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Il fallimento storico delle liberaldemocrazie

di Andrea Zhok

"L’egoismo individualista promosso dal liberalismo ha prodotto rappresentanti autoreferenziali, privatizzazione dei profitti e impotenza dei popoli, dal crac subprime al genocidio palestinese ignorato. La volontà popolare è svuotata, mentre media e istituzioni reprimono ogni dissenso. Un consolidando un sistema oligarchico travestito"

A partire dalla “crisi subprime” fino all’attuale genocidio palestinese in mondovisione, ciò che colpisce è la manifestazione conclamata del fallimento storico delle liberaldemocrazie.

Prima di addentrarci nel tema è necessario riflettere per un istante intorno a cosa renderebbe, di principio, qualitativamente migliore un regime democratico rispetto ad alternative autocratiche od oligarchiche.

Il vantaggio teorico dei sistemi democratici consiste nella potenziale maggiore elasticità e prontezza nel corrispondere ai bisogni della maggioranza. O, detto altrimenti, un sistema democratico può dirsi comparativamente migliore nella misura in cui consente una comunicazione facilitata tra l’alto e il basso, tra gli individui meno influenti e quelli più influenti, tra chi non detiene il potere e chi lo detiene.

I sistemi autocratici od oligarchici presentano il difetto di rendere l’ascolto dei senza potere una scelta opzionale di chi è al vertice. Non essendoci sistemi di comunicazione efficace dal basso verso l’alto (esistevano cose come le “udienze regali”, ma avevano un ovvio carattere di estemporaneità) bisogna confidare nell’interesse e nella benevolenza dei vertici affinché gli interessi del popolo vengano fatti.

Ora, sarebbe sbagliato pensare che tali situazioni di interesse e benevolenza dall’alto fossero rare nella storia, tuttavia gli elementi di arbitrarietà e accidentalità erano evidenti, e a un imperatore, re, o sovrano illuminato poteva succederne uno calloso, ottuso, guerrafondaio ecc.

Il vantaggio comparativo del modello democratico sembra evidente, ma è importante capire che esso verte su UNO E UN SOLO PUNTO, ovvero sulla elevata permeabilità della comunicazione tra alto e basso e del controllo dal basso verso l’alto.

Tolto questo elemento, altri fattori, come la linearità decisionale, possono far pendere la bilancia a favore di governi autocratici, che hanno sempre il vantaggio di poter implementare in maniera facilitata rispetto alle democrazie le decisioni del potere esecutivo (questa è la ragione per cui negli stati di guerra anche i sistemi democratici prevedono l’accentramento del potere in un vertice decisionale).

Tuttavia, la democrazia ideale è la democrazia diretta, che però può funzionare soltanto su ordini di grandezza circoscritti, dove sia la discussione personale che la decisione pubblica possono avvenire direttamente in maniera efficace.

Forse oggi, tramite alcuni supporti tecnologici, si potrebbe estendere ben al di là delle classiche dimensioni dell’Agorà il numero di persone coinvolte in una forma di democrazia diretta, tuttavia è illusorio che si possa fare a meno di un’intermediazione quando i numeri coinvolti sono dell’ordine di milioni. Perciò le democrazie moderne sono democrazie rappresentative.

E qui interviene un noto problema di carattere etico-politico: perché mai un rappresentante eletto dovrebbe fare gli interessi di chi lo ha eletto?

È importante capire che un controllo capillare dal basso dei rappresentanti è tecnicamente impossibile.

L’asimmetria di informazione tra chi gestisce il potere e chi deve sbarcare il lunario è incolmabile.

Per chi gestisce il potere non ci vuole niente a fingere finalità e ragioni del proprio agire diverse da quelle reali (“basta una spolverata di sociale”, diceva recentemente un presunto difensore di istanze popolari).

E anche laddove la dissimulazione alla lunga venga scoperta, comunque le occasioni di rivalsa sono estremamente limitate: dopo 4 o 5 anni ci si può astenersi dal sostenerlo.

Sai che paura.

Questa deriva può essere limitata soltanto dalla temperie morale dell’eletto, dal suo spessore ideale.

Ma qui ci troviamo di fronte a un colossale problema specificamente legato alle LIBERALdemocrazie.

Il liberalismo, al netto dei significati secondari e magari commendevoli che si possono tirare fuori dal cappello della storia, è essenzialmente un’ideologia che promuove l’egoismo individualista e la competizione di tutti contro tutti.

Lo fa sistematicamente.

Essa è la prima e unica teoria morale che afferma che il perseguimento individuale dei propri interessi, senza se e senza ma, finirà comunque per beneficare tutti (la “mano invisibile” del mercato).

Questa teoria è dimostrabilmente una dannosa idiozia.

In un’atmosfera culturale liberale, che promuove l’egoismo individuale e la competizione illimitata, mentre denigra ogni forma di valore oggettivo, di dovere morale e di fondamento ideale e religioso, non c’è una ragione al mondo per aspettarsi che un rappresentante eletto faccia qualcosa di diverso dai cavolii propri.

Ovviamente non tutti seguono il canone liberale, ma esso nelle liberaldemocrazie è statisticamente prevalente.

Ciò che ne segue è banale: più perdura la vita di una liberaldemocrazia, più i residui di credenze etiche differenti tendono ad affievolirsi, e più si fa spazio un ceto di rappresentanti autoreferenziali, in vendita al miglior offerente ed essenzialmente in combutta tra loro per preservare le proprie posizioni di potere.

Dunque non c’è nessun mistero nel fatto che continui a funzionare un sistema in cui vengono privatizzati i profitti e addossate al pubblico le perdite (vedi crisi subprime), dove dal referendum greco del 2015 all’odierno Rearm Europe, la volontà popolare conti come il due di picche, dove ci possano essere folle oceaniche che protestano per anni contro il genocidio palestinese mentre i capi di Stato si fanno i selfie con Netanyahu, ecc.

Spesso di queste divergenze di interessi e valori non ci si accorge neppure, perché i cani da riporto della “pubblica informazione” riescono a modellare un’opinione pubblica stanca e distratta (mica tutti hanno il tempo di fare investigazioni private su ogni notizia).

Ma anche quando questa distanza tra gli interessi dei più e le azioni del ceto dirigente appare del tutto conclamata, non cambia nulla.

Oggi trionfa a reti unificate lo spettacolo dell’assoluta impotenza dei popoli liberaldemocratici.

E intanto, nelle forme più spudorate, le “istituzioni” lavorano per mettere a tacere anche quei pochi elementi residui di turbativa, di protesta di piazza, di contestazione sui social.

E i “cani da riporto” col giornale in bocca ti spiegano che mobbing e sputtanamenti avvengono nel nome dell’inclusione; che censure e sanzioni avvengono nel nome dell’informazione; che cariche di manganellatori e idranti hanno luogo per difendere la pubblica incolumità; che provocazioni e corse agli armamenti sono necessarie nel nome della pace; ecc. ecc.


Tratto da: https://t.me/andreazhok/642.
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Comments

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AlsOb
Tuesday, 12 August 2025 17:34
Il giovane in spirito Hermann ha ampiamente ragione nella sua esortazione e non vi è il minimo dubbio che il trattamento riservato alla carne da cannone e alla popolazione sottoposta a genocidio sia esattamente lo stesso che i dominanti riservano se necessario o conveniente a tutte le classi inferiori, considerate topi. A prescindere dalle illusioni di queste ultime.
Tuttavia non è così semplice per i giovani individuare le strategie adeguate, se non probabilmente, come molti scrivono, odiare i boomers, che li hanno convertiti in schiavi.
Come spiegò chiaramente Marx, il vero peccato mortale è prostituire e annichilire il punto di visto di classe, che costò immane sacrificio costruire e che è essenziale per capire e agire nel mondo capitalistico in cui si vive.
I dominanti, con la collaborazione della sinistra neoliberale fascista, hanno cancellato una grammatica adeguata alle classi inferiori e queste sostanzialmente sono giocate dai giochi linguistici dei dominanti.
Lo stesso W. Streeck, per esempio, neanche lui giovane, nonostante l’impegno didascalico e volenterosi scritti , non è mai andato molto oltre un sociologismo abbastanza di maniera, non disponendo degli strumenti intellettuali per capire come funzioni effettivamente la macroeconomia finanziaria del capitalismo neoliberale fascista e perciò rischiando in alcuni casi, di creare più equivoci che promuovere un punto di vista di classe fondato e una corretta interpretazione dei fatti.
Per intraprendere una iniziativa, che non sia avventurismo e delusione, tipica dei velleitari, occorre un punto di vista e conoscenze, di cui i giovani sono stati scientificamente privati. Non sono in grado di comprendere il gioco del capitalismo finanziario neoliberale, né che sono giocati dai giochi linguistici in cui sono immersi e di cui non hanno controllo.
La riprova sorge per esempio dalle politiche monetarie, finanziarie e economiche adottate dopo la crisi del 2008, tutte essenzialmente neoliberali a rafforzare il neoliberalismo, intanto che una pletora di ingenui declamava la fine del neoliberalismo.
E ancora vale la pena ricordare che quando due incompetenti e esponenti dell’internazionalismo terzomondista al servizio del capitale finanziario come Ciampi e Prodi implementarono il neoliberalismo in Italia distruggendo il modello di accumulazione nazionale, solo alcuni vecchi democristiani si opposero con una certa cognizione di causa.
Vi sono la giovane Clara Mattei e alcune altre e altri come lei che dimostrano come sulla base di fondate conoscenze si possa e debba insistere e lottare per politiche alternative, ma restano abbastanza isolate.
La costruzione di un adeguato punto di vista e la comprensione del gioco del capitalismo neoliberale è il primo passo e purtroppo i boomers non sono stati adeguati né a livello intellettuale, né pratico, fatte alcune eccezioni.
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Giorgio Stern
Monday, 11 August 2025 16:32
Scusate se intervengo solo indirettamente nella discussione sul chiarissimo intervento di Zhok, per chiedere all'amico Herman quanti anni ha e per aggiungere che non importa l'età quando si dice "sono almeno vent'anni". Come se vent'anni fossero un'era geologica al di là del quale ci fossero i brontosauri.
Magari fossero solo gli "almeno vent'anni" che dici per farci sbottare.
E non serve chiedere ad un intellettuale perché non ha fatto o stia facendo di più, posto che magari l'abbia fatto o lo stia facendo.
La questione riguarda tutti. Io per primo e, a caduta, tu e tutti. Potremmo fare cose che cambiano la storia ma non abbiamo il coraggio, la competenza e la voglia di farlo.
Guardiamoci allo specchio prima di chiamare a giudizio gli altri.
Con amicizia / Giorgio Stern
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Hermann
Tuesday, 12 August 2025 00:14
Caro Giorgio
Di anni ne ho parecchi , decisamente più di Zhok ….e ormai mi sto guardando il film , già sapendo che vedrò solo il primo tempo ….
Apprezzo il pensiero del professore con cui mi scuso se il mio commento gli dovesse apparire scortese….
Il punto è che il tempo delle analisi dovrebbe essere finito …o si passa a delle iniziative politiche concrete per ristabilire un minimo di giustizia sociale o nel giro di poco tempo facciamo la fine dei palestinesi , alla totale merce’ del potente di turno .
Quello che succede a Gaza e’ a mio parere molto indicativo di come le cose possono evolvere per le masse.
Io non ho la forza per buttarmi in una lotta politica…..non è più il mio tempo
I giovani hanno il testimone ….non dovrebbero accontentarsi del sempre meno che gli passa il convento
Le parole non bastano
Non è una accusa verso chi non se la sente
.E’ un vivace invito a chi ha la forza di darsi da fare , prima che non rimanga più nulla da fare
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hermann
Monday, 11 August 2025 15:53
Amen
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AlsOb
Monday, 11 August 2025 12:14
Marx manifestò un coerente pessimismo nei confronti della possibilità di gestire in senso progressistico il capitalismo, per essere un sistema politico e sociale contraddittorio, fondato sulla violenza, sul razzismo, sullo sfruttamento e sul potere concentrato nelle mani di una spregiudicata classe dominante priva di ogni scrupolo morale.
Le classi inferiori non sarebbero che dei topi per i dominanti.
Considerate le vicende storiche degli ultimi anni, sono diventati più numerosi coloro che concordano con l'intuizione di Marx, sul carattere irredimibilmente moralmente degenerativo del capitalismo, osservando la trasformazione in carne da cannone di una intera popolazione e l’attuazione del genocidio di un’altra per fini imperialistici, in un contesto di indifferenza o rassegnata accettazione da parte della maggioranza della popolazione occidentale e di assordante sostegno da parte dei sicofanti e ciarlatani degli organi di disinformazione dei dominanti.
Un tragico succedersi di avvenimenti in sintonia, in fondo, anche con le intuizioni della “teologa agostiniana” Hannah Arendt.
Per questo motivo Marx fu sostanzialmente intransigente nell’affidarsi alla teologia della gloria, opzione clamorosamente fraintesa, peraltro, da una confusa e pregiudiziale Hannah Arendt.
La serie di cinematografiche e retoriche celebrazioni dei vari diritti umani, della democrazia e della pace, allestite dai dominanti, in modo da distrarre o stordire le classi inferiori, confermerebbe l’intuizione di Marx.
Dopo la seconda guerra mondiale, vi è tuttavia da notare, le classi dominanti temettero Stalin e il rischio di essere sensibilmente ridimensionate, perciò permisero, con molta malavoglia e dissimulazione avrebbe detto Bordiga, l’esperimento di un capitalismo marxiano kaleckiano coniugato con la presenza in Parlamento di robusti partiti popolari: ciò consentì l’istituzione di una minima democrazia economica, non puramente formale, caratterizzata sia da autostrade comunicative dal basso verso l’alto e sia soprattutto dalla trasposizione del conflitto sociale in ambito parlamentare, con una certa capacità da parte delle classi inferiori di interferire, con grave scorno dei dominanti, nella programmazione di indirizzi politici e politiche economiche.
Per le implicite logiche marxiane del modello, tali politiche economiche, riflettenti un confronto e conflitto parlamentare, che dava una certa rappresentanza alle classi inferiori, portarono a un significativo sviluppo economico e successo del capitalismo, fino al punto però di mettere gradualmente e parzialmente in discussione le istituzioni capitalistiche e esigere un effettivo “riformismo”. (La parola, paradossalmente, divenne invece il mantra della controreazione neoliberale fascista).
La classe dominante a quel punto, sentendosi minacciata, rifiutò ogni dialogo e compromesso politico: pianificò la distruzione di ogni riferimento a un capitalismo marxiano kaleckiano, inclusa la demolizione dello stato sociale, se non dello stato tout court e impose il modello neoliberale finanziario fascista, fondato su concezioni economiche, che, per il carattere pseudometafisico e antiscientifico, erano ritenute idiozie tramontate irrevesibilmente. Il paradigma neoliberale finanziario introduce un capitalismo marcatamente neofeudale schiavistico, nel quale le classi inferiori sono mero strumento di accumulazione finanziaria, sottrae la maggior parte dei flussi finanziari allo stato, per incanalarli verso poche mani, e, per propria natura, esibisce situazioni di ricorsiva crisi e instabilità.
La cattura della sinistra da parte dei dominanti e la sua trasformazione in principale organizzazione di promozione del neoliberalismo fascista costituisce uno dei più intriganti fenomeni politici e culturali degli ultimi cinquant’anni.
La classe dominante ha surrogato lo sradicamento e svuotamento ideologico dei partiti popolari, con una robusta e efficace saldatura tra i sicofanti e ciarlatani propagandisti degli organi di disinformazione, i politici controllati ridotti a avventurieri e marionette, e i potentati delle burocrazie non elettive, Chi resta fuori da quel cerchio magico viene attaccato e denigrato in modo sistematico.
L'Unione Europea, a compimento del suo destino, è stata praticamente consegnata nelle mani di fidate e irresponsabili nazifasciste e nazifascisti, che non hanno esitato a distruggere il modello specifico di accumulazione e la domanda interna per consolidare un regime feudale coloniale di fascismo neoliberale subordinato.
Ma il concetto di fallimento e di crisi del modello neoliberale finanziario fascista dipende dal punto di vista da cui lo si guarda: siccome i suoi elementi strutturali sono sempre stati noti a chi non si sia fatto imbambolare dalla pseudometafisica e propaganda, si può dire che sia stato un successo per i dominanti nella guerra di classe.
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Fabrice
Sunday, 10 August 2025 10:26
@Hermann

Diciamo che delle significative proposte di base le ha già fatte e sono state pure pubblicate qui su Sinistra In Rete a settembre 2024:

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/28802-andrea-zhok-il-fallimento-epocale-dei-leader-del-dissenso-e-cio-che-invece-serve-all-italia.html

quindi, il probleme invece è che lui e gente intellettualmete in gamba come lui a quanto pare non si stanno dando verso per dare vita a un movimento politico sovranista unitario che sappia fare sia proposte politiche operative concrete sia marketing politico, come mai?

Diciamo che per sfidare concretamente nei fatti lo status quo oligarchico pro NATO e EURO proponendo un nuovo status quo del tutto nuovo e opposto in quanto imperniato su basi autenticamente democratiche significa anche poi accettare di rischiare pesantemente a livello personale, e non trattasi solo di subire pesanti e difamatori attacchi mediatici sui media mainstream, ma anche di ben altro......!!

Poi può essere anche che lui e gente intellettualmete in gamba come lui vivomo in un pessimismo esistenziale di fondo, dovuto a vari motivi sia di natura interna che esterna, per cui poi non provano nemmeno a fare una vera battaglia politica sulle lore buone proposte di base.

Oppure un mix delle due cose-

Per me, questa terza ipotesi è la più probabile.
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Lorenzo
Saturday, 09 August 2025 22:23
Per sapere che liberalismo e democrazia sono progetti antitetici basta leggere Carl Schmitt. La democrazia presuppone, dunque tende a formare un demos, cioè una collettività; la libertà individuale è un principio meramente dissolutivo.

A forza di libertà, osservava profeticamente Leopardi, “andrà dissipandosi la stirpe umana in tanti popoli quanti saranno uomini”.
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Hermann
Saturday, 09 August 2025 17:43
Sono almeno 20 annii che sento che il collegamento basso alto e ‘ interrotto.
Che nel frattempo l’informazione si è fatta censura perché chi comanda l’ha comprata, che le perdite sono sempre più spesso socializzate ,che i profitti sono sempre più protetti, in nome del bene comune garantito dalla mano invisibile (ma pure morta ) e che tutta la politica non fa altro che spianare la strada a imprenditori faccendieri finanzieri e banchieri affinché i detti profitti possano sempre solo aumentare….
E che chi detiene il potere (il famoso 5%) si arricchisce sempre di più e può mettersi in tasca tutti i politici mentre gli altri possono solo gridare governo ladro e continuare a pedalare , tenendo d’occhio il vicino, che ti può sempre fregare la posizione , anche se è la quintomiliardesima
Questa solfa la sentiamo da vent’anni…….

Da un intellettuale vorrei sentire delle proposte che siano realizzabili per cambiare rotta e sopratutto un impegno in prima persona per costruire e mettere in funzione un sistema diverso
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