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manifesto

I manoscritti riscoperti del Moro

di Roberto Finelli

Enrique Dussel, L'ultimo Marx, Manifestolibri, PP. 286, Euro 28

karlmarxAncora la mente geniale del vecchio Marx che continua a vivere e ad essere coltivata, nella profondità dei suoi motivi, dalla cura e dal pensiero di altre menti! Ancora, e di nuovo, un libro su Marx! Ora, che Marx non sia un pensatore lineare e monocorde, bensì sia invece nutrito da ispirazioni e linee teoriche molteplici fino ad essere discordi e contraddittorie, è quanto sta emergendo sempre più dalla ricerca recente. Tanto che un marxismo all'altezza dei problemi dei nostri tempi non potrebbe, a ben vedere, evitare di costituirsi come storia e fenomenologia dei diversi marxismi: in quanto ciascuno espressione, a suo modo, di un segmento di quel multiversum che è costituito appunto dalla mente di Marx. Basti pensare, in direzione opposta, cosa abbia potuto significare, quanto a chiusure e a debolezze teoriche, anche per buona parte della cultura del '68, un'interpretazione, come quella avanzata da Della Volpe e poi da Lucio Colletti, di un Marx invece sostanzialmente pensatore univoco e monolitico, coerente con se stesso dalla giovinezza alla maturità, sia per chi valorizzasse la dialettica sia per chi, come Colletti, la rifiutasse scientificamente.


Versioni a confronto
Questa volta, a dirigere, originalmente, l'orchestra mentale formata dal compositum marxiano è Enrique Dussel, uno dei più seri studiosi del marxismo in America Latina ed esponente della teologia della liberazione.

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carmilla

Karl Marx: sulle tracce di un fantasma

di Marcello Musto

[Introduzione a AA.VV (a cura di M. Musto) - Sulle tracce di un fantasma. L'opera di Karl Marx tra filologia e filosofia - Manifestolibri - 2005]

Su mille socialisti, forse uno solo ha letto un’opera economica di Marx,
su mille antimarxisti, neppure uno ha letto Marx.

tracce fantasmaI. Incompiutezza versus sistematizzazione

Pochi uomini hanno scosso il mondo come Karl Marx.

Alla sua scomparsa, passata pressoché inosservata, fece immediatamente seguito, con una rapidità che nella storia ha rari esempi ai quali poter essere confrontata, l’eco della fama. Ben presto, il nome di Marx fu sulle bocche dei lavoratori di Chicago e Detroit, così come su quelle dei primi socialisti indiani a Calcutta. La sua immagine fece da sfondo al congresso dei bolscevichi a Mosca dopo la rivoluzione. Il suo pensiero ispirò programmi e statuti di tutte le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio, dall’intera Europa sino a Shanghai. Le sue idee hanno irreversibilmente stravolto la filosofia, la storia, l’economia. Eppure, nonostante l’affermazione delle sue teorie, trasformate nel XX secolo in ideologia dominante e dottrina di Stato per una gran parte del genere umano e l’enorme diffusione dei suoi scritti, egli rimane, ancora oggi, privo di un’edizione integrale e scientifica delle proprie opere. Tra i più grandi autori, questa sorte è toccata esclusivamente a lui.

Ragione primaria di questa particolarissima condizione risiede nel carattere largamente incompleto della sua opera. Se si escludono, infatti, gli articoli giornalistici editi nel quindicennio 1848-1862, gran parte dei quali destinati al «New-York Tribune», all’epoca uno dei più importanti quotidiani del mondo, i lavori pubblicati furono relativamente pochi, se comparati ai tanti realizzati solo parzialmente ed all’imponente mole di ricerche svolte. Emblematicamente, quando nel 1881, in uno dei suoi ultimi anni di vita, Marx fu interrogato da Karl Kautsky, circa l’opportunità di un’edizione completa delle sue opere, egli rispose: «queste dovrebbero prima di tutto essere scritte ».

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 ozioproduttivo        

La rottura strutturale del capitale e il ruolo della critica categoriale

Intervista a Robert Kurz della rivista online "Shift", Zion Ediçoes

global financial crisis1Come si inquadra l’attuale crisi finanziaria nel contesto dello sviluppo della crisi strutturale del capitale?

É teoricamente sbagliato parlare di una crisi finanziaria indipendente, la cui «ripercussione» sulla cosiddetta economia reale sarebbe incerta ed eventualmente moderata. Espressa nei termini della teoria di Marx, la crisi finanziaria può essere solo una manifestazione della caduta delle condizioni della valorizzazione reale del capitale. Il sistema finanziario e del credito non é un settore autonomo, ma una componente integrante della riproduzione ampliata del capitale totale. Qui sorge una contraddizione che progressivamente si aggrava. L’espansione del sistema del credito in sé non è nuova, ha già percorso un processo secolare. Ciò riflette un meccanismo descritto da Marx come «aumento della composizione organica del capitale». Con l’aumento della scientificizzazione della produzione, cresce la proporzione di capitale costante (macchine, equipaggiamento tecnologico di controllo, comunicazioni e infrastrutture, etc.) in relazione al capitale variabile (forza di lavoro produttivo di valore). Corrispondentemente, crescono i costi preliminari per poter applicare in forma redditizia la forza lavoro, l’unica fonte di plusvalore. I costi preliminari crescenti esigono un anticipo del plusvalore futuro nella forma del credito per mantenere in corso l’attuale produzione di plusvalore, sempre più differito nel futuro.

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resistenze1

La sinistra senza aggettivi di Marcello Cini e Alfonso Gianni

Ovvero come ti rivolto il marxismo

di Domenico Moro

1332242951283 cuba 171. Indebite torsioni

Ricordate Terminator? In quel film si immaginava un futuro in cui le macchine, sviluppata una propria autonoma intelligenza, si rivoltavano contro l’uomo, cercando di spazzarlo via dalla faccia della Terra. Terminator, interpretato dall’ex attore-culturista e ora governatore della California Schwarznegger, era un robot inviato nel passato per impedire la nascita dell’uomo che avrebbe salvato l’umanità dall’annientamento.

Metaforicamente (siamo negli anni 80, quando si introdussero massicciamente informatica e automatismo nelle fabbriche), l’ultimo combattimento tra l’eroe umano, venuto dal futuro per salvare il nascituro, e il robot si svolge all’interno di una fabbrica automatica. Come se fossimo in una sorta di malriuscito rifacimento di Terminator, c’è chi, Marcello Cini in testa, in una serie di articoli recentemente pubblicati ci descrive una fantascientifica realtà in cui l’avvento del cosiddetto general intellect (il sapere scientifico sociale incorporato nelle macchine) avrebbe reso superfluo il lavoro umano immediato e con esso la legge del valore, su cui si fonda la teoria della società contemporanea di Marx. L’obsoleta classe operaia di fabbrica sarebbe così sostituita da un nuovo soggetto sociale: “il lavoratore immateriale”. Partendo da questi assunti, Cini sollecita la costruzione di una sinistra senza “aggettivazioni”, cioè non più comunista, seguito da Alfonso Gianni e Rina Gagliardi che si affrettano a decretare, insieme alla fine della centralità dello scontro tra movimento operaio e capitale, anche la fine della necessità di un partito comunista. Si tratta, in realtà, di veri e propri fraintendimenti della realtà e dell’opera di Marx, che subiscono una indebita torsione allo scopo di alimentare la polemica contro la maggioranza del Prc. Vediamo come avviene tale processo di torsione.

 

2. Lavoro materiale e lavoro immateriale

Secondo Alfonso Gianni, “Marx…ci dice almeno due cose.

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Ma quale Marx

Rossana Rossanda

Breve il terrore seguito al crac della finanza: cielo, torna Marx! E perché? Perché i governi sono corsi in aiuto alle banche, rifinanziandole. L'intervento fatale dello stato, cioè il riaffacciarsi di Marx...

Che sciocchezza. Intanto lo spavento non è durato molto. Stati, o meglio governi, non sembrano chiedere nulla in cambio. Si limitano a dire che non si può lasciar fallire una banca perché questo trascinerebbe nel vortice risparmiatori e imprese. Lasciar fallire Lehman Brothers è stato un errore; salvare una banca è un atto di salute pubblica, come far fronte a una inondazione. Quindi altre imprese chiedono aiuto, per prime le grandi costruttrici di auto, perché quote ingenti dei loro clienti hanno smesso di cambiare la vettura, per cui rischiano il licenziamento centinaia di migliaia di lavoratori, che da disoccupati costano allo stato e producono tensione sociale. Solo in Europa si moltiplicano le cifre di disoccupati a breve, per non parlare dell'est che, gettato spensieratamente nel libero mercato, vi sprofonda più degli altri. Perfino gli oligarchi che avevano ammassato ricchezze nella svendita della proprietà pubblica ne stanno perdendo una parte.

Quindi gli stessi che per venti anni hanno strillato «meno stato più mercato» adesso chiedono l'intervento statale. C'entra Marx? Per niente. Prima di tutto non è mai stato un fautore dello stato, del quale anzi prevedeva a termine l'estinzione; se mai fu Lenin a pensare che la proprietà statale, ma d'uno stato proletario, fosse l'ultima fase prima della socializzazione della proprietà stessa. Nulla di simile passa per la testa dei governi, né delle opposizioni attuali.

I primi sono reticenti perfino a dichiarare la natura di queste erogazioni.

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cassandra

Il marxismo italiano, senza capitale

di Michele Nobile

1.   Nel quadro di una più ampia polemica con Habermas, Hirsch, O’Connor e Offe, lo scomparso Riccardo Parboni collocò il «marxismo italiano» nella più ampia classe del «marxismo sovrastrutturale», per il quale  «la crisi del capitalismo non dipende dalla dinamica delle forze produttive e dei rapporti di produzione ma dal venir meno  di quei meccanismi omeostatici di carattere politico e ideologico che avevano garantito la tenuta sotto controllo delle tendenze alla crisi nei decenni passati» 1.

Venti anni dopo, il libro di Cristina Corradi sui «marxismi italiani» e la discussione che ne è seguita hanno confermato quel giudizio, e con ben altra ricchezza d’argomenti: quello italiano è un «marxismo senza Capitale» (con poche e relativamente recenti eccezioni), un «marxismo» che ha fatto a meno di sviluppare criticamente la teoria marxiana del valore, indirizzandosi verso lo sraffismo, il keynesismo, o la dissoluzione dell’oggettività socio-economica dello sfruttamento nel comando politico dello Stato, variamente combinando i termini precedenti 2

La ricostruzione della Corradi, pregevole e indispensabile, resta però nell’ambito della ricostruzione della «storia dei «marxismi» basata sul modello delle storie della filosofia, della «storia delle idee». Il punto è che questo approccio non solo esclude la produzione condotta da marxisti non-filosofi o che, comunque, non si presta ad un discorso d’ordine filosofico, ma sottovaluta la dialettica tra la riflessione teorica e l’ambiente politico nella quale la prima si inscrive e dal quale è influenzata per le vie più diverse e sottili, dall’orizzonte strategico e ideologico alla pratica quotidiana, dalla costruzione dell’identità ai rapporti e alle carriere personali.

È per questa ragione che restano inevase alcune domande cruciali. Cosa ha permesso a quella tradizione «senza Capitale» di riprodursi per così tanto tempo? Quali sono le caratteristiche differenziali del «marxismo italiano» rispetto a quello di altri paesi? Quali, precisamente, i rapporti tra teoria e politica?

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ozioproduttivo

Intervista a Robert Kurz

di Sonia Montano

pietro masaccio1. Cosa vuole affermare la "critica radicale del valore"?

Com'è noto, i marxisti tradizionali del movimento operaio accusavano il capitalismo soltanto di privare le salariate e i salariati del famoso plusvalore del quale i proprietari dei mezzi di produzione si appropriavano come fosse un "potere di disposizione". Questa é una critica mutilata del capitalismo, che lascia fuori e ontologizza la forma sociale del valore. Di conseguenza, secondo questo pensiero, la società socialista postcapitalista dovrebbe continuare a basarsi sulla forma del valore e a funzionare come un sistema produttore di merci "pianificato". Come trasformazione della società questa concezione è naufragata. Il problema può essere spiegato solo storicamente: lo stesso movimento operaio e lo stesso socialismo statale facevano ancora parte della storia del "modo di produzione basato sul valore" (Marx). Si trattava di una "lotta per il riconoscimento" nell'ambito di questa forma di società non indagata. Ora, il plusvalore può essere soppiantato solo insieme al valore, e non come pianificazione e "giusta distribuzione" del valore. Questa non è una questione meramente teorica. Nella nuova crisi del sistema unificato a livello planetario, lo stesso valore é disvalorizzato dalla terza rivoluzione industriale, nella misura in cui il "lavoro astratto" si scioglie come sua sostanza.

A queste condizioni occorre criticare e abolire il valore come forma basica e, di conseguenza, la produzione di merci come tale.


2. Cosa caratterizza una società mercantile? Cosa si deve intendere per "merce"? Che relazioni proprie stabiliscono le merci?


Il termine "mercantile" si riferisce solo al comprare e al vendere. Una società mercantile nemmeno esiste. Il capitalismo é essenzialmente un modo di produzione e non un semplice modo di circolazione. Perciò l'espressione "economia di mercato" induce in errore. Marx già dimostrò che la riduzione della modernità a circolazione delle merci costituisce l'eldorado dell'ideologia capitalista, perché nel mercato appaiono solo proprietari "eguali" e "liberi" di merci e denaro. Però la merce ha da essere oggetto di produzione prima di diventare oggetto di circolazione.

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marxiana

[marxiana] Re: marxismo. Bellofiore e lo 'stato dell'arte'

Riccardo Bellofiore <riccardo.bellofiore@...>
riccardo.bellofiore@...

Evidentemente, quando si vola alto è più facile cadere in picchiata ... Sorridente

Cercherò, in questa email, di dare qualche risposta al collega Cavalieri, che giustamente mi ricorda che ormai ho la mia età ("di lunga data") e mi onora di una qualifica come "antagonista", addirittura "scientifico", del suo pensiero. Mi limito, da tempo, ad esprimere alcune opinioni su questioni su cui a ragione o a torto pretendo di avere molto studiato, e su cui credo però anche di avere molto imparato da altri. Opinioni soggettive, le mie: discutibili dunque quant'altre mai. Prego dunque nel seguito, come sempre, di tener conto che alcuni giudizi che darò, tipo "superficiale", "affrettato", e simili, vannno intesi come dati "dal mio punto di vista", o se preferite, espressi "in my humble opinion" (IMHO).

Sul fatto che io "catechizzerei", "rivelando una dottrina", proprio si sbaglia indirizzo: io dico semplicemente, sempre, quello che penso, e di cui sono convinto, con argomentazioni, giuste o sbagliate che siano. Perché, Cavalieri fa diversamente? Non mi pare. Mi critica duramente, quando gli pare il caso, e fa bene. Dall'altro lato, se e quando lo ritengo il caso, esprimo il mio parere contrastante. Non vedo dove stia il problema.

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proteo

I vecchi miti non muoiono mai... Purtroppo!

Guglielmo Carchedi

Una risposta a Petri, Rappuoli e Screpanti

carchediÈ stato il merito di Luciano Vasapollo di aver introdotto ufficialmente in Italia quello che all’estero già da tempo è conosciuto come il TSSI (Temporal Single System Interpretation) attraverso prima l’organizzazione di un convegno nel 2002 a Roma e poi la pubblicazione degli atti di tale convegno. Il libro che li raccoglie, Un Vecchio Falso Problema (d’ora in poi, VFP), è finora l’unico lavoro in Italiano che raccoglie diversi contributi dei sostenitori del TSSI. Due di questi contributi sono stati scritti da me e sono stati oggetto di critica da parte di autori italiani. In questo articolo rispondo ai miei critici. Prima, però, è opportuno riassumere brevissimamente i termini della discussione. Mi scuso con i lettori se dovrò citare abbondantemente alcuni miei brani tratti dal VFP al fine di rendere la critica intellegibile. Mi scuso anche con coloro che già sono addentro a questa problematica se la presentazione seguirà un metodo didattico il cui scopo è quello di rendere comprensibile una materia che è stata resa artificiosamente complessa e astrusa. Il TSSI è un’interpretazione del procedimento con cui Marx trasforma i valori in prezzi, cioè i valori prodotti (prima della redistribuzione inerente alla formazione di un tasso medio di profitto) in valori tendenzialmente realizzati.1 In essenza, tale procedimento “è una redistribuzione del plusvalore totale prodotto tale che i settori a basso tasso di profitto vendono ad un prezzo che assicura il tasso medio di profitto... e i settori ad alto tasso di profitto vendono ad un prezzo che riduce il loro tasso alla media”(VFP, p.54). Marx chiama prezzi di produzione quei prezzi a cui tendenzialmente tutti i capitali realizzano il tasso medio di profitto.

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proteo

Per ritrovare il senso del “capitale”

Giorgio Gattei

plusvaloreLa forza politica del Capitale di Marx stava tutta nell’idea, semplice e rivoluzionaria al tempo stesso, che il profitto, reddito capitalistico per antonomasia, è conseguenza del pluslavoro (e quindi dello sfruttamento) degli operai salariati e non di altro. È ovvio che l’idea non fosse bene accolta dagli economisti ed infatti per oltre un secolo essa è stata rigettata aprioristicamente oppure destrutturata e criticata fino al bel risultato che al giorno d’oggi sembrerebbe ormai assodato che nella sua forma originale essa non regge proprio: oggi non è possibile ricondurre marxianamente l’origine del profitto al pluslavoro di qualcuno e quindi tanto vale chiudere definitivamente l’argomento e rivolgersi ad altro per la spiegazione del profitto [1].

Conti conclusi, dunque? Niente affatto, dato che, al contrario da quanto generalmente accettato, pare possibile resuscitare la dipendenza del profitto capitalistico dallo sfruttamento del lavoro, se non esattamente nella forma, almeno nello spirito di Marx, come ho cercato di mostrare, insieme a Giancarlo Gozzi, Stefano Perri e Dario Preti, in Karl Marx e la trasformazione del pluslavoro in profitto (Mediaprint, Roma 2002).

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materiali resistenti

Il potere costituente della contingenza

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di Augusto Illuminati

«Oltre il molteplice» di Alain Badiou per Ombre Corte. Sette scritti sul mancato incontro con Gilles Deleuze. Un dialogo che l'autore di «Mille Piani» ha sempre rifiutato e che ha come sfondo diverse concezioni della filosofia. E dunque diverse teorie dell'agire politico

Strana, sgradevole quanto istruttiva la storia del non-rapporto fra Gilles Deleuze e Alain Badiou, che il secondo ha costruito retroattivamente (a parte la splendida recensione di Le Pli nel 1989) nel Clamore dell'Essere e in un gruppo di articoli e precisazioni ora raccolti per Ombre Corte con il titolo Oltre l'uno e il molteplice. Pensare (con) Gilles Deleuze (pp. 118, euro 10, a cura di Tommaso Arienna e Luca Cremonesi).

Una volta sgombrato il campo dalle astiose polemiche scatenate dagli allievi di Deleuze soprattutto nel numero della rivista «Futur Antérieur» dell'aprile 1998 (i due attacchi di Arnaud Villani e José Gil e la più sobria introduzione di Eric Alliez) e dopo aver tenuto nel giusto conto le responsabilità dello stile polemico-espositivo di Badiou, resta il grande interesse dei temi posti in discussione. Certo, l'impostazione della controversia (univocità dell'Essere, presunto platonismo, mistica immanente della vita, ecc.) sono scelti arbitrariamente da Badiou, ciò nonostante si toccano nodi essenziali della filosofia afferrando il capo del filo secondo le preferenze del critico - tradizione che risale per lo meno ad Aristotele e Hegel.

Non a caso infatti il confronto fra Deleuze e Badiou è stato riproposto come replica moderna di quello fra Aristotele (Deleuze) e Platone (Badiou), anche se le critiche di Badiou a Deleuze ci sembrano piuttosto riprendere le obiezioni hegeliane di acosmismo a Spinoza.

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actuelmarx(1)

Marx e la scienza

di Franco Soldani*

Come il pensiero scientifico ha dato forma alla teoria della società di Marx


scienza211. Lo stretto rapporto che Marx ha intrattenuto con la scienza del suo tempo è provato non solo da tutta la sua storia intellettuale privata e pubblica, ma soprattutto dal fatto che non si può conprendere a fondo nessuna categoria del Capitale senza riferirsi al complesso sostrato scientifico che esse implicano. Da questo punto di vista, diventa essenziale tanto capire quale sia stata la comprensione che Marx ed Engels hanno avuto della razionalità scientifica ottocentesca, quanto scoprire quale esito essa abbia poi avuto nel processo di formazione dei concetti marxiani e nel disegnare il loro contenuto conoscitivo specifico.

2. Marx, ovviamente, aveva una conoscenza di prima mano della scienza del suo tempo. L'assidua frequentazione del British Museum, durante il suo esilio londinese, gli ha permesso di accedere ad una vasta mole di lavori scientifici che a loro volta rappresentano le fonti concettuali della sua sofisticata interpretazione del modo di produzione capitalistico. Naturalmente, non è che Marx mutui meccanicamente, o semplicemente copi, dalla scienza di allora le sue convinzioni. Al contrario. La sua relazione con dette fonti è complessa e multiversa, per niente lineare. Nel saggio vengono discusse quattro idee fondamentali della sua analisi sociale: a. La relazione cause-effetti; b. Il valore; c. Il metodo scientifico inglese; d. La presunta fine della metafisica.

3. In tutti e quattro i casi, la rilettura del pensiero di Marx alla luce di quella genealogia specifica ha permesso di ricostruire sia i peculiari significati attribuiti dalla ragione scientifica alle sue categorie, sia il significato specificamente sociale che Marx ha loro attribuito, sia infine le prepotenti, nuove tendenze epistemologiche che andavano prendendo forma in quegli anni all'interno della stessa comunità scientifica.

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italicum

Ripensare marx oltre la destra e la sinistra

 Intervista con il Prof. COSTANZO PREVE a cura di LUIGI TEDESCHI

26495aabe4a50a309c0b8dfbbc282528 XL1) La conflittualità con il capitalismo è il tema dominante che rappresenta l’origine e la ragion d’essere della sinistra. Evocare la sinistra significa, sia storicamente che psicologicamente riferirsi ad un complesso di culture ed ideologie che si contrappongono ad uno stato di rapporti economici e politici prestabiliti nella società capitalista. la sinistra è nata storicamente a seguito delle contraddizioni interne del capitalismo, in tema di eguaglianza sociale, produzione e redistribuzione della ricchezza, stratificazione della società in classi. Le crisi ricorrenti del capitalismo hanno posto storicamente in risalto il ruolo critico e antagonista della sinistra, in funzione di una alternativa che prefigurasse l’avvento di una nuova società che sostituisse a quella capitalista. Il fondamento economicista della società capitalista avrebbe quindi dovuto essere rovesciato in senso rivoluzionario con la creazione di una società socialista prima e comunista poi. Il fenomeno rivoluzionario comunista si rivelò, oltre che illusorio, un clamoroso fallimento. L’economia del socialismo reale non seppe competere con quella capitalista, né, tantomeno, fu in grado di sostituirsi ad essa. Il socialismo reale, anzi, nell’intento di emulare e superare il capitalismo fordista, ne esasperò gli aspetti negativi, quali l’esasperato produttivismo, la centralizzazione pianificatrice, l’omologazione di massa, la rigidità gerarchica delle strutture, senza conseguire gli stessi risultati. L’economia, vista l’impossibilità di creare nuovi sistemi che sostituissero il capitalismo, fu emarginata dai temi ideologici di una sinistra che, visto il fallimento dell’esperienza sovietica, si guardò bene dal riproporre la ricetta dell’economia pianificata in occidente, ma, nello stesso tempo, non fu in grado nell’ovest capitalista di elaborare modelli alternativi che non fossero socialdemocratici, cioè ispirati ad un riformismo moderato, quali correttivi istituzionali interni alla logica dell’economia di mercato. In realtà, a mio parere, l’ideologia marxista ha impostato il conflitto di classe basandosi unicamente sui rapporti di produzionee di redistribuzione della ricchezza non tenendo in dovuto conto la dinamica dei processi produttivi, della ripartizione tecnica delle funzioni specifiche nell’ambito di un processo produttivo estremamente parcellizzato e specializzato. La ricchezza, prima che essere ridistribuita diffusamente, dovrebbe essere prodotta secondo criteri ispirati alla massima diffusione.