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Sanzioni e crisi energia

“Siamo in guerra, serve uno scostamento di bilancio europeo”

Lorenzo Torrisi intervista Sergio Cesaratto

Se Ue e Bce non cambiano rotta, l’Italia non ha chance di superare indenne una crisi generata anche dalle scelte degli Stati Uniti

C’è attesa per le decisioni che la Fed prenderà il 21 settembre. L’aumento dell’inflazione oltre le aspettative, infatti, potrebbe portare a un nuovo robusto rialzo dei tassi (c’è chi ipotizza addirittura di un punto percentuale) da parte della Banca centrale americana. Se ciò avvenisse, anche la Bce dovrebbe a ottobre varare una nuova stretta dopo quella di sette giorni fa? «In una vignetta di Altan – risponde Sergio Cesaratto, professore di politica monetaria europea all’Università di Siena e autore di “Sei lezioni sulla moneta – La politica monetaria com’è e come viene raccontata” (Diarkos) -, uno studente dice “Prima la laurea in economia poi un dottorato in astrologia”. La Bce ha già detto che continuerà ad alzare i tassi, addirittura due rialzi di 75 punti base (0,75%) secondo alcuni.

Nonostante le cause della crisi siano geopolitiche, conflitto russo-ucraino e rottura catene del valore, la Bce ritiene di fare il muso duro per impedire la rincorsa prezzi salari. Una fonte qualificata come Eurointelligence, diventata invero un po’ bacchettona negli ultimi mesi, ha scritto una cosa molto importante, la posso tradurre per i lettori?».

Prego.

“La situazione delle economie occidentali è molto peggiore di quella degli anni ’70, un decennio spesso ingiustamente vilipeso. Allora c’era l’inflazione, ma non c’era la crisi del costo della vita perché quasi tutti venivano compensati e, in alcuni casi, sovracompensati. Nessuno vuole una spirale salari-prezzi, ma il suo contrario è ancora peggiore. E sì, è possibile che l’inflazione si protragga anche senza una spirale prezzi-salari, se le catene di approvvigionamento continuano a deteriorarsi a causa della geopolitica”. Vale a dire, i lavoratori non se la passavano così male nei vituperati anni della grande inflazione (gli anni Settanta), e le strette monetarie possono non risolvere il problema che è geopolitico. E allora, a che gioco giochiamo? Ricordiamo poi che le conseguenze delle tensioni geopolitiche, scatenate dall’invasione russa dell’Ucraina, ma con gravi responsabilità pregresse di Stati Uniti e Nato, ricadono soprattutto sugli europei.

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Tassi più alti significa ridurre anche gli spazi per politiche fiscali in deficit. Come fare a contrastare il rallentamento dell’economia?

Gli spazi per le politiche fiscali in parte rimangono in quanto a parità di debito pubblico l’inflazione gonfia il Pil nominale, cioè il denominatore del rapporto debito/Pil, rapporto che da questo punto di vista dunque scende. In via di principio il Governo italiano sta anche pagando tassi di interesse reali negativi, cioè ben inferiori al tasso di inflazione. Questo implica un trasferimento di risorse dai risparmiatori al Governo. Anche le entrate fiscali aumentano per l’incremento del fatturato nominale delle imprese in seguito al rigonfiamento dei prezzi. Le entrate però diminuiscono per l’incombente recessione. Insomma, è un quadro complesso. Penso che le misure dovrebbero essere soprattutto europee.

 

Come ha evidenziato in una precedente intervista, le Banche centrali per contenere l’inflazione causano una recessione. Quale alternativa ci sarebbe in Europa? Cosa dovrebbe fare la Bce?

Intanto l’Europa dovrebbe smettere di allinearsi supinamente agli Stati Uniti, e procedere rapidamente verso un cessate il fuoco attraverso accordi che sistemino i confini fra Ucraina e Russia in maniera ragionevole. Politiche non aggressive andrebbero anche implementate verso il resto del mondo che, come s’è visto, non ha particolari simpatie verso gli Stati Uniti. Si tratta poi di ottenere con determinazione una riduzione dei prezzi del gas da Stati Uniti e Norvegia che approfittano vergognosamente dalla situazione corrente. Va ripreso un discorso di europeizzazione degli investimenti con emissione di debito comune. Va ripresa con forza la riconversione energetica verso fonti rinnovabili, altro che riaprire le centrali a carbone dopo un’estate con temperature inquietanti! La Bce dovrebbe smentire chi parla di interruzione delle operazioni di riacquisto a scadenza del debito pubblico in suo possesso, una misura che da sola eliminerebbe la debole protezione che essa ha promesso nei confronti del debito italiano, con effetti devastanti sul mercato dei titoli di Stato. Aumenti pure i tassi, ma la Bce dovrebbe al contempo azzerare lo spread con i titoli tedeschi. Ma cos’è quest’idea balorda che i titoli di Stato devono essere alla mercé dei mercati? Se necessario la Bce dovrebbe inoltre rendersi disponibile al sostegno di programmi europei di modernizzazione ecologica e produttiva.

 

Cosa pensa della parte più “economica” del discorso sullo stato dell’unione di Ursula von der Leyen? C’è qualcosa di positivo? Cosa invece manca?

Manca tutto! Sulla riforma dei Trattati siamo alla concessione di cancellare quanto era impossibile da applicare: la riduzione dei debiti al 60% del Pil in 20 anni. Ma sempre di riduzioni si parla. E non attraverso la crescita e l’europeizzazione del debito, ma con politiche fiscali restrittive. La von der Leyen è profondamente inadeguata. L’Europa ha bisogno di cambiare radicalmente sia la politica estera, rompendo la subordinazione agli Stati Uniti, che quella economica, riformando in profondità le proprie istituzioni. Ma ripetiamocelo amaramente ancora una volta, l’Europa è un’espressione geografica, un’accozzaglia di Paesi che badano (malamente) al proprio interesse, non è una nazione solidale che aspiri a sovranità e benessere collettivo.

 

E delle parole della Presidente della Commissione europea riguardo l’efficacia delle sanzioni alla Russia e la necessità che restino in vigore?

Le misure potranno anche essere efficaci, ma l’idea che la Russia si arrenda non esiste. Secondo me, neppure se cadesse Putin. Qualcosa alla Russia va concesso e vanno frenate le farneticazioni territoriali di Zelensky. È una follia che sta colpendo tutti, noi, gli ucraini e naturalmente i russi. Ma non gli Stati Uniti. Federico Fubini ha scritto sul Corriere che la Germania riceve prezzi di favore da Gazprom. Come si vede il moderatismo tedesco sulla questione Ucraina paga! Ma noi abbiamo bellicisti e ultra-atlantisti come Draghi e Letta (e per rifarsi un pedigree imbarazzante, anche come Meloni).

 

Cosa pensa più in generale di come l’Europa sta affrontando le ricadute economiche della crisi energetica?

Male. Come ha giustamente sottolineato Stefano Fassina sull’Huffington Post, se siamo in guerra si adottino misure da economia di guerra. Ci portano in guerra e poi ci lasciano alla balia degli eventi.

 

Ma lei è per la pace immediata…

Questo suggerisce la scuola del realismo politico nelle relazioni internazionali. Il che non vuol dire che un cessate il fuoco ci riporti allo status quo ante; la situazione economica rimarrebbe complicata (ricordiamo che c’è ancora la pandemia, anche se speriamo che il peggio sia trascorso).

 

Francia, Regno Unito, Repubblica Ceca hanno deciso di mettere un limite ai costi energetici per famiglie e imprese. Scholz ha detto che anche la Germania ci sta pensando. L’Italia è troppo “indebitata” per poter ipotizzare una misura del genere?

Siamo al solito problema, quello che si risolse in maniera catastrofica per l’Italia di fronte alla grande crisi finanziaria di oltre una decade fa. L’Europa si limita a imporre vincoli e la Bce a peggiorare le cose, politiche nazionali sono però impossibili.

 

In Italia servirebbe uno scostamento di bilancio? Finalizzato a quali interventi?

Servirebbe uno scostamento di bilancio europeo! Comunque conti alla mano, Mef e uffici del bilancio calcolino gli introiti per l’erario della “tassa da inflazione” e quanto l’indebitamento comunque peggiorerebbe a non far nulla (senza scostamento). Probabilmente spazi di manovra ne verrebbero fuori, pur non intaccando il rapporto debito/Pil. Tuttavia, senza un cambiamento radicale di politica economica ed estera dell’Europa la vedo comunque difficile. C’è da essere pessimisti, tanto più che la coalizione che si appresterebbe a vincere le elezioni proteggerà solo alcuni ceti sociali, quelli che evadono le tasse, non avendo interesse per sanità e istruzione pubblica. Ma agli italiani piace così.

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