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Lo sfondo teologico-politico: Gaza è il rimosso che torna in superficie

di Davide Sabatino

IMG 1897.jpeg“Tutti gli schemi della politica sono anticipati dalla teologia”. Questa frase particolarmente intelligente l’ha pronunciata qualche tempo fa, udite udite, Pier Luigi Bersani in una trasmissione TV su La7. Quando si dice che anche l’orologio rotto due volte al giorno segna l’ora esatta. Infatti, come dargli torto? Anzi, c’è da stupirsi che ogni tanto nei talk show televisivi si riescano a formulare frasi “eretiche” come queste. Ovviamente il conduttore (in questo caso Floris) si è guardato bene dal cercare un approfondimento sul punto “teologico-politico” (l’unico che sarebbe stato opportuno indagare). Infatti, è facile dire che esiste una connessione fra “mondo religioso” e “mondo politico”; difficile è, invece, riconoscere quali siano gli effettivi rapporti vigenti fra questi due mondi, che solo apparentemente risultano distanti e contrapposti.

Nel libro Cristo in Politica: per un’allegra rivoluzione, pubblicato quest’anno con le Edizioni Paoline, ci siamo interrogati a fondo sulla qualità del tempo apocalittico che stiamo vivendo. In questo testo abbiamo sottolineato l’urgenza di ritrovare una chiave di lettura filosofico-politica che sia all’altezza delle sfide antropologiche attuali. D’altronde, se è vero che l’Unione Europea si trova umiliata quotidianamente dalla Russia e dagli Stati Uniti, come spesso ribadisce Alessandro Orsini nei suoi interventi pubblici; se è vero che il genocidio che si sta compiendo ormai da più di due anni in Palestina non sarà affatto un caso isolato ma, come denuncia Francesca Albanese nel suo rapporto alle Nazioni Unite, è destinato a diventare il solo e unico modo che questo Sistema criminale della guerra ha per gestire le masse; se — in ultimo — è vero, come vediamo ogni giorno, che né il diritto internazionale né l’Onu riescono ad arginare le follie disumane del governo israeliano, che non solo bombarda a suo piacimento gli altri Stati vicini, sfruttando le faglie economiche e morali interne al governo Trump, ma arriva perfino a sparare contro i civili affamati in cerca di cibo nelle zone preposte agli aiuti umanitari, come denunciato dall’inchiesta di Haaretz; se tutto questo è vero, ed è purtroppo vero, allora studiare scientificamente ed economicamente le cause di un imbarbarimento politico-antropologico così evidente può essere utile ma di sicuro non sufficiente.

L’elemento teologico-spirituale dev’essere riportato in primo piano nel dibattito culturale, in quanto non esiste nessuna azione politica che non sia sostenuta da un’implicita, magari inconscia, visione “metafisica” dell’Essere e della Storia. Questo fatto, che è sotto gli occhi di tutti, andrebbe osservato non tanto con la freddezza dell’analista scientifico, ma con un’attenzione creativa che coinvolga tanto l’intelletto quanto lo “spirito” dell’essere umano — per citare il vecchio Hegel.

Servirebbe un’analisi geopolitica e culturale che tenga conto della crisi spirituale che sta attraversando l’Occidente (Abendland), ovvero della lacerazione profonda di un certo tipo di soggettività-morale-occidentale, saccente, colonialista e predatoria, derivante da una perversa interpretazione del messaggio giudaico-cristiano-evangelico, oggi in caduta libera verso il baratro definitivo. Questa Unione Europea del “grande riarmo”, del Green Deal e dell’economia del debito, in tal senso, è un’espressione di questo declino etico-spirituale. Se non riusciremo ad analizzare il carattere teologico-politico insito nelle scelte catastrofiche dell’attuale politica europea, finiremo per sbagliare bersaglio almeno in due sensi: o credendo che la nostra salvezza possa arrivare dall’esterno (per esempio grazie all’emersione economica dei BRICS) o provando a rinforzare il carattere storico-contrappositivo di quell’inconscia volontà di potenza occidentale, calcolante ed elitaria, che è — di fatto — la causa prima del nostro muoverci nei confronti del mondo in modo predatorio, bellico e colonizzante.

Una situazione geopolitica e culturale così complessa può essere compresa a fondo solamente da coloro che compiono uno sforzo in più rispetto all’analisi dei rapporti di forza militari ed economici. Il collasso verticale di quell’impalcatura di senso primario che, in estrema sintesi, possiamo chiamare visione antropologica cristiana, non è un elemento secondario del ragionamento strategico-politico. Né può essere considerato ininfluente di fronte allo strapotere dei mezzi tecnologici e finanziari di cui disponiamo oggi. Come sappiamo, a livello strutturale, tutto è “cristiano” in Occidente: dalla Giustizia alla Sanità, dalla Cultura alla Costituzione. Perciò, se c’è uno sconvolgimento della visione teologico-messianica del mondo — processo che è in corso perlomeno da cinquecento anni a questa parte — questo fatto non può che avere ripercussioni drastiche sul nostro modo di leggere la storia e i rapporti umani con le diverse civiltà che popolano il pianeta. Se in alcune zone del mondo il fanatismo religioso sta diventando la risposta immediata, di chiusura e di paura nei confronti di un progresso tecnologico spesso deumanizzante, da noi l’abbandono del campo teologico riflessivo lascia spazio all’ignoranza dei media di regime che formano la cultura della disinformazione alienante. In pratica, da una parte ci si rifugia nella metafisica dogmatica per fuggire la liquidità dell’iper-moderno, dall’altra si finisce per affidarsi ciecamente a qualunque cosa ci venga detto dagli “esperti” stipendiati dal Sistema dominante.

Nel 1979 il filosofo italiano Ernesto Balducci scriveva: “L’intenzione che ha modellato dall’interno la ragione moderna è quella del dominio sulla natura e sulla storia, un dominio che ha come sua regola la riduzione dell’Altro — si tratti dell’ambiente fisico, si tratti della società, si tratti del mondo istintivo — a puro oggetto, scomponibile e ricomponibile attraverso analisi e sintesi quantitative”. Questa forma mentis riduzionista e meccanicista ha certamente prodotto anche molti sviluppi tecnologici in vari campi del sapere umano, ma arrivati a questo punto della storia antropologica ci stiamo accorgendo, direi anche amaramente, di come questa “ragione moderna” abbia — in realtà — “ridotto l’universo a un deserto di cose e ha detratto dall’uomo tutto ciò che non appariva funzionale all’incremento del dominio”. Tale perversione della ragione universale in ragione calcolante (direbbe Heidegger) ha prodotto, paradossalmente, l’esatto contrario, ovvero un eccesso di irrazionalità omicida o, se volete, un surplus di ignoranza anti-umana. Da questo punto di vista, le guerre attuali sono nient’altro che il frutto marcio di questa mentalità estrattiva-contrappositiva, che ha fatto del dominio tecno-economico il suo idolo sacrificale.

Analizzare i motivi profondi di questa deriva del pensiero occidentale ci aiuta a uscire dal guado culturale in cui sguazziamo da troppi anni. Ciò che spesso dimentichiamo è proprio quanto la visione antropologica cristiana (visto che siamo in Occidente), che ha posto al centro del suo pensiero teologico la Caritas, la Fraternitas, l’Aequalitas e la Gratia (tutte formule che, guarda caso, seppur dialettizzate e secolarizzate, sono state riprese dalla Modernità e dalle grandi rivoluzioni politiche degli ultimi secoli), abbia in realtà caratterizzato il fondamento di tutta la politica moderna: da Hobbes a Robespierre, da Hegel a Gramsci. Approfondire questo livello spirituale della crisi politica contemporanea non significa astrarsi dalla “realtà”, ma, al contrario, vuol dire calarsi dentro le profondità delle vicende storiche e geopolitiche che, altrimenti, a una lettura superficiale della storia risultano essere quasi dei fenomeni perlopiù incomprensibili, casuali e separati l’uno dall’altro.

Noi ci troviamo imprigionati nella palude delle menzogne della propaganda di regime proprio perché non c’è quasi nessuno che faccia questo lavoro di scandaglio delle fondamenta spirituali dell’Occidente. Tutto si riduce alla lamentela piccolo-borghese che dice: “Non ci sono più valori”. Ma quello che ancora non è chiaro è che questa specifica crisi non è più “morale” — come già aveva intuito Nietzsche — ma è, ribadisco, spirituale. E, perciò, radicalmente più seria rispetto alla svalutazione dei cosiddetti “valori”. Nell’ultimo mio libro, edito da Mariù, ho chiamato questo lavoro di scandaglio dell’abisso di questa crisi dell’Occidente “processo poetico rivoluzionario”. Sono infatti convinto che quando i lineamenti poetici, simbolici, artistici, religiosi che formano il carattere di un’epoca subiscono una trasformazione così radicale, come quella in corso oggi, è allora che nasce l’urgenza, e insieme la possibilità storica, di compiere una rivoluzione politica e spirituale inedita.

Una visione politica che, nel 2025, non si faccia coscientemente tramite di uno sfondo trascendente (completamente laico, e quindi liberato dalla distorsione di quel condizionamento scientifico-religioso di cui parlava Balducci) è una politica robotica, algoritmica, dataista che, per forza di cose, sarà ridotta sempre di più alla mera amministrazione neocapitalistica dell’esistente. Il bivio antropologico post-moderno è questo: o l’oggettificazione assoluta dell’essere umano o la rinascita spirituale di una nuova coscienza teologico-politica.

L’immanentismo economicista (neoliberista) teme di scomparire solamente di fronte all’idea di un senso spirituale dell’esistenza, di una trascendenza politico-sociale che superi l’immagine dell’Homo consumens; e cioè di fronte a un’idea che nasca integralmente da uno sguardo teologico-politico tanto della politica in senso stretto quanto dell’economia intesa come gestione equilibrata della casa comune. In tal senso, nel suo libro Teologia Politica e Diritto, il direttore Geminello Preterossi si domanda se sia: «[…] davvero possibile prescindere da una qualche forma di teologia politica (laica), di visione generale sul senso della coesistenza umana […] se c’è bisogno di alimentare un’energia politica adeguata a mobilitare masse frammentate e disperse sui territori […] al fine di spostare realmente rapporti di forza incrostati e pesantemente asimmetrici, frutto di decenni di egemonia neoliberista e globalista?». Ovviamente la risposta è no, non è possibile fare a meno di questo “orientamento”. A meno che non si voglia assumere l’ordine neoliberista come questa particolare “visione generale della coesistenza umana”. E non è proprio quello che sta accadendo? Non siamo oggi guidati da una politica che ha come suo fine la disumanizzazione dei rapporti sociali, l’accrescimento smisurato del proprio patrimonio individuale, l’accumulo di risorse (materiali e immateriali) con il solo obiettivo di potenziare lo strumento di controllo sia delle “cose” fisiche sia delle coscienze umane?

Dove si finge che non ci sia una visione teologico-politica a guidare il mondo, non sopravviene il vuoto, il caos o l’indifferenza, ma, al contrario, si afferma proprio un’altra forma di teologia politica, che potremmo definire semplicemente satanica e perversa. Noi siamo dentro questa logica dell’inganno. La tragedia di Gaza, i morti in Ucraina, i cadaveri del Mediterraneo, le minacce atomiche e l’orrore delle distopie transumaniste sono lo specchio di questo satanismo politico. Prima inizieremo a parlare in termini poetici e spirituali di ciò che si sta consumando perlomeno dentro il perimetro occidentale, prima riusciremo a uscire da questo inferno criminale che ormai non ha più maschere né nascondigli.


Note
1 M. Guzzi et alii, Cristo in politica. Per un’allegra rivoluzione, Paoline, Milano, 2025

2 F. Albanese, Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, PaperFirst, Roma, 2025

3 https://www.haaretz.com/israel-news/2025-06-27/ty-article-magazine/.premium/idf-soldiers-ordered-to-shoot-deliberately-at-unarmed-gazans-waiting-for-humanitarian-aid/00000197-ad8e-de01-a39f-ffbe33780000


4 E. Balducci, Religiosi e Laici di fronte all’Apocalisse, Ed. dell’Apocalisse, Milano, 1979 p. 23

5 D. Sabatino, Il poetico rivoluzionario, Mariù, Roma, 2024

6 Z. Bauman, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Il Margine (Trento), 2021

7 G. Preterossi, Teologia politica e diritto, Laterza, Bari-Roma, 2022 p. 180
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Comments

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Monica Ferrando
Monday, 25 August 2025 09:51
Il primo passo per "uscire da questo inferno criminale" dovrebbe essere, però, quello di interrogarsi seriamente sul significato profondo della 'teologia politica', cioé sull'Occidente cristiano. Questo senza dimenticare, per esempio, le riflessioni che Karl Löwith ha dedicato alla 'teologia della storia' di Hegel, cioè alla traduzione moderna e illuminista di un paradigma irrinunciabile, quello che ha plasmato l'Occidente trionfatore grazie alle sue tecniche tecnologiche estrattive (tanto, indifferentemente, della natura inanimata che di quella animata, puntando alla sua disanimazione). Senza dimenticare l'irriducibile nocciolo di questa teologia politica, quello dell'Elezione ,che, di matrice non cristiana, diventerà, ancorché negato e superato - magia propulsiva della negazione - il suo irrinunciabile propellente.
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