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volerelaluna

Fonderie nucleari?

di Angelo Tartaglia

Noi tireremo diritto” è sicuramente il motto del Governo riguardo al nucleare. Il ministro, diciamo così, competente ha depositato un disegno di legge-delega al Governo che prevede, appunto, di procedere per il ritorno dell’Italia nella confraternita internazionale dei paesi nuclearisti. Poco importa che l’economicità del nucleare stia sempre più declinando anche e soprattutto nel contesto delle economie liberiste, poco importa che i tempi di realizzazione di nuove centrali siano incompatibili con quelli di un’emergenza climatica più che incombente e che i costi siano esorbitanti e tali da non trovare di certo investitori privati se non dietro totale garanzia pubblica. L’importante è utilizzare le parole magiche giuste; nel caso del decreto il nucleare futuro è sempre congiunto con la qualifica “sostenibile”, senza naturalmente che il decreto stesso ne definisca il significato. Ma la parola risolve!

La presidente del consiglio, di ritorno da Baku dove era andata per la COP29, ricorda che «l’Italia è impegnata in prima linea sul nucleare da fusione» dopo aver detto, nel corso della conferenza, che in futuro dovremo anche utilizzare «il nucleare da fusione che potrebbe produrre energia pulita, sicura e illimitata»: magia delle parole. D’altra parte i pilastri su cui poggia il palcoscenico della politica al riguardo del nucleare sono Enel, Leonardo, Ansaldo, Enea, Snam (almeno per la ipotizzata produzione di idrogeno): tutte imprese o enti a partecipazione, anzi sotto il controllo pubblico (resta da capire chi controlli chi).

L’obiettivo di queste imprese è ovviamente quello di massimizzare gli utili qui e ora più che quello di provvedere alla transizione energetica.

Fusione dunque. Non starò a riproporre qui cose che ho già scritto in passato per Volere la Luna (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/04/08/transizione-energetica-il-nucleare-non-e-una-soluzione/). Vorrei però riportare un piccolo aneddoto personale (mi si perdoni) riguardo ai tempi di avvio di vere e proprie centrali a fusione. Io mi sono laureato in ingegneria nucleare (prima che in fisica) nel lontano 1968. Le ricerche sulla fusione per usi non militari erano già in corso e a noi studenti o neolaureati nel campo si diceva che entro una trentina d’anni ci sarebbero state le prime centrali. Ora siamo nel 2025 e le ricerche hanno fatto degli indubbi progressi per cui ci si dice che le prime centrali ci saranno entro una trentina d’anni… Per la verità Enel ha dichiarato, con riferimento a una sua partecipata americana, che di anni ne basteranno una decina. Non vorrei qui mettermi a sdottorare riguardo all’attendibilità statistica di queste “previsioni” …

Qual è il problema? La difficoltà rilevantissima per gli impianti basati sulla fusione è stata quella non tanto di produrla, la fusione, quanto di riuscire a estrarne l’energia, poi comunque di ottenere che l’energia eventualmente estratta fosse di più di quella complessivamente spesa per mantenere in funzione il processo. Ora, senza che si possa dire di aver compiutamente risolto i primi due problemi, si dovrebbe arrivare a costruire un impianto che consenta di realizzare la fusione con continuità nel tempo e con altrettanta continuità e regolarità estrarne un flusso di energia più abbondante di quella che si immette. Ne siamo ben lontani. In ogni caso anche la mitica fusione non sarebbe la panacea di tutti i mali perché in natura l’energia “illimitata e pulita” non esiste e perché la natura non ragiona in euro, dollari o yuan ma in kWh, tonnellate, metri cubi e così via e queste grandezze non sono per nulla influenzate dall’andamento delle borse, dal teatrino della politica, dagli umori di Confindustria. Mi viene in mente una delle numerosissime citazioni attribuite ad Albert Einstein: «Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana; sul primo però ho qualche dubbio».

A proposito di Confindustria, il suo attuale presidente, Emanuele Orsini, aveva già avuto modo di dire, ma ha in questi giorni ribadito, riguardo al nucleare, che «ci candidiamo a mettere “le mini centrali nucleari di nuova generazione” nelle nostre aziende, […] perché per noi l’energia è fondamentale per tenere in piedi le aziende». Al di là dei miti della salvifica “nuova generazione” e degli altrettanto mitici tempi di realizzazione, ve la immaginate una rete di migliaia (tali dovrebbero essere per avere un impatto significativo sul bilancio energetico nazionale) di “mini centrali nucleari” sparse qua e là nelle aziende private? Ciascuna ovviamente contornata dalle misure di controllo e sicurezza che si trovano nei centri di ricerca. E vi immaginate su tutto il territorio nazionale flussi di trasporto di materiali radioattivi? Materiale fissile (a bassa radioattività, ma elevato interesse strategico) per alimentare le “mini-centrali”; scorie ad alta ed altissima radioattività in uscita dalle aziende nuclearizzate per andare agli impianti di riprocessamento (il decreto ministeriale dice che si faranno) e poi al deposito nazionale (anche questo il ministro lo menziona, col che il problema è risolto). Ve li immaginate questi furgoni (o furgoncini) in circolazione sulle nostre strade e autostrade opportunamente scortati? Naturalmente esenti da guasti, incidenti, attentati… Il ministro ipotizza anche, per il radioso (e radioattivo) futuro la realizzazione di impianti di arricchimento dell’uranio. Col permesso di Trump, ovviamente, perché le tecnologie dell’arricchimento consentono, con un po’ di impegno, di produrre bombe e non è un caso che gli attuali impianti in giro per il mondo si trovino presso paesi che la bomba ce l’hanno oppure aspirerebbero ad averla.

Da un lato possiamo inserire tutto questo nella serie delle conferme al detto Deus dementat quos vult perdere, dall’altro vediamo confermato il fatto che il problema vero è che chi ha immediati vantaggi da un sistema economico irrazionale e insostenibile tassativamente si rifiuta di dare ascolto a ciò che la scienza, non questa o quella scuola di pensiero, dichiara ormai da tempo. Questa follia suicida preferisce inseguire favole, fanfaluche e miti piuttosto che accettare di metter mano a cambiamenti nelle relazioni interumane, le quali solo dagli umani dipendono a differenza di tutto il resto.

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