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aldogiannuli

I terro-buonisti

Aldo Giannuli

brigate rosseNella scorsa settimana è giunto alla redazione bolognese dell’Unità un documento di 4 cartelle a firma “Nuclei di azione territoriale (Luca ed Annamaria Mantini)” che contiene una analisi della situazione e la proposta di una ripresa della lotta armata.
Il testo è certamente opera di “professionisti” e va preso sul serio, ma chi sono i veri autori e che intenzioni hanno?

Il documento è molto ripetitivo
e sembra scritto da persona di qualche cultura sociologica prossima alla sinistra alternativa (scrive “migranti” al posto di “Immigrati”), e mostra  con qualche incertezza lessicale (scrive “succube” al posto di “succubo”; Succube è il nome tardo latino di un demone in forma di donna). Non ci sono particolari pregi di originalità e si riprendono  molti argomenti della polemica degli ultimi mesi.

Si parla di una sorta di nuovo fascismo caratterizzato dal monopolio dei mezzi di informazione e dell’apparato repressivo, che rendono inefficace qualsiasi azione democratica, per cui bisogna andare al di là dell’usuale dialettica democratica. Però si dice di non voler “scimmiottare il terrorismo” o fare una lotta armata finalizzata alla presa del potere, ma ad un ricorso ad essa graduato, flessibile e reversibile.  Quel che interessa loro non è “l’attacco al cuore dello Stato, che non esiste più”, ma la lotta al Regime. Le azioni armate avrebbero solo lo scopo di incutere paura nelle classi dominanti secondo la logica del “nulla resterà impunito” (uno degli slogan delle Br).

Si dichiara di non voler dare vita
ad un partito combattente e si invita  ad azioni locali  condotte da piccoli gruppi non coordinati, ma dall’altro lato si mette l’organizzazione firmataria “a disposizione” delle lotte. Non si capisce bene quale sia l’equilibrio fra  violenza diffusa e momento centralizzato.  Ne è questa l’unica ambiguità del testo che assembla i temi classici dell’armatismo rosso (le ingiustizie sociali) ad altri del tutto nuovi per  quella cultura come il monopolio dell’informazione, la  laicità dello Stato in pericolo, la corruzione dei politici,  accennando persino ad una implicita difesa della “Costituzione nata dalla Resistenza”.

Quando mai le Br avrebbero scritto una frase del genere sulla Costituzione? Colpisce poi una frase nella quale si paventa che la riforma federalista, producendo nuove miserie e nuovi antagonismi, possa sfociare in una guerra civile. Ma qualsiasi gruppo “rivoluzionario” (o che si proclami tale) auspica una guerra civile, non la teme. Sia questo passaggio che quello sulla Costituzione sono più intonati in una delle culture politiche della sinistra democratica (per intenderci, in quella che vota Pd, Rifondazione, Idv o che si identifica con movimenti di tipo sindacale o studentesco o non violento, ecologista ecc.). E questa “contaminazione” fra la cultura armatista e le culture democratiche della sinistra si coglie anche nel linguaggio: c’è ancora un residuo dell’antica terminologia terrorista, ma compaiono anche espressioni del tutto inconsuete per essa come “poteri forti” e “Regime” più consoni a culture come quella radicale o alla Beppe Grillo.

Particolarmente poco chiaro è il termine
“Regime”, che non si sa se identificare: con l’ attuale maggioranza di centro destra o con l’intero sistema politico ( il Pd è infatti identificato come “opposizione del re” funzionale al Regime), o con lo Stato in quanto tale (ma allora la “costituzione nata dalla Resistenza” che c’entra?). In altri tempi, le Br avrebbero ricompreso tutto sotto la comune definizione di “Stato imperialista delle multinazionali”, in continuità con le teorie leniniste sullo Stato come strumento di oppressione di classe. Ma qui non è lo Stato il nemico, ma forse un suo modo di essere che collega monopolio culturale ed informativo e apparato repressivo.
Questa contraddizione aleggia anche a proposito di un altro tema: quello dell’utilità del voto. In alcune parti si parla di falsa democrazia e si dice che “la tradizionale arma della democrazia borghese  e cioè il voto è ormai priva di valore” però poco prima si è detto che  “non è solo con il voto  che si decide la questione del potere” (quindi non solo, ma anche) e all’inizio del documento si lamenta la totale esclusione della sinistra dall’attuale Parlamento (cosa che alle Br di un tempo non avrebbe potuto che far piacere).

Dunque sembra di essere in presenza
di un tentativo di innestare il tema della lotta armata sul tronco della sinistra democratica, sfruttando la diffusa frustrazione per l’inefficacia dell’opposizione. Ma i primi dubbi sorgono se si esamina il tipo di progetto. Il testo allude alle Br nel titolo (che parla di “Propaganda armata”) e in alcune locuzioni come  l’ultima frase (“Leggere,diffondere, passare all’azione”) che riprende quasi alla lettera la conclusione della seconda autointervista delle Br (gennaio 1973). Però la firma (Nuclei di azione territoriale – Luca e Annamaria Mantini) sembra riferirsi piuttosto ai Nuclei Armati Proletari (di cui i due furono esponenti ): un progetto molto dissimile da quello delle Br. Il tipo di tattica suggerita (rifiuto della “clandestinità preventiva” e l’innesto sulle lotte sociali) fa pensare ad un terzo progetto: quello di Prima Linea.

Strano frullato. Più che mai desta perplessità la finalità dichiarata che non è quella della “conquista violenta del potere” (che, invece, era il fine strategico comune a qualsiasi organizzazione terroristica) ma una indefinita “disarticolazione del Regime” rispetto alla quale il progetto di lotta armata regredirebbe perchè scelta “reversibile”.

Cosa vuol dire? Che se cade il governo Berlusconi non si fa più la lotta armata?  O che il progetto può regredire in presenza di un nuovo “patto” sociale che legittimi le lotte e liberalizzi l’informazione? Strana indeterminatezza per un progetto di questa portata.

Insomma, queste presunte “nuove Br”
sembrano una variante buonista di quelle storiche: vogliono fare la lotta armata ma non vogliono prendere il potere e, nel caso, possono anche interromperla, incitano ad organizzarsi per contrapporre alla violenza dello Stato quella degli “sfruttati” ma non vogliono la guerra civile, mettono la loro organizzazione a disposizione delle lotte ma non vogliono costituire un partito combattente. Messa così, sembrano le “Brigate Veltroni”!

E, dunque, abbiamo la netta sensazione di essere davanti ad un “prodotto di laboratorio” più attento a mescolare suggestioni diversificate che a una coerente linea politica.

E qui si aprono tre possibili spiegazioni sull’autore di questo documento:

a- qualcuno della “sinistra democratica” che cerca di spingere la sinistra ad una opposizione più efficace evocando lo spettro della lotta armata.

b- un gruppetto di reduci della lotta armata che cerca di reinserirsi e, un po’ riflettendo sulla propria esperienza, un po’ per tattica, muta linguaggio e temi per camuffare il progetto di una nuova stagione armatista

c- un servizio segreto (è da stabilire se statale o privato, italiano o straniero) che vuole spingere la sinistra (a cominciare dall’area dei centri sociali) sul terreno dello scontro armato. E questo per le finalità più diverse: dimostrare che questo è il risultato della “campagna di odio” della sinistra contro il governo Berlusconi oppure destabilizzare il paese perchè il suo corso di politica estera è sgradito.

Dunque, la cosa è da tenere d’occhio, ma tenendo aperte ipotesi diverse e non solo una.

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