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L'ex premier Hariri ucciso dai sauditi?

di mazzetta

libano 1La settimana scorsa è stato pubblicato il rapporto della commissione investigativa internazionale sull’attentato all’ex-premier libanese Rafik Hariri. Il capo della commissione Brammertz ha presentato i primi risultati dell’inchiesta, ma questi non sono piaciuti in Occidente e quindi non se ne è parlato per niente. Il rapporto, incensato da tutte le cancellerie occidentali per l’accuratezza ed il rigore, punta il dito sui jihadisti provenienti dall’Arabia Saudita. Il rapporto in realtà evita di indicare esplicitamente il reame, ma le perifrasi usate per indicare l’attentatore (“proviene da un paese dal clima più secco di Libano e Siria”, “è stato diversi anni in un contesto rurale”, che poi sarebbe l’Afghanistan) e altri riferimenti sparsi nel rapporto non lasciano dubbio alcuno. Una riservatezza che copre anche l’identità di altre cinque o sei persone, individuate attraverso l’analisi dei tabulati dei cellulari, delle quali non è stato reso noto alcun dettaglio; il che spinge a credere che non si tratti di siriani e neppure di Hezbollah. A questo punto, per quel si è scoperto fino ad oggi , non ci sono responsabilità della Siria nell’attentato.

Ci sono invece responsabilità indirette (relativamente) americane e saudite, visto che da tempo gli USA sembrano aver scelto di armare l’estremismo sunnita in funzione anti-sciita. La strategia è la stessa, fallimentare, usata contro i sovietici ai tempi dell’Afghanistan e sembra funzionare, almeno dal punto di vista degli americani.

E’ bene ricordare che in seguito all’omicidio di Hariri la Siria fu costretta a lasciare il Libano, aprendo la strada al successivo intervento israeliano in chiave anti-Hezbollah (sciiti) che ha demolito mezzo Libano e al successivo fallito golpe di Fatah in Palestina. La strategia è stata decisa, secondo una dettagliata inchiesta di Seymour Hersh pubblicata ormai mesi addietro, da Dick Cheney, Elliot Abrahams e dal Principe saudita Bandar Bin Sultan, ex ambasciatore saudita a Washington e ora responsabile della sicurezza del regno.

Il Libano si è trovato così a dover fare i conti con una presenza armata jihadista e sunnita all’interno dei propri confini, una presenza sgradita con la quale l’attuale governo sembra volere la resa dei conti, come testimonia la battaglia nel campo di Naher al-Bared , ove alcune decine di jihadisti avrebbero stabilito il quartier generale di Fatah al-Islam. Secondo gli stessi giornali sauditi, nel campo libanese ci sarebbero circa trecento estremisti provenienti dall’Arabia Saudita, alcuni di questi sarebbero stati uccisi nei recenti combattimenti con l’esercito regolare libanese.

Una dinamica simile è in atto da molto tempo anche in Iraq, gli stessi comandi americani ammettono che i combattenti stranieri in Iraq sono molto pochi, ma che il 50% degli attentatori suicidi è di origine saudita. E gli stessi comandi ammettono che la più recente strategia americana prevede l’avvicinamento dei gruppi sanniti ed il loro sostegno in chiave anti-sciita. Lo stesso accade in Palestina, con Israele che rilascia ed arma i “terroristi” legati ad Abu Mazen perché possano combattere Hamas. In verità non occorreva l’acume di Hersh per giungere alla considerazione che la violenza settaria in medioriente è nutrita e stimolata dagli americani.

Bastava rileggere il manuale di contro-insorgenza americano e notare il ruolo ricoperto da John Dimitri Negroponte nell’amministrazione Bush e nella gestione dell’invasione irachena; quello che accade oggi in medioriente non è altro che la riproposizione della sanguinosa strategia con la quale gli Stati Uniti hanno dominato il Sudamerica per decenni: armare estremisti e criminali perché combattano i non-allineati ai voleri statunitensi. Per inciso la stessa strategia è praticata in Somalia (governo-fantoccio sostenuto dagli USA per mezzo dell’Etiopia), in Sudan e Darfur (gruppi armati antigovernativi sostenuti da Francia e USA per mezzo del Ciad), ma anche in Iran e Siria, dove però non riesce ad attecchire stante la forza dei governi locali..

Il rapporto Brammertz non ha avuto echi per questo preciso motivo, lo stesso per il quale non si parla delle guerre e delle crisi umanitarie in Somalia, Ciad, Repubblica Centrafricana. Quando capita che notizie o fatti smentiscano la narrazione che sostiene le guerre dell’Occidente, si può stare sicuri che si scatenerà la corsa al silenzio e all’omissione. Una dinamica più che provata, anche in questi giorni i soliti esegeti di guerra continuano ad accusare la Siria dell’omicidio Hariri e a tacere sui numerosi bagni di sangue che il Negroponte-style sta provocando in giro per il pianeta. In Italia c’è addirittura chi fa manifestazioni contro “la persecuzione dei cristiani in medioriente”. Un altro bell’esempio di civiltà da difendere e da esportare.

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