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lantidiplomatico

Donald Trump chiude la fase unipolare

di Federico Pieraccini

Siamo davanti ad una svolta senza precedenti. Un cambiamento globale che potenzialmente potrebbe definitivamente travolgere l’ormai vecchio ordine mondiale unipolare creato dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e perfezionato grazie all’11 Settembre 2001. La vittoria di Donald Trump è la più emblematica rappresentazione di un rifiuto totale della popolazione americana per il cosiddetto establishment e per i loro interessi

trump 700x350c50Le elezioni americane si sono concluse con un verdetto inatteso e insperato che ha finito per travolgere tutte le previsioni. Trump ha vinto le elezioni negli Stati Uniti, patria e capitale di tutto il sistema occidentale, ridefinendo le logiche con cui normalmente viene eletto il presidente degli Stati Uniti. Soprattutto per questo motivo, si tratta di una vittoria straordinariamente importante. Non sono bastati tutti gli apparati del potere americano messi in campo come media, politici, esperti, intellettuali per arginare il voto di protesta.

La vittoria di Trump è anche la fine di due dinastie come i Bush e i Clinton e l’epilogo più inatteso del mandato di Obama, il più grande traditore del mandato dei cittadini nella storia degli Stati Uniti. Eletto per risolvere problemi come l’iniquità, divisioni razziali, povertà ed ingiustizia sociale ha fallito su tutta la linea, diventando uno dei maggiori promotori del voto di dissenso che si è focalizzato su Trump. Barack Obama, inconsciamente ed inconsapevolmente, è stato uno dei più grandi sponsor di Donald Trump: ironia della sorte. Gli elettori di Obama del 2008 e del 2012 non si sono fatti trarre in inganno dalle promesse della Clinton, e, dopo aver votato per Sanders come ultima speranza, hanno preferito rimanere a casa o addirittura votare Trump come massimo segno di disprezzo verso lo status quo, rappresentato dai democratici, dal partito repubblicano e dall’establishment di Washington. E’ stata soprattutto la vittoria della classe dei lavoratori, stufi della loro condizione economica, in continuo peggioramento da più di tre decenni.

La vittoria della Brexit in Inghilterra, di Duterte nelle Filippine, del Movimento 5S nel 2013 in Italia unito alla rivelazione Le Pen in Francia, Syriza in Grecia, ed i trattati europei sempre respinti, sono tutti sintomi di una linea rossa che collega da qualche anno votazioni così differenti. Il costante e continuo rifiuto del concetto di globalizzazione e di globalismo ha finito per prendere il sopravvento. Individuato come male maggiore, è considerato la causa principale della continua necessità per i governi di anteporre interessi internazionali a quelli nazionali, finendo inevitabilmente per favorire l’abbraccio mortale ad un modello basato sulla finanza di Wall Street, causa della crisi del 2008 e delle interminabili guerre americane in giro per il mondo, fonti di insicurezza e terrorismo prolungato.

La radice di questo rifiuto è l’essenza del concetto stesso di multipolarità. In un modello unipolare il potere e il denaro sono concentrati nelle mani di una percentuale infinitamente bassa, producendo uno squilibrio di benessere, base della comune frustrazione dei cittadini occidentali. Il successo di un modello multipolare deriva essenzialmente dalla possibilità di scegliere, senza subire un’imposizione unilaterale. A prescindere che si tratti dell’uscita dell’Europa o della vittoria di un candidato non legato alla politica, la multipolarità risulta la via più efficace per rispettare la volontà popolare. Una differenza enorme rispetto all’unipolarismo in cui il popolo è indotto a non avere alternative. Stiamo transitando da quasi un decennio, soprattutto a livello digitale, verso un mondo alla cui base vige un ventaglio di opzioni con cui raggiungere i propri obiettivi.

Nel mondo reale, l’impostazione unipolare risulta ormai antiquata ed inadeguata finendo per favorire qualunque alternativa proposta, che sia Trump o Brexit. Non si spiegherebbe altrimenti come mai in Europa e negli Stati, negli ultimi anni, chiunque proponga un modello anti-establishment, contrapposto a quello attuale, venga considerato un’alternativa credibile. Non è tanto il messaggio che veicolano ad essere rilevante, quanto semplicemente il fatto di essere qualcosa di diverso dallo status quo, un’alternativa.

Il potere finanziario ha finito per divorare i pochi diritti rimasti al popolo, dando precedenza a gruppi di potere che, mai sazi, hanno portato molte nazioni occidentali sull’orlo del collasso con la crisi finanziaria del 2008. Da allora, quasi 10 anni dopo, nulla è cambiato ed il benessere economico è diminuito spaventosamente raggiungendo livelli senza precedenti. Le promesse fatte dai politici dopo la crisi del 2008 sono state infrante e la classe media e più povera hanno continuato a pagare per tutti, generando un livello di frustrazione espresso nelle urne con i voti Brexit o Trump negli Stati Uniti.

Oltre alla condizione economica deficitaria, le numerose guerre hanno finito per esasperare l’animo americano con spese folli, quasi 6.000 miliardi di dollari, ed una sensazione di inutilità che ha eroso ancor più la fiducia dell’elettore medio dell'establishment di Washington. All’elettore medio americano, non interessa nulla della politica estera del proprio paese, ma se le conseguenze sono un aumento del terrorismo, una diminuzione degli investimenti domestici ed una generica sensazione di inutilità, ecco che per l’elettore americano la politica estera USA diventa qualcosa di dannoso, superfluo o addirittura controproducente.

E’ incredibile osservare come, nelle ultime elezioni americane, tutte queste considerazioni siano diventate centrali nelle argomentazioni di Trump. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti è stata rotta la narrazione unilaterale dei media e dell’establishment che ha sempre anteposto concetti come Wall Street, l’eccezionalissimo americano, l’esportazione della democrazia e la diffamazione degli avversari geopolitici come base su cui costruire le campagne presidenziali dei democratici o dei repubblicani. Per la prima volta, la visione unipolare dell’egemonia americana è stata sconfitta da una visione multipolare della realtà. Una visione che pone semplicemente un’alternativa allo status quo degli ultimi 25 anni. E’ stato offerto, prima al popolo delle primarie repubblicane e poi al popolo americano la possibilità di esprimere una votazione che è sembrata più un referendum con la seguente domande: Siete Contenti della vostra condizione attuale? La risposta è stata un enorme dito medio all’establishment, espresso con la votazione di Trump.

La Clinton, essendo un prodotto dell’establishment e dello Status Quo, non garantiva alla maggior parte degli americani quella rottura tanto sperata con le élite. Anche se inconsapevolmente, la maggioranza degli Americani ha espresso un voto di rifiuto al modello economico, finanziario e militare unipolare di Washington, regalando al resto del mondo una speranza inattesa di cambiamento.

Gli Stati Uniti si svegliano il giorno dopo le elezioni con un paese più diviso che mai, il riflesso di una divisione più ampia che attraversa tutto l’occidente. Sono le conseguenze di un mondo che cambia e si trasforma, mutando da una visione unipolare in cui esiste un solo sistema finanziario, economico e militare, rappresentato da Washington e dall’Europa. Già nel vecchio continente, con il crescente sentimento nazionalista, con il rifiuto delle istituzioni europeiste e il voto inglese del Brexit, i campanelli di allarme per le élite avrebbe dovuto suonare da tempo. Le votazioni americane hanno certificato che l’establishment globalista euro-americano vive in una sua realtà completamente distaccata da quella delle popolazioni locali e il sistema da loro utilizzato per influenzare e manipolare le popolazioni, con la speranza di prolungare il dominio unipolare (economico, militare e finanziario), non è più efficace.

La globalizzazione ha portato ricchezza alle élite, ma ha anche permesso la diffusione di Internet, strumento di comunicazione di massa sempre più efficace. La rete rappresenta in maniera intrinseca il concetto stesso di multipolarità: ognuno può aprire un suo blog, scrivere il proprio parere e diffonderlo a milioni di persone influenzando la narrativa globale. La controinformazione, una volta stampata su carta e riservata ad nicchia della popolazione, è diventata mainstream come concetto di diffusione, relegando i mezzi di comunicazione corporativi ad uno spicchio ristretto della popolazione. Rispetto a 30 anni fa, Internet ha invertito il paradigma. Pensate a voi stessi che leggete le nostre analisi con un senso di fiducia e rispetto che mai provereste per CNN, Fox News o BBC. E’ questa la vera ed autentica rivoluzione. Trump ha saputo interpretare questo sentimento in maniera magistrale, ha raccolto tutte le principali insoddisfazioni del popolo americano verso le élite (militari, economiche e finanziarie) e le ha fatte sue. Ha unito la sua passione personale verso una sfida impossibile con la disperata necessità della popolazione di avere una voce ‘in alto’ che esprimesse le sue posizioni, urlando e sbraitando. La rabbia e il politicamente scorretto di Trump sono stati interpretati dai suoi elettori in maniera positiva, quasi come un gesto concreto di insoddisfazione verso le élite di Wall Street, di Washington e delle mega corporation americane.

Trump rappresenta il primo passo, dopo il Brexit, di un’apertura dell’occidente verso una realtà che è già multipolare. Il modello americano basato sul dollaro è in affanno grazie alle istituzioni internazionali legate ai BRICS. La AIIB creata da Pechino e dal FMI si muove includendo lo Yuan nel paniere internazionale. Paesi non allineati ai desideri USA come Cina, Russia e Iran si coalizzano da anni per costruire un sistema finanziario ed economico alternativo al Dollaro della Federal Reserve, minando l'egemonia USA garantita dal petrodollaro. In campo militare, la NATO non è più l’unica potenza globale e la situazione odierna in medio oriente ne è il riflesso. Il coinvolgimento di Mosca e l’alleanza con l’Iran hanno per la prima volta impedito la distruzione completa di un paese come la Siria, garantendo uno scenario alternativo all’epilogo Iracheno del 2003. Tutti segnali che il momento unipolare americano è finito per sempre.

L’ultimo colpo di grazia è stato il cambiamento politico, dopo quello economico e militare. Prima in Europa con la sempre minore popolarità dei politici, espressione dell'establishment, poi con l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa ed infine con la vittoria di Trump negli Stati Uniti.

Il trionfo di Trump, dal punto di vista delle politiche nazionali ed internazionali è tutta da testare e verificare. Di conseguenza, anche gli equilibri mondiali potrebbero rimanere intatti. Il mondo è davanti al più grande bivio della storia moderna. La vittoria negli Stati Uniti, causata da un crescente contagio multipolare, potrebbe influire e cambiare per sempre le relazioni internazionali di Bruxelles e Washington. Mentre il resto del mondo è già pienamente parte di questa rivoluzione epocale, le élite di Europa e Stati Uniti continuano a dimostrare di voler combattere fino all’ultimo per respingere il nuovo ordine mondiale che avanza.

Le oligarchie di Stati Uniti ed Europa si trovano davanti ad una scelta: dichiarare guerra a tutto e tutti, compresi i loro popoli, oppure abbracciare questo mutamento planetario, cercando di ritagliarsi un loro spazio. La sfida è rappresentata dall’accettazione e dalla consapevolezza di non avere più il controllo assoluto delle leve del potere, ma di doverle condividere con altri centri di potere come Mosca, Pechino e Teheran. Difficile, ma certamente non impossibile.

Trump offre la possibilità di un cambiamento reale nelle relazioni internazionali e le parole espresse da leader come Xi e Putin sono i primi segnali di un tentativo concreto di modificare 20 anni di dominio unipolare imposto da Washington su quasi tutto il resto del pianeta.

Il 9 Novembre 2016 buona parte della popolazione mondiale si è unita idealmente in un’unica voce e con tutta l’energia a disposizione ha gridato BASTA! a Washington e a tutti i sistemi di potere che hanno reso il nostro pianeta insicuro ed un disastro economico.

Dopo Brexit e la vittoria di Trump, le élite Euro-Americane sono davanti ad una scelta che condizionerà i prossimi decenni. Accettare la svolta multipolare, decidendo di collaborare con le altre nazioni del mondo, oppure discendere nel conflitto prolungato. Nessuno può escludere un tentativo di sabotaggio della Brexit o un assassinio di Trump, soprattutto qualora decida di mettere in pratica le sue promesse, ma una cosa è certa: non potranno mai arrestare l’inevitabile cambiamento che sta avanzando.

Se c’è qualcosa di evidente, dopo la vittoria di Trump, è che oramai una parte importante della popolazioni europea ed americana ha infranto per sempre la bolla in cui era stata isolata dalle élite. Ha compreso che quello che le è stato raccontato per decenni è falso, di parte e completamente contro i loro interessi. Il mondo è cambiato per sempre e non c’è nulla che i promotori del globalismo possano fare per impedirlo.

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