proporre un modello di filosofia alieno dalle origini e curvato sul modello scientifico. La Filosofia si svela e rileva nei dialoghi platonici con la dialettica argomentativa mediante la quale si definisce in modo processuale e logico il vero. La dialettica è brachilogia ovvero la capacità di domandare in modo breve per scandagliare la profondità dei problemi. La domanda, il saper porre domande è già filosofare. Domandare cum grano salis, significa aprire orizzonti di ricerca, gettare lo sguardo cognitivo in profondità ignorate, fino a quel momento impensabili. Saper domandare è esercizio del pensiero che si nutre della totalità della persona, l’atto fonatorio vive del thymòs (θυμός) come del Logos, binomio imprescindibile. Si pensi alle cavalle del proemio Sulla Natura di Parmenide, o alla biga alata di Platone nel Fedro. La spinta all’eros filosofico vuole la totalità della persona, il thyumòs è la curiosità, la passione positiva che muove al conoscere senza la quale ogni domanda è impossibile. Ora Ferraris nel suo testo afferma che la funzione della filosofia per il millennio di cui sentiamo “la gettatezza” è risolvere problemi:

Ora, io sono convinto che la filosofia può dare delle risposte, e che questo è tanto più facile quanto più si lascia da parte il refrain filosofico del secolo scorso: la superiorità della domanda sulla risposta, il fatto che la filosofia sia strutturalmente incapace di costruire, che non abbia accesso alla realtà, anzi sia quella dottrina la cui mission aziendale consiste nel dire che il mondo vero non esiste”2

Si noti il linguaggio, elemento non secondario, e naturalmente il concetto associato. La filosofia è indistinta rispetto alle logiche manageriali del capitalismo. Se la filosofia dovesse piegarsi alle logiche dell’utile e dell’efficienza, nega se stessa per divenire copia delle scienze o meglio dell’operare tecnologico - Gestell. La filosofia ha il suo centro nella domanda, la quale coglie prospettive che procedimenti protocollari delle discipline scientifiche che divengono modi di essere dello spirito non riescono ad intuire. Il domandare apre scenari del pensiero sconosciuti, come lo schiavo nella caverna di Platone, l’atto di girarsi è metaforico di un nuovo orizzonte di pensiero che vive della passione erotica della domanda. Così si addensa il pensiero nei suoi piani dinamici e riconfiguranti. Spostare l’asse della filosofia sulla risposta anziché sulla domanda significa banalizzarla, addomesticarla, evirarla della capacità teoretica per metterla al servizio di una prassi la quale necessita invece del domandare. Il mondo per Ferraris ha degli aspetti che sono inemendabili. Si pensi all’esperimento della ciabatta la quale è “dimostrazione filosofica” che il mondo esiste a prescindere da noi, per far questo l’esperienza della ciabatta è vissuta da più prospettive per dimostrare l’inequivocabile oggettività del dato: uomini, cani, vermi, edera e la stessa ciabatta!

Si legge a proposito della ciabatta:

Per finire, prendiamo una ciabatta. E’ ancora più insensibile dell’edera. Però se la tiriamo addosso all’altra ciabatta, la incontra, pressappoco come accade all’edera, al verme, al cane, all’uomo, Dunque non si capisce proprio in che senso anche la tesi più ragionevole e minimalista circa l’intervento del percipiente sul percepito possa avanzare qualche pretesa ontologica; figuriamoci poi le altre. Anche perché si potrebbe benissimo non prendere un’altra ciabatta, ma semplicemente immaginare che la prima ciabatta sia lì, in assenza di qualsiasi osservatore animale, o senza un vegetale o un’altra ciabatta interagiscono con lei. Se la ciabatta c’è davvero, allora deve esserci anche senza nessuno che la veda, come è logicamente implicato dalla frase “C’e una ciabatta”, altrimenti uno potrebbe dire: ”Mi pare che ci sia una ciabatta”, o, anche più correttamente” Ho in me la rappresentazione di una ciabatta”, quando non addirittura: ”Ho l’impressione di avere in me la rappresentazione di una ciabatta”.3

Inutile dire che i postmodernisti affermavano che la realtà storico sociale è interpretabile da più prospettive e spesso il relativismo paralizzava il relativo, impedendo una solida trattazione sulla scelta ideologica. Ferraris vira invece sulla natura, ma nessuna filosofia parte dal postulato che la realtà esterna non esiste ed è solo una vaga rappresentazione delirante ed onnipotente del soggetto. Una filosofia che cerca di dimostrare l’esistenza inemendabile della ciabatta, possiamo immaginare che venga ben accolta nel mondo della società dello spettacolo, poiché abdica alla sua vocazione di mostrare e specialmente pensare le contraddizioni che attraversano l’epoca in cui vive. Il rischio del neorealismo in un’epoca segnata dalla consapevolezza delle sue ingiustizie ma ritenute incorreggibili in quanto non vi è alternativa, è che il dibattito sull’esistenza del mondo esterno possa gradualmente diventare il pericoloso sostegno per la naturalizzazione del sistema vigente già in fase avanzata. L’obiettivo di Ferraris è la società liquida che invece ci rileva il filosofo essere solida perché non solo la natura esiste a prescindere da noi, ma sono fatti oggettivi il denaro come i passaporti:

Attraverso l’analisi delle caratteristiche specifiche degli oggetti sociali emerge invece che la società è tutt’altro che liquida: è fatta di oggetti come le promesse e le scommesse, il denaro e i passaporti, che spesso possono essere più solidi dei tavoli, delle sedie, e dai quali dipende tutta la felicità e l’infelicità delle nostre vite. Ne sanno qualcosa, purtroppo, coloro che hanno acceso dei mutui a tasso variabile o si sono giocati in borsa i loro risparmi”.4

Il denaro o un mutuo non è semplicemente un dato, è elemento di un contesto in cui sono presenti forze di carattere sociale e produttivo che vanno svelati. Dietro i mutui ci sono le banche, le industrie del cemento, le forme di sfruttamento multiplo, il saccheggio spesso legalizzato dei più forti contro i più deboli. La felicità inoltre non può dipendere da un mutuo, ma l’illusione che l’avere possa dare la felicità con la conseguente disillusione certamente…

La filosofia del neorealismo si prospetta dunque nella forma di una filosofia dell’adeguamento al reale di cui non abbiamo bisogno. Solo una filosofia che emancipa mediante il metodo ontogenetico può essere motivo di speranza. A una Filosofia che cerca soluzioni e non ha più il coraggio della domanda che aggrega, bisogna contrapporre un altro modello ovvero il dialogo socratico, il quale si sostituiva come prassi, come maieutica trasformazione collettiva dei comportamenti umani, la domanda era condizione imprescindibile perché ciò avvenisse, la domanda dimostra che l’uomo è un essere libero il quale può trasformare se stesso e la comunità se la domanda ha uno spessore comunitario e cognitivo, la domanda libera, e dunque la filosofia che non vuole essere copertura ideologica del turbocapitalismo globalizzato dev’essere presenza responsabile nella storia della speranza della prassi:

A volte nella storia si costituiscono dittature talmente pervasive e permanenti da imporre per un certo periodo di tempo un’unificazione forzata e statualmente imposta dell’oggetto e del metodo della filosofia (e ciò è per esempio avvenuto nella teologia cristiana e musulmana medioevale, cui era imposta la premessa dell’esistenza di Dio, o nello stalinismo sovietico, in cui l’oggetto e il metodo della filosofia erano forzosamente identificati con una particolare interpretazione obbligata dell’ideologia di partito marxista-leninista). Questo, però, non può durare per sempre, a causa appunto del carattere generico e aperto dell’ente naturale umano (Gattungswesen). E’ allora tipico e specifico della filosofia, o più esattamente della pratica filosofica, il non poter mai giungere ad una unificazione concordata dell’oggetto e del metodo. E questo, lungi dall’essere una debolezza della filosofia, è proprio la sua forza”.5

Contro ogni omologazione filosofica, Preve rivendica la libertà della filosofia e con essa dell’uomo, il quale dotato di una natura generica non può divenire organico al sistema, e se ciò avviene è solo per brevi periodi. La Filosofia deve dunque riaprire la storia, mostrando con un cambio delle premesse e delle prospettive che ciò che c’è non è tutto, e dunque la filosofia è chiamata alla responsabilità dinanzi alla storia. La speranza della prassi marxiana vive nella domanda che scompagina i postulati come i dogmi. Contro ogni filosofia che sterilizza la domanda per essere complice della fine della storia, Preve contrappone il logos dialettico che riapre la storia alla parola, alle ragioni della trasformazione. Contro ogni rimozione la dialettica e la domanda sono già resistenza e speranza.


Note 
1 Costanzo Preve, Storia della Dialettica, Petite Plaisance, Pistoia, 2006 pag.27
2 Maurizio Ferraris, Manifesto del nuovo realismo, Laterza, Bari 2014, pag.60
3 Ibidem pp. 41 42
4 Ibidem pag.76
5 Costanzo Preve, Storia della Dialettica, Petite Plaisance, Pistoia, 2006, pag.14

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