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Per l'evoluzione del marxismo

di Marcello Olivieri

Introduzione alla terza edizione

bansky robotIl presente progetto di ricerca sull'aggiornamento del paradigma del materialismo storico nasce a metà degli anni '90. La prima edizione di Cybercom. Per l'evoluzione del marxismo risale al luglio 2007. Si trattava di un pamphlet a tesi piuttosto breve, grezzo e incompleto come le severe quanto preziose critiche e osservazioni dei lettori mi fecero notare. La consapevolezza delle loro ragioni mi indusse a pubblicare una seconda edizione rivista e ampliata un anno e mezzo dopo. Il risultato fu più che confortante: alle voci cybercomunismo e sociologia della creatività il motore di ricerca Google classificava il sito al primo posto su un totale rispettivamente di 10.300 e risultati al 31 luglio 2011. Posizione occupata dal gennaio 2010 fino a tutto il 2013. All'epoca, i risultati precedenti la pubblicazione del libro erano di circa 7.000 e 230.000. Segno evidente che le integrazioni avevano suscitato un crescente interesse.

Le ulteriori critiche e suggerimenti e gli eventi occorsi da allora hanno prodotto questa terza edizione, cresciuta dalle duecento pagine della prima a oltre quattrocento. L’impianto teorico originale è rimasto invariato, ma sono stati aggiunti i mancanti ampliamenti e le necessarie precisazioni, ulteriori schemi sintetici e molti dati empirici che spero contribuiscano a chiarire in modo più esaustivo le tesi.

Nel frattempo, decisi che era opportuno chiudere il sito web per riaprirlo quando sarebbe stata pronta la nuova edizione, la cui gestazione ha però richiesto molto più tempo del previsto. Alcune parti del modello teorico che ritenevo secondarie si sono invece rivelate fondamentali e di difficile gestione sia nella costruzione formale che nel reperimento dei dati empirici.

L'approccio metodologico adottato anche in questa terza edizione è quello della costruzione di uno scenario predittivo fatta utilizzando le categorie analitiche individuate da Marx nella sua complessa analisi del capitalismo. Tuttavia, l’obiettivo della ricerca non era e non è quello di un’esegesi ideologica volta a dimostrare che la versione marxiana originaria è ancora valida tal quale. Nessun paradigma scientifico resta immutato. La teoria dell’evoluzione che si insegna oggi nelle università è molto più ricca e in parte diversa dalla formulazione originaria di Darwin. Un secolo e mezzo di ritrovamenti fossili, di nuovi strumenti di datazione e di analisi chimico-fisica e di nuovi grandi talenti teorici hanno modificato in profondità la teoria e indubbiamente continueranno a farlo in futuro, anche se le principali categorie analitiche si sono rivelate ancora valide e con ogni probabilità tali resteranno.

Lungi dall’essere ciò un segno di debolezza. Semmai è vero l’esatto contrario. La vitalità di un paradigma consiste proprio negli ampliamenti, nelle nuove direzioni, nelle correzioni degli inevitabili errori iniziali. Cosa che avviene esclusivamente se il paradigma è stato costruito con assunti corretti ed euristicamente potenti. Modificazioni anche rilevanti producono un rafforzamento e non un indebolimento, a condizione che siano formalmente coerenti ed empiricamente supportate. Pertanto, ho costruito lo scenario utilizzando categorie aggiuntive e cambiamenti di quelle originarie ogni qualvolta ne ho ravvisato la necessità, sempre motivando le modifiche nel merito e con i relativi dati empirici a supporto.

La scelta metodologica era obbligata. Marx iniziò la sua attività di ricerca scientifica liberandosi subito dalla pura denuncia morale degli obbrobri della nascente formazione economico-sociale capitalista e degli elenchi delle ipotetiche soluzioni possibili. L'approccio era considerato sterile e destinato a restare un puro esercizio teorico di nessuna utilità pratica per la classe operaia industriale, i nuovi dannati della Terra che stavano rapidamente rimpiazzando gli antichi servi della gleba. Ai migliori tra coloro che lo avevano adottato, Marx tributò i dovuti riconoscimenti per la generosa scelta di campo e le acute osservazioni, ma ne stigmatizzò da subito l'inefficacia pratica bollandolo come “socialismo utopista”, destinato a rimanere sospeso nell'etereo cielo delle buone intenzioni e a lasciare immutata la realtà.

La passione politica e le sincere intenzioni sono necessarie per motivare uno scienziato sociale e Marx non difettava certo né dell’una né delle altre. Il suo acume però gli fece tosto comprendere che la pura denuncia dell’esistente non avrebbe fornito criteri-guida per l’azione politica e sindacale. Al presente, la letteratura di denuncia degli aspetti negativi e dei possibili rimedi della globalizzazione e del capitalismo finanziario è sterminata e di grande qualità. I problemi insorgono sulla linea che separa il presente dal futuro. Proclamare che per avere la pace bisogna che il mondo imiti quanto fatto dal Costarica e cioè possedere soltanto un corpo di polizia civile e abolire le forze armate militari non richiede capacità teoriche superiori, così come l’individuare nel movimento pacifista l’attore sociale che potrebbe esportare il modello. Ma come farlo? Come convincere i signori della guerra di ogni latitudine e il complesso militare-industriale mondiale, con il suo inestricabile groviglio di corruzione e violenza?

Una patrimoniale una tantum globale dell’1,5% eliminerebbe l’analfabetismo e le morti evitabili per fame, sete e malattie curabili. La cifra desta impressione per la sua modestia. Il milionario da 100 milioni se ne ritroverebbe comunque 98,5. I suoi mezzi di sostentamento non ne risentirebbero di certo, ma chi e come può introdurre una tassazione del genere? Come farla diventare esigibile a livello mondiale? Purtroppo, il difficile viene sempre quando si passa alle istruzioni per l’uso.

L’analisi sociologica basata sugli esempi positivi e negativi è utile nella fase di scouting della ricerca. Diventa inutile se non si va oltre. L’approccio “esemplare” adottato dalle religioni non ha impedito le guerre di religione. Individuare modelli socioeconomici e culturali senza indicare la loro evoluzione più probabile basandosi su chiare relazioni causali finisce col produrre catechismo morale destinato al nulla.

Quando Marx iniziò la sua ricerca scientifica sul capitalismo la città più industrializzata del mondo era Manchester con appena il 9% di operai, mentre circa l’80% della forza-lavoro sgobbava nell’agricoltura tradizionale; eppure intuì da subito quali sarebbero state le tendenze centrali e quali effetti avrebbero prodotto in pochi decenni. All’intuizione seguì la consapevolezza dell’imprescindibilità dell’adozione dello stesso metodo di indagine che le scienze naturali esplose nell'Ottocento utilizzavano nei confronti dei fenomeni naturali. Ipotesi teoriche e verifiche empiriche erano gli strumenti da usare per rendere miglior servizio alle masse sfruttate che si ammassavano negli opifici. I nuovi attori sociali che già emergevano sotto forma di sindacati, partiti politici, associazioni di mutuo soccorso e cooperative dovevano basare l'attività di proselitismo e di rivendicazioni disponendo di un’inattaccabile teoria che avesse tutti i crismi della scientificità, tanto da poterla opporre alle mistificazioni ideologiche travestite da scienza degli scienziati sociali e intellettuali al servizio dei capitalisti. Il “socialismo scientifico” era la reale e più efficace arma su cui costruire le piattaforme da negoziare con il nemico di classe. La disponibilità di inoppugnabili dimostrazioni dei meccanismi di sfruttamento e delle relative tendenze di sviluppo avrebbe reso possibile anticiparne gli effetti e quanto meno mitigarne la perniciosità.

La lezione metodologica marxiana mantiene intatta la sua validità ed è tuttora l'origine profonda dei migliori contributi delle scienze sociali. Persino uno dei più severi critici del materialismo storico, l'epistemologo liberale Popper, ne ha riconosciuto lo status scientifico, perché rispettoso del criterio empirico di falsificabilità. La critica è consistita nel valutare teoricamente errato il materialismo storico, perché il risultato osservabile era controintuitivo rispetto alle aspettative. In U.R.S.S., in Cina e nei Paesi satelliti invece della dittatura del proletariato era sorta una mostruosa dittatura sul proletariato, per dirla con Touraine. Verità inoppugnabile, ma da accogliere con riserva. Come vedremo nel prosieguo, dopo la morte di Marx il materialismo storico si divise in due filoni teorici, quello riformista e quello rivoluzionario. Le critiche di Popper sono valide per il secondo e non valide per il primo. Al contrario, il socialismo democratico è stata la principale leva politica che ha consentito al Primo Mondo di arrivare dov’è ora.

La scelta metodologica dello scenario previsionale ovviamente non è ideologicamente neutrale. Se da un lato fa correre i maggiori rischi di smentita esponendo lo scienziato sociale al pubblico ludibrio, dall'altro offre le maggiori opportunità di verifica della correttezza della teoria. La verifica delle ipotesi teoriche nelle scienze naturali si basa sullo stesso principio. Un’ipotesi diventa teoria verificata solo se è in grado di predire una classe di eventi in modo deterministico o probabilistico, a seconda della natura dell’oggetto della ricerca. I dati empirici prodotti in laboratorio o raccolti nell'ambiente esterno devono essere il criterio primario di accertamento dell'attendibilità delle asserzioni e devono essere di pubblico dominio per consentire il controllo della loro correttezza di merito e di metodo da parte della comunità disciplinare di riferimento.

Nella sociologia sono davvero pochi quelli che finora si sono avventurati nell'incerto territorio del futuro. Tra questi alcuni hanno centrato in pieno l'obiettivo con scenari verificati ex-post corretti e giustamente diventati dei classici. Alain Touraine e Daniel Bell per primi hanno formalizzato il passaggio dalla società industriale alla società postindustriale alle fine degli anni Sessanta. Circa un decennio prima di Alvin Toffler che ne ha ulteriormente dettagliato le specificità e almeno vent'anni prima che i partiti e sindacati della sinistra storica capissero che così era. Ancora Touraine intuì che i movimenti sociali avrebbero avuto un ruolo politico crescente erodendo potere negoziale ai partiti e sindacati storici. Immanuel Todd ha previsto con sorprendente acutezza e precisione nel 1976 cause e modalità dell'implosione dell'URSS. André Gorz ha anticipato oltre quarant’anni fa gli effetti sull'occupazione delle nuove tecnologie robotiche e informatiche. Zygmunt Baumann utilizzando la metafora della liquidità ha intravisto all’inizio del millennio la tematica dell'aumento dell'instabilità relazionale a tutti i livelli della società. Il filosofo e sociologo Jurgen Habermas ha colto nel segno preannunciando fin dalla fine degli anni Sessanta l'aumento di potere politico degli attori sociali che privilegiavano l'agire comunicativo rispetto all'agire strumentale e la conseguente espansione della democrazia nel mondo. Ronald Inglehart anticipò il sorpasso dei valori postmaterialisti su quelli materialisti nel 1977.

Altri scenari sono in attesa di verifica. Immanuel Wallerstein prevede che verso la metà del secolo il capitalismo finirà la benzina della globalizzazione. Non ci saranno ulteriori mercati su cui espandersi. La scomparsa del mercato acquisitivo e la permanenza del solo mercato sostitutivo non consentirà volumi di vendita corrispondenti alla capacità produttiva. Il processo di accumulazione basato sull'investimento produttivo del capitale si fermerà. Si imporrà l'esigenza di nuove forme di organizzazione economica e sociale.

Alvin Toffler prevede l'accentuazione del passaggio dalla dimensione organizzativa macro a quella micro dovuto all'andamento esponenziale della crescita della conoscenza e di un conseguente powershift dalle grandi organizzazioni a quelle piccole sia statali che private. Inoltre, la gran parte della produzione di merci e servizi oggi appannaggio di aziende e pubbliche amministrazioni, domani passerà direttamente nelle mani dei prosumer, coloro che producono per l’autoconsumo.

Il politologo liberale Samuel Hungington paventa e auspica che si riesca a evitare lo scontro di civiltà, in particolare tra quella occidentale e quelle islamica e cinese. L'esito di una convivenza pacifica tra diverse culture dipenderà in buona misura dall'abbandono di politiche aggressive unilaterali da parte degli USA e da maggiori aperture sociali interne dei Paesi islamici e della Cina.

L'altro celebre politologo liberale Francis Fukuyama ha tradito il fronte neoconservatore e vaticina non più la fine, ma il futuro della storia con un definitivo ritorno alla socialdemocrazia basata su politiche economiche neokeynesiane.

Baumann ha presentito l’inevitabilità del passaggio dallo Stato sociale al Pianeta sociale. Unica modalità di recuperare il potere decisionale sottratto alle nazioni dal capitalismo finanziario. Il concetto implica forme progressive di governance transnazionale che porteranno all’esito finale di un governo mondiale democratico.

Sulla stessa linea d’onda si colloca l’analisi di Edgar Morin. Le tendenze attuali condurranno all’estinzione la specie umana se non saranno invertite. Potenti forze biopsichiche individuali e collettive incominciano a manifestarsi in controtendenza. L’esito della lotta è altamente incerto e non prevedibile, ma la fiducia che il biopotere prevarrà sul necropotere è ben riposta.

Il socioeconomista Jeremy Rifkin preannuncia l'avvento della civiltà dell'empatia con la nascita di un’antropologia culturale transnazionale rispettosa al contempo delle diverse identità culturali. Emergerà una ecocoscienza planetaria che invertirà l'attuale corso autodistruttivo del genere umano. L'economia futura sarà quella del costo marginale zero grazie alla quale il capitalismo finanziario sarà finalmente sottomesso e quello produttivo occuperà una nicchia molto limitata.

Richard Florida è stato il primo sociologo a identificare quella creativa come una vera e propria classe sociale. Gli scenari tratteggiati finora hanno ricevuto puntuali conferme dai suoi report annuali sulla crescita e diffusione mondiale di scienziati, tecnici, artisti, artigiani, imprenditori, umanisti e innovatori di ogni specie. Altra fondamentale conferma finora registrata è quella della creatività come nuovo fattore produttivo centrale che incomincia a sostituire il capitale. Uno scenario altamente sofisticato arriva ancora una volta da Alain Touraine che si conferma il sociologo contemporaneo più acuto in lungimiranza e più capace di innovazione teorica. Che il suo teorizzare si basi sulla versione progressiva e riformista e non discontinua e rivoluzionaria del paradigma del materialismo storico è affatto causale. La società postsociale da lui anticipata è la frontiera più avanzata della teoria sociologica attuale, perché come vedremo più avanti contiene esatte dinamiche sovrastrutturali che unite ai trend strutturali del modo di produzione configurano un'elevata probabilità della sostituzione del capitalismo con una formazione economico-sociale superiore. I risultati raggiunti dai sociologi elencati li hanno meritatamente inseriti nella storia della sociologia e ciò è strettamente dipeso dall'approccio previsionale adottato e dalle puntuali verifiche empiriche arrivate nei decenni successivi.

Marx nelle sue opere principali ha descritto accuratamente le cause del declino del capitalismo, ma non ha formalizzato alcuna previsione temporale. Soltanto in una lettera si è sbilanciato nel fare una stima a spanne, prevedendo che l'avvento del comunismo avrebbe richiesto almeno 150 anni, collocandosi all'inizio del XXI secolo. Ordunque, sbagliando non di molto se lo scenario qui presentato e collocato alla metà del secolo dovesse rivelarsi corretto. Nessuna superficialità teorica o trascuratezza metodologica può essergli imputata. I limiti previsionali del materialismo storico delle origini coincidono con i limiti della tecnologia e della cultura antropologica di quel periodo. Nella metà del XIX secolo, a nessuno poteva sfiorare l'idea che due secoli occorsi, robot e computer insieme a una panoplia di altre automazioni avrebbero sostituito contadini, operai e impiegati. Né che la tematica dei diritti culturali si sarebbe imposta investendo come uno tsunami le pratiche abominevoli del neoliberismo. Marx fu un genio, non un indovino.

Inoltre, la sociologia emetteva i primi vagiti tanto da essere ancora definita filosofia sociale. Le metodologie e le tecniche di ricerca erano grezze. I rapporti statistici erano rari e la stessa scienza statistica non disponeva della conoscenza matematica che ha adesso. Uno studente contemporaneo di sociologia dispone dell’internet a banda larga. La mia generazione di aspiranti sociologi a metà degli anni Ottanta sapeva per sentito dire dell'esistenza di una rete informatica basata su una tecnologia militare americana di cui però potevano fruire solo alcuni attentamente selezionati istituti universitari di ricerca e non era certo l'internet del World Wibe Web, ma solo quella dell'e-mail e delle prime banche dati digitali. L'internet attuale dovemmo sognarla per oltre dieci anni dopo aver letto Neuromante di William Gibson, capostipite della fantascienza cyberpunk. La sociologia previsionale ha formalizzato metodi e tecniche attendibili. Uno dei più efficaci consiste nell’uso di un modello causale da applicare prima al passato per spiegare la fenomenologia storica dell’oggetto della ricerca per poi delineare uno scenario previsionale sulle maggiori probabilità di evoluzione. Non è questa la sede, ma valutando gli scenari pubblicati in passato e aventi il presente come orizzonte temporale massimo, ci sono stati certamente scenari smentiti, ma nel complesso il risultato è da considerarsi molto positivo. La ragione dell’alto grado di prevedibilità e di attendibilità della previsione sociologica è che questa si basa su costanti della vita umana a variabilità lenta come la demografia, la distribuzione della ricchezza, il tempo di lavoro e il tempo libero, l’istruzione, la sanità, le libertà politiche e i diritti civili, l’urbanesimo, la giustizia, la difesa e così di seguito. I cambiamenti delle suddette variabili sono incrementali e producono discontinuità soltanto dopo diversi decenni di accumulazione. Il tutto osservato oramai da decenni con un monitoraggio costante e accurato da una pletora di istituti statistici statali e privati, così come da prestigiosi centri di ricerca e università. La rilevanza politica assunta dalle scienze sociali almeno dal dopoguerra ha inoltre prodotto un range di punti vista che copre l’intero ventaglio ideologico, il che consente le necessarie comparazioni di dati e di interpretazioni per avere un’affidabile base empirica su cui applicare il modello scelto.

Il metodo che finora si è rivelato ex-post più efficace consiste nel selezionare come oggetto di ricerca centrale le rivendicazioni dei gruppi sociali svantaggiati, per poi ipotizzare quella che il sociologo Daniel Bell ha definito “legge di Tocqueville”: in una società fondata sul principio dell’uguaglianza quello che i pochi hanno oggi i molti lo chiederanno domani. La sociologia non a caso è nata nell’Ottocento in concomitanza con l’emergenza di due nuove classi sociali: i capitalisti che avevano molto e gli operai industriali che avevano poco. Da allora, l’analisi del conflitto sociale centrale si è sempre rivelata il metodo euristico più efficace per capire il passato, decifrare il presente e ipotizzare il futuro. Individuato l’oggetto della ricerca, si può tener conto dei fattori che lo influenzano come la politica, l’andamento dell’economia e le ideologie e dei vincoli che i suddetti fattori hanno, come la disponibilità economica o le stesse ideologie e gli interessi contrapposti. La legittimazione culturale delle rivendicazioni, ciò che le rende lecite ed esprimibili, è il punto di partenza per osservare e misurare la loro diffusione. La previsione sociologica riduce la difficoltà di anticipare il cambiamento sociale e consente di tratteggiare linee- guida per i decisori siano essi governi, partiti, sindacati, aziende, chiese, movimenti sociali1.

Permane l’impossibilità di predire singoli eventi di grande impatto e rilevanza per la loro totale casualità, ma questi avvengono sempre e comunque all’interno di contesti a evoluzione causale, in quanto tali prevedibili. Nessun analista esperto di terrorismo islamico ha predetto l’attentato alle Twins Towers, tutti ne avevano previsto un forte aumento in seguito all’implosione dell’URSS, elencando con precisione le variabili e le dinamiche che si sarebbero attivate. La previsione di scenario serve ai decisori per predisporre misure reattive o proattive nei confronti degli eventi inattesi, qualora lo si voglia. Al contrario, è sufficiente non intervenire sulle tendenze e lasciare che facciano il loro corso se questo risponde agli interessi e alle ideologie di chi gestisce il potere.

L’allargamento dell’orizzonte temporale dell’analisi all’intera storia umana costituisce il maggiore merito metodologico di Marx. Il risultato è stata la scoperta della formazione economico-sociale come categoria analitica fondamentale da utilizzare per la sociologia previsionale. Il modello dialettico utilizzato da Marx per capire le condizioni di ascesa di una nuova formazione economico-sociale mantiene intatta la sua validità euristica: la forma assunta dalla tesi nella sua provenienza storica provoca una forma dell’antitesi della stessa intensità, ma di segno contrario. Il conflitto tra i due poli genera la sintesi coincidente con la realtà del presente, la quale ha sempre un lato posto sulla frontiera futura.

Gli scenari possono essere di molti tipi. Monodisciplinari come quelli economici o militari. Limitati geograficamente oppure a tipologie sociali specifiche o a specifici settori produttivi oppure possono concernere la diffusione di specifiche tecnologie. La formazione economico-sociale è invece una categoria analitica basilare per la previsione di discontinuità macrosistemiche, quelle che provocano il passaggio da un tipo di società a un altro completamente nuovo. Finora, ce ne sono state soltanto due. La prima con il passaggio dalla società preistorica a quella agricola; la seconda con il passaggio alla società capitalista industriale. Marx teorizzò un terzo passaggio alla società comunista, limitandosi a mostrarne la necessità pratica e l’ineluttabilità storica. Non potè andare oltre a causa dei limiti della tecnologia ottocentesca. Dopo oltre un secolo e mezzo di sviluppo scientifico e tecnologico, esistono finalmente bastanti condizioni pratiche e conoscenze teoriche per sviluppare l’ipotesi marxiana e formalizzare uno scenario empirico altamente probabile nonché falsificabile, in rispettosa memoria delle condizioni giustamente reclamate da Popper acciocché una teoria sia scientifica. La dimostrazione tentata in questo studio è che il paradigma originario del materialismo storico si basa su categorie analitiche scientificamente ancora del tutto valide pur con i limitati, ma necessari aggiornamenti che le conoscenze prodotte da allora consentono. Tanto da permettere finalmente di formalizzare uno scenario previsionale sui tempi, i luoghi, gli attori sociali e le modalità dell'ascesa della formazione economico- sociale postcapitalista.

A beneficio del lettore non avvezzo all'uso delle metodologie e tecniche della ricerca sociale riassumo con breve sintesi quella adottata. I livelli di analisi della sociologia sono quattro: 

  • Il livello descrittivo riguarda la fenomenologia dell’oggetto della ricerca così come è osservabile. La descrizione sarà tanto più accurata e completa quanto più si disporrà di dati statistici e serie storiche, di studi pregressi, di documentazione storica, di analisi qualitative, di interviste e biografie e non da ultimo di opere artistiche come romanzi e film. L’analisi non è mai semplice e sempre complessa, perché non è mai possibile tener conto di tutte le variabili al contempo. Per questo la sociologia generale delle origini si è suddivisa in un numero crescente di sociologie specialistiche (sociologia del lavoro, del diritto, economica, dell’organizzazione, della famiglia, urbana, rurale, industriale e così di seguito). La difficoltà maggiore consiste nel saper selezionare le variabili significative. Il risultato finale sarà un modello descrittivo che avrà individuato le variabili indipendenti e causali, le variabili intervenienti che si frappongono e che possono sensibilmente modificare la realtà e infine le variabili dipendenti che mutano al variare delle precedenti.

  • Il livello esplicativo segue quello descrittivo dando conto del perché accadono i fenomeni osservati. Il passaggio più delicato consiste nell’individuare con precisione le relazioni tra le variabili e le reciproche influenze. Si tratta sempre di un’operazione di difficoltà alta, specialmente nel caso di oggetti di grandi dimensioni, perché al crescere del numero di variabili le relazioni crescono in modo più che proporzionale. Nel caso l’oggetto della ricerca sia una formazione economico-sociale si raggiunge il livello massimo di complessità, perché si tratta dell’oggetto sociologico di dimensioni maggiori. Il modello esplicativo che ne deriva consiste nella formalizzazione del sistema di variabili selezionate e delle relative relazioni causali.

  • Il livello predittivo consiste nell’individuare le tendenze in atto cercando di capire se e come evolveranno e quali risultati produrranno entro un orizzonte temporale definito. Qui si entra nel territorio della costruzione degli scenari futuri, i quali se ben costruiti riescono a prevedere con buona approssimazione cosa accadrà alle variabili selezionate.

  • Il livello operativo consente l’utilizzo pratico degli scenari. Uno scenario con elevato grado di probabilità è uno strumento di estrema potenza per gli attori sociali che decidono di adottarlo per definire tattiche e strategie. Si potranno definire linee di azione proattive in sintonia con le tendenze se ritenute auspicabili oppure difensive se valutate dannose. A questo livello subentra la questione dei costi sostenibili e dei benefici attesi. La voce costo non va mai intesa soltanto economicamente, ma anche psicologicamente, esistenzialmente e finanche fisicamente. I militari sono tra i maggiori utilizzatori di scenari non potendo combattere battaglie reali, ma solo simulate. I costi sostenibili concernono sempre anche il numero di perdite umane accettabili. Nel settore civile, i dirigenti di un partito, di un sindacato o di un’azienda dovranno decidere anche il livello di stress sostenibile da essi stessi e dalle risorse umane mobilitate per conseguire gli obiettivi definiti.

Il diagramma seguente rappresenta graficamente i quattro livelli dell’analisi sociologica aventi come oggetto la società nel suo complesso. La freccia lunga che ricongiunge la modificazione della realtà al modello descrittivo è di particolare rilevanza, perché sta a significare che il processo di conoscenza è ricorsivo e permanente, specialmente nei tempi presenti caratterizzati da elevata velocità di cambiamento:

diagramma cybercom

Una precisazione importante da fare è che i livelli sono scalarmente obbligati. Si può arrivare al quarto solo si è passati per i tre precedenti; al terzo per i due precedenti, al secondo per il primo. Non è possibile saltarne nessuno, perché non si disporrebbe delle conoscenze necessarie per passare al successivo. Affermazione ovvia all’apparenza, ma che i decisori specialmente politici e sindacali non di rado, anzi troppo spesso dimenticano.

In particolare, poiché ritengono sufficienti le buone intenzioni sono i politici e i sindacalisti di sinistra quelli più adusi a saltare a piè pari i primi tre livelli passando direttamente al quarto e combinando regolari disastri. La più grande lezione di Marx è che l’essere dalla parte moralmente giusta a difesa dei deboli e degli oppressi non esime anzi obbliga alla conoscenza scientifica della realtà. Attività da svolgersi senza dogmi ideologici, né superficialità operativa. Ogni formalizzazione teorica deve basarsi su precise relazioni di causa ed effetto enunciate con esplicite formalizzazioni logiche. Le variabili indipendenti, intervenienti e dipendenti con le relative retroazioni devono essere dichiarate e definite concettualmente. Gli scenari costruiti devono contenere asserzioni fattuali formalizzate sia quantitativamente sia qualitativamente. Le fenomenologie previste possono sì oscillare, ma all'interno di un intervallo di valori definiti e mai eccessivamente ampi, perché troppo elevato sarebbe il margine di incertezza.

La variabile temporale è obbligatoria. Non interessa a nessuno sapere che è certo che prima o poi si troverà la cura definitiva per una malattia. Interessa a tutti sapere se accadrà entro tre o trent'anni. In egual modo, poco importa affermare che “il capitalismo ha i secoli contati”, battuta autoironica dei Sessantottini sconfitti e investiti dall'onda del “riflusso” degli anni Ottanta. Importa invece capire quanti sono i secoli in questione con bastante approssimazione e se invero di secoli si tratta oppure di decenni. Occorrerà contare fino a uno o fino a dieci? La questione è tutt’altro che teorica, perché ogni secolo o decennio in più provocherà milioni di morti premature per fame, sete, malattie curabili e guerre.

L’atteggiamento mentale scientifico è necessario a maggior ragione, come già detto, perché neanche questa condizione garantisce il successo. Ci si muove pur sempre nel regno delle probabilità e non delle certezze. Di sicuro però diminuisce di molto il rischio di commettere gravi errori. Al contrario e purtroppo, i capitalisti e i politici a loro asserviti spendono fior di quattrini nella produzione di scenari accurati, tenuti riservati e usati con spietata abilità a loro beneficio e quindi contro il resto dell’umanità.

Il riferimento al paradigma del materialismo storico da cui attingere le categorie analitiche da convertire in variabili empiriche per la costruzione di scenari scientifici è anche la modalità più efficace per evitare scivoloni metafisici, di cui Marx viene assurdamente incolpato visto che in tutta la sua opera c’è un’esplicita e rigorosa attenzione all’empiria. Il dichiarato capovolgimento della dialettica hegeliana rimessa con i piedi a terra significa esattamente questo, così come l’aver evitato accuratamente di descrivere l’organizzazione concreta della futura società comunista. Marx era consapevole che si trattava di un futuro da lui molto lontano. L'espressione ricorrente utilizzata nei suoi studi “leggi della Storia” anziché “filosofia della Storia” è affatto causale. Oggi quelle leggi sono le leggi scoperte da allora da tutte le scienze sociali e insegnate in tutte le università.

Il passaggio dal capitalismo al comunismo è “un movimento storico reale” e non un ideale a cui conformarsi secondo i dettami del socialismo utopistico. La lanciata seconda accusa di essere una teoria metafisica è in evidente contraddizione con la prima accusa della teoria scientifica completamente errata fatta da Popper. Delle due l’una: o Marx è caduto nella trappola della metafisica imbastendo una filosofia della Storia inverificabile oppure la sua è una teoria scientifica, quandanche errata o incompleta, e dunque antimetafisica. L’assurdità delle critiche aumenta se si tiene in debito conto la cronologia tematica delle sue ricerche maggiori, iniziate con i Manoscritti economico-filosofici del 1844 e finite con Il Capitale nel 1867 e si faccia la dovuta attenzione ai titoli scelti, sempre meno filosofici.

Il filosofo della politica Norberto Bobbio2 ha dato un prezioso suggerimento metodologico consistente nello scindere la filosofia marxiana dall’economia, dalla politica, dalla sociologia e via di seguito per ogni disciplina congruente che certamente può attingere minerali preziosi da cotanto filone. Rimane però il dato di fatto che Marx è stato più politico (fondazione della Prima Internazionale e i pamphlet divulgativi) che filosofo (quasi tutte le prime opere), più psicologo che politico (teoria dell’alienazione e teoria dei bisogni), più antropologo culturale che psicologo (teoria delle condizioni materiali dell’esistenza e delle visioni del mondo), più economista (teoria del plusvalore e teoria della nascita del capitalismo) che antropologo e infine più sociologo (teoria della formazione economico-sociale) che economista.

La migliore letteratura marxista successiva si è regolarmente fermata al livello dell'analisi descrittiva ed esplicativa, tranne le pochissime eccezioni di cui sopra. Di certo, nessuno ha mai raccolto la sfida di ipotizzare le condizioni tecnologiche, economiche, sociali, culturali e politiche e il collegato orizzonte temporale affinché una nuova formazione sostituisca quella capitalista e di costruire un modello formalizzato da cui ricavare uno scenario previsionale empirico. Ciò appare tanto più sorprendente se si tiene conto che la cosiddetta futurologia oramai è una disciplina consolidata, con potenti strumenti previsionali e sterminate banche dati da cui attingere. Nella bibliografia e sitografia alla voce Scenari, il lettore troverà materiali sufficienti per trascorrere un bel po’ di tempo a studiarli. Materiali che aumentano di anno in anno oramai, a causa della forte accelerazione del cambiamento sociale. I report prodotti dalle agenzie delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali non governative, dall'Eurostat, dai centri studi del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della McKinsey, della C.I.A., del N.C.I. e via di seguito erano scarsi, riservati e cambiavano di poco fino alla scomparsa dell'URSS. Da allora è diventato obbligatorio per lo scienziato sociale visionarne l'ultima edizione e sbrigarsi a pubblicare quello che deve prima della pubblicazione della successiva.

La globalizzazione ha fatto cambiare il passo al mondo dal tranquillo trotto a un crescente galoppo. In meno di un decennio dalla seconda edizione di questo libro si sono verificati la truffa dei derivati del 2008 e la crisi economica conseguente, l'inversione politica dai neoconservatori ai democratici e la recente rimonta dei primi negli USA, il golpe bianco in Brasile, la Primavera Araba, l'estensione dei conflitti medio-orientali alla Siria, la crescita del terrorismo islamico, la radicalizzazione politica europea verso destra e sinistra e l'aggravarsi della crisi dei partiti socialdemocratici storici. Nessuna novità invece riguardo il perdurare delle politiche economiche neoliberiste nell'Unione Europea e nel Primo Mondo con i devastanti effetti sull'occupazione, il perpetuarsi del processo di accumulazione della ricchezza verso l'alta borghesia e il conseguente impoverimento della classe media e della classe operaia. La riduzione della distanza economica tra Paesi ricchi e poveri che coinvolge oltre un terzo dell'umanità è continuata, così come le correlate devastazioni ambientali. Il seppur breve e incompleto elenco delle principali dinamiche geopolitiche accadute è comunque impressionante a riprova dell'accelerazione del corso della Storia.

Sul fronte parallelo dell'evoluzione del modo di produzione capitalista, l'ultimo decennio ha inondato il mercato di innovazioni tecnologiche e organizzative che hanno prodotto un sensibile aumento della produttività e della qualità dei beni e servizi. In particolare, ai fini del presente studio sono di particolare rilevanza le innovazioni relative all'automazione e i loro effetti sull'occupazione e su quella che il sociologo Florida ha definito “l'ascesa della classe creativa”.

Il giudizio sintetico che mi sento di dare e che tenterò di dimostrare anche in questa terza edizione è che l'aggiornamento del modello teorico di Marx proposto nella prima edizione ha retto bene alla prova dei fatti. All'inizio del XXI secolo, il capitalismo più becero domina incontrastato sui cinque continenti, ma il conflitto sociale si sta gonfiando alimentato da una spaventosa e crescente disoccupazione, in particolare dei giovani, e dall'impoverimento della classe media. Di sicuro nei prossimi cinque-dieci anni aumenterà ancora con esiti che lasciano presagire un radicale spostamento verso forme di capitalismo più attente a distribuzioni della ricchezza meno sperequate e probabilmente nei prossimi tre decenni si osserverà l’irresistibile ascesa di una nuova formazione economico-sociale postcapitalista.


Note
1 Bell D. (a cura di), Prospettive del 21° secolo , Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1969, pp. 431-432, p. 489. Si tratta di un classico della sociologia previsionale con un orizzonte temporale delimitato all’anno 2000 e quindi con previsioni verificabili; gran parte delle quali si sono rivelate corrette, inclusa la riduzione dell’orario di lavoro, le regressioni nazionaliste e religiose integraliste, l’espandersi dei movimenti culturali ambientalista, femminista, pacifista, anticolonialista e delle minoranze sessuali ed etniche, la diminuzione delle guerre e della criminalità, la riduzione strategica della diffusione e del ruolo del movimento comunista-leninista mondiale e il non scoppio di guerre termonucleari globali o limitate. Inoltre, fu previsto che sempre più problemi si sarebbero dovuti risolvere a livello politico il che avrebbe comportato un forte aumento del conflitto sociale.
2 Bobbio N., Né con Marx né contro Marx , Editori Riuniti, Roma, 1997

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