Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

linterferenza 

Come la “sinistra” ha sposato la logica e i fondamenti del sistema capitalista

di Armando Ermini

Questa che pubblichiamo di seguito è la relazione di Armando Ermini al convegno svoltosi lo scorso 15 marzo a Roma promosso da L’interferenza dal titolo “Una lettura alternativa della questione di genere. Per una critica di classe del femminismo”

indietro popolo2.jpgIn questo mio intervento cercherò di mostrare come l’abbandono da parte della, fra virgolette, sinistra, di ogni critica del capitalismo dal punto di vista delle classi sociali e l’assunzione esplicita degli argomenti del femminismo contro gli uomini in quanto tali, e dunque lo spostamento del nucleo argomentativo dalle questioni sociali a quelle della dialettica fra i due, sottolineo due, sessi, nonché la sistematica svalutazione sul piano teorico e pratico, di tutto ciò che tradizionalmente erano attributi e funzioni paterne, coincidano con la piena accettazione dello spirito del Capitalismo, col suo “begriff” o dirsivoglia “concetto”, idea fondante, scopo supremo.

Credo basti ripercorrere brevemente la storia del capitalismo per rendersi conto dei cambiamenti, talvolta eclatanti, che lo hanno attraversato, ma senza che quei cambiamenti intaccassero minimamente il suo nucleo fondante che è nient’altro che la propria “Riproduzione Allargata”, alla quale tutto il resto viene subordinato, piegato ed anche, perché no, utilizzato quando serva allo scopo.

Occorre con ciò riconoscere che il capitalismo è un sistema estremamente duttile. Non avendo principi suoi propri di ordine filosofico e/o religioso a cui attenersi con coerenza, non avendo una propria etica o se si preferisce morale, esso può, di volta in volta e sempre e solo secondo convenienza, assumere le vesti e predicare le idee più contraddittorie. Patriarcale o matriarcale, maschilista o femminista, borghese o antiborghese e così via.

Sono convinto che se non si afferra questa verità si correrà sempre il rischio che la critica al capitalismo sia in perenne ritardo, riguardi le fasi che il capitalismo stesso ha superato sbarazzandosi di tutto ciò che nel tempo è divenuto non più funzionale, e quindi non centri mai il suo nucleo fondante.

Credo che Luc Boltanski e Ève Chiapello.[1] in Le nouvel ésprit du capitalisme, abbiano ragione quando suddividono la storia del capitalismo in tre fasi principali. Ogni stadio, affermano i due autori riprendendo una espressione classica della sociologia, è segnato da un corrispondente «spirito del capitalismo». Con questa locuzione i due sociologi intendono avanzare una ipotesi intrigante: il capitalismo sarebbe un sistema a “sovrastruttura variabile”, che si accompagna cioè nella storia a diverse forme di legittimazione ideologica.

Ciascuna fase, tuttavia, si contraddistingue anche per una particolare critica anticapitalistica sprigionatasi in reazione alle asimmetrie politico-economiche del sistema.[2] Nella loro prospettiva le critiche rappresentano per il capitalismo il principale motore del cambiamento normativo e dello sviluppo, perchè esercitano una funzione di stimolazione in un sistema dinamico come quello capitalistico. In un certo qual modo le critiche sono la causa efficiente in grado di sollecitare la trasformazione dello spirito del capitalismo permettendogli così di riconfigurarsi mobilitando risorse ed energie rinnovate. Misurarsi con l’ostacolo della critica – che gli consente di sviluppare anticorpi – finisce per rivelarsi un’attività tonificante per il regime capitalistico.

Nel corso del suo sviluppo storico il sistema capitalistico necessita di un ethos, deve munirsi di una giustificazione morale dotata di coerenza per integrare al proprio interno gli individui. Ciascuna fase, tuttavia, si contraddistingue anche per una particolare critica anticapitalistica sprigionatasi in reazione alle asimmetrie politico-economiche del sistema.[3]

Sta di fatto che nella ricerca di nuove fonti di accumulazione il capitalismo dà vita a nuove sintesi attraverso le quali giunge ad appropriarsi del patrimonio di valori in nome del quale era stato criticato nella precedente fase storica, testimonianza del suo polimorfismo e della grande capacità di adattamento.

 

Le tre fasi del Capitalismo

Tornando a Boltanski e Chiapello, dicevo appunto che individuano tre fasi dello sviluppo capitalistico, dotata ciascuna di un proprio “Spirito”.

 

Il primo spirito del capitalismo

Questa prima fase capitalistica, si conclude nei primi decenni del Novecento. Il primo spirito del capitalismo, consacrato dal celebre studio di Max Weber, si incentra sulla figura patriarcale del borghese imprenditore. È ispirato da un concetto di vocazione (Beruf) radicato nell’etica del lavoro e del risparmio. Le esigenze di disciplinamento della borghesia richiedono, in questo stadio capitalistico, virtù improntate a uno spirito di sacrificio (ascetismo, parsimonia, moderazione e temperanza, trattenimento dei desideri) che in questo senso appaiono perlomeno “compatibili” con la morale naturale e religiosa. Prende così forma la fase che Augusto Del Noce ha denominato del «cristianesimo borghese», e che in Italia ha avuto in Benedetto Croce il suo pontifex maximus.[4] Si trattava, nondimeno, di un’alleanza non priva di ambiguità, come testimonia l’aspra polemica di Charles Péguy contro la riduzione del cristianesimo a «religione dei borghesi».[5]

 

Critica sociale e nascita del secondo spirito del capitalismo

Il primo spirito del capitalismo finisce però per suscitare la “critica sociale” di ispirazione sia socialista che marxista. La critica sociale si scaglia contro l’egoismo particolaristico dei ceti borghesi denunciando al contempo lo sfruttamento e la miseria crescenti delle classi popolari.

Il secondo spirito del capitalismo, che conosce la sua fase di pieno sviluppo nel periodo compreso tra il 1930 e il 1960, recepisce le istanze di giustizia sociale e sicurezza avanzate dalla critica sociale.

Nella sua esplorazione in cerca di nuove opportunità di guadagno il capitalismo va incontro a una trasformazione: ora l’accento cade più sull’organizzazione collettiva (la grande impresa centralizzata, razionalizzata e burocratizzata) che sull’imprenditore individuale. Questo secondo modello capitalistico si caratterizza per la razionalità tecnicistico-amministrativa e per la produzione di massa fortemente standardizzata. Acquista importanza la figura del direttore aziendale mosso dalla volontà di perseguire la crescita illimitata dell’impresa.

Nel secondo dopoguerra il capitalismo si modula ulteriormente per adattarsi al compromesso con le richieste provenienti dal movimento socialista e dal mondo operaio. Prende così forma il sistema di garanzie del welfare dove anche all’impresa è richiesto di collaborare con lo Stato nello sviluppo di un sistema protettivo della vita quotidiana dei lavoratori.

 

Critica artistica e crisi del secondo spirito

Questo modello entra in crisi negli anni Sessanta e Settanta scontrandosi con l’individualismo della cosìdetta “critica artistica”, sostengono Boltanski e Chiapello. La critica artistica , fra i precursori della quale cito, siamo ancora nel XIX secolo, Charles Baudelaire, ricusa la subordinazione dell’individuo al collettivo. I temi tipici della critica artistica traggono linfa dalla retorica romantica dell’unicità e dell’autocreazione. A questa si associa una vocazione demistificatrice che spinge ad additare la volontà di dominio celata con ipocrisia dietro il velo della morale borghese. Dell’invettiva si fanno portavoce gli intellettuali “critici”, le avanguardie letterarie e artistiche, in particolare il surrealismo. In stato d’accusa cade l’indole capitalistica alla spersonalizzazione. Sotto lo scacco della critica si trovano perciò l’anonimato, la massificazione e l’inautenticità indotti dal modo di produzione capitalistico.

Con questa seconda forma di critica l’accento della denuncia si sposta. La critica artistica, una manifestazione del rigetto nei confronti della dispersione collettivistica, si concentra sulla conculcazione dell’autonomia individuale, insiste sulla limitazione delle libertà dei singoli, spossessati della propria creatività per essere sottomessi al giogo delle forze impersonali del mercato.

Nella fase finale del secondo stadio – assumendo il 1968 come data emblematica – comincia a consumarsi il divorzio tra spirito religioso e spirito borghese. È ormai propizio il tempo per l’avvento del terzo spirito del capitalismo. Assumono visibilità le prime vestigia di un sistema economico imperniato sull’incremento dei consumi, dove decade la necessità di disciplinare e contenere il desiderio.[6] Il terreno è maturo per la “rottamazione” delle virtù tradizionali. È una metamorfosi descritta con particolare efficacia dalla sintesi di Rodolfo Quadrelli: «Mentre il capitalismo primitivo, fondato sull’ascesi razionalizzata dei vizi spirituali, non poteva permettere lo scatenamento degli istinti sessuali, il nuovo capitalismo, largamente spersonalizzato, può permetterlo; o addirittura, nella sua più recente versione, può raccomandarlo, inteso com’è a liberarsi dalla famiglia e dal risparmio, entrambi potenti remore ai consumi».[7] Si giunge così al terzo stadio o terzo spirito del capitalismo, la mercificazione dell’individualismo.

 

Il terzo spirito del capitalismo: la mercificazione dell’individualismo

Il terzo spirito del capitalismo ingloba e metabolizza le pulsioni libertarie, le spinte trasgressive, antitradizionali e antireligiose del ’68-pensiero; amalgama al proprio interno, neutralizzandole, la critica sociale e quella artistica. Il capitalismo si rivela capace di estrema duttilità riuscendo a utilizzare la spinta delle due critiche come forza propulsiva. E’ così che lo spirito del capitalismo penetra in settori precedentemente estranei al grande circuito commerciale (turismo, attività culturali, servizi, tempo libero, cura del corpo, sessualità eccetera) e nella diversificazione dei prodotti, ora sempre più personalizzati. Una volta rielaborate, anche le istanze di autenticità e autonomia individuale vengono mercificate e subordinate alla logica del profitto.[8]

Può essere preso ad esempio di questa nuova fase il gruppo Benetton, che fa della mercificazione e della trasgressione individualistica i propri simboli. Fin dagli anni Sessanta, infatti, il marchio «tendeva all’anticonformismo (fotomontaggi di Jimi Hendrix, Andy Warhol con addosso la nuova linea Jean’s West, una Laura Antonelli seminuda e un Salvador Dalì che attacca un manifesto in favore dell’aborto)».[9]

Mutano dunque anche i valori della nuova borghesia, ora insofferente a divieti e vincoli morali (va da sé che sarebbe indispensabile, ma non c’è il tempo materiale, discutere su come le tradizionali classi sociali si riconfigurano, al loro interno e nei rapporti con le altre).

Credo sia importante sottolineare e tenere bene in mente il fatto che tanto la morale operaia quanto quella comunista (diciamo meglio dei partiti e movimenti politici che si dichiaravano tali e avevano come riferimenti politico/ideologici l’Unione Sovietica o la Cina di Mao ) erano, fino ad allora, inconciliabili con l’individualismo e il libertarismo elitario degli intellettuali o sedicenti tali. Tanto meno erano propense alla trasgressione sessuale. Piaccia o meno, erano vicini, in fatto di etica o morale, più alla tradizione religiosa che ai nuovi valori o disvalori fatti propri dalla nuova borghesia “libertaria”. Lo erano perché, in certo senso, potevano essere definiti come una sorta di “religione” laica al cui centro c’era la necessità di coesione sociale, e avevano capito che tale coesione si poteva ottenere solo con un richiamo di natura, fra virgolette, “religiosa”, ossia ancorata a una concezione non individualistica dell’esistenza. Non fu per caso che nientemeno lo stesso Stalin, durante la seconda guerra mondiale, per tenere unito il popolo russo di fronte all’invasione nazista, fini per utilizzare proprio la fede religiosa ortodossa.

Io sono convinto che, se vogliamo uscire dall’impasse originata dall’uso di categorie politico/ideologiche come destra e sinistra che negli anni hanno mutato di senso, dobbiamo, per così dire, resettarci e iniziare a vedere gli accadimenti del mondo moderno con altri occhi. Porto ad esempio quello che scrisse il filosofo marxista, e padre di quella corrente politico/ideologica che fu definita “operaismo”, Mario Tronti, nel suo libro “Dello spirito libero”. Tronti individua una analogia significativa fra le rivoluzioni conservatrici e quelle operaie (l’Ottobre sovietico). Entrambe, sostiene, hanno svolto una funzione di Katechon, di freno al dilagare della modernizzazione politica, istituzionale, sociale, tecnologica, ossia, scrive, All’invasione del Moderno da parte dei barbarici spiriti animali del capitalismo e non perché la Rivoluzione conservatrice e quella operaia fossero in sé antimoderne, ma perché, pur senza riuscirci, tentarono …di mantenere nell’atto di rottura con il passato il rapporto con la tradizione. La tradizione – scrive- non è il passato, ma è quello che del passato resta nelle nostre mani irriducibile al presente. Prima di proseguire, credo sia necessaria una digressione.

 

Cenno sul ‘68 e sulle sue Illusioni Catarchiche e Rivoluzionarie

Criticando, e spesso anche a ragione, la società di allora, volevamo cambiarla nel profondo ma senza una vera capacità di sostituire i suoi fondamenti con altri davvero solidi. Il 68 ebbe più anime: una dogmatica (i gruppi marxisti leninisti a cui appartenevo anche io), una più, diciamo così, libertaria. Se per i primi il rischio era quello di una sclerosi che si limitava a ripetere alcune rassicuranti giaculatorie senza capire il senso in cui andava la società, per i secondi, meno dogmatici, il rischio era quello di non capire che il libertarismo, la libertà individuale di essere come ciascuno desiderava essere, combaciava alla perfezione con il nuovo spirito del capitalismo a cui non servivano più gli antichi ancoraggi, divenuti ormai antifunzionali, e di cui liberarsi al più presto. La lotta contro il Patriarcato, la famiglia, le promozione entusiasta del femminismo, si sono rivelate nel tempo tutte idee in sintonia col nuovo capitalismo, antiborghese certo, ma non per questo meno capitalistico. Valga come esempio la parabola di pensiero della mente indubbiamente più brillante di LOTTA CONTINUA, Adriano Sofri, divenuto nel tempo un acceso sostenitore dell’attuale ordine occidental-capitalistico. Mi fermo qui, perché non è oggetto di questo intervento l’analisi di Lotta Continua, ossia se la sua evoluzione negli anni fino al suo scioglimento, fosse già in “nuce” nei suoi presupposti e se, come ritengo personalmente, esistessero già quei “germi” che, sapientemente alimentati e usati, ne determinarono infine, l’autoscioglimento nel 1976.

Sta di fatto che, con ciò condividendo il pensiero di un marxista eretico quale fu Costanzo Preve[10], possiamo constatare che il capitalismo è diventato transnazionale in economia e progressista, ossia assoluta­mente relativista, edonista e individualista, sul piano culturale. Nel suo movimento alla ricerca continua di nuove occasioni di auto valorizzazione, il capitale ha saturato ogni spazio della vita umana, finora rimasto estraneo al meccanismo del valore. La vita stessa, dal concepimento alla morte, è stata mercificata, come sostenne Preve, ma come si può leggere anche in tanta letteratura cattolica. È accaduto quindi che quelle istanze che lo limitavano, anche il sistema di valori del cristianesimo e della vecchia borghesia che pure gli erano funzionali in una sua fase, divenissero un ostacolo al suo pieno dispiegarsi.

Abolire l’ordine borghese esistente, fu dunque una parola d’ordine e insieme una speranza che infiammò gli animi dei giovani di quegli anni. Tuttavia era una pretesa illusoria, in nome della quale i movimenti libertari non fecero che fornire alla nuova società dei consumi tutti gli alibi culturali di cui essa aveva bisogno. Così scriveva anche Christopher Lasch, una delle menti più libere e geniali della sociologia americana:

“Sono i fatti a rendere ormai inadeguate le critiche di tipo libertario alla società moderna […]. Sono ancora molti i “radicali” che continuano a dirigere la loro indignata protesta contro la famiglia autoritaria, la morale sessuale repressiva, la censura in campo letterario, l’etica del lavoro e altre istituzioni fondamentali […] che in realtà sono state indebolite o abbattute dallo stesso capitalismo avanzato. Costoro non si rendono conto che la “personalità autoritaria” non rappresenta più il prototipo dell’uomo economico. L’uomo economico è stato a sua volta sostituito dall’uomo psicologico dei giorni nostri – il prodotto finale dell’individualismo borghese.[11]

Sopra queste rovine si sarebbe edificata l’attuale società permissiva dominata dal paradigma della “liquidità” dei valori e dei rapporti interpersonali. La “liquidazione” di ogni identità personale avrebbe condotto a un mondo contrassegnato dalla perfetta intercambiabilità degli individui. Si apriva così la strada alla “funzionalizzazione” degli esseri umani, determinati cioè solo dalla funzione assolta.[12]

Credo che se all’epoca fosse difficile accorgersi di ciò che stava accadendo, oggi ci sono tutti gli elementi per afferrare il senso di quei fenomeni. Rimpiangere quel tempo, non volerlo riconsiderare alla luce di ciò che realmente è accaduto non per rinnegare alcunché ma per cercarne il senso autentico, significa incapacità a mettersi in discussione, ma soprattutto essere funzionali al camaleontico capitalismo e alle sue trasformazioni.

E del resto, l’evoluzione in senso “libertario” del capitalismo era già stata genialmente anticipata da un certo Karl Marx, che ne “La miseria della filosofia” ebbe a scrivere:

“Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore”.

Credo, e termino questa parte sul 68, che a esso e alla sua epoca, ben si attaglino le parole di Augusto Del Noce, per il quale il ‘68 fu una “rivoluzione intraborghese”, che in definitiva contribui al rinforzo e alla modernizzazione del capitalismo piuttosto che al suo superamento.

 

Femminismo e Capitale

Ho finora cercato di evidenziare la grande capacità del capitalismo di reinglobare, e addirittura utilizzare per il proprio sviluppo, i movimenti che a vario titolo avanzavano istanze, almeno nelle intenzioni, a esso estranee quando non direttamente contrastanti. Fra di essi è da annoverare il femminismo, sia quello dell’uguaglianza, sia quello della differenza, come ho cercato di fare su Il Covile

Poiché non c’è tempo per gli approfondimenti che pure sarebbero necessari, mi limiterò ad alcune osservazioni, diciamo così, lapidarie, rimandando chi fosse interessato al mio articolo citato sopra.

Parto allora dalla constatazione che, per esplicita ammissione di importanti esponenti femministe quali Muraro e Dominijanni, stiamo vivendo in epoca Post-patriarcale (su cosa sia stato davvero il Patriarcato scrivo sul mio libro “La questione maschile oggi”, reperibile anche in rete su Il Covile). Contemporaneamente, però, il nostro tempo è anche quello in cui a) il sistema capitalistico, sia pure con differenze interne, è esteso a livello planetario, b) la figura paterna e il suo simbolismo sono, per così dire, evaporati. c) l’influenza politica e culturale del femminismo è crescente. Ciò significa semplicemente, come già detto e senza timore di smentite, che il capitalismo è un sistema estremamente duttile, riuscendo a piegare al (e utilizzare per il) suo scopo supremo e unico, la propria riproduzione allargata, tutte le istanze che almeno in teoria volevano contrastarlo.

Il femminismo può essere suddiviso, con varianti interne, nei due grandi filoni del “femminismo dell’uguaglianza” e del “femminismo della differenza”.

Entrambi i femminismi sono accomunati dalla convinzione che le donne sono sempre state oppresse, e si propongono lo scopo di renderle libere, quantunque la libertà possa essere declinata in modi diversi; a) libertà di costruirsi un proprio progetto di vita (ma in tal caso ci sono gli stessi limiti materiali degli uomini), b) sganciamento da ogni determinazione naturale del corpo, c) agire in positivo per le donne ma anche in negativo contro gli uomini artefici dell’oppressione, d) assegnarsi una missione liberatrice universale di cui potrebbero godere anche gli uomini.

Entrambi i femminismi spostano l’attenzione dalle contraddizioni sociali e di classe a quella fra i sessi, e mentre le prime rimangono sullo sfondo, emerge come contraddizione principale quella maschio/femmina. E dunque la ricca borghese con tanto di servitù alle proprie dipendenze viene da questo punto di vista accomunata alla donna proletaria o sottoproletaria: un modo palese per deviare l’attenzione dalle questioni sociali e un perfetto assist per il sistema capitalistico, che si gioverà a piene mani di questo spostamento.

 

Femminismo dell’uguaglianza

a sua volta suddivisibile nei filoni liberal/individualista e “di classe di ispirazione marxista”.

Entrambi rifiutano il legame fra psiche e corpo e considerano le identità femminili e maschili come costruzioni sociali. Si parla perciò di “generi” piuttosto che di “sessi”. Le concezioni del filone liberal (nato negli Usa) sono state fatte proprie dall’ONU, dall’UE e dalle relative ONG, che si adoperano affinché diventino la base educativa dei programmi scolastici. I suoi legami coi governi occidentali, con le Organizzazioni Internazionali e con le grandi aziende multinazionali sono bene documentate, come scrive Alessandra Nucci ne “La donna a una dimensione, Femminismo Antagonista ed egemonia culturale” (Marietti 1820, 2006). Per la Nucci, questo femminismo è stato elaborato a tavolino da un’élite intellettuale, e non si propone di conoscere e favorire la volontà femminile, bensì di influenzarla e incanalarla per scopi alle volte contrari all’interesse delle donne, con lo scopo, leggiamo nell’abstract del libro, di promuovere una società pianificabile, fatta di una moltitudine atomizzata di persone poco interessate ad appartenersi l’una all’altra… . L’assunto fondamentale di tale concezione è che maschi e femmine avrebbero gusti, passioni, inclinazioni e predisposizioni identiche, che solo la cultura patriarcale e sessista non farebbe emergere. In coerenza con tale concezione, non solo ci si disinteressa delle differenze di censo e di classe, ma viene osteggiato ogni provvedimento teso a proteggere le donne, compresa la tutela alla maternità, considerati residui patriarcali e paternalisti. Coerentemente si lotta contro ogni differenza ovunque si manifesti e si punta, anche mediante “discriminazioni positive” a promuovere ovunque la piena parità maschi/femmine. Inutile osservare, sarcasticamente, che non risultano rivendicazioni femminili per quote rosa in miniera o in altoforno o in prima linea. Il punto è che, dice ancora la Nucci, che si vuole riscrivere completamente la storia come Oppressione Maschile verso le donne, assumendo con ciò (è ancora la Nucci che scrive) il controllo dell’etica, ovvero della possibilità di stabilire ciò che è giusto… . E’ esattamente ciò che l’amico Rino Della Vecchia chiama “La Grande Narrazione Femminista”, ove non conta la verità dei fatti, la logica o il principio di non contraddizione, ma solo quello di Utilità.

Logico allora che il “femminismo di classe” o “di sinistra” muova alcune obiezioni, fino a far scrivere a Nancy Fraser (sul Guardian, nel 2013) che la critica del sessismo è diventata una giustificazione a nuove forme di disuguaglianza e sfruttamento, e che il femminismo è diventato “ancella del capitalismo”, o meglio del nuovo capitalismo “disorganizzato, globalista e neoliberista”, e ciò perché criticando il salario familiare in nome dell’emancipazione e del diritto al lavoro, ha finito per legittimare il capitalismo flessibile, criticando il paternalismo dello Stato Sociale ha favorito l’abbandono da parte dei governi dei programmi tesi a combattere le povertà.

Mi fermo qui per ragioni di spazio, andando ora vedere qualcosa circa il…

 

Femminismo della Differenza

Anche di questo femminismo esistono più versioni. Una, dozzinale e inconsistente sul piano teorico e pratico che legge la differenza nel senso di gerarchia etica e morale e anche di capacità razionale, ossia di intelligenza, fino a dire non solo che le donne sarebbero per loro natura predisposte alla non violenza, alla pace, alla cooperazione anziché alla guerra, all’accoglienza invece che all’esclusione, ma anche che il loro cervello funzionerebbe meglio, sarebbero cioè complessivamente più intelligenti degli uomini (fra parentesi, lo scrive anche il prof. Veronesi). Ne discende che un mondo governato dalle donne sarebbe un nuovo Eden, ma soprattutto da queste concezioni emerge un inedito razzismo di genere, che imprime agli uomini uno stigma inemendabile. Idee che grazie a una incessante opera di propaganda mediatica e culturale (si veda Il Covile n. 357 un mio articolo dal titolo I maschi, l’ultima porta, a sinistra), sono penetrate in larga parte dell’universo femminile ma anche in quello maschile, come sottolinea ancora Alessandra Nucci, allo scopo di disgregare ogni spirito di solidarietà fra i due sessi. Esiste però anche un femminismo della differenza che possiede dignità culturale e da prendere in considerazione. Ne sono esponenti, fra le altre, Luisa Muraro e Luce Irigary.

Il punto di partenza, sicuramente condivisibile, è la constatazione che maschi e femmine sono portatori di istanze, modi di essere e di pensare non riducibili l’uno all’altro. Senonché, tutto quanto è femminile sarebbe stato emarginato e soffocato dal patriarcato, sistema che precede il capitalismo che ne sarebbe solo una variante. Luisa Muraro (esponente della Libreria Delle Donne di Milano e membro della comuità filosofica femminile Diotima) per sottolineare la differenza femminile, scrive (vedi SNOQ Intervento di Luisa Muraro) che nella politica delle donne il primo posto viene dato alla pratica del partire da sé […] Il partire da sé è un pensare non in base a una rappresentazione ma a un rapporto vissuto personalmente […] io dove sono, che cosa desidero […] il personale è politico, non c’è separazione fra pubblico e privato[…]. Il femminile implica quindi un elevato grado di soggettività nell’approccio alla conoscenza. Un approccio opposto a quello maschile che, almeno nelle intenzioni intende oggettivizzare la conoscenza, separarla dal sentire personale, separarsi dall’oggetto di conoscenza, dividerlo e poi ricomporlo alla fine completo dei nessi logici fra le sue parti. Per C.G. Jung le conoscenze della coscienza matriarcale non sono indipendenti dalla personalità che le sperimenta […] poiché essa mantiene il legame con quelle zone dell’inconscio da cui quelle derivano. Quindi possono essere spesso in contrasto con il conoscere della coscienza maschile fatto di contenuti consci […] dotati di generale indipendenza dalla personalità.

Credo di poter affermare che le due modalità di conoscenza maschile e femminile abbiano entrambe pregi e difetti. Se il pregio del maschile è l’oggettività (almeno nelle intenzioni) il difetto è la possibile astrattezza e rigidità. Se il pregio del femminile è una partecipazione totale, intellettuale ed emotiva, alla conoscenza, il difetto è la facilità con cui può cadere nel soggettivismo più spinto, ossia in una sorta di narcisismo, accusa che la Irigaray rivolge inopinatamente contro gli uomini quando, semmai, è vero il contrario. E allora perché, prendendo atto delle differenze, non utilizzarle per completarsi (e anche limitarsi) a vicenda, anziché farsi la guerra in nome di una inesistente superiorità? Perchè non integrare anche materno e paterno, utilizzando i pregi di entrambi? Non così la pensa la già citata Muraro, per la quale (in ciò differenziandosi dalla Irigary per la quale “i principi dell’essere e della simbolizzazione” sono due, materno e paterno, entrambi non sacrificabili), non c’è che un solo principio, quello materno, come nota Francoise Collin in Il pensiero della differenza. Nota su Luisa Muraro. Ancora la Muraro: Quando nel libro compare, il padre è l’uomo che si affianca alla donna e alla sua maternità, e che lei indica ai suoi figli […] In altre parole io non trovo nessuna ragione per difendere la necessità del padre, della legge del padre[…]. Insomma viene sancita l’insignificanza della figura paterna, ridotta a puro ausilio della madre. L’ordine simbolico della madre auspicato dalla Muraro significherebbe però la regressione all’indistinzione originaria tipica del rapporto simbiotico madre/bambino, orientato all’autosufficienza, alla soddisfazione illimitata dei bisogni. Scrive un autore insospettabile come Massimo Recalcati la condizione strutturale per accedere al desiderio implica un divieto di accedere al godimento assoluto della Cosa (in Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Raffaello Cortina Editore, 2011).

Il nostro tempo è anche quello in cui la figura paterna è, per così dire, evaporata e messa in secondo piano rispetto a quella materna. In cui, anzi, il padre e la sua “legge” sono posti sul banco degli imputati come simbolo dell’oppressione. Occorre allora spendere qualche parola per fare chiarezza sul rapporto fra maschilità e paternità.

 

Virilità o virilismo?

Luigi Zoja, nel suo saggio Il gesto di Ettore, provvede a ricordare che la genesi della società umana coincide col momento in cui l’uomo si rivela in grado di comporre in equilibrio il polo del maschio (la parte aggressivo-istintuale che l’uomo condivide col mondo animale) col polo del padre: la facoltà raziocinante, progettuale e autolimitante, capace di portare a domesticazione l’istinto predatorio dei bruti.

Enea fugge da Troia non per vigliaccheria, ma per salvare i propri congiunti. Si può in lui identificare il simbolo della pazienza, della prudenza paterna disposta a differire il soddisfacimento immediato dell’istinto di aggressività. Solo così Enea può proteggere la vita altrui sottraendo la propria famiglia da rovina e morte sicura.

Enea è ben diverso da Achille, l’ eroe guerriero, feroce e prepotente, simbolo del maschio aggressivo che vive per l’ebbrezza dell’istante, per la gloria, la fama e l’istinto, icona della condizione antipaterna, pre-civile, dell’orda anonima di maschi in lotta. Egli si innalza alla maniera di certi maschi animali, che si gonfiano prima del duello per mostrarsi alla vista dell’oppositore. La sua fama deve essere costantemente riconosciuta perché il suo «ego» è tanto fragile da non poter sopravvivere senza pubblico attestato. Come Enea, Ulisse è piuttosto un Achille pacificato. Non senza un duro confronto con l’«avversario interiore» – scontro raffigurato dal lungo e periglioso vagare attraverso le insidiose liquidità marine – l’Odisseo è riuscito a equilibrare le spinte aggressive e istintuali col raziocinio. In lui il pensiero non è più pulsione primordiale ma, prima di tutto, autodisciplina. Perciò può essere trattenuto.

I due, Achille e Ulisse, non potrebbero essere più distanti. Achille è personificazione del virilismo. violento e impaziente, il suo agire è impulsivo. Ulisse è invece personificazione della virilità, e della paternità. Forte e paziente, sa attendere il momento più propizio per agire. È questo sapersi con-tenere a renderlo capace di donare con generosità la propria vita per far crescere quella altrui, cosa inconcepibile per il narcisismo individualistico e immaturo simboleggiato da Achille.

Ne discende che la sottovalutazione della paternità, della sua legge e anche dei limiti che impone, lasciano il campo libero a una maschilità immatura e puramente istintiva. Questa sarebbe anche la conseguenza logica del “ritorno alla madre” e dell’insignificanza del padre come teorizzato dalla Muraro. Siamo cioè all’interno dell’ordine logico e filosofico del nuovo capitalismo, regolato sul concetto di illimitatezza.

Non fraintendiamoci. L’esistenza e la legittimità di un ordine simbolico materno/femminile non è mai stata messa in discussione, neanche nelle forme “oppressive” del patriarcato. Anzi, è sempre stato riconosciuto che l’affermarsi del codice affettivo materno è insostituibile per la vita del bambino, donandogli sicurezza affettiva, materiale, e appagamento di ogni bisogno. E’ dunque necessario che la simbiosi madre/bambino prosegua nei primi tempi della vita dell’infante, avendo però sempre ben presente che quel rapporto è ambivalente, nel senso, scrive lo psicanalista Franco Fornari, che durante il parto la madre oscilla fra il timore di morire e quello di far morire il figlio, mentre il bimbo sperimenta l’angoscia della perdita della beatitudine onnipotente provata nella vita intrauterina. A ciò provvede il padre, assumendosi il compito di ammortizzatore e mallevadore. Quello stesso padre, però, dovrà in seguito essere anche colui che opera la separazione fra madre e figlio, colui che dovrà rompere quella simbiosi che diverrebbe regressiva e psichicamente mortifera. Simbiosi che, da soli, né il bimbo né la madre sono in grado di rompere. La dinamica individuale descritta da Fornari vale anche quando ci trasferiamo sul terreno transpersonale, descrivendo essa gli stadi di sviluppo dell’umanità dalla situazione originaria dominata dall’inconscio, dall’indistinzione fra l’io e il tu, fra l’uomo e il cosmo cicostante, che Erich Neumann definisce partecipation mistique, a quella dell’emersione progressiva della coscienza egoica, in altre parole della cultura. Se dunque coi termini Patriarcato e Matriarcato non intendiamo tanto una struttura sociologica, quanto invece la dominanza dell’archetipo paterno o materno, emerge allora che il patriarcato ha avuto una funzione emancipativa per l’umanità (quindi anche per il femminile), quali che siano stati i suoi eccessi. Il che non significa rinnegare il rapporto positivo con la madre, bensì staccarsi dalla totalità originaria e sperimentare il lato della coscienza, che anche la donna vive come simbolicamente maschile. E dunque, l’ordine simbolico della madre auspicato dalla Muraro, in assenza di un ordine simbolico del padre, significherebbe la regressione all’indistinzione originaria tipica della simbiosi madre /bambino, autosufficienza, onnipotenza, soddisfazione illimitata del bisogno. La post-modernità è il tempo dell’eclissi del simbolismo paterno, che ha effetti nefasti anche sul piano sociologico. Scrive Giancarlo Ricci ne Il padre dov’era (Sugarco Edizioni 2013) che anche la legge si maternizza, per così dire, e celebra il trionfo di un godimento smarrito, barattandolo con un concetto di libertà e di emancipazione in cui tutto è permesso. Tutto ciò corrisponde alla logica del capitalismo attuale, emancipato dai fastidiosi limiti esterni che gli ponevano, nelle prime fasi del suo sviluppo, l’esistenza di una religione del padre e quella delle classi, che per quanto contrapposte e in lotta fra di loro, avevano, anche la stessa borghesia, una loro weltanschaung opposta o solo parzialmente sovrapponibile a quella del capitale. Verità soggettiva, illimitatezza e libertà del desiderio, ritorno alla madre e rifiuto del limite paterno, così le rivoluzioni femministe e sessantottine sono diventate funzionali alla logica de-emancipativa del capitale. De-emancipativa nel senso di favorire la regressione del soggetto all’indistinzione delle origini per reimmergerlo in uno stato di “unificazione mistica” col cosmo nella quale sbiadiscono e si perdono le differenze. Termino lasciando parlare ancora Alessandra Nucci.

Il pensiero femminile quindi serve a veicolare […] anche un modo di pensare che corrisponde a una filosofia totalizzante, ovvero al modo olistico di vedere il mondo come un tutto unico, in cui l’umanità è posta sullo stesso livello delle piante e degli animali e il raziocinio è secondario all’emozione, Questo corrisponde alla corrente di irrazionalismo neo-romantico femminista e New Age, che celebra la sorellanza mistica fra le donne di tutto il mondo. In virtù cioè dell’appartenenza al genere femminile, le donne che si mettono in sintonia colla natura supererebbero le barriere etniche e linguistiche per intendersi automaticamente e in quasi arcadica armonia sui temi della pace, dell’ambiente, della legalità ecc.

Il che, chioso, non solo non corrisponde alla realtà dei fatti, ma soprattutto è lo stesso programma del capitalismo globalizzato che intende unificare anch’esso il mondo, ma sotto la forma merce.


Note
[1] Luc Boltanski-Ève Chiapello, Le nouvel ésprit du capitalisme, Gallimard, Paris 2011.
[2] Sulla dialettica capitalismo-anticapitalismo si può vedere, con alcune riserve, Luciano Pellicani, Anatomia dell’anticapitalismo, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2010.
[3] Luciano Pellicani, cit..
[4] Cfr. Augusto del Noce, La morale comune dell’Ottocento e la morale di oggi, in L’epoca della secolarizzazione, Giuffrè, Milano 1970.
[5] Charles Péguy, La nostra giovinezza, Editori Riuniti, Roma 1993, p. 98.
[6] Simone Weil ha scritto pagine illuminanti sulla distinzione tra bisogno e desiderio. Il bisogno ha un limite nella sazietà. Viceversa, lo scatenamento del desiderio non ne alcuno: «Un avaro non ha mai abbastanza oro, ma per ogni uomo cui venga dato pane a volontà verrà il momento della sazietà. Il nutrimento porta alla sazietà». (Simone Weil, La prima radice, Mondadori, Milano 1996, p. 22).
[7] Rodolfo Quadrelli, Il Paese umiliato, Rusconi, Milano 1973, p. 30.
[8] Sulla vocazione artistico-estetizzante del nuovo capitalismo cfr. Gilles Lipovetsky, Jean Serroy, L’estetizzazione del mondo. Vivere nell’era del capitalismo artistico, Sellerio, Palermo 2017.
[9] Natalia Aspesi, Quarant’anni di Benetton, «La Repubblica», 27 agosto 2006.
[10] Si vedano in particolare i numeri 799, 804, 808 e 818 del Covile, ed anche, per un punto di vista da sinistra dello stesso fenomeno, il n. 797.
[11] Christopher Lasch, La cultura del narcisismo, Bompiani, Milano 1981, p. 10.
[12] «Determinare una cosa in virtù delle sue funzioni – osserva Robert Spaemann – equivale in linea di principio a renderla sostituibile con equivalenti funzionali». È caratteristica del funzionalismo «la convinzione che le cose e le persone siano intercambiabili». (Robert Spaemann, Per la critica dell’economia politica, FrancoAngeli, Milano 1994, p. 44)
Pin It

Comments

Search Reset
0
AlsOb
Monday, 02 June 2025 01:32
Scritto dal carattere di narrazione scontata ex post, ma elegante e provocatoriamente intelligente.
Risulta, ormai, essere una riflessione abbastanza diffusa sostenere che la sinistra da decenni è diventata il moderno partito neoliberale. E che solo per ragioni di marketing dissimulativo e distrazione realizza sceneggiate contro un fantomatico fascismo, per stordire i poveri di spirito.
La classe dominante ha infatti astutamente acquisito e mercificato il marchio “di sinistra”, sul modello di marchi commerciali e sulla falsariga del business dei culti religiosi venduti a sprovveduti e disperati in cerca della merce speranza e salvezza
Continuano a intrigare le contraddizioni e intuizioni di Hannah Arendt, colma di pregiudizi contro Marx e allo stesso tempo utilizzatrice di categorie marxiane, in merito al pronostico sulla inclinazione al fascismo di intellettuali, conformisti e modellati sulle convenzioni. La banalità del male si riduce a tale sciagurata opportunistica, passiva adesione al fascismo e genocidi. La classe dominante al contrario pratica atrocità e tratta le classi inferiori come meri topi per consapevoli e razionali scopi di valorizzazione del valore di scambio e conservazione del potere.
Se per i seguaci della destra tradizionale il discorso mitologico tende a funzionare da sufficiente collante identitario e ideologico, per le più sofisticata e pretenziosa sinistra neoliberale la classe dominante non si è risparmiata nell’apparecchiare uno specifico discorso scientista e pseudometafisico, corroborante la fantasmagoria con una una apparente logica illuministica.
Allo scritto si potrebbe eventualmente aggiungere un paragrafo o digressione rivolti a mostrare i tecnicismi economici, legislativi e politici adottati per rimuovere il capitalismo marxiano kaleckiano, (conseguenza della paura di Stalin) e consolidare il passaggio al capitalismo e imperialismo finanziario, a una nuova forma di moneta e a una struttura di potere e rapporti sociali esplicitamente neofeudali, razzistici e schiavistici, sulla base di postulati antiscientifici e pseudometafisici.
La classe dominante è riuscita a creare un efficace e triplice sistema integrato propagandistico, composto da marionette politiche, da fantocci di potenti burocrazie non elettive, e dagli organi di disinformazione e propaganda e cellule terroristiche ngo.
La categoria di sinistra rimane però essenziale per pensare e definire politiche alternative e organizzare i termini del conflitto sociale, (in una contingenza nella quale sembrano emergere fazioni del grande capitale finanziario e tecnologico in contrapposizione): Non è che se la sedicente sinistra si è trasformata in fascismo le categorie sinistra e destra mutino alla stessa velocità e modo e magari Marx diventi pure teorico del nazismo, per soddisfare artificiali sillogismi.
Marx criticò il programma di Gotha senza rinunciare al proprio punto di vista e categorie, si tratta di segnalare che i dominanti e fascisti si sono spacciati per sinistra.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Sergio
Saturday, 31 May 2025 10:57
Condivido. Nella fase del "terzo spirito del capitalismo" le sinistre europee sono state cooptate nel sistema. Preve scriveva (Elementi di politicamente corretto, 2010) che le persecuzioni maccartiste avevano avuto successo, e il capitalismo statunitense aveva favorito la "new left", che con le sue rivendicazioni di costume (libertà sessuale, droga libera eccetera) non creava problemi come i precedenti movimenti classisti. Il "progressismo" libertario divenne il mito di quella sinistra (pare lo sia ancora oggi, quando si vuole riunire l'opposizione italiana sotto il termine sopraddetto), mentre la "destra" appariva retriva, tradizionalista e bigotta. Quale destra? Non certo la classe dominante, che più libertaria in tema di costume non si può. In fondo è proprio il capitalismo a essere fondamentalmente progressista.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Saturday, 31 May 2025 12:00
Senza dimenticare che fu lo stesso Preve a dichiarare che se fosse stato francese avrebbe votato per Marine Le Pen.

Per cui non importa nemmeno faticare più di tanto per capire che era di destra... lo dichiarò lui!
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Sergio
Saturday, 31 May 2025 23:57
Ricordo che lo dichiarò in occasione di un ballottaggio dove la sinistra era stata esclusa, e per fermare la destra lepeniana anch'essa convergeva sul candidato centrista (mi pare fosse Chirac). Ma il fatto è che la "destra" retriva e tradizionalista (e soprattutto razzista, l'ostilità verso gli immigrati è forte nei ceti popolari) trova spazio all'interno delle classi subalterne, nelle periferie e nelle zone emarginate. Basta guardare i dati delle elezioni, il PD predomina nelle città e nei quartieri bene, altrove FdI o, al nord, la Lega. Se questo elettorato sostiene questa destra, c'è un problema.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Sunday, 01 June 2025 08:22
Non è vero.

Riporto il passaggio della sua dichiarazione di voto (in caso fosse stato francese):

" In Francia il 22-4-2012 ci sarà il primo turno delle elezioni presidenziali, ed il 6-5-2012 il secondo turno fra i primi due rimasti. Se fossi francese andrei a votare in entrambi i turni. Al primo turno (scandalo! orrore!) voterei Marine Le Pen, ed anche al secondo turno, se fosse ancora in corsa. Al secondo turno, nell’ipotesi che siano ancora in corsa solo Sarkozy ed Hollande, voterei sicuramente Hollande come male minore."

Se qualcuno volesse verificare di persona e sapere i motivi della sua scelta può trovarlo qui:

https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/quando-il-marxista-preve-invitava-a-votare-front-national-3025/
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Sergio
Sunday, 01 June 2025 18:19
Si, mi sbagliavo, non era Chirac. E il contradditorio Preve al ballottaggio diceva di votare Hollande contro Sarkozy!
La provocazione è evidente (scandalo! orrore!), ma la rilettura di quell'articolo non fa che confermare il problema evidenziato: se una certa destra trova largo seguito nei ceti popolari non è il caso di farsi qualche domanda?
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Sunday, 01 June 2025 21:19
Lo spostamento del consenso dei ceti popolari dall'universalismo progressista (estensione dei diritti a tutte le fasce della popolazione) al particolarismo conservatore (cerco di mantenere i diritti solo per me bianco, maschio e pensionato) o reazionario (abolizione dei diritti per tutti in modo che i più forti, bianchi, maschi e giovani possano prevalere) è comprensibile, ma solo in parte giustificabile (sulla base dell'ignoranza e della evidente debolezza ideologica e pratica dei progressisti).

Particolarmente odiosa è (o è stata) invece l'azione di coloro che ignoranti non sono e spendono (o hanno speso) la loro erudizione (in perfetta malafede) per trascinare i suddetti ceti popolari nella guerra tra poveri perpetua (bianchi contro neri, maschi contro femmine, boomers contro giovani) che il capitale riserva loro.

Grazie per l'interlocuzione e un saluto a tutti.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Saturday, 31 May 2025 11:45
E' certamente vero che, da un certo momento in poi, attirandosi il giusto risentimento delle classi popolari, la sinistra in occidente ha abbandonato la contraddizione principale (il conflitto capitale/lavoro) per concentrarsi sulle sole contraddizioni secondarie (libertà sessuale, droga libera ecc.).

Ma questa giusta critica viene mossa, non sempre ma molto spesso, da coloro che sono contro le libertà di costume in generale (la libertà sessuale, lo spinello libero), a prescindere dal fatto che i salari siano alti o bassi.

Perchè Preve, Marchi e tutta la compagnia cantante di DSP e della gallassia sovranista sono contro le libertà individuali a prescindere, avendo una concezione della natura umana come statica e già posta una volta per tutte.

E se le adesioni a DSP di Mons.Viganò e di Gianni Alemanno non vi bastano per capirlo allora o avete una concezione veramente ingenua della lotta politica o siete in malafede e volete mettere a tacere gli oppositori con le offese e gli insulti (non mi riferisco certo a Sergio ma ad altri che hanno partecipato a questa discussione).
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:17
Aggiungo che la mia candidatura - come indipendente - sia alle amministrative di Roma di diversi anni fa (con il PC) sia con DSP successivamente (sempre come indipendente) non aveva nulla a che vedere con il "sovranismo" (fermo restando che rivendicare il concetto di sovranità costituzionale e popolare, specie in presenza di questa UE, non ha nulla di antisocialista) ma con la mia critica all'ideologia politicamente corretta in tutte le sue articolazioni. Rizzo scelse di dare spazio a questa critica, nella fattispecie con la mia candidatura, seppur da indipendente) e gliene dò atto. Del resto questa critica non è ammessa in qualsiasi formazione della "sinistra", sia essa liberal, radical o sedicente antagonista. La vera questione è capire le ragioni per le quali chi si dice antagonista sposa in toto l'ideologia dominante? Questa è la vera contraddizione alla quale nessuno hai mai dato risposta perchè ovviamente non si accetta nessuna forma di confronto e interlocuzione. Di seguito un mio vecchio articolo in merito: https://www.linterferenza.info/editoriali/linsostenibile-paradosso-della-sinistra-antagonista/
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:17
Aggiungo che la mia candidatura - come indipendente - sia alle amministrative di Roma di diversi anni fa (con il PC) sia con DSP successivamente (sempre come indipendente) non aveva nulla a che vedere con il "sovranismo" (fermo restando che rivendicare il concetto di sovranità costituzionale e popolare, specie in presenza di questa UE, non ha nulla di antisocialista) ma con la mia critica all'ideologia politicamente corretta in tutte le sue articolazioni. Rizzo scelse di dare spazio a questa critica, nella fattispecie con la mia candidatura, seppur da indipendente) e gliene dò atto. Del resto questa critica non è ammessa in qualsiasi formazione della "sinistra", sia essa liberal, radical o sedicente antagonista. La vera questione è capire le ragioni per le quali chi si dice antagonista sposa in toto l'ideologia dominante? Questa è la vera contraddizione alla quale nessuno hai mai dato risposta perchè ovviamente non si accetta nessuna forma di confronto e interlocuzione. Di seguito un mio vecchio articolo in merito: https://www.linterferenza.info/editoriali/linsostenibile-paradosso-della-sinistra-antagonista/
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:17
Aggiungo che la mia candidatura - come indipendente - sia alle amministrative di Roma di diversi anni fa (con il PC) sia con DSP successivamente (sempre come indipendente) non aveva nulla a che vedere con il "sovranismo" (fermo restando che rivendicare il concetto di sovranità costituzionale e popolare, specie in presenza di questa UE, non ha nulla di antisocialista) ma con la mia critica all'ideologia politicamente corretta in tutte le sue articolazioni. Rizzo scelse di dare spazio a questa critica, nella fattispecie con la mia candidatura, seppur da indipendente) e gliene dò atto. Del resto questa critica non è ammessa in qualsiasi formazione della "sinistra", sia essa liberal, radical o sedicente antagonista. La vera questione è capire le ragioni per le quali chi si dice antagonista sposa in toto l'ideologia dominante? Questa è la vera contraddizione alla quale nessuno hai mai dato risposta perchè ovviamente non si accetta nessuna forma di confronto e interlocuzione. Di seguito un mio vecchio articolo in merito: https://www.linterferenza.info/editoriali/linsostenibile-paradosso-della-sinistra-antagonista/
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Monday, 02 June 2025 15:07
"Questa è la vera contraddizione alla quale nessuno ha mai dato risposta perchè ovviamente..." ecc. ecc.

Alla quale nessuno ha mai dato risposta, forse, eccetto me:

https://www.sinistrainrete.info/societa/27809-fabio-rontini-commento-all-articolo-di-fabrizio-marchi-sulla-prostituzione.html

Perchè tutte le sue diagnosi di "livore", "paradosso", "politicamente corretto", testardaggine ecc. sarebbero opportune se le sue tesi fossero corrette, cosa che Lei sembra dare per autoevidente;
ma che potrebbero non essere corrette (e quindi da respingere) in quanto, insieme ai dati quantitativi che Lei espone, tralascia di considerare altri fattori (in sostanza il gravare sulle donne degli oneri della riproduzione) che io invece analizzo nel mio articolo.

Poi vorrei precisare che, se era questo a cui si riferiva, non ho dato alcuna notizia nè falsa nè vera: ho solo accomunato Preve, Lei, DSP e la galassia sovranista nell'insieme di coloro che hanno una concezione statica, e quindi politicamente conservatice, della natura umana. Si tratta dunque, ovviamente, di una interpretazione, discutibile quanto si vuole, ma legittima.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:07
Capisco l'ostilità e il livore che pervadono i "sinistri radical" (a mio parere fondamentalmente anticomunisti e antisocialisti) nei confronti di chiunque osi sottoporre a critica l'ideologia politicamente corretta (mattone fondamentale dell'ideologia neoliberale) però per lo meno parlate per ciò che sapete e non diffondete notizie false. Il sottoscritto non ha mai fatto parte dell'area sovranista, nè di DSP nè del PC di Rizzo. Si è candidato come indipendente con il PC alle amministrative di Roma e, sempre come indipendente, con DSP alle politiche di qualche anno fa (ma sempre in quota PC). Dopo di che si è allontanato sia dal PC che da DSP proprio in relazione allo sbandamento palese verso destra di Marco Rizzo (anche la mia candidatura con DSP, lo ripeto ancora, era in quota al PC, anche se come indipendente). Ho sempre sostenuto - e questo lo sa bene anche Rizzo - che oggi la priorità sia quella di lavorare per costruire una nuova forza Socialista, popolare e di classe equidistante e radicalmente alternativa sia alla destra (ovviamente...) che alle attuali "sinistre" che, per come la vedo io, sono del tutto omogenee, funzionali e organiche all'attuale dominio capitalista e imperialista; due facce dello stesso "sistema". Su questo sono sempre stato molto netto.
Quindi, per favore, NON straparlate, sforzate di comportarvi in modo serio e, soprattutto, NON diffondete notizie false. Potete vomitare tutto il vostro livore (mi è del tutto indifferente) ma evitate di diffondere notizie false finalizzate solo a screditare le persone che sostengono posizioni diverse dalle vostre.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:07
Capisco l'ostilità e il livore che pervadono i "sinistri radical" (a mio parere fondamentalmente anticomunisti e antisocialisti) nei confronti di chiunque osi sottoporre a critica l'ideologia politicamente corretta (mattone fondamentale dell'ideologia neoliberale) però per lo meno parlate per ciò che sapete e non diffondete notizie false. Il sottoscritto non ha mai fatto parte dell'area sovranista, nè di DSP nè del PC di Rizzo. Si è candidato come indipendente con il PC alle amministrative di Roma e, sempre come indipendente, con DSP alle politiche di qualche anno fa (ma sempre in quota PC). Dopo di che si è allontanato sia dal PC che da DSP proprio in relazione allo sbandamento palese verso destra di Marco Rizzo (anche la mia candidatura con DSP, lo ripeto ancora, era in quota al PC, anche se come indipendente). Ho sempre sostenuto - e questo lo sa bene anche Rizzo - che oggi la priorità sia quella di lavorare per costruire una nuova forza Socialista, popolare e di classe equidistante e radicalmente alternativa sia alla destra (ovviamente...) che alle attuali "sinistre" che, per come la vedo io, sono del tutto omogenee, funzionali e organiche all'attuale dominio capitalista e imperialista; due facce dello stesso "sistema". Su questo sono sempre stato molto netto.
Quindi, per favore, NON straparlate, sforzate di comportarvi in modo serio e, soprattutto, NON diffondete notizie false. Potete vomitare tutto il vostro livore (mi è del tutto indifferente) ma evitate di diffondere notizie false finalizzate solo a screditare le persone che sostengono posizioni diverse dalle vostre.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabrizio Marchi
Monday, 02 June 2025 09:07
Capisco l'ostilità e il livore che pervadono i "sinistri radical" (a mio parere fondamentalmente anticomunisti e antisocialisti) nei confronti di chiunque osi sottoporre a critica l'ideologia politicamente corretta (mattone fondamentale dell'ideologia neoliberale) però per lo meno parlate per ciò che sapete e non diffondete notizie false. Il sottoscritto non ha mai fatto parte dell'area sovranista, nè di DSP nè del PC di Rizzo. Si è candidato come indipendente con il PC alle amministrative di Roma e, sempre come indipendente, con DSP alle politiche di qualche anno fa (ma sempre in quota PC). Dopo di che si è allontanato sia dal PC che da DSP proprio in relazione allo sbandamento palese verso destra di Marco Rizzo (anche la mia candidatura con DSP, lo ripeto ancora, era in quota al PC, anche se come indipendente). Ho sempre sostenuto - e questo lo sa bene anche Rizzo - che oggi la priorità sia quella di lavorare per costruire una nuova forza Socialista, popolare e di classe equidistante e radicalmente alternativa sia alla destra (ovviamente...) che alle attuali "sinistre" che, per come la vedo io, sono del tutto omogenee, funzionali e organiche all'attuale dominio capitalista e imperialista; due facce dello stesso "sistema". Su questo sono sempre stato molto netto.
Quindi, per favore, NON straparlate, sforzate di comportarvi in modo serio e, soprattutto, NON diffondete notizie false. Potete vomitare tutto il vostro livore (mi è del tutto indifferente) ma evitate di diffondere notizie false finalizzate solo a screditare le persone che sostengono posizioni diverse dalle vostre.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Armando
Friday, 30 May 2025 18:14
Dai commenti si evince chiaramente che aveva ragione Mao quando diceva, più o meno, "grande è la confusione sotto il cielo ". Io dico che ragionare ancora in termini di destra e sinistra , come era giusto anni addietro, oggi non consente più di capire la realtà in cui siamo. Non si vorrà dire, spero, che la sx attuale ha qualcosa in comune col vecchio PCI o con le formazioni della sx extraparlamentare degli anni 60/70/80 del secolo scorso. Stesso vale per la dx. La Meloni "fascista "? Suvvia!!! Occorre un grande reset, e iniziare a ragionare con parametri diversi: Alto versus Basso, ad esempio. Ci accorgeremo facilmente che non valgono affatto le equazioni ; Dx=borghesia =classi privilegiate e Sx=classe operaia =, ceti disagiati e oppressi. Ci accorgeremmo anche che , purtroppo, la sedicente sx attuale ha sposato in pieno il potere globalista e, diciamo, l'internazionalismo del capitale apolide e sovranazionale. Con ciò non dico affatto che questa dx sia migliore. Infatti dc e sx fingono di litigare sulle quisquilie ma vanno a braccetto su lle cose importanti , come ad esempio la politica internazionale, la questione Ucraina/,Russia. E , per favore, non attardiamoci a parlare ancora di fascismo e comunismo..Entrambi, nelle loro manifestazioni storiche, sono morti e sepolti. Continuare a ragionare come 40 o 50 anni orsono , ormai non fa capire assolutamente più nulla. Detto ciò, io non ho soluzioni certe e sicure. Dico solo che sarebbe ora di aprire una discussione senza paraocchi.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
RAFFAELE
Friday, 30 May 2025 15:47
Mentre ai personaggi del calibro di Francesco che si permette il lusso di sbeffeggiarmi consiglio di tornare a studiare evitando di disturbare le persone civili come il sottoscritto.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Elle
Thursday, 29 May 2025 15:14
Io invece condivido tutto di quanto scrive Ermini nel suo articolo (ne ho letto anche la versione più approfondita su Il covile)
Destra e Sinistra , marxismo morto, vivo o moribondo… questioni di lana caprina.. ( lo scriveva Preve?) Di sicuro le opere di Marx sono piene di spunti per capire meglio l’oggi e sopravvivere al domani, Preve non ha demolito affatto il marxismo basta leggere un suo libro a caso ( io ho cominciato con Una nuova storia della filosofia… e ora ho Il Capitale sul comodino e lentissimamente vado avanti)
Quanto alle esperienze con le prostitute, dovessi avere voglia di leggerne ( dubito) l’ultimo blog in cui mi aspetterei di trovarle è sinistrainrete
Like Like like 1 Reply | Reply with quote | Quote
0
Lorenzo
Friday, 30 May 2025 10:33
Quoting Elle:
Quanto alle esperienze con le prostitute, dovessi avere voglia di leggerne ( dubito) l’ultimo blog in cui mi aspetterei di trovarle è sinistrainrete


E' il marxismo ad insegnarci che tutto ha una rilevanza sociale e politica.

Frequentare prostitute tossicodipendenti e godere della loro disperazione può essere un modo (fra gli altri) per calpestare la parabola di emancipazione femminile e il pregiudizio del rispetto verso la vita e la dignità dell'essere umano.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
1
RAFFAELE
Thursday, 29 May 2025 10:15
Parlare del''68 come Rivoluzione intraborghese è come dire che anche le conquiste che ne sono scaturite dopo aspre lotte sociali (che sono costate diversi morti), erano conquiste funzionali ad oliare meglio il sistema capitalistico. Ovviamente non esiste baggianata più grande se solo pensiamo che oggi quei diritti il sistema se li sta "riprendendo" tutti e non a caso dato che uno scontro sociale come quello dell'epoca è ben lungi dal potersi verificare pur essendocene forse ancora più bisogno di allora. Queste pseudo riflessioni diciamo così di una versione da destra di alcune brillanti intuizioni di Preve hanno portato ad esempio un altro chiacchierone come Fusaro (allievo scopiazzatore di Preve) ad affermare che ci vogliono critiche di sinistra ma con valori di destra (così tanto per vendere quanti più libri possibile). Sarebbe preferibile che interpretazioni queste si "ideologiche" fatte ex post di alcuni fenomeni sociali comunque complessi trovassero ospitalità più nei siti di destra che ne sono gli originali ispiratori piuttosto che in siti come questo, magari facendo una selezione con meno gente col culo al caldo che vi scrive. Grazie
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Thursday, 29 May 2025 11:13
Condivido.

Ma è la difficoltà di compiere una autocritica necessaria (per non rischiare di incorrere negli stessi errori e limiti delle esperienze passate) evitando di scoprirsi ed esporsi agli strali della destra che oggi, purtroppo, detiene l'egemonia culturale (e la forza materiale) assoluta.

L'ho notato svariate volte discuscutendo sia su internet che nella vita reale: se cerchi di mettere in luce i limiti dell'esperienza del '68 salta subito fuori quello che dice che tutte le rivoluzioni sono false in quanto macchinazioni dei potenti che servono solo a fregarti, se cerchi di evidenziare che Americani e Inglesi invasero l'Italia non per liberarla dal fascismo ma per occuparla, salta fuori il fascistone che ti squalifica la Resistenza dei partigiani come traditori della patria, se poni l'accento sui limiti del femminismo saltano fuori i machisti-chiesaioli che vorrebbero riportare le donne sottomesse casa e chiesa.

In tutto questo però Preve è già pienamente Destra (approfitta del fallimento dei comunisti per cercare di distruggere il Marxismo dalle fondamenta) e Fusaro prosegue soltanto, onestamente, su una strada già tracciata dal maestro.

In quanto a questi dell'Interferenza non saprei stabilire quanto siano in buona fede (secondo me un pò sì) e quanto svolgano consapevolmente il ruolo di demolitori di ciò che rimane della sinistra.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Lorenzo
Thursday, 29 May 2025 12:34
Sinistra e marxismo non sono concetti equivalenti, se non pel fatto di essere morti entrambi.

Preve e Fusaro sono studiosi che prendono atto di questa scomparsa e cercano di risalire alla radice comune, sociale e comunitaria, del socialismo di classe e di quello nazionale nell'ottica di distillare nuove sinergie atte a configurare alternative all'iperindividualismo liberale e consumistico di marca anglosassone.

Per quanto poi riguarda la supposta egemonia culturale della destra (senza maiuscola), ciò che Rontini percepisce è più che altro la sana antipatia della gente comune (il vostro popolo) rispetto alla - questa sì dominante - incultura woke, emancipativa, migrazionista ed antirazzista imposta a viva forza dalle centrali dello Washington consensus.

I reduci della sinistra d'antan tendono a viverla come alcunché di scontato (addirittura questo sito censura chi illustri proprie esperienze colle prostitute) e a trasfigurare la reazione popolare in una sorta di egemonia del pensiero di destra.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Thursday, 29 May 2025 18:59
CVD
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Francesco
Friday, 30 May 2025 01:35
"Ma è la difficoltà di compiere una autocritica necessaria"; translated for dummies: "keep masturbating, something will come out [don't mind the mess]". Ho già avuto il dubbio onore di dirglielo Rontini, lei è un cretino. Se persino un coglione nichilista come Lorenzo dice cose (un poco) più sensate di lei... Mah, il suo "Saggio sul Materialismo Dialettico" sembrava scritto da una persona sensata, a prescindere dalla condivisione delle tesi. Après, le déluge. Ma su uno che non riesce a distinguere la qualità di Preve, si sia d'accordo con lui o meno, da quella di Fusaro, che dire? Hope your hands aren't too sticky to keep the mastur... "autocriticism" process going. Verso l'onanismo ed oltre.

Ah sì il merito dell'articolo, sì come se si avesse voglia di discuterlo in questa sezione commenti, con personaggi del calibro di Raffele, che se non accetti i suoi paradigmi ci sono i siti di destra, mica possiamo sporcare la purezza. Ma in realtà ha ragione, la sinistra deve restare una bolla, così scoppia meglio.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Lorenzo
Friday, 30 May 2025 11:23
Eh eh, vi beccate a vicenda come galletti nel pollaio, ciascuno indefettibilmente convinto delle proprie ragioni.

Venuta meno la ratio tradizionalista (il senso di umiltà e lo spirito di sacrificio del proletariato d'antan), quella burocratica (il partito) e quella carismatica (i capetti delle assemblee sessantottine), abbiamo esaurito le forme di legittimazione weberiana e i credenti residui tendono a sfogare inter suis l'aggressività che li ha spinti a trovarsi una religione politica.

E' il meccanismo che ha distrutto il sovranismo di sinistra.
Like Like Reply | Reply with quote | Quote
0
Fabio Rontini
Friday, 30 May 2025 10:58
Ultra CVD!
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit