Mimmo Lucano: parliamone per favore
di Michele Castaldo
Sui media italiani ha fatto un certo “clamore” la sentenza di primo grado nei confronti di Mimmo Lucano da parte del tribunale di Locri che ha addirittura raddoppiato le richieste dell’accusa. Poi però la questione è stata subito accantonata per trattare d’altro. È invece il caso di una riflessione appropriata, perché ricca di spunti su una questione molto importante come quella sull’immigrazione e il rapporto con essa da parte dei militanti di sinistra e di estrema sinistra che per essa si spendono.
Diciamo subito che c’è da più parti molta ipocrisia sulla questione e sbrogliare la matassa è abbastanza complicato proprio perché dietro una cortina fumogena molto spessa si nasconde la vera questione che è rappresentata dalla nuova tratta dei lavoratori di colore che arrivano e vengono da più parti fatti arrivare in Europa e – nello specifico - in Italia, che servono come
l’aria per respirare al nostro capitalismo in crisi per la produzione di merci nei confronti della concorrenza asiatica, oltre che per tentare di risalire la china di un pauroso calo demografico; altro che italianità e stupidaggini simili.
La sentenza che condanna Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi di reclusione, oltre alla restituzione di centinaia di migliaia di euro alle casse dello Stato, è stata commentata, dunque giudicata, in “due” modi, pur trattandosi di un’unica sentenza. Il che la dice lunga sull’uso della legge che “è uguale per tutti”. Ribadiamo ancora una volta, anche in queste note, che i giudici non sono di destra o di sinistra, ma sono degli asserviti a un sistema imperniato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Sicché è un non senso parlare di equità e menare scandalo per una addirittura superiore a quella di certi delitti per mafia. La mafia è funzionale al processo dell’accumulazione, tanto è vero che c’è stata una trattativa con essa da parte dello Stato, che “non costituisce reato”.
Stranamente, ripetiamo, per la stessa condanna ci sono due interpretazioni: una politica, l’altra più di merito, tecnica, oseremmo dire. In quella politica si menziona la « irregolarità sui migranti », ovvero Mimmo Lucano avrebbe favorito gli immigrati in modo irregolare e per questa ragione sarebbe stato condannato. Poi c’è chi critica i giudici – come fa gran parte del partito democratico – per l’eccessiva pena, vista l’opera meritoria del personaggio. Mentre la destra, esalta la sentenza e Salvini è sempre più tronfio.
Analizziamo nel merito la sentenza, perché a nostro avviso centrano la questione quelli del foglio specialista in materia, il Fatto quotidiano, e il suo direttore Travaglio, che in questo caso si supera in spregiudicatezza, argomentando nel merito, le accuse specifiche, dunque i “reati”, per i quali è stato condannato il povero Mimmo Lucano. Diciamo povero per più ragioni che più avanti chiariremo.
Per chi non avesse letto il fatto quotidiano di venerdì 1 ottobre, siamo costretti a riportarne ampi stralci, perché in essi è concentrata la questione che in queste note vogliamo trattare. Chiediamo perciò pazienza al lettore.
Scrive Travaglio: « Se giudichiamo la sentenza Lucano col senso comune, magari paragonandola alle pene molto inferiori inflitte a grandi corrotti come Formigoni, frodatori come B., bancarottieri come Verdini, complici della mafia come Dell’Utri, per non parlare della Trattativa, possiamo tranquillamente dire che 13 anni e 2 mesi (sia pure in primo grado) sono un’enormità », e via chiosando il Marco che si atteggia alla Indro Montanelli e si sa che “buon sangue non mente”:
«Se però leggiamo il dispositivo della sentenza del Tribunale di Locri, comprendiamo che quei 13 anni e 2 mesi sono il cumulo delle pene per i singoli reati -», attenzione bene, caro lettore, specie se di sinistra che hai guardato con una certa simpatia a questo signore, « quasi tutti molto gravi – per cui è stato condannato l’ex sindaco di Riace. Sgombriamo subito il campo dalle falsità», e prosegue:
«1) Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: per la violazione della legge Turco-Napolitano è stato assolto, come per aver fatto carte false per far entrare illegalmente clandestini in Italia o munirli di documenti farlocchi. 2) Lucano rispondeva di 16 capi di imputazione, condannato per 10 di essi. 3) », il lettore legga con la dovuta attenzione, « La condanna non riguarda gli aiuti ai migranti ma una serie impressionante di pasticci finanziari con denaro pubblico. Il primo è l’associazione a delinquere per commettere “un numero indeterminato di delitti contro la Pa, la fede pubblica e il patrimonio” e “soddisfare gli indebiti e illeciti interessi patrimoniali delle associazioni e cooperative” create e controllate da Lucano e dai suoi amici come “enti gestori dei progetti Sprar, Cas, e Msna” (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati, Centri accoglienza straordinari, Minori stranieri non accompagnati), con “indebite rendicontazioni delle presenze degli immigrati”, “derrate alimentari falsamente indicate come destinate agli immigrati ma sistematicamente utilizzate per fini privati”, “costi fittizi per spese carburante”, numerose false fatturazioni”, nessun “controllo delle spese” né “documentazione dei costi sostenuti dalle associazioni”, “indebita destinazione di fondi ottenuti per fini diversi” dall’accoglienza ». Tutto qui? No, c’è di più, dice il perbenista e moralista Travaglio sempre più sgomento: «c’è la truffa aggravata allo Stato, cioè alla Prefettura e al Viminale (prima era “solo” abuso d’ufficio) per far versare 2,3 milioni indebiti o ingiustificati alle varie associazioni. ». È finita? Macché! « Poi c’è un’altra truffa allo Stato da 28 mila euro per una miriade di “costi fittizi o non giustificati”, “false fatture”, false annotazioni sui registri Inail di ore lavorate, “fittizi acquisti di bombole, materiale di cancelleria, mobili e schede carburante false” ».
Finita la sequela di accuse nei confronti del povero Lucano, la conclusione cui il lettore onesto è portato a trarre è: beh, stando così le cose, 13 anni e 2 mesi sono una condanna in un certo qual modo mite, forse i giudici si saranno commossi per il volto bonario del personaggio.
E no, ci va giù pesante Goffredo Buccino sul Corriere della sera di venerdì 1 ottobre, che cerca di spiegare in termini politici la sentenza: « Qui si assume che Lucano sia capo di una gang volta a speculare sull’accoglienza », dunque è una sentenza sull’immigrazione « in un carosello di carte false (14 capi di imputazione) un diavolo con l’aggravante del vestito da santo ». Povero Mimmo Lucano ci manca poco che il popolo non invochi il Crucifigge, Crucifigge eum! come per Gesù Cristo, rivolgendosi a Ponzio Pilato..
La questione, come abbiamo accennato all’inizio, è seria e complicata e come tale va affrontata. Ora rubare ai ricchi per dare ai poveri può essere un sentimento nobile, ma non allo Stato che è al di sopra delle parti e gestisce equamente i contributi dei cittadini è il pensiero dei Travaglio e dei Buccini, un conto che lo faccia la Caritas con alle spalle la Santa Madre Chiesa, e mai con l’intento di integrarli, tutt’altra cosa se lo fa un idealista a pugno chiuso che “calpesta” le leggi dello Stato ritenute ingiuste e rivendica i suoi gesti.
E noi insistiamo: povero Mimmo Lucano! Perché « ‘U Zoppo, che un Natale rubò persino un furgone della Galbani per portare forme di formaggio ai poveri della stazione di Milano ». dice Buccino, « è un mito fasullo: perché la sera dopo i Cosimo delle favole finiscono in galera e i clochard sono di nuovo a stomaco vuoto ».
Avendo spiegato il punto di vista di chi difende lo stato di diritto, di un diritto eguale fra i diseguali, che in modo spregiudicato tanto Travaglio quanto Buccino correttamente inquadrano, cerchiamo nel concludere queste note di spiegare il nostro punto di vista il più nettamente possibile senza dare adito a equivoci.
Innanzitutto diciamo che non poteva esistere un modello Riace di inquadrare gli immigrati perché gli immigrati non possono e non devono essere inquadrati, altrimenti che immigrati sarebbero. Gli immigrati sono tali solo per essere sfruttati al massimo al minimo costo, anzi possibilmente a costo zero. Difatti uno degli aspetti della continua e martellante campagna di Salvini consiste proprio nel criticare le organizzazioni non governative che rappresentano un costo della “comunità” anche se attraverso canali indiretti. Dunque un sindaco, di un comune piccolo o grande poco importa, che si fa promotore, utilizzando fondi dello Stato, per integrare gli immigrati e metterli nella condizione dei comuni cittadini “italiani” non può durare a lungo, gli va messa una pistola fumante nelle mani, additato al pubblico ludibrio ed eliminato dalla scena pubblica per educare chiunque altro volesse tentare simili percorsi. Se poi il personaggio ben si presta, come nel caso del povero Mimmo Lucano, idealista e dal marcato spirito di protagonismo, tutto diviene più facile, tanto è vero che Marco Travaglio ha trovano pane per i suoi denti descrivendo un capolavoro di applicazione del diritto nei confronti di reati addirittura rivendicati, come dice Buccino.
Noi, partendo da un punto di vista opposto a quello dei pensatori borghesi diciamo che la magistratura di Locri ha agito sul piano formale per i “reati” indicati da Travaglio, mentre sul piano reale ha voluto dare una dura lezione a chi si illude di utilizzare le istituzioni democratiche dello Stato per integrare gli immigrati.
Se si vuole una prova provata basta leggere quello che scrive Gad Lerner, nello stesso giorno e sullo stesso giornale di Travaglio: « La sentenza di cui è vittima capovolge il senso comune della giustizia. Mimmo Lucano, come Gino Strada, ha scosso con il suo esempio le nostre cattive coscienze. Continueremo a essergliene grati. Lo ha condannato uno Stato i cui funzionari di notte lo svegliavano per chiedergli di ospitare dei poveretti che non sapeva dove mandare ». Si, esattamente in questo modo agisce uno Stato di diritto, usando gli strumenti a propria convenienza e se c’è chi si presta a essere un utile idiota lo Stato prima lo usa e poi lo addita al pubblico ludibrio. E Mimmo Lucano si era andato a ficcare in una rete pensando di utilizzare il ruolo di sindaco per alleviare le sofferenze degli immigrati addirittura cercando di integrarli con mille artifizi burocratici, col pugno chiuso, magari in nome dell’ideale del comunismo.
Ora, l’arresto e la condanna di Mimmo Lucano devono far riflettere chi fra quelli in buona fede, e ce ne sono, ci mancherebbe, sulla possibilità di utilizzare le istituzioni dello Stato per un’attività che è sovversiva nei confronti dell’ordine costituito e dello Stato stesso. Perché se si potessero integrare gli immigrati, li farebbero integrare da personaggi alla Mimmo Lucano? Suvvia, siamo seri, ci sono caporioni di filibustieri e mestieranti della politica e delle istituzioni che non aspetterebbero altro. Ha ragione Buccino, dunque, nel ritenere che si tratta di strade prive d’uscita.
Ecco il senso del reale su cui siamo invitati a riflettere non per rassegnarci, ma per tracciare una netta linea di demarcazione tra l’azione delle masse e il sostegno ad essa, per un verso, e la teoria della furbizia politica, contrabbandata per “tattica politica” interpretata da personaggi non sempre leali che si nascondono dietro una persona perbene per fini non sempre lineari. Ci sbagliamo? Può darsi, ma avendo praticato per tutta una vita l’attività delle masse in azione, l’autore di queste note conosce molto bene quali meccanismi si innescano quando si è al dunque, ovvero alla necessità di quagliare, cioè di condensare l’attività svolta in termini di risultati tangibili. E parliamo, si badi bene, di movimenti di lotta, figurarsi di movimenti non di lotta ma dell’uso delle istituzioni dello Stato, come nel caso che stiamo esaminando.
A ragion veduta perciò la furbizia avallata da personaggi delle istituzioni favorisce come sempre i più giovani, i più intelligenti, i più forti, i più bravi, i più capaci fra i quali – laicamente lo diciamo – si ineriscono anche personaggi non sempre motivati dalle migliori intenzioni. Questo deve essere detto per dovere di onestà analitica. Esageriamo? Può darsi, ma come mai oggi a rispondere della responsabilità di quelle sigle cooperativistiche e i fondi utilizzati è solo il povero Mimmo Lucano? Chi sono i personaggi che nell’ombra gli sottoponevano moduli da firmare? Certamente in buona fede, ci mancherebbe. Ma il punto è che quando ci si immette su un certo terreno la discesa diventa sempre più ripida e si è utilizzati proprio quando si ritiene di ottenere risultati attraverso la furbizia e la “tattica politica”. E se capita che il Ministro degli Interni – come adombra Gad Lerner – telefona al povero Mimmo Lucano chiedendo di sistemare un poco di immigrati, scatta immediatamente la “garanzia” di essere utili al governo e allo Stato e perciò di essere anche tollerati per qualche “strafalcione” amministrativo. Basta poco, molto poco per entrare come un topo nella trappola tesa volontariamente o meno, perché alla fine lo Stato ti presenta il conto e se non ci sono reati li costruisce, perché sei diventato di troppo, proprio come i servi, che servono finché servono, quando non servono più li si riempie di merda e buona notte.
Quando negli anni ’70 del secolo scorso alcuni militanti di estrema sinistra si posero alla testa di masse di senza tetto per occupare le case facevano leva solo sulla forza della lotta delle masse fra lo stupore della stampa italiana, anche quella di sinistra che rincorreva lo sviluppo della « proprietà indivisa », cioè la costruzione di Cooperative, un vero e proprio scempio ovunque fu applicata quella iniziativa. Dunque non ottenendo un diritto attraverso le istituzioni, ma usando l’azione delle masse, in modo diretto, teso a piegare la forza delle istituzioni subordinate al potere dell’accumulazione capitalistica. Il che cambia totalmente il modo di approcciare i diritti degli ultimi, altrimenti si finisce nella logica di Buccino: « dopo i Cosimo delle favole finiscono in galera e i clochard sono di nuovo a stomaco vuoto ».
A chiare lettere perciò diciamo che Mimmo Lucano va difeso da una mobilitazione di massa piuttosto che da un pool di avvocati, del “diritto”, perché l’intento della magistratura è colpire chi ha osato utilizzare una istituzione dello Stato per favorire l’integrazione degli immigrati. Di Mimmo perciò raccogliamo lo spirito che lo animava mentre ne critichiamo l’ingenuità teorica e politica di poter utilizzare il ruolo di sindaco per favorire l’integrazione di alcune decine di immigrati.
Agli immigrati non va offerta la possibilità della furbizia per ottenere il permesso di soggiorno perché così facendo si alimenta soltanto lo spirito individualistico che è funzionale al sistema. Gli immigrati devono decidere di agire in modo organizzato e in prima persona rischiare, perché solo in questo modo si possono ottenere dei risultati che combattono la concorrenza fra loro e lo spirito dell’arrivismo.
E’ un’altra logica, è un altro punto di vista, è un’altra teoria e un’altra politica, ma è tutt’altra cosa, perché o è comunità in movimento, o è la rincorsa dell’individualismo. Non esistono vie intermedie e meno che mai la possibilità che l’individuo idealista possa mettere le istituzioni al servizio della causa degli oppressi, perché succede sempre l’inverso: sono le istituzioni che organizzano i ruoli a cui gli individui devono ubbidire.
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La risposta della magistratura sarebbe stata la stessa?
E’ un’altra logica, è un altro punto di vista, è un’altra teoria e un’altra politica, ma è tutt’altra cosa, perché o è comunità in movimento, o è la rincorsa dell’individualismo. Non esistono vie intermedie e meno che mai la possibilità che l’individuo idealista possa mettere le istituzioni al servizio della causa degli oppressi, perché succede sempre l’inverso: sono le istituzioni che organizzano i ruoli a cui gli individui devono ubbidire.
Caro Michele,
mi hai fatto venire in mente il lavoro che intrapresi 24 anni fa ormai (come passa il tempo...) e che portai avanti per cinque anni, prima come semplice mediatore culturale, poi come responsabile di un progetto approvato dalla CdL di Milano sull'integrazione dei lavoratori di etnia cinese: quelli che per motivi linguistici, anzi tutto, ma non solo, vivevano (e vivono) appartati, senza alcuna integrazione con la realtà milanese locale.
Il che, ovviamente, è funzionale a un saggio di sfruttamento del lavoro che, quando va bene è salariato, quando va meno bene è riduzione in schiavitù. Con il consolato cinese, quello che in teoria dovrebbe difenderli, che all'epoca stava a due passi, proprio dietro Porta Garibaldi. Due isolati e iniziava Via Messina e lì, di fatto, "entravi in Cina"...
Niente, purtroppo non ho tempo di aggiungere nulla perché son messo malissimo, tra lavoro lavoro e lavoro ricerca sui sindacati sovietici. Non aggiungo nulla anche perché, nel 2016, ripresi la relazione che avevo presentato quindici anni prima, a conclusione di quell'esperienza, che naturalmente non sfociò in nulla... visto che era volontariato e tale rimase fino a quando finii il civile. Questa è la relazione, comunque:
https://www.academia.edu/27944411/Laltra_metà_del_cielo_Половина_неба_Half_the_sky_半邊天_Rapporto_sulla_comunità_cinese_di_Milano_e_sullo_sportello_di_Assistenza_ai_lavoratori_cinesi_2000_
Mi hai fatto venire in mente quei giorni, quando avevo ancora qualche capello in testa e il pensiero che mi tornava, ricorrente, specialmente dopo una giornata passata tra CdL, appuntamenti vari per colloqui di lavoro dove li accompagnavo, scuola di italiano per stranieri, eccetera, era proprio questo: alla fine lo faccio per fare del bene... punto. Perché non sto costruendo nulla, in termini di aggregazione, mobilitazione, anche semplice sindacalizzazione nel senso non tanto della tessera, quanto di cambiamento di mentalità da parte del lavoratore che prende coscienza della propria forza come collettivo. In realtà due signori cinesi erano arrivati a darmi una mano... e gratis come me, mi ricordo ancora: facevano le interviste ai loro connazionali insieme a me per metter giù un curriculum in italiano, studiavamo insieme eventuali reindirizzamenti a corsi professionali o a possibilità di lavoro tramite ortomercato eccetera. due su cinquecento...
Un caro saluto.
Paolo Selmi
E’ un’altra logica, è un altro punto di vista, è un’altra teoria e un’altra politica, ma è tutt’altra cosa, perché o è comunità in movimento, o è la rincorsa dell’individualismo. Non esistono vie intermedie e meno che mai la possibilità che l’individuo idealista possa mettere le istituzioni al servizio della causa degli oppressi, perché succede sempre l’inverso: sono le istituzioni che organizzano i ruoli a cui gli individui devono ubbidire.
Caro Michele,
mi hai fatto venire in mente il lavoro che intrapresi 24 anni fa ormai (come passa il tempo...) e che portai avanti per cinque anni, prima come semplice mediatore culturale, poi come responsabile di un progetto approvato dalla CdL di Milano sull'integrazione dei lavoratori di etnia cinese: quelli che per motivi linguistici, anzi tutto, ma non solo, vivevano (e vivono) appartati, senza alcuna integrazione con la realtà milanese locale.
Il che, ovviamente, è funzionale a un saggio di sfruttamento del lavoro che, quando va bene è salariato, quando va meno bene è riduzione in schiavitù. Con il consolato cinese, quello che in teoria dovrebbe difenderli, che all'epoca stava a due passi, proprio dietro Porta Garibaldi. Due isolati e iniziava Via Messina e lì, di fatto, "entravi in Cina"...
Niente, purtroppo non ho tempo di aggiungere nulla perché son messo malissimo, tra lavoro lavoro e lavoro ricerca sui sindacati sovietici. Non aggiungo nulla anche perché, nel 2016, ripresi la relazione che avevo presentato quindici anni prima, a conclusione di quell'esperienza, che naturalmente non sfociò in nulla... visto che era volontariato e tale rimase fino a quando finii il civile. Questa è la relazione, comunque:
https://www.academia.edu/27944411/Laltra_metà_del_cielo_Половина_неба_Half_the_sky_半邊天_Rapporto_sulla_comunità_cinese_di_Milano_e_sullo_sportello_di_Assistenza_ai_lavoratori_cinesi_2000_
Mi hai fatto venire in mente quei giorni, quando avevo ancora qualche capello in testa e il pensiero che mi tornava, ricorrente, specialmente dopo una giornata passata tra CdL, appuntamenti vari per colloqui di lavoro dove li accompagnavo, scuola di italiano per stranieri, eccetera, era proprio questo: alla fine lo faccio per fare del bene... punto. Perché non sto costruendo nulla, in termini di aggregazione, mobilitazione, anche semplice sindacalizzazione nel senso non tanto della tessera, quanto di cambiamento di mentalità da parte del lavoratore che prende coscienza della propria forza come collettivo. In realtà due signori cinesi erano arrivati a darmi una mano... e gratis come me, mi ricordo ancora: facevano le interviste ai loro connazionali insieme a me per metter giù un curriculum in italiano, studiavamo insieme eventuali reindirizzamenti a corsi professionali o a possibilità di lavoro tramite ortomercato eccetera. due su cinquecento...
Un caro saluto.
Paolo Selmi